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Dal paradiso le lacrime di Luca, figlio unico Potevo essere salvato? Difficoltà e ritardi a Monesi. Ora cruciale in attesa di Elisoccorso

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“Vogliamo la verità…”. La ‘missione’ dell’avv. Roberto Ponzio, del foro di Asti, incaricato dalla famiglia di Luca Zanovello, 32 anni, morto  in moto finendo in una delle frane di Monesi, lungo la provinciale 100. Strada ‘vietata’ alla circolazione, ‘zona rossa’. Trucioli.it, blog di volontari, ha ripercorso l’ultima ora di vita dello sfortunato motociclista di Piobesi d’Alba (vedi servizio delle esequie funebri….). Sono trascorsi almeno 60 minuti dalla prima richiesta di aiuto (12,32) dei due amici, Andrea Cabrini ed Emiliano Secco, quando dall’Elisoccorso dei Vigili del Fuoco, decollato da Genova, si è calato il medico. Ha trovato il collega dell’automedica di Imperia, preceduto dai militi della Croce Bianca, sede a Nava (Pornassio), con percorso assai tortuoso di 15 km (in 27 minuti ?). Da ultimo i carabinieri (Nava), i vigili del Fuoco di Imperia. Il consulente dei Zanovello, ing. Luciano Di Virgilio (Sanremo), esperto di infortunistica stradale, incaricato di redigere una ‘perizia telematica’, è al lavoro per ricostruire dinamica e stato dei luoghi al momento del dramma. E in attesa del responso autoptico dispoto della Procura della Repubblica di Imperia sulle cause del decesso.

Il percorso ripreso da Google maps indica 15 km, dal Colle di Nava dove ha sede la Croce Bianca, all’abitato di Monesi di Mendatica. Stesso tempo di percorrenza indicato da altre guide stradali. La prima richiesta di soccorso è delle 12,32. Ipotizzando che l’ambulanza sia partita nel volgere di 10 minuti, i militi sono giunti  dopo 37 – 40 minuti.  Il povero Luca non dava già più segni di vita, non  ‘reagiva’ al defibrillatore.

L’ingresso a Monesi, sul versante di Mendatica, pedonale ed biciclette, autorizzato con ordinanza sindacale del 8 agosto scorso

Premessa e utile chiarimento. Smentita categorica alle voci, infondate, che l’autoambulanza avrebbe percorso il tragitto più lungo (35,7 km) attraverso Viozene, Upega, le strette curve, in salita e discesa, del Passo della Colletta (1622 msl), fino a Valcona, Piaggia, Monesi di Triora e Monesi di Mendatica. Dalla sede della ‘Bianca’, appena ricevuta la segnalazione, sono scattati soccorsi. A San Bernardo di Mendica è salito a bordo anche il direttore del servizi. Raggiunto l’abitato di Monesi di Mendatica, muniti di chiavi del lucchetto, hanno varcato il primo cancello di accesso alla ‘deviazione’ a monte (destinata ad essere trasformata in circonvallazione e in attesa dell’apertura del cantiere da parte della ditta aggiudicataria), poi il secondo cancello e raggiunto,  200 metri direzione Sud, la zona  dell’incidente fino a quel momento non precisamente localizzata.

Seconda premessa. Quando si telefona, per soccorso – emergenza, al 112 o 113, viene

Il secondo ingresso, con varco pedonale e biker, con blocchi di cemento per chi arriva dalla provinciale da Monesi di Triora

di prassi svolta una ‘intervista’ per  stabilire’ l’area dove far convergere uomini e mezzi. In presenza di frane e zone impervie o boschi,  la ‘chiamata’ viene ‘traslata’ ai Vigili del Fuoco di competenza. E’ quanto accaduto, a quanto pare, nella sciagura di Monesi del 23 agosto scorso. Il cronista Maurizio Vezzaro, 61 anni, gavetta a La Stampa di Imperia, ha scritto (dopo la fusione con Itedi spesso gli articoli vengono pubblicati, copia e incolla, anche sul Secolo XIX): “…Il prodigarsi dei soccorritori è stato commovente, ma vano. In quel momento era in corso un violento acquazzone che ha reso tutto più difficile e triste. Si è alzato in volo  anche l’Elisoccorso che però, dopo la notizia del decesso del motociclista, è tornato alla base. Su sono andati anche i ragazzi  del Soccorso Alpino di Pieve di Teco e Mendatica…”.

