Per i sindaci del dopo alluvione “Il nemico è la burocrazia”. Per chi ha memoria storica del Bel Paese si potrebbe aggiungere “l’oblio mediatico”. Quando si spengono i riflettori dei mass media la politica si addormenta. Invece siamo di fronte ad un disastro immane che merita non solo i Tg regionali, le cronache locali. Semmai le prime pagine. E’ una tragedia per nulla minore del terremoto del centro Italia. E’ vero, qui non si contano le vittime, ma la proporzione della catastrofe è sconvolgente. Monesi per due decenni ‘perla’, locomotore delle Alpi Marittime, capace di trainare l’economia – e posti di lavoro – di almeno un paio di vallate, è ridotto a fantasma.
Diamo subito merito alla solerzia dei sindaci delle valli imperiesi abituati a tirarsi su le mani nel vero senso della parola, spesso ad aprire il loro portafoglio per esigenze istituzionali e d’ufficio; stanno vivendo, loro malgrado, uno dei più disgraziati periodi della storia centenaria. Neppure gli anni di guerra, della barbarie nazifascista, dell’invasione tedesca, della lotta partigiana e fratricida, ha provocato tanti danni all’economia, all’ambiente, alle già poverissime infrastrutture, a cominciare dalla rete viaria. Poi la luce, l’acqua potabile. Non era mai accaduto cosa si è visto e vissuto nella martoriata Rezzo; per nove giorni il paese, i suoi sventurati abitanti, isolati dal resto del mondo. C’era solo l’elicottero a far fronte ad eventuali emergenze sanitarie. Il Tg3 Liguria ha dato notizia di una raccolta fondi. Speriamo nel buon cuore dei liguri e non solo. E non era mai accaduto nella sua storia centenaria che Monesi (suddivisa tra parte ‘nuova’ nel Comune di Triora e ‘antica’ nel Comune di Mendatica) fosse oggetto di un’evacuazione totale.
Monesi di Mendatica dove già ora si contano cinque edifici difficilmente recuperabili, tra cui il primo Bed and breakfast: Il Ramingo inaugurato nell’aprile scorso e che ha accorpato, ristrutturandoli sapientemente, due ‘tecci’. Monesi di Triora dove, dopo le prime notizie tutto sommato confortanti sullo stato di una annosa frana, pare proprio che il terreno stia scivolando. Monesi di Mendatica dove la parte più a Nord Est si è abbassata verticalmente, ma si è pure spostata orizzontalmente. Anche la dirimpettaia Piaggia (Comune di Briga Alta, CN) è stata evacuata – qui ci sono residenti e d’inverno ridotti a una decina di abitanti – il movimento franoso è meno accentuato e insidioso. Monesi di Mendatica dove lo scorso anno era stata inaugurata una ‘centralina’ comunale per la produzione di energia elettrica che, nonostante sia in cemento armato, è stata trascinata per una quarantina di metri, restando comunque quasi intatta. E proprio la realizzazione della struttura, nell’alveo del Tanarello, sta ponendo qualche interrogativo. Si è dovuto realizzare uno lungo scavo orizzontale profondo due metri e largo uno, sono stati tagliati alberi secolari. Lavori del Comune, con tanto di progetto approvato in Provincia, in Regione e pareri del geologo. Si aggiunga che nel 2011 la stessa strada provinciale proprio dove si è verificata la frana più imponente e in continuo ‘movimento’, era stata oggetto di lavori di palificazione (micropali oggi ben visibili). L’opera è stata spazzata via come un fuscello.
A Monesi sono al lavoro sei geologi, coordinati da Roberto Mario Cacciò, con studio a San Fedele d’Albenga. Dal punto di vista scientifico quello che è successo in Valle Arroscia potrebbe apportare nuove conoscenze ? «Stiamo studiando – spiega lo stesso Cacciò, che è impegnato da diversi anni a Mendatica, altro zona critica -. E’ presto per dire se c’è una stabilizzazione del movimento franoso, la speranza è che non piova, meglio che nevichi. Il movimento franoso ha riguardato tutta Monesi. Il nostro compito, in questo momento, è delimitare tutto il perimetro della paleaofrana. Dovremmo avere un quadro completo quando faremo il punto con i funzionari della Regione». A Monesi circola la voce che una perizia risalente al 2004 avesse prefigurato una situazione critica e sia stata ignorata ? «Non c’è nessun atto ufficiale in questo senso – smentisce Cacciò – anche se dell’esistenza di una certa criticità si sapeva». E qui ci riallacciamo alla frana del 2011 sulla provinciale con l’inserimento di micropali nel tratto in cui l’alluvione del 24 novembre scorso ha inghiottito 150 metri di strada.
