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Ecco la prima ‘Scuola di pastorizia’ in Italia (a Paroldo e Moretta). In Europa ci sono da anni. I pastori del nuovo secolo. L’assessore ligure: 2 mln per pascoli e prati

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“Ora anche i giovani vedono nella pastorizia una possibilità di futuro lavorativo ? Sapendo che le moderne tecniche di allevamento garantiscono una qualità della vita decisamente migliore di un tempo”. E’ nata la prima ‘Scuola di pastorizia’ in Italia. Inaugurata a fine settembre 2020 dal Comune di Paroldo e Coldiretti Piemonte.

di Luciano Corrado

A Paroldo l’insegnamento teorico. A Moretta la pratica nella sede dell’Agenzia dei Servizi Formativi della Provincia di Cuneo: oltre al pascolo, progettare, organizzare e gestire  l’attività di formazione, orientamento, ricerca, assistenza tecnica per la trasformazione  dei prodotti.

Quello del pastore è uno dei mestieri più antichi dell’umanità.  Tra leggende, credenze, tradizioni, usanze. Trucioli.it si è occupato spesso di pastori e pastorizia del ponente ligure e Basso Piemonte, di chi pratica, quasi con eroismo, la transumanza sulle Alpi Marittime con i suoi genuini pascoli. Con la solitudine come amica. Abbiamo soprattutto raccontato ed ascoltato le testimonianze di vita quotidiana. Un’esistenza di sacrifici veri, senza giorni di festa, se non qualche mezza giornata per incombenze inderogabili e famigliari. L’ultimo ‘nemico’ in ordine di tempo: le ‘stragi’ opera di lupi, le ripercussioni  Covid, la lontananza della società civile alle problematiche annose dei nostri amici pastori.

Con la peste del secolo si sono azzerate le presenze a fiere, mercati, sagre paesane con il banchetto dei prodotti di pastorizia, i ristoranti- clienti sono di fatto chiusi da mesi. Con i supermercati impossibile praticare prezzi maledetti. Poco importa se molti formaggi prodotti in Italia utilizzano il latte straniero. La catastrofe virus se non ha dato il colpo di grazie alle aziende dei pastori ha certamente provocato un massiccio stato di ‘invenduto’ (come accade nelle cantine) ed imposto la stagionatura. Da giugno si tornerà a sperare ?

E quante volte ci siamo sentiti ripetere da pastori savonesi ed imperiesi che un conto è l’apparenza esterna, il fascino, le belle parole che si ascoltano, ben altro  cosa significa praticare la pastorizia ai nostri giorni. Si aggiungano le puntuali promesse del politico al potere che generano immancabili, ma anche diffusa sfiducia. Dove il politico che arriva al potere ha sempre motivo di delegittimare chi c’era prima. Invece c’è un film vero, da spaccato quotidiano di chi vive in simbiosi con il gregge, la mandria, la stalla, il latte, la produzione casearia, la serrata concorrenza, la salvaguardia dell’igiene, i controlli, le incombenze burocratiche, la fatica a trovare manodopera, i giovani aspiranti pastori in proprio o come forza lavoro ormai mosche bianche.

Ma anche l’esile cultura di chi acquista al banco di vendita e spesso non sa distinguere tra formaggi,  ricotta,  pregi e qualità organolettiche, tra la produzione industriale e artigianale,  tra conservanti, formaggi ‘grassi’ e ‘magri’, la bestia da latte stanziale che si nutre di mangimi e quella che pascola sugli alpeggi o di chi privilegia il fieno ‘pregiato’ e anche caro.

Il reddito che si ricava, i contributi pubblici  più che modesti (una goccia nel bilancio), non sono neppure il rifugio provvisorio per la disoccupazione. Passiamo dalle parole sbandierate ai fatti: una persistente sottovalutazione quanto a risultati e traguardi dei nostri pastori a confronto di altre realtà europee più progredite. E non manca una buona dose di ipocrisia che cerca di nascondere, mitigare, giustificare. Così i pastori liguri, sempre più una rarità, meriterebbero più voce in capitolo seppure da minoranza senza pari. Non parliamo di privilegi per carità di Dio ! Semmai di una mano nei bisogni concreti, nelle strategie a salvaguardia e valorizzazione della pastorizia tradizionale (non industriale) che significa anche estiva transumanza di bovini, pecore e capre. Un ‘rifugio’ per dimora.

