I quotidiani locali hanno titolato: “Luca Zanovello, 32 anni, muore nel burrone, a Monesi, mentre percorreva una strada franata e vietata (zona rossa) dopo l’alluvione del 2016.” Fatalità, tragico e ingrato destino, oppure siamo di fronte ad un concorso di concause da accertare ? I media imperiesi e cuneesi hanno descritto l’incidente in modo abbastanza simile. Dando subito credito a quella che appare una colposa negligenza, un azzardo, da motociclista enduro, pagato con la vita. L’avvocato Roberto Ponzio, del foro di Asti, assiste la famiglia Zanovello, osserva: “Riteniamo di poter contestare una certa versione dei fatti, a nostro avviso, invece, ancora tutta da accertare da parte dell’autorità giudiziaria. Abbiamo dato incarico per una perizia cinematica all’ing. Luciano Di Virgilio, CTU del Tribunale di Imperia ed esperto di infortunistica stradale. Gli interrogativi sull’accaduto sono molteplici e forse inquietanti. E’ un affronto sostenere la tesi che lo sfortunato Luca abbia sfidato la morte violando un percorso invalicabile ed interdetto. Intanto occorre stabilire lo stato di fatto dei luoghi prima e post dramma. “
I FUNERALI A PIOBESI D’ALBA – Nel paese di 1360 abitanti, nella zona geografica del Roero, martedì pomeriggio, l’ultimo addio, l’immenso abbraccio a Luca, con una gran folla, preceduto da centinaia di messaggi su web e social. “Grazie per i chilometri che hai percorso con noi, ciao Zano ! ” Il Roero Speed Bike, squadra ciclistica alla quale era tesserato la vittima. Operaio modello alla Ferrero di Alba. Il papà, Carlo, tecnico Fiat, la mamma, Mariangela, commessa. La fidanzata Valentina. La nonna Giuseppina. Il sogno di una vita spezzato, quella creatura che non potrà più essere di aiuto, conforto nella loro vecchia; avevano riversato tutte le loro speranze e sacrifici. “Proviamo un immenso dolore e smarrimento – ha detto il parroco durante l’omelia funebre -, tutti sgomenti per un evento luttuoso, inaspettato. E le domande sul perché è successo mentre accompagniamo verso l’eternità un giovane sportivo, generoso, sempre disponibile e che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare. La Madonna consoli e protegga i suoi adorati famigliari”. Don Giancarlo
Gallo, 71 anni, di cui 33 trascorsi nella comunità roerina, dal primo settembre co-parroco di Cortemilia, suo paese d’origine e la decadenza di vicario generale della Diocesi d’Alba, sostituito da don Marco Mellino. Sei corone di fiori sulla bara color nocciola, avvolta dalla fascia della società sportiva. Diego Artusi segretario Roero Speed: “ Luca veniva con noi in bicicletta, ma aveva anche altri interessi, come sci e moto enduro…”. Increduli i colleghi di lavoro presenti con una corona. Taciturni, visibilmente scossi, occhi lucidi, mani congiunte o strette al viso. “Luca perché ci hai lasciati…..no, non lo meritavi, non doveva accadere, eri troppo importante per tutti noi, un amico sincero…non possiamo dimenticarti…”. Le sequenze del dramma rivissute, riavvolte come un film. I due amici che, in moto, seguivano Luca a non molti metri di distanza. La loro testimonianza potrebbe avere un ruolo importante per le conclusioni dell’inchiesta. Archiviazione degli atti relativi per la morte di Luca Zanovello o avviso di reato nei confronti di presunti responsabili (omicidio colposo in concorso?), con conseguenze sia sul piano penale, sia civile.
LE IPOTESI DEL DRAMMA – Il Secolo XIX e La Stampa, con l’edizione di Imperia e Cuneo, preceduti dal lancio di notiziari on line imperiesi e cuneesi, a quanto si legge, non lasciano dubbi sulla dinamica e sulle cause. Scrivono che Luca “….è entrato, con altri due amici appassionati di enduro, nella zona interdetta a Monesi di Mendatica ed è precipitato nel burrone formatosi dopo il cedimento della strada causa l’alluvione …”. Non si pongono alcun interrogativo. Una prima palese deformazione della realtà, non si tratta di un burrone, semmai, come documentano le foto, di un avvallamento, cedimento di terrapieno profondo due metri. Tenuto conto della presenza di massi, è probabile che la rovinosa caduta sia stata fatale. Non è comunque deceduto sul colpo. Nessuno ha scritto quanto tempo è trascorso dall’arrivo dell’ambulanza che viene comunque definito tempestivo.
