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Channel: L.Corrado – Trucioli
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Il cameriere (massone) di Albenga che ha servito 5 generazioni

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Giuseppe Bruzzone, Pino per gli amici, nato ad Albenga il 25 maggio 1945, commerciante. Anzi ex giramondo e cameriere in servizio. Ad Albenga conosce tutti e tutto.  Dai 9 sindaci: da Emidio Viveri a Giorgio Cangiano, passando per Romagnoli, Anfossi, Isoleri, Carceri, Angioletto Viveri (‘mio cugino’), Vio, Tabbò, Guarnieri. Pino da ragazzino, al suo primo lavoro, al bar Principe di piazza del Popolo, ora sede Carige. “Avevo 12 anni, non c’era ancora la legge dei 14 enni. Purtroppo vanto di essere il più vecchio esercente della città, forse della provincia come cameriere. Trascorro la giornata al bar di Piazza San Michele. Dopo 6 anni all’estero avevo nostalgia di tornare. Leggo e parlo tedesco, francese, olandese, inglese, spagnolo e col secondo matrimonio, un po’ di russo”.

Giuseppe (Pino) Bruzzone al Bar Carpediem di piazza San Michele di Albenga

Un testimone d’eccellenza e memoria storica della vita albenganese. Eppure mai una dichiarazione pubblica, né interviste o una citazione sulla cronaca locale. Pino Bruzzone oltre a conoscere fatti e ‘misfatti’ di qualche migliaio di albenganesi doc e immigrati dal Sud, custodisce, con memoria di ferro, un forziere incredibile di notizie dei tempi andati. Sa tutto dei cronisti della sua città che si sono susseguiti, da Beppe Morchio, al rag. Benedetto Fassino, a Romano Strizioli, a Giampiero Mentil,  Ernani Iezzi, tutti compianti.  L’abbiamo scoperto da occasionali clienti del bar che si affaccia sulla piaza del Municipio e della cattedrale. Il cameriere non si tradisce e sbotta: “Ma lei…scriveva….Come sei invecchiato….!”. Pino ricorda quando il giovane studente non ancora giornalista frequentava, con gli amici, il Principe.  Gli anni d’oro. Il cliente più illustre era l’ingegner Emanuele Della Valle, possidente di Campochiesa, uomo di grande cultura ed integrità. Arrivava in Mercedes blue, con autista. Prima di entrare al bar raggiungeva la vicina edicola. Tornava al tavolo con la mazzetta dei quotidiani. Due o tre quelli italiani, un paio inglesi, altrettanti  tedeschi, francesi. L’aperitivo mentre iniziava a sfogliare, un’oretta prima di ripartire. “Gli unici clienti ‘poveri’  e tollerati- sorride Bruzzoneera proprio il vostro gruppo…, al bar per ore,  dentro e fuori, spesso senza consumare. Ma si tollerava di fronte ad un giro d’affari da sogno. Non meno di sei chili di caffè al giorno, aperitivi, digestivi, superalcolici, toast. Si apriva alle 6 del mattino per chiudere alle 5 di notte.”  Il locale era di gestito da Alvio Manini e della moglie Maria figlia riconosciuta del Marchese Alfonso Del Carretto, con proprietà terriere; alcune a caso, a Toirano. L’unico socio era Angiolin Canepa di Loano. Hanno poi ereditato il figlio Piersanto e la figlia Marinella Manini…”. Che anni ! Quanti ricordi e personaggi ! Vittorio Fiori….Mario Bonfiglio….Porta…Casarino… Tony Capaccio…

Pino Bruzzone, 58 anni di lavoro avendo iniziato a lavorare a 12 anni al bar Principe di Albenga

Pino Bruzzone un’esistenza di lavoro, tra avventure e disavventure, tra colpi di fortuna e di sfortuna, alti e bassi, a terra e sulle navi da crociera. “Avevo sposato una cittadina tedesca, mi ha regalato due figli. Il destino crudele me l’ha strappata per un brutto male. Ho deciso di risposarmi, una cittadina russa, conosciuta ad Albenga. La sorella ha sposato Bosio, era sottufficiale dei carabinieri, uomo di punta e di azione”.  

Ad Albenga Bruzzone è il cognome più diffuso, quarto posto della classifica, dopo Enrico, Parodi, Ferrari, seguito da Delfino.  Sono almeno un’ottantina. “Mio papà vendeva sul mercato a Villanova d’Albenga, mio zio, omonimo, era commerciante.  Ho un fratello vivente, più anziano di me, ha lavorato al Santa Corona, nelle cucine. Non mi sono arricchito, nonostante il lavoro e le terre di famiglia, vendute.  Vorrei  fare una semplice considerazione. So di avanzare tanto da tanta gente, nessuno invece è mio creditore. Devo ammetterlo, anch’io mi sono fatto imbrogliare. In compenso pratico quel detto che per una sana, giovane vecchia  devi sempre avere una moglie giovane e cambiare fa bene. Rende l’esistenza meno cupa, si diventa meno musoni”.

