Pierina, icona delle pastorelle di Mendatica, è volata in cielo che le sarà lieve e più riconoscente. Non solo per averci donato ‘La preghiera del pastore’. Pierina, autodidatta di talento, ha scritto col cuore e da testimone la ‘storia inedita’ del suo paese e delle malghe. Discreta e sincera, generosa e disponibile, coraggiosa e corretta, fiera e ricca di passione, coltivava con una memoria ferrea il legame che la univa ai suoi cari, alle montagne grondanti di forza d’animo, di inenarrabili sacrifici, solitudine. Pierina sempre lontana dai riflettori della ‘grandeur mediatica’, dal palcoscenico di ‘prime donne’. Il paese le ha tributato l’ultimo saluto, lasciando solo al celebrante un succinto ricordo. Ora dimora nella pace eterna dove da mendaighini riposeremo tutti, senza rivalità, divisioni, personalismi, incomprensioni.
Per l’anagrafe del Comune di Mendatica era Caterina Pelassa, vedova Grasso, aveva 82 anni. Il manifesto funebre ricorda il figlio Gianpiero, da pochi anni in pensione dopo aver prestato servizio alla centrale operativa carabinieri della Compagnia di Alassio, la nuora Marina, i nipoti Roberto e Carlo, il fratello, i cognati, i parenti. Per la comunità di Mendatica, per tutti i conoscenti, era ‘Pierina‘. L’emblema della vera storia, di chi è nato e ha vissuto in alta Valle Arroscia, ha conosciuto i tempi della guerra, delle vendette, delle barbarie. Con il suo bagaglio di umile pastorella, talento da quinta elementare, era una straordinaria fonte di memorie, tradizioni, usi, costumi, credenze montanare.
Ha vergato a mano le sue testimonianze, premurandosi non andassero disperse. Non le interessava la paternità da scrittrice, semmai l’autenticità nel riportare pagine di vita mendaighina. Le prime righe della narrazione iniziano con “Mendatica, piccolo paese della Valle Arroscia in provincia di Imperia. Fino a 50 anni fa era un paese agricolo ricco di bestiame, la maggior parte delle famiglie erano pastori e gli altri tanti avevano le mucche e altri lavoravano nei boschi. Mendatica sotto i 700 m. aveva tanti vigneti, e facevano del buon vino tutto Ormeasco, l’uva maturava bene. Non c’era coperto dal bosco. c’erano tanti orti perchè Mendatica è ricca d’acqua anche nell’estate si poteva inaffiare, la roba veniva bella perchè il terreno era ben concimato dal letame di stalla e le bestie mangiavano solo erba e buon fieno dei prati….I campi nel mese di luglio erano biondi di grano. C’erano tanti castagneti belli puliti, sotto le piante l’erba non c’era perchè finchè non scendevano le castagne ci pascolavano le mucche. Le castagne la gente le raccoglieva perchè facevano bisogno. Anche i castagneti del Comune li vendevano annualmente per la raccolta delle castagne. I bandi non andavano mai deserti. Tutte le famiglie avevano il canisso e le seccavano, le pestavano, poi con la pistigna per toglierci le bucce secche e ne mangiavano tutto l’inverno. I pastori verso la fine di novembre partivano per le bandie, chi poteva trovare posto in Riviera era meglio perchè sentiva meno l’inverno ed era più facile vendere formaggio, brusso, cavagnetta, zunca, ricotta, quaglia…Prima della seconda Guerra 1040 – 45 a Mendatica c’era ancora 37 sciorte di pecore. Ancora nella seconda metà dell’800 i negozianti che ritiravano gli agnelli da latte ai pastori ci pagavano solo un (rubo) per agnello, ossia 8 kg, e ci ritiravano sempre i più grossi così gli altri crescevano a carico del pastore, un vecchio proverbio dice se forza non hai sopporta e taci. Era proprio così. Finito l’inverno i pastori facevano la transumanza e chi era lontano impiegavano anche due o tre giorni di cammino, questa avveniva nel mese di maggio, a seconda del tempo come permetteva, e secondo i paesi che avevano un regolamento che i pastori dovevano entrare in bandia un giorno stabilito e così uscire….I nostri vecchi ci parlvano della guerra 19 15 – 18, mio zio Peantugnin era già sposato con Cichetta, cinque figli morirono appena nati, l’unica vivente (nel frattempo deceduta) è mia cugina Pierina. Lo zio è rimasto sei anni al fronte. 