Senza clamori mediatici ha aperto a Ceriale, sulla via Aurelia, il primo negozio di vendita diretta di frutta e verdura (dal campo, dal produttore al consumatore si direbbe). Nella cittadina che era tra i simboli dell’ortofrutta della piana ingauna e che ospitò il primo campeggio sul mare sempre affollato dai pionieri del turismo tedesco, è arrivata La ‘Cascina Colombera, azienda agricola di Borghino Sergio Vincenzo di Revello Cn Italy’, così indica l’insegna esterna. Negli stessi locali, per anni, è stata attiva la Rial Sas del compianto Luciano Molina e poi della figlia Moira, la più attrezzata e specializzata in Riviera nelle forniture di materiali per alberghi, ristoranti, bar e comunità.
Sulle vetrine del negozio fanno bella mostra alcuni cartelli, uno in particolare: la frutta è maturata sull’albero. Come dire non raccogliamo e non vendiamo ai consumatori prodotti che vengono raccolti prima della maturazione naturale per evitare che vadano a male, o peggio vengono resi ‘ commestibili ‘ attraverso linee del freddo o trattamento con uso di prodotti chimici. Una bella notizia, si direbbe, per chi conosce la cultura ed i pregi della salute a tavola, la differenza organolettica tra la maturazione artificiale e quella naturale. Non parliamo dei tempi felici in cui si potevano mangiare prodotti della nostra terra con la buccia, lavandoli e senza pelarli. In realtà spesso è proprio la buccia a contenere le vitamine più preziose, salutari. Non solo, un tempo, quando anticrittogamici e pesticidi, fertilizzanti liquidi e non, quando il primo e unico concime era il letame di stalla di ovini al pascolo (e non a mangimi), con paglia e foglie del sottobosco, l’humus maturo forniva straordinarie ‘molecole’ per la crescita delle piante, della frutta, resistenza agli attacchi e malattie fungine provocati dall’inquinamento. E soprattutto gusto e bontà. Ormai anche nell’orto e a tavola prevale la disinformazione di massa, le mode, l’assenza di cultura contadina, quella che rappresentava un fiore all’occhiello dell’economia della pianura più vasta della Liguria. E Ceriale era seconda solo ad Albenga.
Hanno perso la loro battaglia, anzi sono stati emarginati dai più, ignorati se non avversati, quanti già sul finire degli anni ’60, si battevano (come può documentare l’archivio stampa del vecchio cronista che scrive queste semplici note) affinché anche a Ceriale, a Peagna, l’agricoltura, pur nella sua logica trasformazione dei tempi, restasse la prima risorsa del territorio. Quella agricoltura che rimane vitale e destinata a ‘nutrire il pianeta’. I piccoli agricoltori sono stati i più esposti alle conseguenze negative della calamita immobiliare che se fosse stata all’insegna di uno sviluppo razionale, avrebbe contribuito a creare ricchezza nel tempo, anzichè speculazione per pochi, illusioni per i piccoli investitori (seconde case). Gli stessi agricoltori, in gran parte abbandonati dalle nuove generazioni, esposti alle conseguenze negative del cosiddetto land grabbing (operazioni commerciali di acquisizione di terreni da parte di imprenditori mordi, guadagna tanto e fuggi).
Certamente Ceriale non è più nella morsa della povertà rurale concentrata nelle campagne. Resistono, restano gli ultimi testimoni, perlopiù silenziosi, ma le nuove leve non sono stimolate a conoscere le verità di vita da fonte diretta, essere aiutati a capire meglio perché è crollato quel mondo e cosa ha significato per il tessuto sociale, la crescita culturale che significa soprattutto conoscere, essere informati, per arricchire il proprio bagaglio di conoscenze, verso se stessi e verso i figli, i nipoti.