Nessuna indicazione sugli orari, sulla tempistica dei soccorritori. Che non è secondaria, come vedremo. Trucioli.it, dopo la presenza ai funerali di Luca (oltre un migliaio di persone, moltissimi giovani), ha raggiunto Monesi nella mattinata di

L’ing. Luciano Di Virgilio esperto di infortunista stradale e telematica ‘esamina’ lo stato del varco sulla provinciale dove si accede alla zona rossa. Oltre a pedoni e bici, lo spazio consente l’accesso a moto enduro

martedì 4 settembre. L’invito da parte di Mariangela e Carlo Zanovello, i genitori. Per loro era la prima volta nella ‘località’ alpina. L’umana curiosità di rendersi conto, con i propri occhi, dove ha perso la vita la loro creatura. Una coppia segnata dal dolore, ma riflessiva, pacata. L’animo, il cuore, la mente fissa  e tanti interrogativi in attesa di risposta. Perché è successo, colpa dell’imprudenza ? E comunque, Luca poteva essere salvato ? Nessuna sceneggiata ripercorrendo, come un film, il tragico e ingrato destino. Un’ammirevole compostezza, chiusi in una sofferenza destinata a durare, difficile da raccontare anche per il vecchio cronista che in oltre mezzo secolo di esperienza, di tragedie stradali ne ha viste, descritte, per i lettori, a centinaia.

Come cancellare dalla memoria quei tre bimbi torinesi decapitati sulla Savona – Torino (allora ‘autostrada della morte’ con oltre 800 vittime dalla sua inaugurazione) mentre tornavano dal mare. L’auto dello zio finita fuori strada, il vetro della portiera destra aperto, il loro corpicino, nello sbandamento a sinistra,  è rimasto esposto e il guard rail ha fatto da micidiale cesoia. Siamo arrivati per primi, sotto una pioggerellina, con la moto del mitico ed

Lo stesso varco da e per Monesi di Triora visto da Sud e con tracce del passaggio di animali a quattro zampe

indimenticato reporter del Secolo XIX, Salvatore Gallo.  Storie tristissime mai identiche, come quel padre che, giunto al Pronto Soccorso dell’allora vecchio San Paolo, alla notizia che il figlio era deceduto, prese a testate il muro del corridoio e finì in rianimazione.  O la famiglia di Savona, titolare di un’avviata falegnameria che, sempre sulla SV – TO, dal ritorno delle vacanze in montagna, fu sterminata. Perirono sul colpo i genitori ed i tre figli in età scolastica. Per mesi, per anni, per le strade di Savona, incontravamo il padre e nonno: un automa fino agli ultimi giorni della sua straziante esistenza.

Tornando al viaggio a Monesi nell’attesa dell’arrivo dell’ing. Di Virgilio, sull’area di sosta davanti all’albergo Settimia, scambio di idee e informazioni con papà e mamma Zanovello. Una tragedia che non avremmo mai voluto scrivere. Domanda, Luca era mai stato sanzionato per eccesso di velocità, punti sulla patente decurtati ?  Risposta: “Mai…, non era  uno scapestrato…non era uso eccedere negli alcolici, tanto meno assuntore di  stupefacenti….”. Chi vi ha informato della disgrazia ? La

