“Una bella figura di sacerdote della nostra terra e quasi alla vigilia del suo 60° anno di sacerdozio…”. Don Pietro Stalla ha lasciato la vita terrena a 82 anni, 31 dei quali dedicati senza risparmiarsi, con energia, buon esempio pastorale, alla parrocchia di San Matteo di Borghetto S. Spirito; degno successore del compianto don Luigi Cha. Don Pietro, origini a Solva di Alassio, apparteneva alla vecchia generazione cresciuta ed educata negli anni in cui il Seminario Diocesano di Albenga – Imperia accoglieva oltre una cinquantina di seminaristi, in grandissima parte figli di umili famiglie dell’entroterra, della costa savonese e imperiese. Don Pietro un ‘pastore’ che si è sempre guadagnato stima e buona nomea tra i suoi parrocchiani. Mai ‘chiacchierato’ e non era poco in quella che è stata, utile non dimenticarlo da monito, la diocesi più chiacchierata e travagliata d’Italia.
Almeno 300 fedeli hanno assiepato, per l’ultimo saluto non di circostanza, ma di riconoscenza e gratitudine, la chiesa di San Matteo nel giorno di Sant’Ilario vescovo e dottore della chiesa, appartenente ad una delle più illustri famiglie di Francia. Don Pietro, persona umile che ha meritato, quale ex parroco, la presenza del sindaco Giancarlo Canepa in fascia tricolore, degli ex sindaci Figini, Baghino, Gandolfo, mancavano invece Bovio, Malpangotto e Santiago Vacca. Presenti l’ex sindaco di Alassio dr. Giampaolo Mela, Giancarlo Grasso ex presidente della Camera di Commercio e presidente di Confartigianato. E ancora semplici cittadini, rappresentanti della società civile e delle professioni, delle associazioni. La comunità ecclesiale con il vescovo Guglielmo Borghetti (non c’era il predecessore Oliveri ‘vescovo emerito‘ che ha trascorso 25 anni dell’episcopato con don Stalla ordinato sacerdote dal vescovo De Giuli, quindi Baroni e Piazza), il vicario generale mons. can. Ivo Raimondo. I sacerdoti del vicariato di Loano e di altri vicariati. Sfogliando l’album fotografico degli anni di Seminario di don Stalla, non c’erano don Fusta, don Grasso, don Ruffino e don Aprosio.
Il ricordo funebre del vescovo Borghetti non è stato certo all’insegna di retorica e panegirico. “Don Pietro ha rispettato ed onorato, finchè le forze gliel’hanno permesso, la figura di sacerdozio finalizzata a servire gli altri, anche di fronte all’avanzare dello stato di cecità. Con lui ho parlato tante volte, insieme abbiamo pregato al Santuario della Madonna di Balestrino. Don Pietro uomo buono e mite. Con quel sorriso timido che sapeva conquistare, ma anche lottare…. Cosa succederà nel cuore di un prete quando l’ultima ora sta
arrivando….si assommano i fatti vissuti, le abitudini quotidiane, i volti delle persone a cui si era affezionati….che ne sarà di noi dopo essere stati umili servitori….e spesso non da primi della classe. Il caro Pietro dal quale questa comunità ha ricevuto tanto e che lascia un testamento ricco di bene, di altruismo, di insegnamento e di luce…lui che ci risponde con un grazie…non è romanticismo…. e quando l’esistenza diventa insopportabile noi preti aiutiamo a renderla meno difficile”.
Il vicario generale ha esordito con “oh Signore accogli nella gloria il tuo Pietro che nella vita ha servito la tua chiesa”. Monsignor Raimondo l’ha ricordato per il “suo carattere riservato, a volte duro che nascondeva un cuore buono”. Lui che è stato parroco a Cosio d’Arroscia, che amava la montagna, i monti, le vette, pur senza essere scalatore. E che ancora sei anni fa, nonostante l’handicap della menomazione visiva, aveva raggiunto la cima Frontè, nel Comune di Mendatica, per l’annuale ricorrenza e devozione alla statua della Madonna. Da Cosio, a vice parroco ad Alassio (quando c’era un’unica parrocchia), quindi vice nella cattedrale di San Michele ad Albenga, infine prima vice e titolare a Borghetto S. Spirito dove ha dato il meglio del suo apostolato. E l’ex sindaco dr. Gianluigi Figini a sussurrare: “Entrava in ufficio e teneva duro finchè non strappava ciò che gli stava a cuore in quel momento per la sua comunità; gentile, tenace, mai remissivo quando affrontava problematiche con esemplare concretezza”.
Ancora Don Raimondo dal pulpito “Il nostro caro Pietro si è speso per tenere unita la sua comunità e si è preso cura del bene di tutti. Pensiamo ai lavori di restauro di questa bellissima chiesa, all’organo”. Si potrebbe aggiungere la sala del tempo libero (Opere parrocchiali) dove si ritrovavano soprattutto i pensionati per la partita a carte. Era aperta tutti i giorni, una buona opportunita’ d’incontro e coesione tra borghettini che con il tempo è venuta meno, tra malumori.
Il vicario che oggi ricorda il confratello “intelligente, furbo, capace, preparava sempre le sue omelie”. “Quando ci incontravamo era solito fare domande, sapeva cogliere con tutti il bene, lasciare il buon esempio…l’ultimo volta ci siamo visti venerdì…era ormai una lamentela unica di sofferenza e in quel momento ho pensato al mio caro papà….ciao Pietro, arrivederci”. E’ seguito un lungo applauso. Da ultimo la recita della preghiera alla Madonna della Guardia scritta proprio da don Pietro che “ci accompagna e ci prende per mano”.
Fuori dalla chiesa, nella stretta via del centro storico, l’abbraccio ideale, il bacio del feretro, le lacrime sincere di tanti persone che hanno amato il loro pastore, capace di non voltarti mai le spalle, di ascoltare, consigliare. E non solo una parola buona, di conforto, di incoraggiamento. La vita di don Pietro offre anche lo spunto ad un esempio vissuto di grande amore ed umanità che lo ha visto destinatario. Quando ha dovuto abbandonare la canonica ha finito per condividere gli anni di malattia e sofferenza, ma anche di immenso amore, con una famiglia esemplare che abita a Boissano. Accolto come un fratello da Dionisio Verando che in vita faceva il postino, dalla moglie Maria Rosa, casalinga e da una figlia. (L.Cor.)