La notizia non ha fatto notizia. Succede abitualmente, in Liguria, a chi non fa parte del circuito del ‘buona stampa’ o più malevolmente di ‘stampa amica’ (in pubblicità). Accade che l’Espresso della scorsa settimana, come altre pubblicazioni nazional – europee, renda nota la classifica, in Italia, Top 20, per rapporto qualità – prezzo e per la prima volta venga inclusa una cantina della Liguria: Fontanacota. Due distinte tenute, in Val Prino, sulla collina di Imperia e a Pornassio dove in località Ponti ha sede una moderna cantina. Il top, con un punteggio di 16,5, assegnato al Pigato 2014 Riviera Ligure di Ponente, a fronte di 18 conquistato da due aziende vinicole del Piemonte e della Toscana, peraltro regioni leader con Barolo e Brunello.
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Una buona notizia nei giorni in cui arriva la conferma, positiva, che l’Italia sorpassa la Francia e diventa primo produttore mondiale di vino con 48,9 milioni di ettolitri. Un primato, secondo Coldiretti, sostenuto da condizioni climatiche favorevoli che hanno garantito un’ottima maturazione delle uve. Tanto da parlare di annata storica (il 2015) per quantità e qualità. E’ proprio su quest’ultimo fronte che la Liguria, rispetto ad altre regioni concorrenti, ha sempre avuto il suo tallone d’Achille. Nonostante gli sforzi, l’impegno, gli investimenti. E diciamo pure una discreta campagna promozionale. Sono infatti le cantine, almeno nel mercato della pubblicità a pagamento, che rispetto al fatturato complessivo, fanno la parte del leone in quest’angolo di Liguria. Non a caso basta premere sulle due maggiori televisioni liguri, a Genova e Imperia, sia per ascoltare e vedere tambureggianti messaggi promozionali di produttori vinicoli, con relativo sostegno redazionale non sempre, per obiettività, secondo i crismi ed i canoni deontologici del giornalista. Con i tempi che corrono, di crisi nelle redazioni, non mancano editori e loro dipendenti o collaboratori che cercano di aggiustarsi. Così va l’Italia nel terzo secolo d.C.
Diciamo intanto che la cantina Fontanacota non pare figuri tra le beniamine della ‘libera stampa’, non ce ne siamo almeno accorti e se non è così ci scusiamo. Resta il fatto inoppugnabile che al di là dei tre bicchieri o di altri riconoscimento, negli ultimi anni, il traguardo Top 20 è davvero un salto importante e qualificante. L’azienda agricola Fontanacota, si legge, nel sito, è nata nel 2001 da una realtà già esistente e per iniziativa del compianto rag. Berta di Imperia. Oggi la struttura aziendale si compone di due distinte tenute, la più grande in Val Prino (Im), la seconda in Alta Valle Arroscia, Ponti di Pornassio (Pornassio)). Nel primo caso (Val Prino) è terra propizia ai vitigni di Pigato e Vermentino, nel secondo Ormeasco Superiore e Ormeasco Sciac- Tra, da non confondere con il dolce e pregiato delle Cinque Terre. La superfice è di 35 mila mq in Val Prino. a ridosso di Porto Maurizio ad un’altitudine media di 300 metri sul livello del mare; 13 mila mq di vigneti, baciati dal sole e dalla natura, in zona Villa di Pornassio. Qui i Berta hanno acquistato terreni, altri in affitto. In origine un congiunto aveva comprato un’edificio a Ponti di Pornassio ora trasformato, in cantina all’avanguardia. Gli eredi Berta, sorella e fratello, si prendono cura dell’azienda, in particolare Marina, con due collaboratori, si occupa di Pornassio.
Il riconoscimento Top 20 sarebbe la conferma di quanti da sempre sostengono che il ponente ligure deve puntare con maggiore convinzione e determinazione sul fattore qualità. E non farsi ‘ingannare’, si fa per dire, dalle sirene non disinteressate che si ascoltano, a volte, in Tv, radio o si legge sulle pagine promozionali e di conseguenza redazionali. Dove il ‘festival delle eccellenze‘ è sempre presente, dove bravi giornalisti tuttologi distribuiscono a destra e a manca onori, onorificenze, pagelle da far invidia ai più blasonati produttori made in Italy. Fumo negli occhi, manco ricordarlo. Basta girare l’Italia, i ristoranti più quotati e top, gli alberghi a 4 e 5 stelle che vanno per la maggiore e primeggiano sul fronte della percentuale annua di occupazione dei posti letto, del rapporto qualità – prezzo, per rendersi conto della situazione, fare utili confronti. Sul mercato la Liguria ha vini troppo cari rispetto alla concorrenza prezzo – qualità. Non serve sostenere, siamo piccoli. Basta sfogliare le pagine delle riviste enogastronomiche, seguire articoli e citazioni dei più prestigiosi organi di informazione italiana e estera. Serve l’ ottimismo pubblicitario ? E producente ? Prova del nove, quando ci si avvicina al settore vini di un supermercato o di un’enoteca. C’è moltissimo cammino da fare nell’enologia ligure e ponentina, nella mentalità delle giovani generazioni. Senza paraocchi. I vinicoltori non hanno bisogno di giullari o incensatori, ma di professionisti enologici che sappiano consigliare, di associazioni di categoria che si sforzino di far giungere messaggi e strategia capaci di dare risultati. E nel contempo scoraggiare chi ritiene che “il mondo è fatto dai furbi”, da chi “sa vendere bene la pelle”. Balle macroscopiche dei politichesi.
Non si può, facciamo esempi pratici, andare ad una sagra, peraltro inflazionate ai danni di ristoratori seri e degradate rispetto agli scopi che si prefiggevano in passato (si punta ormai tutto sulla quantità, la massa e gli incassi di fine serata). Si puà comprare una bottiglia di Rossese, Pigato, Vermentino, Sciac- Tra a 6 euro, quando la cantina medesima si propone alla ristorazione vendendo a 6 euro la stessa bottiglia. Oppure si trova il prodotto, stesso viticoltore, stesso prezzo, sui banchi del supermercato. Magari limitandosi a cambiare etichetta. Contraddizioni che fanno male, impongono interrogativi, spesso proprio nei confronti di chi gareggia in spese pubblicitarie; l’anima del commercio è vero purchè non si bari.
Chi ha la possibilità di conoscere almeno il Bel Paese, di essere non solo consumatore, anche soltanto un curioso che vuole rendersi conto di quale sia la strada da percorrere, gli obiettivi. La qualità si deve sempre confrontare con i risultati. Il Top 20, tra i 25 mila vini d’Italia 2016, testimonia che ci si può fare. E non si dica, per favore, i punteggi li avrei anch’io se ordinassi 100- 200 copie del libro, oppure con accordi trasversali con cooperative, coop o potentati vari. Può accadere, non è la regola. Anzi, chi sa di poter competere con la concorrenza non abbia timori a promuoversi. Non tutti, per fortuna, si fanno incantare. La qualità prima o poi paga, perdavvvero. (L.C.)