Abbiamo chiesto, dopo aver partecipato ai funerali – unico giornalista presente, natali a Mendatica, infanzia da pastori a Monesi e ormai vecchi cronisti e testimoni dei tempi – informazioni a chi frequenta e conosce quei luoghi. Abbiamo parlato con un habitué delle due Monesi (c’è quella più ‘turistica’, confinante e che ricade nel Comune di Triora) e di Piaggia (Briga Alta) la cui sede comunale si trova per l’emergenza frane ad Ormea. “Quel giorno non ero in zona – afferma -, conosco abbastanza bene dove è avvenuta la tragedia, ma non sono ancora riuscito a darmi una risposta. Non è chiara la dinamica. Le segnalazioni stradali sono ben visibili e l’ultimo mio ricordo è della presenza di una prima barriera (cancellata) per superare la quale occorre fermarsi, poi una prima rete del cantiere e qualche metro dopo una seconda. Ammesso che una o due delimitazioni siano state in precedenza spostate, resta il punto fermo che l’accesso alla zona rossa non poteva avvenire senza fermarsi o al massimo rallentare parecchio”. Bisogna tenere pure conto, altro aspetto da accertare, se in quel frangente era già iniziato il temporale.
Domanda: se c’era il cancello, qualcuno per passare l’ha aperto. E non può essere stato Luca Zanovello, visto che proprio lui è finito nella frana, sulla sua sinistra, proveniente da Monesi di Triora, da Limone Piemonte. Chi può confermare che gli accessi fossero bloccati ? ” Posso dire – è la risposta – di non aver mai visto mezzi motorizzati in quel preciso tratto”. Eppure ci sono testimonianze, anche recenti, di chi ha osservato transitare pedoni, bike, moto. “E’ vero, l’ordinanza sindacale è stata cambiata pochi mesi fa, da off limits per tutti, si è dato il libero transito, escludendo moto ed ovviamente auto”. E’ verosimile che il povero Luca si sia trovato di fronte una ‘cancellata’ provvisoria attraverso la quale accedevano pedoni e bici, lui abbia si rallentato, ma tirato dritto, incurante pure delle altre due recinzioni da cantiere ? Si tratterebbe di una vera e propria sfida al pericolo e chi lo conosceva dice che non faceva parte della sua indole. Non era neppure in corso una gara dove sono in palio i primi posti. Per Luca e i due amici era una delle tante escursioni.
Accade a Monesi che sta attraversando da un paio di decenni una tormentata esistenza socio economica. Non parliamo di residenti (sono un paio tra i due Comuni), bensì dell’unica risorsa, il turismo estivo e con la neve la stagione dello scii. Una concatenazione di crisi, di vani tentativi di ripresa (nuova seggiovia) ha ‘svuotato’ l’economia locale, con riflessi devastanti, a catena: nell’Alta Valle Arroscia, sconfinando pure nell’Alto Tanaro della provincia Granda che in quest’area è assai sofferente.
Alluvione e frane del 2016 hanno assestato il colpo di grazia, aggravato dalla lentezza della macchina burocratica e decisionale. Qui non c’è stato spazio per una ‘legge speciale’, basta e avanza l’emergenza calamità che non assicura, peraltro, la ripresa della produttività turistica. Resta il richiamo delle seconde case, di chi nei decenni ha acquistato i ‘tecci‘ dei pastori ristrutturandoli, ampliandoli, qualche nuovo palazzo, senza una visione urbanistica. E senza attuare un progetto di difesa e prevenzione idrogeologica. Una nota dolente che chiama in causa la classe politica nazionale, regionale e provinciale della prima e seconda Repubblica, pur senza fare di ogni erba un fascio. In Italia, del resto, siamo di fronte ad un elettorato abbastanza strano, ci si innamora più spesso dei clown, dell’apparenza, della percezione, piuttosto dei politici e amministratori impegnati a mettere il bene comune al di sopra di ogni interesse personale, di partito o di casta.