Oggi si legge di nuove tipologie di pastori che contribuiranno a sviluppare la professione in futuro. Si legge che i pastori professionisti sono destinati a spina dorsale dell’allevamento delle pecore in montagna, delle vacche e capre comunemente più utilizzate per la produzione di latte e dei loro derivati. E senza ignorare la carne, l’agnello pasquale, il capretto natalizio, le specialità delle diverse tradizioni culinarie montane.

“Ci fotografano, ci esaltano in Tv, sui media, ma quanti si mettono davvero nei nostri panni – abbiamo ascoltato un’infinità di volte dai pastori -. Non abbiamo vocazione al vittimismo, alla lotta di classe, a dire che va sempre male e che i politici sono tutti uguali. Diciamo  che sarebbe importante approfondire la qualità della nostra vita, i bisogni  di un’azienda famigliare. Il coinvolgimento di figli e nipoti ormai vera rarità in una regione turistica e festaiola dove l’unica industria che tira è quella dei Bagni Marini. La Liguria con migliaia di giovani dediti a lavori stagionali nei bar, pizzerie, ristoranti, stabilimenti balneari, esercizi ricettivi. O altrimenti costretti a migrare soprattutto se laureati, l’aspirazione di raggiungere una meta sognata. E ci sono molti casi di eccellenze della nostra terra che hanno ruoli apicali o di successo in aziende ed università straniere. Non solo più nella Mittel Europa: negli Stati Uniti, in Cina, in Giappone, nei quattro continenti insomma.

Aldo Lomanto pastore della transumanza sulle Alpi Marittime

Quanto conta la voce dei pastori, pure iscritti ad associazioni (Coldiretti in maggioranza, Cia) nel Bel Paese ? In Liguria ? Aldo Lomanto, 59 anni, pastorello da quando era ragazzino e figlio d’arte, ‘brilla’ con un migliaio di pecore, 200 capre ed ha ricomprato 20 mucche dopo averne vendute una cinquantina qualche anno fa. Con Francesca Mendau, volenterosa e tenace compagna di vita, conducono l’Azienda Del Boschetto a Bastia d’Albenga. Un figlio, Vincenzo, da ragazzo dava una mano almeno ai ‘mercatini’, ora  studia al Liceo Musicale di Albenga e non ha ancora le idee chiare su quale sarà il suo futuro.

Lomanto è stato ospite di servizi  d’attualità  messi in onda da Tv straniere, da Striscia la Notizia, quasi ignorato dalla Rai e dai media liguri più di quanto meriterebbe chi vive da 5 decenni una storia esemplare da ‘uomo mandriano’. Le montagne russe sempre dietro l’angolo (si pensi al progetto bocciato e ri-bocciato dal Comune di Ortovero per aprire un’azienda con piccolo caseificio). Un comune da anni a trazione leghista, con un ex assessore regionale savonese all’Agricoltura e pastorizia, Stefano Mai.  Eppure persistono veti di natura urbanistica, nessuna volontà di proporre una variante nonostante non si tratti di speculazione immobiliare; il timore della stalla, le proteste di pochi, a fronte di ciò che può creare, con l’indotto, un laboratorio di formaggi a km 0.

Aldo ha una fortuna, oltre alla salute di ferro, dell’aiuto prezioso del nipote Vincenzo Lomanto, 42 anni, che ha scelto, con passione,  di restare garzone, braccio destro dello zio. Poi i collaboratori dipendenti in regola: romeni, africani, tunisini, albanesi. C’è chi resta e chi ritorna al paese d’origine o non si fa più vivo. L’imprevisto sempre in agguato.

La curiosa notizia della prima ‘Scuola di pastorizia‘ in Italia, nel cuneese ricco di energie ed iniziativa privata, ci riporta anche a riflettere sulla perdita delle nostre tradizioni montanare e cosa rappresentano i pascoli. Con un  impatto sui paesaggi e culture locali,  sulla biodiversità creata secoli fa, il nostro patrimonio storico. Nonostante tutto la passione per la pastorizia continua ad esistere e resistere anche nelle difficili condizioni sociali ed economiche. Una migliore comprensione dei ritmi lavorativi dei pastori, tra notte e giorno e tra inverno ed estate, e dei cicli naturali della crescita e della vecchiaia, della nascita e della morte, possono aumentare l’apprezzamento per il durissimo lavoro che svolgono quotidianamente. Una dedizione totale che non ha pari in nessuna altra attività.

