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Channel: L.Corrado – Trucioli
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Mendatica ora Giovanna riposa con i suoi cari. Un altro addio. Era mia madrina

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Un’altra mendaighina, memoria storica, Giovanna Floccia vedova Maglio, se n’è andata. Alla veneranda terza età di 95 anni. Nel sonno della notte ha chiuso gli occhi per sempre. Ha lasciato un testamento morale di benemerenze e testimonianze, di umiltà e semplicità. Un’eredità dei giusti nel solco delle origini famigliari. Riposerà, senza più ansie e preoccupazioni, portandosi gioie e affetti, nel camposanto del paese. Luogo silenzioso e mesto, di preghiere e raccoglimento, lacrime e pensieri che unisce e racconta, custodisce tante persone care e amiche, amici, conoscenti. Sorvegliato dai rintocchi delle campane della antichissima chiesa dirimpettaia. Simbolo del paese.

Giovanna tra le ultime discendenti dell’autentica civiltà montanara, tanto decantata, ma bistrattata e che non potrà più tornare. Giovanna a raccontarci, da testimone qual’era, storie vere di virtù, sacrifici, tradizioni, valori mendaighini, la nostra inseparabile terra sempre bella, accogliente, romantica, ma oggi così triste. Con i tempi di povertà dignitosa vissuti in epoca di guerre e quel popolo fiero, tenace, autentico di pastori mendaighini, con i piccoli peccati di paese e quando bastava poco per essere felici, spensierati. Ci si accontentava di poche cose e dei balocchi.  Racconti di privazioni e lusso sconosciuto, l’attaccamento ed il rispetto alle tradizioni religiose e civili. I tanti esempi di famiglie che hanno fatto storia e la tramandavano casa per casa. I mestieri umili e la loro cultura. C’era un fiorire di vocazioni di religiosi e religiose, le suore dell’asilo, i parroci eroici dei tempi di guerra  e dei pastori, i partigiani, i San Marchi, i soldati tedeschi, il medico condotto, la levatrice, il maniscalco. Le serate estive nell’aia, illuminate dalla luna, le melodie e i canti popolari, la fisarmonica, il clarinetto. Le stalle sotto casa. La ricchezza delle fontane. I profumi del pane cotto nel forno a legna e la farina del mugnaio, il grano di campi frutto del sudore e della zappa. Le scarpe nuove, a Pasqua, grazie all’arte del calzolaio mendaighino. I mesi nelle malghe,l’allocco e la civetta, le lanterne, le lampadine acitilene, lo sciroppo dei lamponi selvatici, i mirtilli, lavanda di montagna profumatissima che i bimbini vendevano a mazzetti ai turisti in viaggio per Monesi. L’insidia vipere ai pascoli. I corvi di guardia. Il fischio delle marmotte. L’acqua limpida delle sorgenti. La fiera del bestiame di San Matteo.

Giovanna Floccia tiene in braccio (1946) il figlioccio Luciano Corrado

Giavanna che ha convissuto con gli anni della povertà e poi  conosciuto, ma osservato con sospetto, la civiltà del benessere, il consumismo e gli sprechi, le disuguaglianze  crescenti. Il confronto tra malessere sociale di ieri e di oggi, la preponderante cultura moderna dell’apparire, la corsa al potere temporale, l’esibizionismo sfrenato, l’edonismo poco cristiano e molto pagano.

Giovanna che è rimasta nel calore famigliare della sua casa a Oneglia e finché le forze l’hanno aiutata non mancava l’appuntamento estivo, la villeggiatura nella sua amata Mendatica, vicino alla sua amatissima sorella Emma, secondogenita. Tra loro quanti ricordi. La chiesa e i momenti di pietà della visita al cimitero. La casa dove sono cresciute, fonte di educazione e di venerazione per papà e mamma.

Giovanna ci ha lasciati per raggiungere il suo amato Filippo Maglio, origini a Montegrosso Pian Latte, ferroviere ad Alassio, compagno di vita e padre esemplare e che aveva conosciuto in una serata di ballo a Mendatica. Nell’ultima dimora verso l’eternità ci sono i carissimi genitori Giacomina e Giovanni (U Lisciandrin). Nell’edificio dove abitava una locale era riservato, negli anni del primo dopoguerra, a negozio di alimentari. Lui guidava il primo camion utilizzato per il trasporto del latte dalle malghe ai caseifici della costa, Imperia e Albenga. Si partiva all’alba dalle Alpi e dai tecci e strada facendo capitava di ‘caricare’ qualche concittadino che scendeva in paese o a Pieve di Teco. C’è il caro fratello Romano  che se n’è andato poco più di un anno fa. E Giovanna quando l’ha saputo ha avuto la forza della rassegnazione, della fede comune nell’adilà. Dove, finalmente, siamo tutti uguali senza distinzione di censo, accompagnati dal perdono di nostro Signore, dei nostri Santi che tante volte sono corsi in aiuto, confortando e incoraggiandoci a superare magari il baratro dello sconforto. Forse della disperazione. Per non sentirsi abbandonati da tutti, invocando i nostri cari a non lasciarci soli nelle prove di vita più difficili.

Le sorelle Giovanna ed Emma Floccia, davanti al portone di casa, a Mendatica, con il cavallo sul quale è seminascosto Luciano Corrado con la mamma Pierina Pelassa ed il fratello Pierluigi (1946)

Giovanna,  indimenticabile madrina al nostro battesimo, casalinga, mamma esemplare e guida sapiente, carica di bontà e premure, lascia l’adorata figlia Sandra sposata con Gigi, il nipote Giacomo; la sorella Emma con la figlia Carla sposata con Gianni, il figlio Fulvio.  Poi  Mariuccia, sorella ultimogenita, sposata con Luigi, i figli Gilberto e Michele.  Maria Rosa vedova di Romano Floccia, i figli Elisa e Gianfranco, i nipoti Agnese e Anna. Tutti uniti ed accompagnati dalla luce fulgida dei nonni mendaighini.  Lontano, osserva e speriamo ci protegga, don  Giuseppe Tassara, loanese votato alla causa dei suoi pastori della valle Arroscia e Tanaro, e che a Mendatica, nel 1956, celebrò il suo primo funerale al pastore Giordano, il papà di Giacomina.

Un devoto abbraccio cara Giovanna e grazie ! Anch’io ho imparato ad ascoltare il tuo ‘canto’ gioioso e soave per le nostre ‘sacre’ origini. Non ho lacrime, ho l’emozione di chi conta i giorni per unirci nel coro celeste dell’aldilà. E tanta nostalgia di come eravamo tra bambini di montagna.

(L.C.)

Il convegno organizzato da don Giuseppe Tassara dall’infaticabile promotore di iniziativa per i pastori delle Alpi Liguri e Marittime. L’auspicio che Mendatica lo ricordi e lo onori dedicandole un luogo pubblico o una stele a perenne memoria del suo faticoso, disinteressato ed encomiabile operato per le comunità della pastorizia e non solo.


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