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Albenga, se suonano ‘campane a morto’ per desertificazione di terreni agricoli nella più estesa e fertile pianura della Liguria. Eppure c’è chi vende fumo

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Il decano cronista rivive i tempi dell’on.Bartolomeo Bolla, albenganese, agricoltore, presidente della Coldiretti. Lo incontravamo nelle campagne a parlare con i contadini e da giovane cronista prima con La Settimana Ligure, poi Il Secolo XIX, intervistavo nelle varie zone, frazioni comprese, gli agricoltori più possidenti e quelli, diciamo, meno ‘abbienti’. Spesso emigrati del Sud: da ‘garzoni’ a proprietari.

di Luciano Corrado

Questo cartello è rimasto alcune settimane all’ingresso interno di un supermercato della pianura ingauna. Era maggio 2021.

Non mi limitavo a sentire la voce dei presidenti delle tre categorie, all’epoca Coltidiretti, nella intera piana, poteva contare su oltre duemila iscritti. Allora, e per anni, prima dell’invasione del cemento (seconde case e non solo), l’agricoltura era la prima fonte di reddito della comunità, così come a Savona-Vado e Valbormida era l’industria (più di 400 iscritti all’Unione Industriali della provincia con Fiat e Italsider ai primi posti). Il turismo è via via esploso con gli anni ’60 raggiungendo il picco di strutture alberghiere (1400, contro le attuali 400 residence inclusi). Crollo degli hotel e perdita di almeno 10 mila posti di lavoro diretti e indiretti, con punte massime nella stagione estiva e in poche località in quella invernale (Loano in primis). Albenga ha iniziato ad avere il suo punto di forza nei turismo-camping. Tre scuole alberghiere in provincia di Savona. Sono rimaste a Finale Ligure e Alassio, con crollo di studenti e di chi lascia prima del diploma. Molto richiesta di manodopera ma limitata a 4-5 mesi per bene che vada.

Siamo rimati al vecchio detto. Il giornalismo, in particolare i quotidiani con cronaca locale, ha la sua forza quando i suoi cronisti consumano le suola delle scarpe. Quando aprì, nel giugno 1969, la prima redazione distaccate del Secolo XIX, in piazza Petrarca, in un piccolo ufficio ricavato dove avevano sede Autolinee Lengueglia pionieri (il papà a fine 1800, poi i figli Luigi e Marco) avevo l’ordine di servizio, dal direttore Piero Ottone e dal capo delle province Luciano Basso, di scrivere almeno due articoli in settimana con foto (testine) di aziende agricole, con  particolare riguardo a quelle ‘storiche’ e addetti all’agricoltura. Andamento dei prezzi sul mercato dei produttori (l’Ortofrutticola) e nei negozi (non c’erano ancora supermercati). L’ispettore di zona, a sua volta, controllava sia le locandine davanti alle edicole, sia l’incremento o meno di copie giornaliere. E riferiva al suo pignolo ‘capo’ Amedeo Massari che poi diventerà amministratore delegato a Il Giornale della famiglia Berlusconi.

Alla veneranda età preferisco ancora le camminate, da osservatore, lungo strade, diciamo agricole. Ne cito una per tutte. La litoranea tra Ceriale e il levante di Albenga. Di anno in anno mi rendo conto del continuo abbandono di apprezzamenti di terreno. E quando capita scambio due chiacchiere con i coltivatori resilienti, anche giovani, ai quali non rivelo di essere un umile cronista volontario.

L’ultima volta domenica 14 luglio. Di aree estese, terreni un tempo produttivi, ne ho contate 97 spesso con alte erbacce e piante di frutta secche. Ma il ‘ triste deserto’ non risparmia altre zone meno centrali. Penso, ripenso, per esempio, a Peagna  (già paese agricoltori e pastori transumanti) dove sono rimaste tre aziende di agricole, fiori e pomodori annuali (in serra). Qui si contano centinaia di alberi d’olivo che non vengono più curati da anni, non c’è più raccolta, nonostante il mercato dell’olio e la coltivazione, così come per i vigneti, sia un comparto che è produce profitti, rispetto alla spesa.