Superato l’ingresso ‘fortificato’ versante Monesi di Triora, la prima barriera in jersey; al lato gli amici di Luca hanno deposto un mazzo di fiori

mamma: “Non eravamo a casa…la prima a saperlo Valentina, la fidanzata…. Poi l’attesa, snervante, dell’autopsia. Abbiamo dato, senza esitare, il consenso, anche nella speranza che avremmo potuto rivedere già nella mattinata di venerdì il nostro Luca.…invece….di rinvio in rinvio….il medico ha preso tempo o perlomeno abbiamo dovuto attendere fino a martedì mattina…l’ha visto per pochi attimi mio marito….sono ancora a chiedermi perchè la lunga attesa….sul filo di lana con il giorno e l’orario, i manifesti, per le esequie funebri. Spero sia successo solo a noi…è stato terribile… non ho parole…..”

Con i coniugi Zanovello, a Monesi, la giovanissima Valentina e Andrea Cabrini, coetaneo di Luca e testimone di alcune circostanze dell’evento, l’ing. Di Virgilio. Andrea: “….Avevamo affittato tre Jamaha V 3, 250….non era la prima volta…percorso senza problemi l’ex strada militare Limone – Monesi…mangiato un panino, bevuto acqua, neppure birra…ci saremmo fermati

Da Sinistra, Valentina, la fidanzata della vittima, la mamma Mariangela, l’amico Andrea e papà Carlo Zanovello

per pranzare, verso l’una, sulla strada del ritorno… “. Era la prima volta, per tutti e tre, lungo quel percorso, ricco di scorci suggestivi, attraverso le Alpi Marittime. Con la strada, quasi interamente sterrata, risistemata, a tratti le conseguenze dei movimenti franosi dell’alluvione del novembre 2016. Per due anni, una volta sistemata, era regolamentata negli accessi col pagamento di pedaggi. Ora, con qualche rattoppo provvisorio, libera al transito in attesa di ripristinare  viabilità e collegamenti sia verso Monesi e l’Alta Valle Arroscia, sia per Piaggia (Briga Alta), Upega, Viozene: Alto Tanaro verso Ormea e Garessio.

Ad Andrea Cabrini,  famiglia di artigiani e commercianti del legno, abbiamo ancora chiesto se ha visto Luca finire fuori strada. “No, no, ci precedeva di una manciata di minuti, pochissimi….ci siamo resi conto d’improvviso, con le moto a passo d’uomo…la strada infatti presentava alcuni  avvallamenti… . Lui riverso, all’inizio

Cartello  con l’ordinanza sindacale e illustrazione cartografica posta ai tre ingressi a Monesi di Mendatica

della scarpata, chiedeva aiuto, lamenti… Ma si è alzato, si è tolto il casco….parlava….non perdeva sangue… era dolorante, ma chi poteva immaginare il peggio…E’ stato cosciente a lungo….Il mio cellulare e quello di Emiliano (Secco, il terzo amico di gita ndr) non ricevano il segnale, quello di Luca si… Emiliano ha chiamato il 113…erano le 12,32…”. La sequenza di due, tre chiamate risulta dal cellulare che custodisce Valentina.  La prima brevissima, è seguita una seconda  (durata 5 minuti), una terza, alle 12,38 (durata 17 minuti, interlocutore un medico…). 

Chi è arrivato tra i primi soccorritori ?  Andrea: ” Un giovane del Soccorso alpino, però ha detto che non era in grado…non poteva esserci  di aiuto…. ; d’un tratto Luca si è accasciato…., ha perso conoscenza…, muto. Emiliano ha iniziato il massaggio cardiaco… momenti difficilissimi, allucinanti, frenetici, in contatto con un operatore sanitario…Ho appreso da amici che poche ore dopo la

Il primo smottamento che i tre motociclisti del Roero hanno superato dopo aver varcato l’ingresso delimitato arrivando da Monesi di Triora

disgrazia sui social c’erano già le foto, una mostrava mentre ci prodigavamo attorno a Luca, deve averla scattata un graduato e trasmessa….che tristezza !”.

