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Ultima ora: al Decimonono nuovo direttoreRighi lascia, da Torino arriva UbaldeschiLa Stampa e Il Secolo XIX Imperia-Sanremol’innovazione e qualità, il ruolo dei precari

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Il Secolo XIX  “una voce forte sul territorio al servizio della comunità dei suoi lettori, nel segno della qualità”. Editoriale del direttore Massimo Righi del 28 giugno 2018 in occasione della nuova grafica. Carlo De Benedetti, editore di Gedi News Network Spa che oltre allo storico quotidiano genovese, raggruppa La Stampa, la Repubblica, 13 testate locali, l’Espresso, nel giugno 2017, scriveva: “La democrazia ha bisogno di giornalismo di qualità, libera da condizionamenti e, nonostante i social, la carta stampa è destinata ad un generale rilancio”. John Elkann, enfante prodige degli eredi Agnelli, già presidente di Itedi, con il polo Secolo XIX, Stampa e Repubblica, parlava di “un atto di fiducia nel Paese, una grande sfida ed opportunità del futuro, di caratura europea, grazie all’abilità dei giornalisti, utilizzando vecchie e nuove tecnologie.” Ultima ora: Luca Ubaldeschi, vice direttore vicario de La Stampa, nato a Novi Ligure, autore di un libro su Fausto Coppi, è commendatore ed è prossima la nomina a direttore responsabile del Secolo XIX al posto di Massimo Righi che lascia l’incarico, dal 5 dicembre, per ‘motivi personali’.  Una fusione, un gruppo di informazione multimediale, sede della società a Torino, nata all’insegna dei migliori auspici, leader dell’editoria in Italia. Quali ricadute nelle redazioni provinciali di cui poco si scrive e nulla si sa all’esterno ?

Le premesse che si leggono nelle dichiarazioni pubbliche dei maggiori protagonisti della concentrazione Gedi, indicano la “necessità di disporre di mezzi adeguati per continuare a fare il migliore giornale possibile”.  In un precedente servizio abbiamo cercato di raccontare, di descrivere la fotografia redazionale de La Stampa ed Il Secolo XIX a Savona e provincia. Tra i dati inconfutabili emerge il crollo di copie in Liguria del quotidiano genovese, meno pesante quello del ‘fratello’ torinese. E quasi in simbiosi, forse più prima che dopo, un taglio drastico, vera e propria mannaia sugli organici redazionali, favorito da ripetuti (e conseguenti esoneri) ‘stato di crisi’, avallati dai governi. Il sindacato unitario di categoria appare impotente, debole, di fronte allo scenario complessivo dell’editoria italiana quasi in caduta libera.

Savona e la sua provincia, scelta dall’allora editore del Secolo XIX (Perrone – Brivio – Grazioli, tre cugini che poi si divideranno, i primi due anche in malo modo) e dal direttore Piero Ottone, quale piattaforma di rilancio,  aperture di redazioni distaccate, uffici di corrispondenza (Albenga). La redazione di Savona che nel corso dei primi due decenni, aveva conquistato il primato da pilota, in tandem con la redazione di Chiavari, seguite da Imperia, Sanremo, La Spezia. Da ultimo, in ordine di tempo, Basso Piemonte. Anni d’oro, di massima diffusione e penetrazione nel territorio, vendite in edicola (180 copie domenicali, 140 media giornaliera), ottimo fatturato pubblicitario, staff di redattori al massimo. Con il ‘colosso’ La Stampa costretta, a sua volta, a dare battaglia, ad adeguarsi con redazioni di provincia. Una sfida durata nel tempo, tra un editore – industriale, e una famiglia senza interessi nell’economia italiana, tanto che nessuno avrebbe scommesso su come sarebbe andata a finire con le nuove generazioni Agnelli e Perrone.

E ora gli interrogativi, anche alla luce delle strategie e delle forze in campo, dei probabili obiettivi. Quali dei due quotidiani diffusi in Liguria sarà destinato ad un ulteriore ridimensionamento, “razionalizzazione di costi’. Se a Savona la ‘partita’ sembra  aperta, nonostante di fatto ci sia una supremazia di forze sia negli organici, sia nelle vendite in edicola de La Stampa; nell’imperiese  l’ex quotidiano Fiat per antonomasia ha sempre avuto il primato in edicola, sopratutto a Sanremo. Anche se c’è stato un periodo, con il caposervizio Franco Bianchi a Imperia, che il Secolo XIX tallonava e qualche volta superava, almeno nella città capoluogo.