La curiosità qualche volta va appagata. Bruzzone affronta il tema ‘bidoni.’ “ A Ceriale avevo preso in gestione i bagni comunali San Sebastiano davanti alla pineta.  Il primo anno, era il 2002, hanno dato fuoco al locale. Ho rifatto l’impianto elettrico, ho speso un sacco di quattrini, ho rinnovato i Bagni nel 2010 per scoprire, ad opera di un vigile, credo Sanguineti, che era tutto abusivo. Ho speso altri soldini per difendermi , alla fine mi hanno dato ragione, ormai ero pelato. Forse ostacolavo qualche interesse privato, mi pare di ricordare che dipendevo, in Comune, da Piero Revetria e qualcuno voleva che lasciassi un pezzo di spiaggia alla famiglia Torelli, in vista del progetto di costruzione del porto. La famiglia di albergatori perdeva il  vecchio litorale. Ho resistito 10 anni, credo di aver speso oltre 200 mila euro, ho lasciato tutto anche su consiglio del mio legale…”.  Strana storia per un democristiano. “ Io, per precisione, ero tavianeo convinto e praticante. Frequentavo Bardineto, il prof. Secondo Olimpio, il Piccolo Ranch. Il giro degli amici più stretti nel partito. Ricordo quel toscanaccio di Andrea Lorenzini,  compianto. Una galleria d’arte a Mondovì, un campeggio nella zona di ponente a Borghetto S. Spirito, molto introdotto all’epoca tra i palazzinari della zona. Conosco la compagna, Rosalba Galli, vive ad Albenga…”.

Altra esperienza da dimenticare ? “Essere entrato nella società della famiglia Borea di Albenga, dopo la morte di Piero e l’avvento del figlio Dario (La Genovese). Ma preferirei non parlare, dimenticare. Non è colpa di nessuno, tutta colpa mia che mi sono fidato ed ho investito, sbagliando grosso. Per il resto vivo e ripenso con nostalgia ad una mia creatura, l’epoca del Bar Napoleon che rilevai nel 1981 fino al 1985. Era frequentato dalla crema di Albenga, che soddisfazioni !”. Oggi è il bar all’insegna del Piccolo Principe di via Trieste. Altre esperienze di esercente o cameriere al Campeggio Europa, al bar Carillon con Amilcare, all’Welkome residence.  “Ho lavorato in alberghi e da imprenditori di successo: gli Ascheri, i Gerosa, i Bergero.  Al Bel Sit di Alassio, al Ritz; nei locali del sanguigno Banchio come il Manila, poi la Suerte di Laigueglia.  E un pizzico di orgoglio, lo riservo nell’impegno civico  e sociale, quando ero presidente della Polisportiva ingauna. Ma resta l’ìndelebile stagione: i 500 posti a sedere, tutti occupati, dentro e fuori, al Principe. Anni in cui ad Albenga mi pare fossero, in tutto, otto i bar; oggi  si sono superate alcune decine. In ogni angolo ne spunta uno, girandole di gestioni, professionalità da mosche bianche. Tutti si improvvisano, invece… qui sto cercando di mettere a frutto professionalità ed esperienza, soprattutto con i visitatori stranieri. Non ho mai pensato di essere unico ed indispensabile, però credo di poter far tesoro di 58 anni di lavoro attraverso il mondo. In Germania, a Kiel,  in Olanda a Rotterdam, le Americhe, una compagnia di navigazione norvegese, giramondo che non si è fatto mancare nulla. Ho persino assimilato la cura della buona salute che consiglio: aloe tritato, fai da te. Un litro, un bicchiere ogni mattina. Da una carica di energia, di buon umore, ne abbiamo tanto bisogno”.

Nessun accenno ai fratelli massoni. Qualche tempo dopo da un elenco della massoneria scopriamo un Giuseppe Bruzzone.... forse in sonno. Non si può chiedere a chi ha fatto il giuramento di rilevare, parlare. Ad Albenga, non è un mistero delittuoso, che la massoneria sia abbastanza attiva, un periodo ebbe fino a tre obbedienze, ora sono due. Palazzo Giustiniani e Piazza del Gesù. Forse Pino Bruzzone frequentava quella villa, sulla strada per Caso, Villanova – Alassio, dove una loggia si riuniva. Ricordiamo i tempi dell’imprenditore Nunzio Cricenti, caduto in disgrazia a suo dire per colpa di Carige, e che ha sposato una cugina di Pino Bruzzone.  Una famiglia agiata, Cricenti ha pagato un prezzo altissimo stando all’intervista rilasciata ad Angelo Fresia il 14 giugno 2014. Ha raccontato che a partire dagli anni ’80 le sue sei società di  import – export fatturavano fino a 100 miliardi di vecchie lire all’anno. Nacque una contestazione da parte di un’azienda spagnola, con richiesta di fallimento per un debito insignificante rispetto ai bilanci complessivi.  Un patrimonio ufficiale, descritto in sentenze, di 14 miliardi di lire. Oltre ad una fidejussione bancaria svizzera di 8 miliardi.  Tutto inutile, nel 1993 il tribunale di Savona ha sancito il fallimento, accogliendo la tesi del curatore. La Corte d’appello ha annullato la sentenza, anche la Cassazione ha dato ragione a Cricenti. Troppo tardi e senza clamori mediatici nazionali. Se in tutto l’affaire Cricenti ci sia stato lo zampino di qualche frattellanza che ha agito per interposta persona, è un’impresa titanica dimostrarlo. Non sarebbe la prima volta. Ma neppure di questo tema scottante e sempre attuale, con Pino, si è fatto cenno.

Luciano Corrado 


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