E i militi della Croce Bianca ? Va da se che Andrea ed Emiliano non tenessero gli occhi sull’orologio. Si aggiunga che pur non essendo psicologi rimane difficile non credere ad uno stato di agitazione e choc. Impotenti hanno prima sperato col cuore in gola e poi visto morire Luca.

Andrea si sforza di far mente locale, forse non vorrebbe rivivere, non rispondere. Attende di essere interrogato dai carabinieri. Non l’hanno fatto nell’immediatezza del luttuoso evento. L’amico Emiliano, tra l’altro, è in partenza per l’Australia dove vive e lavora, da qualche anno, come enologo di successo. Nel loro ricordo i momenti concitati. Luca  che non reagisce più agli sforzi di Emiliano. C’è persino un temporale in corso. Ancora Andrea: “ Dalla prima telefonata direi che è trascorso meno di un’ora all’arrivo dei primi

La strada provinciale 100 vista dall’alto nel punto in cui è franata a valle e dove è finito Luca, altezza meno di un metro, urtando contro un pilastrino di cemento (ruderi franati)

soccorritori….” .  Forse meno. Quando i militi si sono avvicinati  hanno trovato cinque persone, Luca incluso. C’è il giovane del Soccorso Alpino, indossava la ‘pettorina’, ma senza abilitazione al soccorso. Resta da chiedersi se sia utile allertare, inviare una persona non esperta in ‘zona rossa’ e in presenza di feriti.

Riannodiamo le sequenze con la presenza dei militi, della barella, delle attrezzature di emergenza, del defibrillatore. “Siamo giunti  sul posto – è la versione – quando l’amico, quello più basso di statura (Emiliano ndr), parlava al telefono e riceveva istruzioni dalla centrale operativa sanitaria”. Dunque intorno alle 12, 50 ?  Non un secondo da perdere nel tentativo di salvezza. La segnalazione, ricevuta dalla ‘Bianca’ di Nava, indicava una persona in arresto cardiaco. Ma dopo tre ‘scariche’, il defibrillatore dava l’indicazione ‘non consentita’.

Seconda immagine, col teleobiettivo, del punto in cui Luca è stato soccorso ed è arrivata l’ambulanza a poche decine di metri

Ovvero nessuna reazione di ripresa, segno di vita. Il corpo portato sulla strada, adagiato sulla barella. In quel frangente arrivo della guardia medica e la constatazione che il cuore si era irreparabilmente fermato. E poco meno di un’ora e mezza dopo – ma solo il responso dell’indagine giudiziaria  lo potrà accertare – si è ‘presentato’ in bassa quota l’elicottero. Calato il medico, si è consultato con il collega e responso implacabile.

Il tema Elisoccorso – come riportiamo, su questo numero, con altro servizio di trucioli – è quanto mai dibattuto e tornato di attualità in vista del rinnovo o meno, nel 2019, della convenzione con i Vigili del Fuoco. La Liguria con un solo elicottero di stanza a Genova, limitato alle ore diurne, con obiettive difficoltà, e distanza, nelle zone montane del Ponente. Il Piemonte e Val d’Aosta hanno 5 velivoli, di cui uno ‘notturno’. La proposta di una Commissione medica (specialisti ospedalieri in rianimazione) propone, alla Regione Liguria, la convenzione con lo scalo di Levaldigi – Cuneo per il Ponente e l’estensione al servizio di notte.

Questa istantanea, pubblicata a tamburo battente da giornali e social, scattata dai primi soccorritori (militi Croce Bianca ?) riprende i due amici motociclisti, Andrea ed Emiliano, riversi sul corpo di Luca e mentre ci si prodiga nel massaggio cardiaco. Visibile il sedime stradale che testimonia la caduta banale e l’impossibilità di procedere veloci

Nel ‘dramma di Monesi‘ c’è chi fa notare le condizioni atmosferiche in cui si sono trovati gli operatori del ‘volo’. Impossibile raggiungere la squadra di soccorso, a terra, dal versante più vicino, cioè Nava, si è dovuto ‘ripiegare’ sull’ingresso dalla Valle Argentina e scendere dal versante del Saccarello per calare il medico a bordo.

