Non c’era posto per tutti (oltre un centinaio i presenti) nell’ex sala consiliare del vecchio palazzo Municipale di Borghetto S. Spirito. Tanto interesse nonostante non fosse apparsa la notizia sui media locali. Il tema, sempre attuale e scottante. ‘Consumo del suolo inarrestabile: quale futuro ci stanno preparando ?” Relatore d’eccellenza il prof. Paolo Pileri docente ordinario di Pianificazione e progettazione Urbanistica Politecnico di Milano.
di Luciano Corrado
La speculazione urbanistica ha cambiato il senso della storia della nostra Liguria, da levante a ponente. Ora si procede ad interventi di riqualificazione urbana utili ma che non possono neppure mitigare il disastro messo a segno da un barbaro assalto ambientale, molte complicità, mancanza di una presa di coscienza dalla stragrande maggioranza dei cittadini, in particolare gli elettori che hanno premiato negli anni i vari partiti e loro rappresentanti pro cementificazione. Nelle scuole nessuna traccia di storia del nostro suolo.
“Una Liguria soffocata – ha rimarcato nella sua lunga e dotta lezione cattedratica il prof. Pileri– , una regione infognata di cemento, il 47 % di suolo consumato nella fascia di 300 metri dal mare, un record italiano contro il 45% delle Marche, 35 % della Campania, 29% della Puglia. Un consumo sfrenato ed incontrollato. A questo punto cosa vogliamo fare della Liguria ?” Continuare a balbettare.
Si è pure urbanizzato il 45% delle aree agricole e con il progetto di trasferimento a monte dei binari saranno distrutti nella pianura ingauna e a Borghetto S. Spirito per la stazione ferroviaria comprensoriale, 100 ettari di terreno fertile. Non solo, c’è chi vuole far credere che una parte di terreno coltivato potrà essere recuperato con il materiale scavato nelle gallerie. Ridicolo. Un insulto alla realtà. C’è da chiedersi chi sono rimasti i custodi del suolo in questo territorio e chi sarà ancora in grado di dare voce alle ‘ragioni del suolo’. E quanto si spende di denaro pubblico, dei contribuenti che non evadono il fisco, per il dissesto idrogeologico e per quello preventivo.
Il prof. Pileri: “Nel Bel Paese si spende 1 euro del bilancio per la difesa del suolo e il 5% per riparare i danni. Si spendono 13 euro a cittadino per tenere in vita anagrafe e ufficio elettorale, 44 % per la manutenzione delle strade”. Si perdono 24 miliardi all’anno per distruzione di aree fertili.
Per Davide Michelini, vice presidente Confagricoltura Savona, “la gente perbene deve smettere di stare zitta, ma alzare la voce, come mi suggeriva un frate incontrato a Bardineto…”. E ha ricordato l’importanza della piantumazione di alberi, anche lungo strade e spazi pubblici.
Alla richiesta del giornalista che dal 1967 si batte per la salvaguardia dell’agricoltura, il rilancio della montagna sempre più spopolata e contro il forte ‘club’ dei cementificatori (ieri savonesi, oggi provenienti da fuori regione), il prof. Pileri non ha saputo rispondere. Stessa domanda senza risposta perchè vincono sempre (alle comunali) i sindaci imbonitori di una politica di espansione edilizia, piano regolatori e Puc tutt’altro che anti consumo di suolo, generosi con gli amici degli amici, con le ‘confraternite’. Con buoni agganci alla silente massoneria affaristica e trasversale.
Perchè la maggioranza di elettori continua a votarli? Perché nella storia degli ultimi decenni della provincia di Savona solo tre sindaci (Gambetta di Noli, Rembado di Borgio Verezzi, Elice di Loano) hanno lottato e solo in parte hanno potuto evitare il peggio. A Loano era già stato compiuto lo scempio di Corso Europa e dei Palazzoni lungo l’Aurelia. A Laigueglia la precedente amministrazione con Sasso del Verme sindaco e il veterano l’ing. Garassino vice hanno varato un Puc a zero consumo suolo. Alle comunali dello scorso anno sono stati ‘bocciati nell’urna. Mistero.
Non parliamo di Borghetto S. Spirito primi anni ’70 e di chi in netta minoranza ha subito anche minacce di morte solo perchè si voleva adottare un piano regolatore che tagliasse le unghie agli impresari edili e a chi speculava sulla aree edificabili mandando in piazza persino gli operai.
Proprio la corsa alle aree baciate dal cemento ha finito per creare una catena di Sant’Antonio di interessi moltiplicatori del consenso elettorale. Impresari, progettisti, proprietari di terreni perlopiù coltivati, artigiani, professionisti (avvocati e commercialisti), piccoli commercianti di prodotti per l’edilizia; la moltiplicazione incontrollata e dissennata di seconde case ha ucciso il turismo alberghiero in modo irreparabile e la qualità della clientela; ha favorito lo sviluppo delle agenzie immobiliari (oltre 400 nella sola provincia di Savona), il doppio degli hotel tradizionali rimasti, ha beneficiato gli stabilimenti balneari. Più turisti al mare, più incassi, così per molti bar, pizzerie, focaccerie e panettieri, ‘pizza la volo’, gelaterie, pure l’inflazione di bazar di ‘asiatici’ nei centri storici e lungomare.
Che dire della sorte di ‘desertificazione’ commerciale degli stessi centri storici come a Borghetto e Ceriale. Che dire della corsa all’apertura di supermercati e alla chiusura di centinaia di attività famigliari. Che dire della moria generalizzata delle edicole, crollo di lettori, a gonfie vele quotidiani on line locali (anche di stampo populista) molto sensibili alla pubblicità di imprese edili, enti pubblici, associazioni di categoria che certo non hanno brillato nel tempo per la difesa del suolo senza necessariamente appartenere agli ambientalisti. E come tacere la fuga fuori Liguria di centinaia di universitari che si fanno onore anche all’estero.
La Liguria consuma 33 ettari di suolo all’anno. Il ponente savonese alle prese da decenni con un progetto di binari a monte tra Albenga e Finale Ligure, soppressione di stazioni in centro città (assai frequentate nella stagione estiva), ma nessuno ha mai organizzato assemblee popolari per spiegare che con il nuovo tracciato si risparmierà tra 5-7 minuti di percorrenza da Genova a Ventimiglia. Che per 30 km di nuova strada ferrata si spenderanno 3 miliardi, ma i fautori raccontano di un ‘progetto all’avanguardia per il futuro del territorio e della mobilità sostenibile. Basterebbe dare conto di cosa succede nell’imperiese con i trasferimento delle ferrovia, meglio se i cittadini sono tenuti all’oscuro. Non ci sono soldi pubblici invece per liberarci dalla morsa di un traffico infernale sulle nostre autostrade con danni a catena e tutti da quantificare. E dire grazie a chi ?
Luciano Corrado
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