Le cause, preciso, non sono solo dovute alla malapolitica o mediocre, o miope, dello Stato e della Regione. Si pensi all’Alto Adige dove dalla pianura alla montagna non si trova un terreno, che sia pure un prato, non curato. E lo stesso accade in Svizzera, in Austria e nella più estesa Germania. Proprio i prati, da metà delle zone collinari alle aree montane, dove si ricavava prezioso fieno che aveva ed ha una mercato non da poco, vedi i prezzi al quintale (il più pregiato, quello italiano fino a 12 € per q.). Nonostante la concorrenza del prodotto dalla Romania e Bulgaria assai meno nutriente per pecore, mucche e capre che durante la lunga stagione invernale vivono nelle stalle dei rari pastori rimasti anche nel ponente ligure. Con il ‘Boschetto’ a Bastia d’Albenga, una famiglia  (Lomanto) arrivata dalla Sicilia con il gregge ed oggi con 1100 capi, da primato in Liguria. Siamo alla terza generazione con papà Aldo e uno dei figli in azienda.

A parte queste considerazioni e ricordi personali, constatazioni con dati di fatto, sarebbe utile, così come accade per i Puc, i piani commerciali oppure traffico e viabilità, avere uno studio, esauriente, sulle primarie cause del crescente abbandono dei campi (nella pianura ingauna, Ceriale incluso) e suggerire, mettere in atto i migliori rimedi al crollo degli addetti. Come dire non bastano i finanziamenti pubblici, spesso a pioggia. Dovrebbero insegnare, pur con diverse dimensioni, i sussidi anche a fondo perso, a chi realizzava, anni ’70-’80-’90 un agriturismo. Sono in buona salute, più numerosi, ma nella sola Liguria si parla di oltre cento casi in cui l’attività è cessata. Ora c’è chi affitta solo camere.

Di ‘tavoli’ per rilanciare l’agricoltura e il dramma delle aree montane in Liguria (tra convegni ed incontri con associazioni di categoria) se ne contano, negli anni, a decine e decine. Spesso ‘vere passerelle’ per politici di turno al potere.

Si seguano magari esempi di altre realtà italiane caratterizzate da un freno all’abbandono e rilancio, soprattutto attraverso cooperative che rilevano proprietà agricole e frutteti in abbandono. Con gli assessorati che non si debbano limitare a regolamento di polizia rurale, agli abbruciamenti, a utilissimi interventi milionari, con l’amministrazione Tomatis, alla soluzione del pericolo esondazione dei piccoli corsi d’acqua e strade vicinali.

Uno dei numerosi cartelli ancora affissi lungo la litoranea Albenga Ceriale ma attività agricola cessata

E sulla promozione dei prodotti agricoli del territorio abbiamo già scritto e documentato. Facendo qualche semplice esempio. La sagra delle pesche? A Ortovero è rimasto un solo vero produttore. La sagra delle ciliege di Castelbianco? Non si trovano, per mancanza di produttori, neppure nell’unico negozio di alimentari di Cisano sul Neva. E potremmo continuare con la Sagra delle rose di Pogli, delle melanzane, dei gnocchi di patate o la provenienza delle patate della Sagra du Michettin. O ancora Sagra delle ‘verdure ripiene’. Di sagra in sagra per valorizzare quali prodotti del territorio? Semmai si valorizzano le scorte dei grandi magazzini di alimentari con i loro surgelati e  super scontati se prossimi alla scadenza. Nessuno misconosce l’aiuto e la destinazione di ciò che resta del ricavato. Non parliamo, per favore, di sagre e produzioni dei nostri agricoltori; della pianura o dei piccoli paesi. Abbiamo toccato il fondo con la ‘sagra del coniglio’ e delle lumache, gli uni e gli le altre ormai solo di

Ceriale-Albenga cosa è rimasto del terreno un tempo produttivo. Uno di centinaia di casi nella pianura

allevamento. In Liguria, a Toirano, c’era un unico grande allevamento di 9 mila conigli, costretto a chiudere (dopo controlli e verbali della Provincia- vedi trucioli.it).

E che dire dei manifesti di una sagra (ravioli della nonna), oppure di servizi Tv e video di blog, in cui mostrano frutta e verdura in vendita come ‘eccellenze della nostra agricoltura’ o a km zero. Se ci sono eccellenze si documentino con rigore e serietà. Altrimenti non resta che invocare pietà per la disinformazione! Non vantiamo di essere degli esperti, almeno attenti osservatori che ‘scavano’ e non tacciono.

Luciano Corrado

2/ALBENGA Tavolo verde dell’agricoltura. Giorgio Cangiano: “Settore di fondamentale importanza. Ci saranno incontri sistematici con i rappresentanti delle associazioni di categoria”.

Il sindaco Tomatis, l’assessore Pelosi e il consigliere delegato Cangiano

Comunicato stampa- Nella mattinata, venerdì 12 luglio, si è tenuto il primo tavolo verde convocato dal consigliere Giorgio Cangiano a pochi giorni dal ricevimento ufficiale della delega all’agricoltura. Un incontro importante per tessere le basi per un confronto e un dialogo con i rappresentanti delle associazioni di categoria – Cia, Coldiretti, Confagricoltura – e gli imprenditori del settore agricolo.