Maurizio Vezzaro in un secondo articolo, del primo settembre, scrive invece: ” Le condizioni di Luca erano subito apparse disperate…, l’elicottero che si era alzato in volo l’hanno fatto rientrare alla base quasi subito “. I militi ricordano che il ferito presentava già il’ giallo’ nella pupilla bianca. Brutto presagio. Soltanto l’autopsia potrà certificare le cause o concause del decesso, i tempi, quale organo sia stato leso in modo letale. Sono ancora i militi a dare atto che il corpo di Luca presentava solo una lieve escoriazione all’addome. E di fronte all’invocazione di Andrea, visibilmente confuso ed Emiliano, ‘salvatelo, salvatelo.….’ piangeva loro il cuore ‘combattere’ contro l’impotenza. La fatalità ?

Mamma Mariangela, nel nostro commiato, accenna ad un piccolo sfogo: “Credo che se a morire fosse stato il figlio di qualche persona importante….come capita di ascoltare e leggere, gli interrogativi e la notizia avrebbe fatto molto più scalpore….nessuno ci restituirà Luca e nella disgrazia speriamo che almeno la giustizia ci sia di umano conforto…”.

In quel frangente sul ‘piazzale’ d’ingresso a ‘Monesino’ papà Carlo Zanovello

In primo piano i nuovi lucchetti che bloccano i cancelli di accesso a Monesi di Mendatica

documentano le nostre istantanee – quasi corre verso due giovani ciclisti. Hanno appena superato il ‘varco’ – staccionata, di traverso, sulla strada, posto di fronte alla vecchia casa che fu della pastorella Emilia Pelassa. “Dove andate…. tornate indietro, più avanti trovate un burrone, la strada è franata e pericolosa….”. I due bikers ascoltano, ringraziano, cambiano ingresso. Siamo stati testimoni che neppure una barriera, un mega tabellone color giallo con l’ordinanza che consente l’accesso in ‘zona rossa’ solo a pedoni e biciclette, potrebbe scongiurare il dramma. Diffusa imprudenza ? Il pericolo è dietro l’angolo si potrebbe concludere. Dopo il dramma di metà agosto, il Comune ha ‘fortificato’ gli accessi principali sulla strada e stradine, fatto ricorso a robusti lucchetti, ha esteso la protezione con centinaia di metri di jersey plastificata arancione, persino scavato un fosso orizzontale, creato una collinetta proprio nella direzione dove ha perso la vita il giovane di Piobesi d’Alba.

I genitori di Luca non hanno reagito bene ai media imperiesi e cuneesi che hanno tuttavia dato per scontata la violazione della ‘zona off limits’, ignorando  cancelli e cartelli di divieto per moto ed auto. Prima dell’8 agosto  2018 il divieto era totale e nell’abitato si poteva accedere soltanto se accompagnati o autorizzati dal Comune. “Comportamento

L’ordinanza sindacale dove sono indicati i divieti di accesso

avventato quello di Luca e dei due amici “- qualcuno ha pure scritto. L’avvocato Ponzio dice: “Versioni che contestiamo, conclusioni sommarie, deformanti della verità, con premurosa modifica dello stato dei luoghi della tragedia, ma anche poco rispettose della memoria della vittima “.