Oggi la scommessa ‘vincente’ appare la fusione tra le due testate, un unico caposervizio, un vice, redattori in esaurimento, con sostituzioni  e collaborazioni al risparmio, aspettative da precari. Se ora le due redazioni imperiesi (in passato con rispettive redazioni a Imperia capoluogo) devono ‘produrre’ facendo i salti mortali, utilizzando collaboratori e part time alla stregua di redattori, si andrebbe verso una concentrazione della componente giornalistica, riconoscendo la supremazia a La Stampa. Si rafforza, pianificandolo, quello che già in parte accade. Articoli utilizzati dai due giornali con copia e incolla. Precarietà a macchia d’olio ? e di cui è abituale leggere su alcuni social della categoria l’abuso dalla Sicilia al Trentino Alto Adige.

In questi giorni si fa un gran parlare della minaccia alla libertà di stampa per gli attacchi di esponenti di primo piano del M5S. Eppure è difficile credere che la maggiore insidia al libero giornalismo, al di là dei toni, a volte buffi e comici, provenga da quel movimento al governo del Paese. C’è chi sostiene, come accadeva in passato (la Rai deteneva la bandiera, seguita dalla Fininvest berlusconiana), si continui ad  essere messi all’angolo “facendo il proprio dovere“. Sul piccolo schermo, giornalisti di ‘grido’, affermati,  sostengono “tanti e troppi giornalisti girano la testa dall’altra parte, non hanno la schiena dritta”. C’è chi si spinge (M5S in particolare) a denunciare “l’esistenza di un manuale di cattiva informazione da parte del gruppo la Repubblica, Stampa, l’Espresso”. Oppure chi allarga le braccia: “….in questo paese ognuno si fa i c…. suoi “.

Dividere buoni e cattivi, con tanto di nomi e cognomi. Alessandro Di Battista, grillino e sull’aventino del Sud America, li ha persino elencati: Marco Travaglio, “uno che il Movimento l’ha bastonato ripetutamente“; Massimo Fini, “un uomo che per non essersi piegato al pensiero dominante non ha fatto la carriera che meritava“; Pietrangelo Buttafuoco, “uno degli ultimi intellettuali rimasti”; Fulvio Grimaldi e Alberto Negri, “due non certo teneri con la politica estera dell’attuale governo“; Franco Bechis, “uno dei giornalisti più innamorati dello studio degli atti che abbia mai conosciuto“; Luisella CostamagnaMilena Gabanelli e “decine di giornalisti e giornaliste che hanno capito chi davvero sta colpendo la libertà di stampa”.

La vita delle redazioni distaccate e del giornalismo di provincia é rarissimo finisca nello storie quotidiane dei media. Al massimo può risentire dell’influenza di potentati locali, sensibile a non prendere troppo a calci la fonte del mercato pubblicitario, se il caso dare un colpo al cerchio e l’altro alla botte, qualche ‘amorosa’ di troppo tra capi e gregarie in rosa. Il giornalismo imperiese, rispetto a Savona, a volte, si è  caratterizzato nell’accostamento a forze economiche e politiche locali. Risultato: raggiunta la pensione ecco le consulenze, l’ufficio stampa in associazioni di categoria, incarichi e ‘favori’ da parentopoli alla Camera di Commercio (ormai ex), enti pubblici, qualche gruppo industriale ed imprenditoriale presente in particolare nei giornali on line. Non manca chi, nonostante una più che dignitosa pensione, si rende ancora utile con le collaborazioni  giornalistiche e non certo per beneficenza.

Che pensare quando in una delle più rigorose trasmissioni d’inchiesta Rai  (Report, già trono dell’insuperabile e coraggiosa Milena Gabanelli ora a La 7 e Corriere della Sera) si ascoltano frasi tipo “ sono forse 25 i colleghi giornalisti italiani con promiscuità eccessiva”. Nel caso specifico si tratta di sconcertanti rivelazioni giudiziarie nell’ambito dell’inchiesta su Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, paladino dell’ultima stagione antimafia, ora agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di esponenti delle forze dell’ordine e presunta contiguità a boss o personaggi mafiosi. Da documenti  sequestrati in un archivio ‘segreto’ ed intercettazioni, emergerebbe l’esistenza di una centrale spionistica, con asserita complicità di vertici dei servizi segreti, magistrati, giudici, un ex vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, giornalisti con visibilità e ruoli importanti nei media nazionali. Si è fatto il nome di Roberto Galullo, nel 2010 autore del libro “Economia criminale – Storie di capitali sporchi e società inquinate”; Vincenzo Morgante che a luglio ha  lasciato viale Mazzini (Tgr), ovvero  ‘direttore’ delle testate regionali Rai, diventato il nuovo numero uno di Tv2000. Morgante, nato a Palermo e giornalista professionista dal 1998, dal primo ottobre scorso conduce la ‘rete’ della Conferenza Episcopale Italiana.