Un agricoltore cuneese che decide di aprire un’attività, vendere i suoi prodotti (non solo, comunque almeno nel caso di Ceriale) non è soltanto sfida positiva a mettersi in gioco, a rischiare, a competere con i supermercati ( a poche centinaia di metri) operano Famila e Lidl che propongono frutta e verdura, anche italiana, più o meno a prezzi concorrenziali. Vincenzo Sergio Borghino ha rilevato un locale a lungo il simbolo dell’industria alberghiera, della ristorazione e soprattutto di bar, pizzeria, nell’era in cui c’è stata una vera e proprio esplosione di attività. Sull’onda della liberalizzazione delle licenze e del turismo di massa in una Riviera, una Regione ricca di boschi e colline, ma povera di spazi, schiacciata tra il mare, le coste, le alture. Anche su questo fronte (bar, ristoranti, pizzerie, negozi) abbiamo assistito all’esplosione numerica, al boom, alle contraddizioni del continuo ricambio di gestori, di professionalità in decadenza, di carenza dell’identità della buona cucina che va di pari passo con la scomparsa di prodotti della nostra agricoltura, del nostro mare, del patrimonio degli animali da cortile e da stalla. Forse pochi sanno che c’erano squisiti piatti di lumache nostrane tra le specialità locali.
Il ‘contadino – commerciante’ Borghino proviene da Revello, 4.233 residenti, Avel in piemontese, Revel in occitano, con importanti testimonianze storiche – architettoniche, con l’apertura di agriturismi, ristoranti e trattorie. Tra i cimeli la Torre dell’Orologio del XI secolo. Il forte di Bramfan, l’Abbazia di Steffarda, poi oratori, cappelle votive, edicole, celle, persino due musei. E’ tra i paesi della Comunità Montana Valle del Po, Bronda, Inferotto e Varaita, rimasti in buona parte con caratteristiche da economia agricola ed un turismo di cultori dell’ambiente e della storia. Le opportunità sono quelle di affacciarsi oltre i confini, esportare le primizie (speriamo non siano taroccate) verso quella che appare una Riviera distratta da una finta opulenza, dalla potenzialità del mare sfogo urbano per chi vive in città inquinate, chiassose, disordinate e in quartieri anonimi. Non è, va detto, che la qualità della vita lungo la fascia costiera ligure, con il caos, sia il meglio cui possa aspirare una società civile. Si dirà, meglio il meno peggio !
Il contadino di Revello ha scelto Ceriale (Seiò nel dialetto cerialese; la versione dialettale O Çejâ è più tipica della parlata alassina e genovese del ligure) per vendere i prodotti della sua terra e già che c’era merce di altra provenienza, pur sempre distinguibile dalle etichette esposte e basate sulla serietà di chi vende. L’agricoltore cuneese non si è limitato alla presenza saltuaria come accade in altri casi, ad esempio sulla provinciale per Toirano, di venerdì, da anni arriva il camioncino di un agricoltore cuneese per vendere al dettaglio prodotti suoi e di colleghi del paese, con un ottimo smercio e centinaia di acquirenti residenti nel comprensorio, altri agricoltori della provincia ‘granda’ presenziano a manifestazioni di enogastronomia, fiere, feste paesane.
Rilevare ed affittare un locale sulla via Aurelia 222, attrezzarlo con celle frigo, ha un costo di investimento e di gestione. Si potrebbe aggiungere che il settore ortofrutticolo (negozi) è entrato nel mirino di investitori asiatici che rilevano attività in città della costa, in particolare sull’ Aurelia e si distinguono per gli orari lunghi; dalle 7 alle 24 e oltre no stop. Non sappiamo quale sia il sistema di controlli da parte dell’Usl, peraltro nessuno ne parla, neppure i loquaci leghisti impegnati nella difesa degli indigeni. Aggiungiamo l’esempio che offrono, almeno a livello locale, non il massimo della coerenza. Parlano i fatti, al di là delle prese di posizione sui migranti e le polemiche giornaliere.
Alla Cascina Colombero gli auguri di successo di questo blog, all’insegna di una rigorosa e auspicata promozione dei prodotti di madre terra, indicati nei cartelli. Ceriale sta detenendo il primato delle aree agricole in abbandono nel suo perimetro urbano, è la città che può vantare e fregiarsi dell’unico sindaco contadino della provincia, da oltre 40 anni nella pubblica amministrazione e nella Coldiretti, la maggiore organizzazione di categoria in provincia, in Liguria, in Italia. Ennio Fazio è sempre stato eletto, acclamato. Imposto l’ultima volta a candidato sindaco per Forza Italia, la Destra e Lega Nord, dal big Angelo Vaccarezza, il più devoto scajolano che non tradisce amici e fedelissimi.
L. Cor.