E non può essere solo un funerale, un giovane laborioso e serio, strappato crudelmente alla vita, agli affetti, a farci ricordare dove siamo finiti. Monesi che negli anni ’60 era stata colpita da una slavina di neve, in località Ragioso, lungo la
provinciale per San Bernardo di Mendatica, travolte e uccise due giovanissime amiche imperiesi. Un’altra tragedia, in località Ciappea, sempre sullo stesso tragitto. Un automobilista era sceso dall’auto per fare pipì, non aveva messo il freno a mano e la vettura, con la moglie sul sedile anteriore, finita nella scarpata con un volo di una ventina di metri.
Monesi e Piaggia (isola del cuneese in quel di Imperia) che si sono sviluppate quasi in simbiosi. Anche qui uno smottamento, molto più limitato rispetto alla frazione di Mendatica, ha imposto un’iniziale ordinanza di evacuazione e sgombero, con una quindicina di residenti costretti a lasciare. I lavori sono proceduti a ritmo serrato. Demoliti alcuni edifici (con sette-otto alloggi) senza possibilità di recupero. Poi il ‘cedimento’ del ponte sul Rio Bavera, che unisce Piaggia a Monesi di Triora, l’opera di consolidamento dovrebbe essere ultimata entro ottobre. Una curiosità – testimonianza da l’idea di cosa possa accadere di fronte ad un pericolo latente. Il ponte è ‘controllato’ da due impianti semafori alle due estremità. Racconta un commerciante di Loano con diverse proprietà in quella zona: “Domenica scorsa – 26 agosto – abbiamo raggiunto Monesi attraverso Viozene e Upega, affollatissime, impossibile fare una sosta, un’interminabile colonna di auto lungo la strada principale ed in ogni angolo libero. Superato l’abitato di Piaggia, ci siamo trovati con il semaforo rosso acceso sul ponte. Al che dopo essersi resi conto che il rosso era permanente, abbiamo raggiunto Monesi di Triora a piedi, ma eravamo solitari perchè tutti gli altri, in auto ed in moto, procedevano incuranti del divieto e zero controlli.” Una ‘soluzione’ all’italiana, si direbbe, semaforo rosso starebbero a significare “passi a tuo rischio e pericolo”. Anzi, commetti una violazione da decurtazione di punti sulla patente. E se ci lasci la pelle peggio per te. Eppure per chi frequenta la zona non è un tabù. La stessa testimonianza riferisce di aver visto in distanza “nella zona di Monesi di Mendatica transitare moto, bike, pedoni “, ignari di quanto era successo giovedì.
TRAVERSIE DI UN PADRE CON IL FIGLIO ALL’OBITORIO – Tra gli amici, i conoscenti, della famiglia Zanovello, presenti alle esequie funebri, abbiamo appreso cosa può accadere ad un padre, di 63 anni, che corre all’obitorio di Imperia con il cuore in gola dopo aver appreso della morte del figlio. Il magistrato di turno della Procura della Repubblica di Imperia, Lorenzo Fornace, come di prassi, con l’informativa dei carabinieri, aveva disposto l’autopsia. In primis accertare le cause e le circostanze che hanno concorso nel decesso. Papà Zanovello aveva dato il proprio consenso, convinto di poter vedere per l’ultima volta il suo ‘Luca’. Era arrivato apposta da Piobesi d’Alba. Possibilità negata, anche solo per il riconoscimento. Era venerdì, 24 agosto. Davanti alle edicole le locandine sulla tragedia di Monesi. Nello stesso giorno il magistrato ha disposto l’esame autoptico affidato al dr. Leoncini, con alcuni quesiti tra cui verificare eventuale tasso alcolico e sostanze stupefacenti. Essendoci di mezzo sabato e domenica l’autopsia rinviata, pare, alle 9 di lunedì 27 agosto.Poi altro rinvio a martedì,
mentre papa Carlo prima ha sperato e poi ha implorato: lasciatemi vedere la salma anche per pochi istanti. Rifiuto categorico del necroforo. Senza autorizzazione accesso vietato a tutti. Nessuna eccezione era possibile, solo il magistrato poteva autorizzare. E’ pure emerso che, all’interno della Camera mortuaria del camposanto di Oneglia, il condizionatore d’aria era fuori uso ed il caldo non può certo ‘giovare’ ai cadaveri. In che mondo viviamo ?! Sta di fatto che Carlo Zanovello ha potuto vedere per pochi istanti il figliolo e all’ultimo momento utile. Crudele il suo lamento: “Mi è stato impedito, pure in malo modo, di vedere mio figlio prima dell’autopsia, esterrefatto. E quando l’ho visto.. no, non posso descrivere…”. Tempi burocratici con i rinvii, corsa al Comune di Mendatica per i documenti. I funerali già fissati per martedì alle 16, con parenti, amici e conoscenti provenienti anche da lontano. E si è arrivati giusto in tempo, sul filo dei minuti. Un’esperienza che non si augura a nessuno. Un trattamento (‘società civile’?) che non si dimentica in fretta. Nel mezzo la morte della persona più cara e per la quale daresti la vita, qualsiasi somma.