La puntata televisiva svelava un’incredibile girotondo di burattini e burattinai, dove chi non si adeguava finiva nel mirino, perseguito da istituzioni statali e in qualche caso da campagne di stampa denigratorie, di delegittimazione. Insomma, si può credere  ancora alla libera informazione ? Agli ‘apostoli dell’antimafia‘ ? Al punto da creare una “Banca Nuova”, a Palermo, utilizzata da servizi segreti militari e dell’interno, ma anche per lavare ‘ soldi sporchi e mazzette‘, con clienti sia tra la magistratura, la politica, capi di forze dell’ordine.

Spaccati di stampa amica, di epurati, di chi come Marco Travaglio a La 7 non ha avuto dubbi: “Siamo una categoria screditata a causa di qualcuno…”. E il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti ad incalzare: “Colpa degli amorali e dei moralisti”.  La carta stampa langue, nonostante il giornalismo sia un potere che da patenti di legittimità. Con politici che cavalcano le banalità, via mass media, per stupire la massa. E pare ingiusto sostenere che “non abbiamo fatto fino in fondo il nostro mestiere altrimenti il giudizio  dei lettori non penalizzerebbe le vendite in edicola, la diffusione”.

La provincia di Imperia, il suo simbolo ‘Casinò‘ per anni al centro di vicende giudiziarie. Si era pure fatto qualche polemica (a firma di Vittorio Coletti su la Repubblica Liguria) a proposito di come veniva inizialmente  tratto dai giornali locali lo ‘scandalo porto turistico di Imperia’, sfociato in clamorosi arresti, ma conclusosi in una bolla di sapone, almeno per la verità giudiziaria. Qualche giornalista attratto dalla vocazione massonica, nella provincia che ha il più  alto indice di ‘fratelli muratori della Liguria. C’è chi prende di mira un magistrato finito in disgrazia, messo alla berlina ed inviso a gruppi trasversali, nonostante la fedina penale pulita.

Non è un’eccezione lo ‘sfruttamento’ di collaboratori pagati a notizia o di part time impegnati a tempo pieno; firmano pezzi su un’intera pagina e senza altra attività lavorativa. Situazioni contrattuali discutibili in diritto del lavoro, direbbe un uomo di legge. Dove il più debole spesso soccombe e dove la gavetta più o meno lunga vale quel detto: alzi la mano chi non l’ha fatta.

Un’altra particolarità del giornalismo di provincia è ignorare che anche i giornalisti sono personaggi pubblici. Lo sostiene un illustre giornalista e scrittore. Beppe Severgnini, e direttore di 7, settimanale del Corriere della Sera: “E’ giusto e corretto si parli anche di noi come della classe politica….”. Invece e abbiamo già avuto modo di accennarlo, le redazioni sono piccoli ‘bunker’, delle loro comunità difficilmente si legge, c’è almeno la firma negli articoli. Manca quella ‘buona abitudine’ di ricordarsi di un collega che raggiunge la pensione dopo una vita al giornale. La coesione umana sul lavoro non è sempre punto di forza. “Da noi si sono troppe vipere – lamentava mesi fa un colla imperiese non alle prime armi. Discorsi che valgono anche per i fotoreporter. Al punto che ‘bisogna morire’ per essere citati in cronaca. Nonostante anni di dedizione e vita lavorativa al giornale, senza badare orari, il telefono che squilla da mattino a sera, sottraendo tempo alla famiglia, ai propri cari, agli hobby. E più che il ‘vile denaro’ ha contato la sfrenata passione. (l.cor.)

LE REDAZIONI: REDATTORI, PAR – TIME, COLLABORATORI FISSI E CORRISPONDENTI

REDAZIONE LA STAMPA SANREMO: Fulvio Damele, Giulio Gavino, Lorenza Rapini, Daniela Borghi.

UFFICIO DI CORRISPONDENZA IMPERIA: Maurizio Vezzaro, Enrico Ferrari

REDAZIONE IL SECOLO SANREMO: Fabio Pin, Claudio Donzella, Paolo Isaia

UFFICIO DI CORRISPONDENZA: Giorgio Bracco, Milena Arnaldi,

Il piccolo esercito di collaboratori e corrispondenti, chi ormai di lungo corso e che i lettori conoscono ed apprezzano. Senza conoscere i risvolti contrattuali, tutti giornalisti.

