Vincenzo Ferro, 86 anni, se ne è andato e Savona non dimentichi un figlio illustre. Una toga che ha onorato e servito la Repubblica, la democrazia, nel totale disinteresse personale, ma per la giustizia terrena. L’ultima volta l’ho incontrato e ci siamo fermati a conversare, in via Astengo. Era il 13 settembre, lunedì. I convenevoli. I ricordi. Nella sede del vecchio e del nuovo tribunale. Non era il primo incontro casuale. Ma il dr. Ferro sempre parco, interessato alle notizie, mi è apparso più accondiscendente, aperto, collaborativo, con una davvero rara confidenza al cronista dei capelli bianchi.
Per lavoro avevo seguito, dall’inizio alla fine, nell’estate del 1974, il ‘giallo Berrino‘: il sequestro, le ricerche, il pagamento del riscatto (300 milioni di lire), la liberazione, le indagini, l’inchiesta e l’istruttoria ed il suo epilogo clamoroso. Non ci fu sequestro secondo il responso della giustizia.
Il dr. Ferro era il giudice istruttore che, con l’allora procuratore della Repubblica, Camillo Boccia, decise di ricostruire gli ultimi giorni della prigionia, prima della liberazione. Un ricognizione ‘in loco’, con la presenza del ‘rapito’, dei difensori, dei cronisti.
Scriverà il pittore Berrino nelle sue memorie: “…Arrivammo nei pressi di un rudere da me ben conosciuto (sulla collina di Alassio fronte mare ndr). Infatti erano pietre che amavo segretamente e se ne avessi avuto il tempo ed i mezzi avrei voluto restaurare quella proprietà in rovina, ma situata in una posizione meravigliosa. Li ricordavo bene quei ruderi. Nella parte a sinistra di chi guarda il mare, campeggiava una scritta bianca, un archetto sul lato destro addolciva il tutto con molta architettonicità. Là i miei rapitori ebbero un colloquio assai concitato…..Ero legato con una funicella di naylon alla gamba destra ed al polso sinistro…”. Il dr. Ferro, nella calura estiva, sudore in fronte, calmo, puntiglioso, incalzante, via via contestò a Berrino contraddizioni e discrepanze circostanziate, trascritte dal cancelliere e rilette a voce alta. Tralasciamo domande e risposte anche negli aspetti più intimi, ma non irrilevanti, come i resti ‘non trovati’ dell’asserita defecazione.
Poi venne il giorno dell’interrogatorio al secondo piano del vecchio palazzo Santa Chiara, nella stanza del giudice istruttore, il dr. Ferro appunto. Colpo di scena, Berrino da parte lesa si trovò indagato, agli arresti, destinazione carcere ed il tentativo sventato parrebbe per un soffio di ‘gettarsi dalla finestra’.
Ebbene ora sappiamo che quella decisione consterà al dr. Ferro il trasferimento. Non ne aveva mai fatto cenno prima, almeno con il cronista che pure in altre circostanze ebbe modo di scambiare idee su quella vicenda che tenne banco ed in scacco l’estate alassina e non solo. Prime pagine dei quotidiani e settimanali, presenza costante della Rai. Tra scoop veri e fasulli, dichiarazioni di fuoco dei legali, riportate soprattutto nelle edizioni pomeridiane. Basti pensare alle presenza del prof. avv. Pietro Nuvoloni emerito giurista che seguiva spesso processi con eco nazionale. Ma anche l’avv. Isidoro Bellando che non lesinava durissime prese di posizione. Entrambi chiamati ad assistere i fratelli Mombelli finiti in manette ed accusati di essere gli autori materiali del sequestro, ma dichiarati innocenti con sentenza passata in giudicato.
Il dr. Ferro trasferito per un’inchiesta che, a quanto pare, era seguita con una particolare attenzione anche ai ‘piani alti’ del palazzone di giustizia a Genova. E ancora l’incontro di quel lunedì pomeriggio:”….Trasferito, mi hanno fatto un favore”. Gli anni di un tribunale, a Savona, sempre sotto organico. Il presidente, Tartuffo, un presidente di sezione Guido Gatti, giudici Avolio, Meloni, Storace, Becchino, Acquarone, De Donato, il giovanissimo Frisani.
La Berrino story ebbe tanti risvolti, la durissima reazione del difensore, principe del foro, Ernesto Monteverde. Tra i difensore di altri impuntati anche l’avv. Umberto Ramella, grado 33 in Liguria della massoneria di Piazza del Gesù. I due fratelli Mombelli (uno è in vita e vive nell’ospizio Trincheri di Albenga (trucioli.it ha pubblicato solo in parte le sue memorie) indicati e accusati da Berrino, oltre due anni di carcere da innocenti, almeno per verità giudiziaria.
Ancora Ferro nella conversazione di quel lunedì. Monteverde era il penalista di fiducia nella cause contro il Secolo XIX ed i suoi giornalisti. Mi aveva assistito, con abituale passione e maestria, unitamente all’avv. Romano Raimondo, da imputato per diffamazione e rivelazioni del segreto istruttorio, dopo la querela di Alberto Teardo parte lesa. Accadeva due anni prima che esplodesse lo scandalo con la sequenza di arresti ed accuse gravissime, un terremo politico e giudiziario senza precedenti in Liguria e che aveva preceduto la tangentopoli di Milano.
Monteverde tra gli artefici della ‘punizione- trasferimento’ del giudice Ferro ? Ricordavo che in quei giorni, il ‘maestro del foro’ era particolarmente ‘indignato’. Ed avrebbe bussato alla porta dell’ufficio dell’allora procuratore generale di Genova. Non era solo, con lui il collega Raimondo Ricci, parlamentare del Pci e presidente Anpi, co-difensore di Berrino.