E’ difficile escludere che i proprietari di seconde case – pagano doppia Ici, ora Imu – non intraprendano la via di una richiesta di danni nei confronti della Provincia, della Regione, magari chiamando in causa lo stesso Comune. Esiste l’Associazione Monesi Borgo Antico (25 gli iscritti) proprietari di ‘seconde case’, in maggioranza hanno acquistato e ristrutturato i ‘tecci’ abitati nella stagione estiva da pastori o boscaioli. Poco meno di una decina sono gli immobili realizzati ex novo nelle fasce un tempo coltivate a grano, patate, avena. I primi ad arrivare, inizio anno ’70, ricordano ancora la storica nevicata del 28 luglio 1974, una coltre di 26 centimetri. Era accaduto di peggio, raccontavano i nonni mendaighini, negli anni dopo la seconda guerra mondiale. La neve caduta nell’inverno aveva coperto letteralmente i ‘tecci’; i finanzieri di confine con una postazione fissa nel borgo utilizzavano solo gli scii per spostarsi e raggiungere l’abitato di Piaggia dove erano aperti tre negozi di alimentari, l’ufficio postale, due locande, il Comune.
C’è da aggiungere che alcune indiscrezioni parlano dell’ipotesi di avviare un’azione risarcitoria, in attesa di avere un quadro più preciso. Va da se che l’amministrazione comunale di Mendatica si è mossa con solerzia per mettere a disposizione i moduli da inviare alla Regione Liguria ed essere inseriti nella lista degli aventi diritto al risarcimento, sulla base di perizie. Fa ben sperare il fatto che proprio i colpiti da un movimento franoso in una zona di Mendatica, cinque anni or sono, con l’evacuazione e l’abbandono delle case, siano in lista d’attesa per ricevere il 70 per cento, se residenti, il 50 % se proprietari di seconda casa.
Racconta Carlo Porro, artigiano di Monesi, a Milena Arnaldi giornalista del Secolo XIX: “....Mio papà è nato qui, ci ha creduto ed ha costruito l’albergo (Il Capanno), ora chiuso da anni. Lui ha continuato a vivere qui, era un po’ il custode dei villeggiani. Per anni le due Monesi sono finite nel dimenticatoio, finalmente è rinata la seggiovia per l’inverno e la stagione sciistica. Ora si stava cercando di ripartire. Sono sorte attività, un certo turismo ha ripreso a tirare”. Aggiungiamo grazie all’intraprendenza e alla buona volontà di alcune famiglie. A cominciare dalla famiglia Porro di Nava che a Monesi di Triora sono stati tra i primi ad investire dopo lo smantellamento della seggiovia. Nella stazione di partenza hanno realizzato un albergo di poche camere, con bar, ristorante e hanno ospitato un negozio di alimentari. Un’altra famiglia, eredi del compianto sindaco di Briga Alta, Guido Lanteri, che prima ha gestito l’albergo del Redentore, poi ha acquistato i locali del bar Vittoria e in precedenza anche un alimentari e pasta fresca.
Ancora il giovane Porro nell’intervista (tra l’altro, il mitico nonno, Bacì di Stecchi, era il punto di riferimento come memoria storica dei confini delle singole proprietà, dei sentieri, delle sorgenti, dei rii di acque piovane): “ Ora siamo sotto zero. Non si sa in quanto tempo si potrà sistemare un disastro simile. E bisogna trovare la forza di rinascere e forse domandarsi se ne vale veramente la pena. E’ come se un gigante avesse sollevato le casette, fatte di mattoncini Lego”. (L.Cor.)
La Pro Loco di Rezzo in Valle Arroscia ha messo a disposizione il suo codice IBAN per tutti coloro che vorranno aiutare le famiglie della frazione di Lavina, gravemente colpite e danneggiate dal recente maltempo. Un’opportunità semplice e a disposizione di tutti per recuperare, seriamente e con il cuore, il vero significato del Natale. #celafaremo.
IBAN per le donazioni: IT 64 T 07601 10500 0000 11726189 (intestato a Pro Loco Rezzo)
Causale: Pro alluvione Info: Comune di Rezzo – Tel. 0183 34015
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