27 sono state le leve mobilitate dai nati del 1874 al 1900, solo a Mendatica il numero dei caduti è alto 26, quanta gioventù rovinata e famiglie distrutte. In questa guerra di furono tanti disertori della Patria, in tutta Italia, perchè stanchi e stremati, disertarono a fine guerra Sua Maesta la Regiona Margherita di Savoia fece il condonoi e rimasero i cittadini liberi. Chi è potuto tornare dal fronte è stato onorato dal diploma di Cavaliere di Vittorio Veneto. Non c’era allora ne pensione ne mutua e chi si ammalava si curava alla meglio, la maggior parte con le erbe, chi aveva bisogno di ospedale per fortuna Mendatica aveva un diritto al Duchessa di Galiera a Genova- Nel 1904 a Mendatica fu fondata la società agricola. …
….C’è poi da ricordare la seconda guerra mondiale 1940 – 45…quanta fame specie nelle città. Iniziò l’11 giugno, una notte d’acqua, tuoni e lampi, si confondevano con il rombo dei cannoni. I caduti in Russia solo a Mendatica furono 11 più uno nell’interno ma sempre a causa della guerra…..Nella pimavera del 1944 cominciarono le bande dei partigiani, a marzo arrivarono a Mendatica i partigiani del capitano Cosa, rimasero pochi giorni poi tornarono verso il Piemonte. Dopo poco le malghe di Mendatica erano invase dalla banda dei Badoliani di Martinengo, e poi arrivarono i Garibaldini della Stella rossa, che rimasero tutta l’estate nelle nostre zone. Elementi disorganizzati e senza controllo. La gente non era contenta di quel comportamento, e tante vittime si poteva risparmiare. A Valcona sottana avevano l’ospedale la cambusa, ossia il rifornimento dei diveri, poi parte alloggiavano nelle Case della Sepà, altri a Valcona Soprana e altri ancora a San Bernardo e a Salse e Teciu Veggio. Il capo Banda era chiamato col nome di battaglia Curto. A metà ottobre arrivarono i tedeschi a San Bernardo e nelle malghe c’era pieno di partigiani, fortuna volle che era una sera di nebbia fitta, perchè anche gli uomini del posto con la lanterna ai denti li hanno aiutati ad andar via, che si sono rifugiati nel Bosco Nero, dietro le Salse. I tedeschi sono arrivati a Valcona il 18 ottobre, erano circa 150 con 50 muli e tre mucche che avevano rubato a Upega. Sono arrivati sul far della notte e in silenzio, per fortuna non hanno trovato più i partigiani. … Il 31 marzo del 1945 i tedeschi bruciarono Valcona Sotta e Valcona Soprana, all’alba del 1 aprile, giorno di Pasqua i proprietari di tecci sono partiti da Mendatica col cuore in gola, perchè non sapevano quello che potevano incontrare, sono andati per spegnere se c’era ancora qualcosa, ma arrivati a S. Beranrdo vedevano salire ciminiere di fumo, pochi tecci sono riusciti a salvare. Gli altri ridotti in cenere. Per fortuna c’erano rimasto un forno, quello era sempre in funzione. …
Negli anni 1946 – 47 a Mendatica c’erano ancora 26 sciorte di pecore, 8 solo alle Salse, una ai Barchei, una alla Penna, una alle Seccae, 4 a Valcona Soprana, 6 a Valcona Sottana e 5 a Monesi. Più di 500 mucche compreso le margarie di Garezzo e Garlenda che erano Marghei di Mendatica. Quasi tutte le famiglie avevano la bestia da basto, e per non perdere tempo in settimana la domenica mattina davanti alk fabbro maniscalco c’erano sempre 4 o 5 bestie, chi faceva tosare chi (recarà), chi ciappuna in primavera, togliere sangue perchè altrimenti si piagano. Le strade mulattiere erano frequentate ed il giorno di San Giovanni Battista 24 giugno il Comune invitava tutti gli uomini per andare ai camin , facevano le schive affinchgè l’acqua non rovinasse e doveva andare nel corsi giusti, rinforzavano le cianche, le strade comunali cerc avno di tenerle in perfetto ordine. La ditta Feltrinelli chiese al Comune di Mendatica e ottenne il taglio del Bosco Nero e altri boschi comunali in cambio la ditta fdece la strada da Piaggia alle Salse e aggiustarono la strada da Mendatica a San Bernardo. Nel 1951 la strada delle Salse era transitabile. ….