I FUNERALI – Un paese in lutto, scosso, partecipazione sincera, commozione e lacrime sul volto di tantissima gente: giovani e meno giovani, ragazzi e ragazze. Amici e amiche con i quali Luca ha trascorso la sua infanzia, l’adolescenza, gli anni da uomo maturo, ricco di entusiasmo, altruismo, con tante sensibilità, gli hobby, i progetti per l’avvenire. Tra le premure, le raccomandazioni e perchè no, le ansie dei genitori soprattutto quando si tarda a rincasare. Luca non sfidava il pericolo, era uno sportivo con la S maiuscola. Piombesi d’Alba si è stretto in chiesa, nel sagrato, al rosario, attorno ai genitori. Neppure il tempo riuscirà a rimarginare una ferita che ti porti fino alla tomba. Forse in quel tratto di strada, a Monesi, sarà sistemata una croce, per non dimenticare, per onorare chi è rimasto vittima del ‘mostro’. Mentre dall’inchiesta della magistratura sono attese le risposte agli interrogativi. Il legale della famiglia fa sapere di aver ricevuto mandato a contestare chi attribuisce la colpa dell’infortunio all’imprudenza della vittima. Sarà utilissimo ascoltare i due amici di viaggio, a quanto pare non ancora interrogati dai carabinieri di Nava, competenti per territorio ed intervenuti nei momenti immediatamente
successivi, così come i militi della Croce Bianca di Nava, il Soccorso Alpino di Pieve di Teco -Ventimiglia, i vigili del fuoco di Imperia. Si era alzato in volo un elicottero, quasi subito tornato alla base dopo aver ricevuto, via radio, l’annuncio del decesso. Inutile il massaggio cardiaco.
Si tenga conto che da Nava a Monesi c’è almeno una mezzora di strada, a sirena spiegata, 10 – 15 in più da Pieve di Teco. Il sindaco di Mendatica, Piero Pelassa, al giornalista Maurizio Vezzaro ha fatto presente che con la seconda ordinanza, nella zona rossa, si è lasciato il passaggio pedonale e ciclabile “ma resta in vigore il divieto di transito ai veicoli a motore”. Ed ha aggiunto: “Impossibile essere sempre presenti per far rispettare i divieti, ci affidiamo al rispetto che bisogna avere per le disposizioni comunali e soprattutto il buon senso. Resta lo scoramento per la perdita di una vita, una tragedia che fa male. Non vorremmo mai che queste cose succedessero, né commentarle”.
Ora c’è un padre ed una madre, assistiti dall’avv. Roberto Ponzio, che chiedono di sapere perchè il loro figliolo sia finito dentro quella frana, se abbia concorso o meno il temporale in atto, la visibilità con pericolo in agguato e comunque come sia stato possibile superare ben tre ‘recinzioni’ che avrebbero dovuto impedire l’accesso, il salto nel vuoto. Da qui l’importanza delle testimonianze e della perizia di parte. Oltre a quella che potrebbe essere disposta dal magistrato inquirente. Oltre all’esito dell’autopsia, nel fascicolo finirà l’indagine ed il rapporto giudiziario dei carabinieri. E non appaia una beffa. Incombe la spada di Damocle: i verbali, come atto d’ufficio, per contestare la violazione all’ordinanza sindacale. Nonostante tutto, l’edizione podistica Monesi – Rendentore 2018 ha visto la partecipazione di 97 camminatori (percorso di 8.7 km). Erano stati 54 lo scorso anno.
Luciano Corrado