All’epoca, da cronista, ebbi un’altra indiscrezione, tutta da verificare. Parte dei soldi di ‘riscatto’ sarebbe servita per saldare i debiti di un legale abituale frequentatore del casinò di Sanremo. E anche al dr. Ferro si è detto informato di quella ipotesi, peraltro rimasta tale. Forse era una pista da seguire ma emersa molti anni anni dopo? Una delle verità al di là dell’esito finale scritto con una sentenza che non lasciava scampo, dal giudice istruttore dr. Michele Del Gaudio. Il magistrato titolare, con il capo dell’ufficio, dr. Francesco Granero, dell’inchiesta Teardo e dei clamorosi sviluppi. Del Gaudio che di fatto ha confermato le prime tesi accusatorie di Ferro, mentre fu assai più tiepida, la posizione della procura della Repubblica con il dr. Boccia. Non condivideva l’arresto di Berrino che fu subito rimesso in libertà, dopo una notte in cella, anche per motivi di salute.
Pare davvero superfluo rimarcare che il dr. Ferro ha portato con se tanti anni di lavoro e probabilmente tanti aspetti inediti che non sono mai stati affrontati dalla cronaca e dai cronisti. In altri incontri casuali mi aveva accennato ad alcuni processi per diffamazione a quotidiani nazionali che si era trovato ad affrontare in Corte di Cassazione. “Credo siano interessanti ed utili da rileggere per un cronista”. E hanno fatto giurisprudenza in materia.
Del giudice Ferro non possiamo dimenticare la impenetrabile riservatezza di quando indossava la toga. Sempre gentile, disponibile, ma sbrigativo, non sciupava una parola in più con chi era ‘a caccia’ di notizie. Semmai consigliava per evitare “brutte figure”, “perdita di credibilità”, evitare di dare in pasto panzane ai lettori. E poteva pure accadere di essere garbatamente redarguiti. “Non avete seguito con diligenza il processo…”. “Non avete letto gli atti….”. A volte accadeva di prendere una ‘cantonata. Ferro apparentemente distaccato, eppure attento le lettore anche della cronaca locale. Tra le persone che a palazzo apprezzava e si intratteneva, Giovanni Nuti, per oltre 30 anni impiegato nel tribunale nel ruolo di cancelliere e da pensionato, dopo il 1972, si dedicava alla libera professione con unao studio di consulenza in via ratti con il collega Barberis.
Come dimenticare che ha seguito, tanto per fare qualche esempio, i fallimenti del Savona Calcio, dei cantieri Baglietto. Migliaia di sentenze, ordinanze in materia civile e penale. Le dotte motivazione come nel processo Teardo dove ha retto l’impianto accusatorio, ma non l’imputazione di associazione di stampo mafioso. Le argomentazioni di Ferro in primo grado, soprattutto in diritto, sono state confermate in appello e poi in Cassazione. Anche per un uomo di legge le soddisfazione morali, umane, nell’adempimento del suo delicato lavoro, sono una componente non trascurabile.
Il dr. Ferro nel gennaio 2008 aveva concluso la sua brillante e stimata carriera. Sempre da persona semplice, quasi timida, arrossiva facilmente, lontano dai salotti e dai circoli elitari, dalle frequentazioni mondane. Semmai molto interessato alle sorti e alla storia della sua Savona. Nel 1964 entra in magistratura classificandosi primo assoluto all’esame da aggiunto giudiziario. Primo incarico da pretore penale a Genova fino al 1969. Fino al 1998 giudice al tribunale civile, a Savona, alla fallimentare, all’Ufficio Istruzione, alla sezione penale. E ancora giudice nelle sezioni lavoro, esecuzioni civili, in materia marittima. Fino al 1994 consigliere della prima sezione della Corte d’appello di Genova. Da qui alla Cassazione prima e quarta sezione penale, a seguire prima sezione civile. Per concludere con la prestigiosa presidenza della Corte d’appello civile nel capoluogo ligure.
Nel novembre 2016 un altro incontro causale questa volta in via Paleocapa, non lontano dalla sua abitazione. Era appena uscito un articolo sul Secolo XIX, con tanto di locandine davanti alle edicole: Sgarbi affonda il tribunale: Palazzo che sfregia Savona. Il critico d’arte: ci vorrebbe un’inchiesta su questo orrore, sui materiali scadenti e i costi con cui è stato realizzato”. In realtà anche il dr. Ferro ricordava che l’inchiesta si fece, come le perizie sulle palificazioni. Quando è stato inaugurato fu tutto un fiorire di apprezzamenti, da bella notizia per la città e la provincia, commenti positivi riportati nelle pagine locali. Solo qualche anno dopo si saprà dal presidente della ‘Campanassa’, rag. Carlo Cerva che il progetto tale e quale era stato proposto al Comune di Sanremo come ‘palazzetto dei fiori’.
Negli anni della pensione il dr. Ferro ha soprattutto coltivato amore, premure e dedizione alla famiglia, ai carissimi nipoti. Ci mancherà la sua memoria storica, la schietta pignoleria dei fatti, l’approfondimento, la chiave di lettura, rimproveri compresi. Sempre circondato dall’apprezzamento che riscuoteva nel mondo forense ligure e dai colleghi. (L. Cor.)
ARTICOLO DEL SECOLO XIX A FIRMA DI GIOVABNNI CIOLINA
L'articolo Savona non dimentichi/ Ferro magistrato schivo, timido, di rara preparazione giuridica. In tribunale, Corte d’appello, Cassazione. Al liceo Scuole Pie fu Principe dell’Accademia proviene da Trucioli.