Senza pensione i vecchi per non sentirsi di peso alla famiglia facevano tutti qualcosa, le donne filavano lana e facevano le calze, gli uomini facevano canestri, rastelli, cande, ecc. Per fortuna che si è creata La Società di Mutuo e Soccorso che era un aiuto per i più bisognosi. Fondata nel 1904, comprendeva quasi tutta la popolazione maschile sopra i 15 anni era ben organizzata con statuto proprio. Se uno dei soci si ammalava provvedevano ad aiutarlo specie nei lavori campestri. In caso di decesso di uno dei soci tutti soci partecipavano al funerale, la famiglia non aveva a che pensare, provvedeva la società. Se una persona fosse rimasta nella neve alle malghe i soci partivano con gli attrezzi a fare la calàMendatica fino a pochi anni ro sono c’erano 5 negozi di alimentari, 2 macelli, un mulino, 5 calzolai, un fabbro maniscalco, l’asilo con le suore, la scuola fino alla classe 5. C’erano 3 ristoranti. I Cacciatori, L’Alpino, Il Nazionale, nell’estate erano frequentati già da qualche villeggiante. ….
C’erano tante Abegliere sia a Mendatica, sia alle Malghe, le api in primavera sciamavano. Erano curate e lavoravano bene perchè perchè non si davano veleni alle piante e producevano tanto miele, molto conosciuto e venivano a comprarlo anche dalla Francia ed una una risorsa anche quella. I proprietari in primavera facevano un giro nel bosco per vedere l’albero vuoto dalle formiche, lo segnavano e in quell’albero ci facevano l’alveare…..”.
Abbiamo pubblicato, rispettando l’originale, sono alcuni stralci delle ‘memorie’ di Pierina, scrittrice a tempo perso. Utilizzava un quadernetto dove ricostruiva fatti, racconti, episodi felici o tristi. Con malcelato orgoglio si sentiva depositaria di vicende e spaccati di storia quotidiana d’altri tempi. Quando tutti erano più poveri, ma si curavano le ricchezze di madre natura, si salvaguardava il territorio, l’integrità idrogeologica, non si doveva correre ai ripari, spendere soldi, per danni da incuria dell’uomo, trascuratezza del Creato come ripete papa Francesco. Un ‘popolo di montagna’ che merita di essere ricordato e tramandato, il più fedelmente possibile, nei secoli a venire. E Pierina Pelassa, nella sua immensa semplicità caratteriale, ha voluto fosse scritta in dialetto mendaighino la preghiera del pastore, firmando la prefazione. L’allora sindaco, Emidia Lantrua, in più occasione, ha fatto gradito omaggio, in decine e decine di copie di ‘pergamena’. Per non dimenticare, ricchi e poveri, indigeni o meno, villeggianti, frequentatori.
“A ricordo di tutti i pastori che, nel periodo estivo, hanno vissuto in mezzo ai nostri monti e quando la sera nei cioabotti al chiaro della lanterna, finivano la lunga giornata, prima di sdraiarsi sulla poca paglia, ringraziavano il Signore con la preghiera che i vecchi avevano loro insegnato”, firmato Pierina Pelassa.
La fede è speranza, esprime valori esistenziali e umani. Il Vangelo, al di là delle credenze, esalta le virtù della civile convivenza, il bisogno di eguaglianza sociale. La stella polare per una società meno egoista, più rispettosa degli ultimi, meno distratta, più sensibile nella pratica dei fatti più che delle parole e degli annunci. Crediamo di interpretare un desiderio. Pierina, per la sua testimonianza ed il suo altruismo, i talenti, meritava di essere ricordata. E non solo con le parole evangeliche, dalla comunità tutta. Almeno con un grazie.
Luciano