Si è ‘spenta’ senza riflettori Tv, articoli stampa e on line, la cava ‘Pietra di Nava’ (Comune di Pornassio). Il suo motto era ‘Bellezza senza tempo’. Portare prestigio nel proprio ambiente, esprimere la propria cultura e il legame con la propria terra. La ‘Pietra di Nava’ utilizzata in km di muri, rivestimenti interni ed esterni, caminetti, pilastri, archi, giardini. I massi a protezione di imponenti porti turistici: Loano, Imperia, Diano Marina. Il suicidio, per motivi famigliari, di Francesco Gola, cuneese doc, titolare dell’azienda, ha imposto la chiusura. E da poco tempo è mancato anche papà che aveva lasciato le redini al figlio. Regione Liguria e Comune si sono accordati per un nuovo bando di assegnazione dell’attività estrattiva.Non ha fatto notizia la sfortunata sorte dell’imprenditore di Chiusa Pesio e Beinette Francesco Gola, padre di un figlio in giovanissima età. Con gli strascichi che ne sono seguiti: chiusura, fermo degli impianti, all’estrazione, lavorazione. La cava, cinquantanni di attività, si affaccia sulla statale 28 del Colle di Nava, ai confini tra la Provincia di Imperia e di Cuneo, quasi sovrastante la frazione di Ponte di Nava (Ormea). Un dramma umano e coniugale ha posto fine all’esistenza di una persona circondata dalla stima, dall’ammirazione di quanti lo conoscevano. Sia nei rapporti personali, sia commerciali. Un cittadino a modo, buono, generoso, serio, attivo, ricco di iniziativa, intraprendenza, bontà, gran lavoratore. Il destino gli è stato avverso. Ha colto tutti di sorpresa. E non è il caso di approfondire, nel rispetto dell’amatissimo figlio (ora erede) e dei parenti. Straziati dal dolore. Primo tra tutti l’anziano papà che, a sua volta, pare non abbia resistito, il suo cuore ha ceduto.
E Nava, a sua volta, ha subito il colpo. Località turistica per eccellenza negli anni d’oro dell’alta Valle Arroscia (è qui che sono sorte, tra gli anni ’50 e ’60, le prime ville dei ‘signori’ imperiesi). Trucioli.it ha già ripercorso la storia di Colle di Nava, tra ‘fasti’ e declino, ma anche della presenza e iniziative imprenditoriali locali che restano un fiore all’occhiello. Basti pensare al pastificio Porro (una decina di dipendenti), con un’attività commerciale estesa in Liguria, Piemonte e non solo. E ancora, lo storico hotel – ristorante Lorenzina che negli anni ha visto drasticamente ridursi la stagione delle vacanze delle famiglie provenienti dalla Riviera e dalle città. Ormai il picco si riduce a 30 giorni. La speranza, per Nava, e per quanti hanno investito, resistito alla crisi, è che ci sia una ripresa, uno sbocco.
C’era e resta la preoccupazione che la progettata variante alla statale (da 20 anni), con la galleria Acquetico (Pieve di Teco) – Cantarana (Ormea), possa erodere l’economia locale. Se da una parte ci sarebbe un indiscusso vantaggio alla viabilità, accorciamento dei tempi di percorrenza, con benefici diretti ed indiretti tra cuneese, imperiese ed in parte savonese, dall’altra c’è il rischio da tagliare ‘fuori’ proprio la vocazione di Nava e forse di Ponte di Nava. Nelle due località sono evidenti il calo di residenti, man mano che muoiono gli anziani. Un territorio ferito da una drastica flessione del lavoro, chiusura di negozi ( pur con qualche ammirevole iniziativa), contrazione degli affari, in picchiata i valori e il mercato immobiliare, stop all’investimento nel mattone, seconda casa. Anzi, molti cartelli ‘vendesi’. Qui si è pure ripercosso l’infinito dramma della stazione sciistica ed estiva di Monesi.
Cosa accadrà ora per la sorte della Cava ? L’abbiamo chiesto al sindaco di Pornassio, Emilio Fossati. ” La Pietra di Nava, la sua cava, hanno una storia gloriosa alle spalle. L’ultimo bando se lo era aggiudicato, una quindicina di anni fa, la famiglia Gola di Chiusa Pesio. Da padre in figlio. Dopo la morte di Francesco l’azienda ha chiuso e l’attività è interrotta. Il caso ha voluto che si fosse arrivati quasi alla vigilia della concessione, mi pare mancassero sei, sette mesi. Con la Regione Liguria abbiamo raggiunto un accordo di buon senso e per evitare lungaggini burocratiche nella salvaguardia degli interessi collettivi. Sarà il Comune a farsi carico del nuovo bando di concessione, senza progetto, per evitare spese che non potremmo sostenere. Mi pare e spero non ci siamo particolari problemi per la parte alta, estrattiva, della cava; quella in basso dove avveniva la lavorazione, con le relative attrezzature, invece, occorre attendere l’esito della procedura tutelare, in quanto l’erede è un minore. Al Comune la cava dava un introito di 4- 5 mila euro l’anno, oltre ad una percentuale sull’estrazione. Abbiamo già ricevuto due o tre proposte da parte di imprese interessate. Un buon segno”.