In alcuni paesi  europei i programmi di formazione per pastori svolgono da anni un ruolo cruciale, non solo per la conservazione delle tradizioni, ma per migliorare conoscenze e  coscienze. La persistenza della pastorizia, nel corso dei millenni, è una dimostrazione della sua capacità di adattarsi al futuro. C’è da sperare che un giorno la visione di un’organizzazione solida, influente e ispiratrice non solo preservi e mantenga il modo di vivere dei pastori, ma li metta al centro del fondamentale dibattito sulla transizione dell’Europa verso condizioni di sostenibilità green; più giustizia economica e sociale, oltreché la priorità della questione alimentare.

La stagionatura dei formaggi dell’azienda Davide Benedetti

E quanto sarebbe utile se i riflettori fossero più presenti ed attenti alla pastorizia ligure e del  ponente ligure. Trucioli.it ha pure narrato di un’altra famiglia savonese di pastori assai affermata e conosciuta: i Benedetti, la seconda generazioni di due cugini Leonardo e Davide.  La loro Azienda Agricola a Leca d’Albenga, la transumanza a Upega (CN), mucche e capre, formaggi. Per rimanere in provincia di Savona, a Stella, c’è l’azienda agricola di Pasquale Usai, oppure a Bardineto i fratelli Mattiauda. In paese opera un’altra eccellenza di prodotti caseari: l’azienda di Giacomo Massone.  Non è un censimento, una classifica. Altre famiglie e protagonisti meriterebbero l’interesse mediatico. Cercheremo di farlo.

Da ultimo toccherà ad altri, in futuro,  dare conto se la svolta ‘green’ dell’economia mondiale avrà effetti benefici. E i giovani possono aspirare, con la pastorizia,  ad una possibilità di futuro lavorativo confidando nelle moderne tecniche di allevamento capaci di garantire una migliore qualità di vita. La scuola di pastorizia  offre una formazione  imprenditoriale che, però, a nulla servirebbe senza una buona dose di iniziativa  e volontà personale. Senza che governo e politica non diano il loro apporto affinchè anche l’Italia raggiunga mete di formazione  da tempo presenti in Francia, Germania, Svizzera, Olanda. Si veda  il ‘modello di sviluppo silvo pastorale turistico‘ del nostro Tirolo, il coinvolgimento delle giovani generazioni a non ‘lasciare’ l’attività dei padri, dei nonni.

L’augurio è che un giorno, non lontano, la visione di un’organizzazione solida, influente e ispiratrice, non solo preservi e mantenga il modo di vivere dei pastori, ma li metta al centro del fondamentale dibattito sulla transizione dell’Europa verso condizioni di sostenibilità. Verso una giustizia economica e sociale, oltreché la priorità della ‘questione alimentare’.

Luciano Corrado

DA CDP News – 

In Germania da decenni c’è l’apprendistato ufficiale da pastore. Il primo anno è unicamente teorico e completa la formazione degli apprendisti nel settore della zootecnia. Nel secondo e nel terzo anno gli apprendisti lavorano nelle aziende agricole mentre frequentano i corsi di gruppo presso le scuole agricole. Al termine dell’apprendistato, i partecipanti vengono esaminati con esami pratici e scritti. L’apprendistato dura generalmente tre anni, ma le persone che hanno precedentemente completato un apprendistato o che possiedono un elevato livello di istruzione possono saltare il primo anno.

In Francia vengono proposti diversi corsi di formazione alla pastorizia, affiliati al sistema di istruzione agrario e riconosciuti con diplomi ufficiali. Un esempio famoso è il centro di formazione Domaine du Merle nel sud della Francia. La formazione da pastore viene proposta come formazione continuativa con assegnazione di un diploma ufficiale. Ha la durata di un anno, con inizio dei corsi a settembre. Il tempo viene suddiviso tra teoria e corsi pratici presso il centro agricolo e tre tirocini in autunno (nascita degli agnelli), in primavera e in estate. I corsi di teoria sono di 1.000 ore mentre i tirocini sono complessivamente di 760 ore.

