Un personaggio forse unico in Liguria. Unico perchè a 90 anni compiuti il 14 agosto scorso è ancora a ‘capo’ del ristorante ‘Marina’, centro storico e fronte mare. Renato Tabbò, non ha titoli onorifici, non ha mai ricoperto ruoli pubblici o associativi, ha scelto di restare a ‘libro paga’ nel locale che ha creato e rinnovato laddove un tempo c’erano un alloggio e un chiosco.
di Luciano Corrado
Di buon mattino, alle 7, è già all’opera, espone i cartelli, aspetta i fornitori. “Vado a letto alle 20, non guardo la televisione, non mi interessa nulla…”. Lo incontriamo e conversiamo mentre è seduto nel primo tavolo all’ingresso della veranda. “E’ il suo posto preferito – commenta il nipote-erede Federico Tabbò-. Lui è rimasto diciamo all’antica, nell’ora di pranzo propone ai passanti di leggere il nostro menù….a degustarlo”.
Il signor Renato ha raggiunto la veneranda età in gran forma e lucidità. “A volte dimentico un nome, poi ci ripenso, ma quando ripercorro la mia vita, allora rivivo tutti i ricordi, gioie e dolori, sacrifici e soddisfazioni. Sono arrivato ad Alassio all’età di dieci anni. Sono nato nella piccola Degna, Comune di Casanova Lerrone. Mamma e papà erano umili contadini, coltivavano grano e patate, piante d’olivo, non certo proprietari terrieri. Gente all’antica ma ricchi di onestà e umanità. Con mia sorella Lidia che è ancora in vita, classe 1938, mio fratello Marco che è nel frattempo mancato, con i genitori, ci siamo trasferiti ad Alassio”.
Il mio primo lavoro ? “A dieci anni trascorrevo la lunga stagione balneare, da levante a ponente, con un ‘cestone…’. Vendevo ‘cocco-bello’, kraft, brioche, gelati pinguini….si guadagnava bene, c’era una clientela diversa, non la massa come ora. Come si dice? C’era l’élite di stranieri ed italiani.”.
E poi….”Così sbarcavo il lunario fino alla fine degli anni ’60. Nel 1974 ho aperto il ristorante dove ci troviamo ora, non con le dimensioni attuali. Avevo comprato un alloggio tra la spiaggia ed il carruggio da una signora anziana. Poi un chiosco. Ho ricavato sala pranzo, cucina ed una piccola veranda affacciata sul mare. Con mio nipote, negli ultimi anni, ci siamo ingranditi rifacendo ex novo veranda, arredamenti, attrezzature per cucina e bar. Insomma non ci manca nulla, è solo cambiata in ‘peggio’ la qualità della clientela, la disponibilità di spesa, con qualche rara eccezione. E poi è cresciuta anche la concorrenza e si cambia spesso gestione di locali. C’è ressa soprattutto nei bar e pizzerie nei fine settimana e nei ponti estivi. Noi resistiamo. E ho clienti di lunga data, quando ritornano dall’estero nella loro Alassio vengono a pranzare, penso al mitico Giorgio Tomati...”
Cosa ricorda della vita notturna alassina, dei tanti latin lover di cui persino giornali di mezze europa raccontavano. “Ero un giovanotto, credo anche abbastanza affascinante. Frequentavo il Tabù, il Boccaccio, Villa Romana, la Capannina, il Roof Garden del Caffè Roma e il suo night di lusso ….insomma spesso si faceva il giro e le ore piccole. Non mi sono mai sposato e non mi sono fatto mancare le avventure….tante…capitava che in una serata si arrivava a ‘cambiare’ tre straniere e non ero l’unico….Alassio nella lunga stagione estiva era veramente la capitale del divertimento e della bella vita in Riviera. Tantissima gioventù dal centro e nord europa, una ragazza più bella dell’altra e c’erano turiste italiane sposate con i mariti pendolari. Negli anni ho imparato a farmi capire in tedesco, francese e inglese.”
Faceva coppia con qualche amico ? “Tra tutti non posso dimenticare Andrea, era un bravo sarto, claudicante, lavorava da Lino Vena ed un fratello gestiva un albergo”.
Renato Tabbò ricorda gli anni da militare, il Car a Brescia. Tra i sindaci stimava Torre “che mi ha dato molto aiuto nell’iter dei vari permessi e licenze”. “Dimenticavo di raccontare qual’era l’altra faccia della medaglia trascorrendo l’estate a vendere tra i bagnanti. Si camminava scalzi con la pelle dei piedi che bruciava. Dovrei anche raccontare come ho vissuto gli anni della guerra…preferisco rimuovere quei brutti momenti, tutto sommato mi considero un fortunato. Mio fratello Mario prima di morire si era raccomandato: “Quando non ci sono più preoccupati ed aiuta mio figlio Federico. Credo di aver rispettato con tutta la mia forza d’animo quel ‘testamento’. Federico ha meritato e merita. Un lavoratore e io spingo perchè stia al passo con tempi. Se c’è da cambiare qualche attrezzatura non deve tirarsi indietro. Da zio scapolo gli voglio un mondo di bene e la fortuna lo assista nel suo futuro” .(Luciano Corrado)
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