Afferma Giorgio Cangiano: “Ritengo che il confronto con i rappresentanti delle associazioni di categoria sia di fondamentale importanza ed è per questo che ho già convocato il primo tavolo verde dell’agricoltura”. La decisione è stata accolta favorevolmente da tutti i rappresentanti delle associazioni agricole che hanno manifestato il loro apprezzamento e la loro disponibilità.

“La volontà è quella di riprendere quel percorso, portato avanti da Silvia Pelosi assessore all’agricoltura durante lo scorso mandato, per affrontare insieme tutte le principali tematiche che interessano il settore” afferma Cangiano.

Dal consorzio di bonifica al terreno per l’invenduto, dal regolamento di polizia rurale, agli abbruciamenti passando per la promozione dei prodotti agricoli del territorio. Di questo e molto altro si è parlato durante il tavolo verde al quale hanno preso parte, oltre ai rappresentanti delle associazioni agricole e al consigliere Cangiano anche il sindaco Riccardo Tomatis, il vicesindaco Silvia Pelosi e l’assessore alle politiche sociali Marta Gaia per un focus sulla misura per la quale Albenga ha ottenuto 4 milioni di finanziamento PNRRper il superamento degli insediamenti abusivi in agricoltura.

L’agricoltura rappresenta un fondamentale traino economico per Albenga con ricadute significative per tutta la piana. Approfondirò tutti i temi affrontati durante questo primo tavolo verde e ci incontreremo nuovamente dopo l’estate per fare il punto su alcune specifiche questioni” conclude il consigliere Cangiano.

 

3/Albenga riesce a ridurre l’aumento TARI imposto al 2%. La vicesindaco Silvia Pelosi: “Risultato ottenuto grazie alle scelte degli scorsi anni”.

COMUNICATO STAMPA – Albenga riesce a limitare al 2% l’aumento TARI imposto da ARERA a tutti i comuni.  Se la media provinciale vede aumenti pari al 9%, infatti, grazie alle scelte oculate degli scorsi anni e al raggiungimento di un’alta percentuale di raccolta differenziata (75,04%, che rende Albenga un comune virtuoso) la Città delle Torri riesce a limitare l’aumento ad una percentuale ben al di sotto degli aumenti ISTAT previsti per legge.

Afferma la vicesindaco con delega al bilancio Silvia Pelosi: “Essere riusciti a limitare l’aumento TARI imposto da ARERA al 2% (i comuni della provincia di Savona, anche limitrofi a noi, hanno dovuto prevedere aumenti ben più consistenti) credo sia un grande risultato, frutto delle scelte amministrative degli ultimi anni. La nostra amministrazione, in collaborazione con gli uffici e in questo caso con l’ufficio entrate, ha sempre effettuato scelte seguendo il principio del buon padre di famiglia e, in particolare, guardando ai cittadini e ad Albenga. Proprio per questo siamo riusciti a migliorare notevolmente il servizio di raccolta differenziata arrivando oggi al 75,04%, senza mai aumentare le tariffe e per questo ci tengo a ringraziare anche Gianni Pollio che è stato assessore agli ambienti durante gli scorsi 5 anni. Oggi ci viene imposto di effettuare l’aggiornamento di costi (considerando in particolare l’ aggiornamento Istat) sulla base dalle tabelle ARERA. Da questi calcoli ne deriverebbe un aumento TARI ben più consistente per il Comune di Albenga, ma, grazie al censimento tributario degli anni 2016-2018, al controllo incrociato delle banche dati del Comune e di SAT (reso possibile attraverso la consegna delle chiavi per conferire nelle nuove campane) che ha permesso di portare alla luce diverse posizioni sommerse e ad una riduzione dei costi a carico del Comune con la razionalizzazione dei servizi ambiente e tributi, siamo riusciti a contenere l’aumento al 2%”.

Ricordiamo che i costi della raccolta rifiuti devono essere coperti al 100% dalla TARI. Migliorando sempre più la raccolta differenziata sarà possibile diminuire detti costi e conseguentemente la tariffa. Per l’anno in corso, stante la proroga di legge, le scadenze della TARI saranno tre:  15 settembre – 15 ottobre- 15 dicembre.  E’ data facoltà agli utenti di pagare l’importo in unica soluzione con scadenza il 15 dicembre 2024.

 

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