Nel panorama ponentino emerge il capo redattore e professionista a Imperia Tv, Andrea Pomati, 48 anni il prossimo 30 novembre, giorno di Sant’Andrea Apostolo. Pomati la firma ed il volto più popolare tra i giornalisti imperiesi. Infaticabile, prudente, attento, ottimo conoscitore del territorio, del mondo politico, sindacale, imprenditoriale, dell’entroterra, mai punzecchiatone o ‘irriverente’. Un ruolo, si direbbe, che crea più elogi che critiche o avversari. Una virtù per chi tifa giornalismo con moderazione e distacco. Chi non è d’accordo etichetterebbe:  buono per tutte le stagioni. Pomati collabora pure, con articoli di bianca e di nera, sia a La Stampa, sia al Secolo XIX negli impegni già assidui che dedica alla ‘sua beniamina’, contraccambiato dalla stima e dall’affetto del telespettatori. Un ‘Bruno Vespa‘ di provincia, ma proiettato anche in Liguria.

C’è Diego David, giornalista di punta, tra i primi  cronisti a non temere  Claudio Scajola  quando era all’apice del potere. Ci fu uno scontro di cui alcuni media dettero conto. Aveva fatto solo il suo dovere ed oggi non è difficile leggere notizie e resoconti, interviste e qualche scoop proprio col personaggio Scajola senior.  Ci sono ottimi corrispondenti e collaboratori, alcuni firme ‘veterane’: Loredana Demer, Patrizia Mazzarello, Lorenza Rapini, Ino Gazo,  Maurizio Tagliano, Angelo Boselli, Andrea Fassione, Damiano Di Giuseppe, Marco Vallarino, Graziano Consiglieri, Giorgio Giordano, Mario Guglielmi, Marco Corradi. Fotoreporter  Gino Perotto.

Ps: come è accaduto per la provincia di Savona è possibile che abbiamo tralasciato, tra i collaboratori, uno o più nomi.  Oppure qualche altra imprecisione. Ce ne scusiamo e ben volentieri ospitiamo segnalazioni.

IL DIRETTORE MASSIMO RIGHI LASCIA ARRIVA UBALDESCHI DA LA STAMPA

Maurizio Molinari (s), direttore de ‘La Stampa’, e Luca Ubaldeschi, in occasione della tavola rotonda con gli ex direttori della Stampa, organizzata per il 150° anniversario del quotidiano torinese, presso il Lingotto, Torino, 9 febbraio 2017. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
Maurizo Molinari, direttore del quotidiano piemontese e direttore editoriale di Gedi News Network, ha deciso di rinunciare al suo braccio destro sapendo l’importanza di avere di avere un ottimo giornalista e fidato collaboratore alla testata genovese. La Stampa e Il Secolo lavorano infatti in stretta sinergia dal 2013, epoca della fusione Itedi e Sep.

Massimo Righi, 51 anni, direttore de Il Secolo XIX dal giugno 2016

Ubaldeschi, braccio destro del direttore della Stampa Maurizo Molinari, in precedenza era stato responsabile dell’edizione milanese della Stampa e caporedattore centrale del giornale torinese. Il suo arrivo a Genova sarà molto importante per il quotidiano genovese. Ubaldeschi, nato a Novi Ligure, si era laureato in scienze politiche a Genova. Aveva curato anche i rapporti tra Stampa e Corriere Mercantile. Una curiosità: ha scritto un libro su Fausto Coppi ed è commendatore.

Era il 25 maggio 2016 quando Il Secolo XIX pubblicava: Genova – Nell’ambito della riorganizzazione in atto delle attività editoriali, Italiana Editrice (Itedi) ha deciso di rafforzare la produzione di contenuti in tutte le testate affidando a Alessandro Cassinis, attuale direttore de Il Secolo XIX, l’incarico di editorialista. Alla direzione de Il Secolo XIX subentrerà dal 1° giugno Massimo Righi, attuale vicedirettore. Cassinis, 56 anni, è a Il Secolo XIX dal 1988, dove ha lavorato per la redazione economia ed è stato poi promosso inviato speciale seguendo importanti eventi nazionali e internazionali. Nel 2003 viene nominato vicedirettore, nel 2014 vicedirettore vicario e a novembre 2014 direttore. Righi, 51 anni, è a Il Secolo XIX dal 1989: ha iniziato come corrispondente da Santa Margherita, ricoprendo poi il ruolo di responsabile della redazione di Chiavari, poi della cronaca di Genova, caporedattore centrale e da gennaio 2015 vicedirettore. Ringraziando Cassinis per gli ottimi risultati raggiunti, l’Editrice ha augurato a entrambi successo nei nuovi incarichi.

DUE VALOROSI COLLEGHI DELLA REDAZIONE CENTRALE

DEL SECOLO XIX CHE SE NE SONO ANDATI

 

 

 


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