In Svizzera la formazione del pastor, dalla quale si ottine il titolo ufficiale di Schweizerische Schafhirtenausbildung /
Formation Suisse des bergères et bergers de moutons, è strutturata in una parte teorica e in una pratica. I corsi di teoria vengono impartiti
nelle scuole agrarie e possono essere frequentati in modo indipendente. I tirocini vengono svolti con un pastore esperto. Questi sono divisi in un tirocinio estivo ed uno invernale. Il tirocinio estivo si svolge in un’azienda e dura circa due mesi, mentre il tirocinio invernale si svolge in un capannone durante la nascita degli. Dopo aver completato tutti i corsi e i tirocini e dopo aver presentato una relazione di cinque pagine sul tirocinio estivo, si svolge un esame sotto forma di intervista.

Nei Paesi Bassi (Olanda e Belgio) La formazione comprende otto lezioni teoriche e otto lezioni pratiche. Oltre alle lezioni pratiche,
i partecipanti possono andare con il loro gregge per quanto tempo vogliono per una maggiore attività pratica su tutti i tipi di argomenti. Le
lezioni sono organizzate come corsi diurni, che si svolgono la domenica (dalle 10.00 alle 17.00). Oltre a queste lezioni, sono inoltre previsti
escursioni con le pecore o eventi sui cani da lavoro. Vengono invitati dei relatori ospiti, tra cui veterinari, commercianti di bestiame, esperti di pecore e formatori dei cani. I principali obiettivi della formazione sono l’assistenza sanitaria, il comportamento animale, la gestione della natura e la normativa e i regolamenti.

Speriamo che un giorno la nostra visione di un’organizzazione solida, influente e ispiratrice non solo preservi e mantenga il modo di vivere dei pastori, ma li metta al centro del fondamentale dibattito sulla transizione dell’Europa verso condizioni la sostenibilità e una giustizia economica e sociale oltreché la priorità della questione alimentare.

Un appello ai responsabili politici e alla politica-
1) Riconoscere la particolare natura della pastorizia e dei suoi prodotti, adattando la legislazione al fine di promuovere la produzione artigianale di alimenti tradizionali;
2) Definire misure per garantire prezzi equi per i prodotti della pastorizia, migliorare i mercati locali e sistemi innovativi di marketing e prendere in considerazione un sistema di certificazioni che li distingua;
3) Rispettare le conoscenze tradizionali e l’esperienza della pastorizia nella gestione, nell’allevamento nell’identificazione degli animali;
Sviluppare un contesto comune e un archivio per il patrimonio culturale riconoscendone anche la componente immateriale;
4) Includere i pastori nelle decisioni che li riguardano e che riguardano le aree in cui allevano i propri animali.