L’ingegnere Di Virgilio che ha trascorso quasi due ore a Monesi, scattando foto, verificando ‘cancelli’, lucchetti, e quanto altro ritenuto utile, non si sbilancia, è prudente. “Il mio ruolo per ora è marginale, riferirò al legale della famiglia e ogni conclusione mi pare azzardata. Credo che l’inchiesta giudiziaria (perizia medico legale, con quesiti, affidata dal Pm Lorenzo Fornace  ndr) fornirà utili

Mentre ci troviamo sul piazzale parcheggio all’ingresso Sud di Monesi per ripartire Carlo Zanovello scorse due biker entrare nella zona rossa sulla provinciale, stesso tragitto, dove è morto il figlio. Si avvicina subito senza indugi e chiedere loro di fermarsi: è pericoloso, tornate indietro…. ubbidiscono.

 

risposte. Le dichiarazioni degli amici della vittima che escludono alcuni dati di fatto dovranno essere suffragate da ulteriori elementi di prova. Non ultimo, speriamo, le riprese dall’alto dell’Elisoccorso. E un approfondimento di eventuale materiale fotografico, meglio se recente. Pare, ovvio, e comprensibile, che in conseguenza dell’accaduto mortale, il Comune o chi per esso abbia rafforzato la fascia pericolosa, in modo più capillare e vistoso anche se sarebbe stato opportuno provvedere prima, ma da questo ad attribuire responsabilità ce ne passa. La questione può essere oggetto di giudizio in sede penale o civile, non sono certo io a decidere”.

Lo stesso sindaco, Piero Pelassa, a Imperia Tv, ha ricordato che, per le manomissioni dei cancelli di accesso alla ‘zona proibita’ di Monesi, aveva sporto denuncia ai carabinieri di Nava. Gli stessi che sono intervenuti nell’incidente e che dovranno relazionare al magistrato e prendere eventuali iniziative, se richiesti da PM, come le testimonianza ritenute utili. Restano sul tappeto due possibili

I biker raggiungono la deviazione sui prati salendo scalini e dove è già stata rimossa parte della rete in jersey, papà Zanovello si allontana pensieroso

percorsi, sbocchi: uno penale, un altro della giustizia civile qualora emergesse un nesso di causalità.

Luciano Corrado

 

 

 

 

 

 

 

Sulla provinciale, appena superato l’abitato di San Bernardo di Mendatica, un varco sistemato quando l’intera area di Monesi era inaccessibile

La scritta, con pittura, riporta a “morte a Carega” funzionario capo della Provincia di Imperia nel settore viabilità. Boero è presumibilmente la ditta che ha sistemato i blocchi di cemento

PROVINCIALE NAVA –  SAN BERNARDO DI MENDATICA TOTALE STATO DI INCURIA

Non è da nazione, paese, comunità civile lasciare in quelle condizioni una strada che, al di là dei proprietari di seconde case, dovrebbe essere percorsa a fini turistici. Dopo interventi provvisori è stato ripristinato il tragitto che conduce al Garezzo, a Colle Mimosa, a Triora o sulle Alpi francesi, oltre il confine. E’ transitabile, causa due movimenti franosi di un certo rilievo, solo da moto enduro, bikers e jepp. “Quest’anno – commenta Walter Gandolfo, maestro di sci, titolare e gestore dell’albergo ristorante Settimianonostante le conseguenze per la ‘chiusura’ di Monesi, c’è stato un movimento di escursionisti superiore al passato. Il problema vero è che tutti parlano, commentano, non manca mai chi promette, ma io ho raggiunto davvero il punto da non ritorno. Non si può solo osannare all’entroterra, alle bellezze naturali della montagna e poi trattarci alla stregua di chi lavora nella gran baraonda del turismo costiero “. Ha ragione da vendere l’albergatore che ha finora resistito, nonostante tutto. Purtroppo le sirene della politica e non solo, finiscono nei fatti per ‘dimenticare’ che ci sono aree super depresse da anni, dove dalla manutenzione delle strade (tutte del secolo scorso ed anche prima) è ridotta al punto che non si provvede neppure a quella ordinaria. Con la riforma delle Province mancano i fondi, ma neanche prima si facevano grossi investimenti a parte le emergenze per interruzioni da frane.