Negli anni del boom nel ‘cantiere’ della cava lavoravano una ventina di persone che si sono ridotte nel tempo, anche per l’avvento di nuove tecnologie. C’è un altro aspetto da citare. Nava, per molti decenni, si era fatto una nomea grazie alla coltivazione della lavanda, alla commercializzazione del prodotto e dei suoi derivati. Ora, nonostante qualche balzana ed estemporanea idea di promozione ripresa da alcuni organi di stampa e TV, non ci sono più terreni coltivati a lavanda. Né alambicchi. Resta il ‘marchio’, i ricordi della vera Lavanda Coldinava. Si ripropone l’aspetto meno simpatico di far apparire, sbandiera, una ‘produzione’ locale di fatto scomparsa. Alla fin fine è controproducente, seppure resta la lavanda ‘selvatica’ di madre natura.
Diverso il discorso per la ‘Pietra di Nava’. Per la cronaca, l’ultima esposizione risale all’Expo di Pieve di Teco dove era presente uno ‘stand’. Un depliant descriveva le peculiarità. “La Pietra di Nava – riportava – possiede caratteristiche meccaniche e di finitura superficiale che la rendono specifica per le murature di contenimento specie se in prossimità di corsi d’acqua o ambienti salmastri vista la sua bassissima porosità esterna. L’elevato contenuto di carbonato di calcio costituisce una barriera naturale a qualunque fenomeno di aggressione. Si tratta di roccia magmatica ad elevato tenore di minerali a bassissima porosità. Colori in sfumature grigia perlata, rosa splendente e mista. Utilizzate per muri, rivestimenti interni ed esterni, caminetti, pilastri, archi, arredo giardini. Un’elevata resistenza e inibizione al gelo, allo scivolamento, all’usura. Un peso di 500 km per metro cubo”.
Un altra pagina patinata ricorda che “Le costruzioni in pietra hanno da sempre accompagnato e contraddistinto le fasi di insediamento dell’uomo, hanno esaltato l’abilità architettonica della nostra civiltà che ci ha consegnato monumenti ed abitazioni dove la pietra conserva ancora il fascino originale. Il ritorno a costruzioni con finiture pregiate passa forzatamente anche ai nostri giorni per l’utilizzo della pietra naturale’. Una teoria sacrosanta, purtroppo non ha avuto molti discepoli se è vero, come è vero, che gran parte delle nuove costruzioni, dal mare, all’entroterra, fino alla montagna ha fatto scempio della natura, del patrimonio dell’antichità, degli avi, della stessa identità delle origini montanare, ma anche marinare, agricole, artigianali, manifatturiere. C’è chi prevede un ritorno, forse nei prossimi secoli. Partendo dal presupposto che bisogna radere al suolo orrende brutture, gli alveari, recuperare milioni di mq. di colline, da quelle che si affacciano sul litorale, alle valli, per secoli fonte di lavoro e di sostentamento umano.
Ecco perchè, ci ricordava la brochure illustrativa della cava, “definire la Pietra di Nava come materiale da costruzione è corretto ma riduttivo; la sua collocazione nel contesto di un paesaggio arricchito dal verde dell’olivo non rimane mai nell’anonimato ma, al contrario, si racconta comunicando l’armonia con la natura in una dimensione di tempo che resiste al suo divenire.” Una ‘fotografia’ impeccabile, purtroppo rovinata dall’uomo, dal dio denaro, dall’insipienza, dal ladrocinio sistematico ai danni dell’ambiente. A ricordarcelo, ce ne fosse bisogno, cosa rappresentano in termini turistici ed economici le città d’arte, i paesi e le borgate che sono scampate ai disastri causati dall’uomo. O ancora la grande attrattiva dei borghi antichi che hanno fatto da calamita, spesso, all’acquisto di vecchie case in pietra da parte di cittadini stranieri. Molto meno l’attrazione da parte dei connazionali, seppure ci siano segnali di inversione. Un futuro che non vedremo più e lasciamo in eredità ai posteri, alla storia nel bene e nel male. (L.Cor.)