DAL RIVISTA ‘IDEA’ EDITA A RODDI D’ALBA

ALLEVAMENTO: VICE PRESIDENTE PIANA A PIEVE DI TECO PER IL CONVEGNO

SULLA RINOTRACHEITE INFETTIVA DEL BOVINO TRA NORMATIVA E SFIDE GESTIONALI

IMPERIA. Un momento di confronto tra mondo scientifico, allevatori e istituzioni per chiarire il contesto e la possibile evoluzione delle normative sulla profilassi e la prevenzione dell’IBR (rinotracheite infettiva del bovino), una malattia virale presente in tutto il mondo, in cui il bovino è da ritenersi l’ospite naturale, mentre non risulta patogena per l’uomo. È l’obiettivo che si pone il seminario “IBR, controllo ed eradicazione in Liguria. La gestione aziendale e dell’alpeggio” in programma domani, venerdì 16 aprile, a partire dalle ore 16 presso l’ex Caserma Manfredi, complesso SAACS (Spazio Aggregativo Arte Cultura e Storia) di Pieve di Teco, voluto dal vice presidente e assessore all’Agricoltura, all’Allevamento e allo Sviluppo dell’Entroterra Alessandro Piana, che incontrerà gli allevatori.
L’appuntamento realizzato dall’ARAP-STA Liguria (Associazione Regionale Allevatori del Piemonte – Sezioni Territoriali Allevatori) nell’ambito del Programma di Iniziative Zootecniche Liguri e moderato da Roberto Facelli, medico veterinario ARAP responsabile del programma di Iniziative Zootecniche Liguria, verterà sulla relazione di Sergio Rosati, professore ordinario Malattie Infettive degli Animali Domestici Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia, dell’Università di Torino.
“L’incontro si è reso necessario – spiega l’assessore Piana – per fare chiarezza sulle modalità di accesso e di gestione del pascolo per le aziende che hanno capi positivi all’IBR: particolare attenzione verrà riposta su tematiche quali le normative funzionali, le sfide cruciali di ordine gestionale, le diagnosi dirette e indirette, le linee guida di biosicurezza sugli allevamenti e le modalità attivabili per il benessere animale sostenute anche dalla misura 14 del PSR aperta sino al 15 maggio con un importo messo a bando pari a 450mila euro. Affronteremo anche altre risorse a valere sul PSR come i 2 milioni di euro per sostenere l’agricoltura biologica e integrata, tra cui figurano, nella misura 10.1, interventi su prati stabili, pascoli, prati-pascoli e incentivi all’allevamento di specie animali locali a rischio di estinzione, quali i bovini di razza Cabannina e Ottonese Varzese, equini di razza Bardigiana, asino dell’Amiata, ovini di razza Brigasca e pecora delle Langhe”. All’incontro sono state invitate le autorità sanitarie regionali, l’Asl Imperiese e l’Istituto Zooprofilattico, l’Associazione Regionale Allevatori e il direttore dell’Associazione Nazionale della Razza Piemontese.

REGIONE LIGURIA, VICEPRESIDENTE PIANA: AL VIA BANDO DA 2 MILIONI DI EURO

PER LE AZIENDE AGRICOLE DELLA LIGURIA.

GENOVA. Due milioni di euro per finanziare e sostenere le aziende che si impegnano sul fronte dell’agricoltura biologica e integrata. Sono stati messi a disposizione dalla Giunta regionale su proposta del Vicepresidente e Assessore all’Agricoltura Alessandro Piana. Le domande potranno essere presentate a partire dai prossimi giorni fino a lunedì 17 maggio. Si tratta di risorse a valere sul Piano di Sviluppo Rurale, per finanziare tutte quelle imprese agricole che si impegnano a realizzare nuovi percorsi di agricoltura biologica o integrata, che riduce cioè l’impiego della chimica, tenendo sotto controllo le malattie delle piante e i fattori ambientali.

Alessandro Piana vice presidente ed assessore della Regione Liguria

“Si tratta di risorse molto importanti – dichiara il Vicepresidente e Assessore all’Agricoltura di Regione Liguria Alessandro Piana – per incentivare la tutela ambientale e per la tenuta economica delle nostre aziende, vista la crisi di liquidità connessa alla pandemia da Covid-19. Due sono le misure previste: una per sostenere la modalità ecocompatibili per l’adesione ai principi dell’agricoltura integrata, per interventi su prati stabili, pascoli, prati-pascoli e incentivare l’allevamento di specie animali locali a rischio di estinzione, come i bovini di razza Cabannina e Ottonese Varzese, equini di razza Bardigiana, asino dell’Amiata, ovini di razza Brigasca e pecora delle Langhe. E un’altra misura per supportare la conversione e il mantenimento degli impegni dell’agricoltura biologica. Rispetto al passato, questa volta c’è un’importante novità: gli impegni che cominciano nel 2021 non dovranno più avere una durata di 5 anni, ma solo di un anno, rinnovabile. Questo rappresenta un vantaggio per i nostri agricoltori e allevatori, perché rende più semplici le domande e più veloci i controlli”.

Ogni azienda interessata potrà presentare una sola domanda per misura e i pagamenti saranno proporzionali alla superficie impegnata o al numero di capi di bestiame allevati. Sono previsti premi annui fino a 1.000 euro per ettaro e 300 euro per unità di bestiame adulto. Le domande dovranno essere inserite sul sistema informatico SIAN e firmate digitalmente entro il 17 maggio. Tutte le informazioni sul sito web regionale e, per estratto, sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria.

 

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