Abbiamo sempre sostenuto, nella nostra veste di giornalisti e osservatori, l’urgenza che l’entroterra più ‘bisognoso di cure’ sia risollevato con una legge speciale di programmazione, capace di far ripartire la crescita e lo sviluppo socio economico, paralizzato da fine anni ’80, primi anni ’90. Occorre dare priorità alle opere fondamentali di cui c’è bisogno, a cominciare da una rinnovata ed adeguata rete viabile che raggiunge i paesi. Crescita significa occasioni di lavoro per i giovani, ripresa dell’edilizia, senza mire speculative, iniziando una strategia di riqualificazione immobiliare che vede oggi centinaia di case abbandonate, sempre più fatiscenti e senza reali prospettive.

Eppure per questi argomenti si sprecano gli ‘oratori’ professionisti del potere e delle poltrone (esclusi gli enti locali montani) per impartire ricette, spargere illusioni che siamo prossimi alla ripresa. Elencano finanziamenti e capitoli di spesa. Se ricordiamo bene oltre sei milioni erano stati sbandierati, anche dal presidente dell’Unione dei Comuni dell’Alta Valle Arroscia, geom. Alessandro Alessandri, al terzo mandato da sindaco di Pieve di  Teco, per ‘piani di sviluppo intercomunali’.  Forse il primo cittadino, al quale non manca intelligenza, soprattutto dialettica, ospite fisso a Imperia Tv, diffusissima nell’entroterra, non ha più percorso certe strade. O da qualche anno non raggiunge la vicina montagna francese per rendersi conto dell’abisso, del divario, a pochi chilometri in linea d’aria. Il turismo va a gonfie vele.

Con l’illusionismo delle politica non si va da nessuna parte, almeno per la società civile, per chi resiste nelle vallate e presidia alcune aree montane. La prevenzione idrogeologica è senz’altro prioritaria, ma deve procedere di pari passo con interventi concreti di riqualificazione strutturale e programmazione. A Imperia TV abbiamo ascoltato da un sindaco (Montegrosso) e presidente del Parco Alpi Marittime e dal presidente di una cooperativa di giovani (Mendatica) che il futuro per la Valle Arroscia significa  ormai solo outdoor. Non c’è altra via di rilancio. Analisti in buona fede, diremmo, ma parziale, fuorviante. Dovrebbero sapere che sì l’outdoor è in gran sviluppo. Anzi, società specializzate a livello mondiale, hanno stimato che ‘sarà l’outdorr con bici elettrica a farla da padrona nei prossimi decenni‘, con un’impennata destinata a superare le più rosse previsioni.

In questa ottica, la parte del leone, la stanno facendo decine di località costiere, con retroterra montano alle spalle. Con investimenti notevoli ed altri destinati ad incrementare ulteriormente il budget promozionale negli anni a venire. Come è possibile competere ad armi pari, con le proprie forze, con l’attuale ricettività, quasi inesistente o limitata al periodo estivo ? E’ possibile parlare di outdoor  quando non disponiamo di una rete di rifugi di montagna rispetto ad altre regioni e paesi concorrenti. Bisogna andare in Alto Adige per confrontarsi con cognizione di causa.

Da anni si sente parlare, in Valle Arroscia, di circuiti ciclopedonali, escursionistici, a cavallo, ma l’Associazione  sorta ad hoc ha finito per ‘cessare’ sperando che l’unione di forze (cooperative e consorzi) possa avere più fortuna. E i mezzi finanziari per sostenere i progetti ? Non ci sono.

L’entroterra montano ha il patrimonio boschivo e naturale,  tutto da sfruttare, ma un progetto in questo senso dell’ex sindaco di Ormea, Gianfranco Benzo, è naufragato nel disinteresse dei più. La seconda ricchezza è l’enogastronomia che ha dato segni di ripresa, c’è però la necessità di sostenerla con una politica fiscale (finanziamenti mirati) capace di incoraggiare investimenti a chi non ha gettato la spugna. Si pensi che quando il secolare hotel – ristorante Lorenzina di Nava ha deciso di chiudere per 8 mesi l’anno, diversificare le potenzialità investendo a Porto Maurizio, rilevando le quote di due alberghi, due spiagge e relativi ristoranti, la notizia è stata inizialmente sottovalutata, quasi ignorata dai media imperiesi e liguri.

Non per vana gloria, trucioli l’ha anticipata col risalto che meritava. Un segnale grave, una perdita di fatto, per l’alta Valle Arroscia, un’iniezione di fiducia per la costa imperiese. Nava è rimasta un po’ il simbolo turistico della vallata, si era sviluppata procedendo di pochi anni, quasi in simbiosi, con Monesi turistica degli scii nella stagione invernale e la villeggiatura estiva. Si era creato un circuito, un tessuto produttivo e ricettivo virtuoso ed continua espansione.

Non si commetta oggi un altro tragico errore, con l’illusionismo outdoor elevato a panacea. Pianificare, programmare significa promuovere e varare interventi concertati, con priorità, creando le premesse  idonee ad attrarre investimenti. Con il ‘pubblico’ a fare da traino. Se qualcuno vuole togliersi la curiosità di dove siamo finiti percorra la provinciale Nava – San Bernardo. A parte lo stato del manto stradale, potrà ‘ammirare’ che cespugli, arbusti, alberi avanzano, arredano e ristringono il già stretto asse di percorso, ridotto a scenario abbandonato, desolante.

Non ha giovato il ‘populismo’ e chi vede nell’immigrazione dei disperati del pianeta, una maledizione. L’odio in molti casi. Eppure ci sono comuni, anche piccoli, che hanno utilizzato i migranti ospitati in comunità. Per pulire le strade, falciare erbacce, una manutenzione civile come si può vedere percorrendo la provincia di Cuneo. Neppure l’appello di papa Francesco ha fatto breccia tra i fedeli di quei paesi dove i ‘nemici’ da combattere sono i migranti e non già i felloni. Un errore madornale tenerli ad oziare, ecco perchè si è persa l’opportunità, con rare eccezioni come a Pornassio, con tre, quattro extracomunitari impiegati nel decoro urbano ed extraurbano delle nostre strade, delle scuole, persino cimiteri di cui si cura la pulizia solo nella ricorrenza dei Defunti.

Un semplice ‘biglietto da visita’ per i turisti, vale un tesoro in promozione. E non si dica che le procedure sono complesse. Spesso si fa ‘buona amministrazione’ anche iniziando dalle piccole cose. La trascuratezza, certe ‘cartoline’ poco invitanti che si possono vedere in località che aspirano a fare turismo, li possiamo tollerare, ignorare, non dare la giusta importanza, ma è difficile, con questa mentalità, prevedere un futuro, un’inversione di rotta a 360 gradi.

A due anni dall’alluvione Monesi (le due Monesi imperiesi restano paralizzate, in stato di degrado ed abbandono), di recente Rai 3 Liguria ha dato conto che per le frane nel Comune di Rezzo ci sono ancora sei famiglie sfollate, si attendono 120 mila € di contributi. Dopo i primi interventi, il sindaco, sempre molto cauto e guardingo, ha ricordato che dalla montagna, che si ‘muove’ , incombe un milione di mc. , rispetto ai 60 mila già terrazzati e arginati. Le indagini geognostiche in corso non sono tranquillizzanti. Lo scorso anno era stata intervistata, a Rezzo, una donna che aveva avuto la casa ‘trascinata’ dalla furia del torrente straripato e si erano sistemati in una casetta attigua; non avevano ancora ricevuto un centesimo di aiuto dalla Regione. La giornalista del Tg 3, forse, non ha chiesto al sindaco, se le sei famiglie hanno ottenuto i soldi promessi.

 


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