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L’ultimo pellegrinaggio dell’avvocato: da Stellanello, a Moglio, a Loano. Il vescovo: il paradiso ti accolga, la tua voce sia di conforto

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Tarcisio Rossi da giovane seminarista era il portiere prediletto, si tuffava nella polvere del campo di calcio sterrato alla guisa di un grillo. Tarcisio, dopo il diploma di maturità classica, figlio di contadini, lasciò il seminario per frequentare l’Università fino alla laurea in Giurisprudenza e ‘specializzarsi’ nel contenzioso tributario;  diventare punto di riferimento dell’Associazione commercianti (Confcommercio) di Alassio e del sindacato provinciale dei Bagni Marini. Legale di fiducia di partite Iva, capace di affrontare casi difficili, complessi, processi, arrighe. Quando ha deciso di lasciare l’avviato studio alassino, ha continuato a consigliare, collaborare, mettere a frutto il bagaglio di esperienza e saggezza. A Loano è rimasto attivo quale presidente del Consiglio parrocchiale, in passato consulente volontario nella Curia Diocesana. A Loano c’è chi l’avrebbe voluto sindaco, ma non aveva la stoffa da ‘politico di professione’. Fu vicino alla Democrazia Cristiana e scosso, scettico, per la deriva morale, etica e anti meritocratica, rissosa, di certa politica.

L’avvocato Tarcisio Rossi, in secondo piano in occasione di un funerale a Loano, in primo piano l’avv. Mario Rembado, ex sindaco della città

Tarcisio Rossi se ne è andato a 77 anni e ai suoi funerali nella parrocchia di San Giovanni Battista, a pochi passi dalla sua casa, dal Municipio, si sono ritrovati per l’ultimo saluto  centinaia di persone. Una chiesa affollata come raramente accade. Sono arrivati dalle vallate del Merula, del Centa, del Varatella, del Maremola, del finalese, dal levante savonese. E non è frequente la partecipazione di un vescovo, monsignor Antonio Suetta, presule della diocesi di Ventimiglia – Sanremo, loanese, amico e estimatore di Tarcisio. Il vescovo l’ha ricordato, raccontato, descritto, ripercorrendo gli ultimi anni di malattia, il dolore, la fatica, la nostalgia, la fede che illumina. La morte non è l’ultima parola lungo la vita dell’uomo, è un passaggio, il  pellegrinaggio fino a Cristo. Il vescovo Suetta che ricorda i tratti caratteriali di Tarcisio, sapeva appassionarsi, immedesimarsi, capace anche di essere polemico quando si trattava di difendere le sue idee. “Mi ha sempre colpito la sua serenità – ha proseguito il vescovo – , la visione positiva delle cose e verso le persone non c’era solo il rispetto, ma la benevolenza. La sua voce risuona in questa chiesa per salutare gli amici, con parole cariche di affetto, mai di spavalderia, mai di arroganza, bensì di orgoglio buono, di autentica fierezza. Era radioso quando parlava della sua famiglia, della parrocchia, lo ricordo ai funerali di don Lanteri, don Parodi. Ricordo il suo impegno, il suo cuore, la sua locanda è stata la sua casa e la sua parrocchia; ha dato esempio con scelte di fedeltà, solidarietà e grande passione nella professione forense”.

L’avvocato Tarcisio Rossi quando i primi sintomi della malattia iniziavano a dargli problemi. Origini paterne a Stellanello: tre fratelli e due sorelle. Tarcisio con papà e mamma hanno abitato nella frazione Moglio di Alassio dove conducevano una tenuta agricola in mezzadria. Un zio da parte paterna è stato parroco di Aurigo

Un famigliare ha ricordato Tarcisio prezioso esempio di vita. Lui con origini dall’umile mondo contadino (il papà di Tarcisio, famiglia numerosa, era nato ed abitava nella frazione San Damiano di Stellanello ndr): uomo di equilibrio, carisma, sacrifici, che se necessario sapeva lottare da leone, che ha seminato tanto e i frutti della sua opera sono copiosi; era capace di trasmettere forza e saggezza, capace di ritirarsi per non fare ombra ai figli, ai collaboratori, non voleva essere ingombrante. Tarcisio che dietro un’espressione a volte burbera, sguardo severo, aveva bontà ed altruismo. “Grazie per averci insegnato l’umiltà, il rispetto del prossimo, dei più deboli  e  dei bisognosi. Riposa in pace”.

Al centro della foto la vedova Marcellina con i famigliari all’uscita della chiesa

Tarcisio circondato, stretto forte, dall’affetto della compagna di una vita, moglie e mamma esemplare, Maria Teresa (Marcellina), i figli Luca, Andrea, Rita e Giovanna, le nuore Maria Cecilia e Luisella. Ad accogliere, accompagnare, salutare il feretro anche due fratelli del defunto,  Giorgio vigile ad Alassio, una terzo Raffaele è morto; due sorelle, una contitolare di un rinomato ristorante a Gazzo d’Arroscia; c’era l’ex sindaco di Andora, avv. Francesco Bruno; il compagno di Seminario, mons. Angelo De Canis, parroco ad Alassio e che ha concelebrato con il vescovo Suetta; il parroco  don Edmondo Bianco, origini ad Andora ed il vice parroco; c’era la Confraternita delle Cappe Turchine di cui Tarcisio era membro. Per un uomo di fede e di cultura non era invece presente nessun rappresentante dell’amministrazione comunale (vedi a fondo pagina segnalazione di un lettore), né ex sindaci di Loano, ma vogliamo credere che come altri conoscenti abbiano reso omaggio alla salma durante il rosario e la veglia, con le condoglianze ai famigliari.

Ai funerali era palpabile l’ammirazione, la riconoscenza, l’elogio di tante persone. Molte, non tanto tempo fa, avevano partecipato ai festeggiamenti dei 50 anni di matrimonio tra Marcellina e Tarcisio: 130 commensali per un giorno di gioia vera e di orgoglioso ringraziamento al creato. Un avvenimento da album dei ricordi, ma senza risonanza mediatica nello stile di papà Tarcisio.

Con Tarcisio ci hanno visti uniti gli anni del Seminario, con il fulgido esempio di insegnanti sacerdoti eroici, d’altri tempi si direbbe: don Galdolfo professore di greco che ogni mattina, a piedi, all’alba, raggiungeva da Albenga attraverso i sentieri  e i boschi la parrocchia di Marta (Villanova d’Albenga) e tornava per l’inizio delle lezioni alle 9,15; don Ferrari, insegnante di Latino, che si privava del pane per inviare offerte ai primi missionari in Africa. Gli anni in cui il Seminario diocesano contava 54 seminaristi, dalle medie alla teologia, figli nella stragrande maggioranza di famiglie umili, dalla Riviera alla montagna. A presto, caro Tarcisio, spero anch’io di rivederti, riprenderemo nelle nostre confidenze a percorrere il cammino celeste.

Luciano Corrado

L’ingresso del feretro nella chiesa parrocchiale con il vescovo Suetta ed il parroco don Edmondo Bianco

L’arrivo in chiesa, sorretto, di Ernesto Piccinini, un figlio (deceduto) aveva sposato una figlia di Rossi. Piccinini presidente di Doria Nuoto la maggiore associazione agonistica di Loano e che gestisce il palazzetto dello sport, è stato vice sindaco di Borghetto, per la Dc, negli anni ’70.

PS. Ci è stato doverosamente segnalato che, come emerge dalla foto che ritrae il presidente Ernesto Piccinini, di profilo, si può riconoscere il vice sindaco di Loano, Luca Lettieri. Volentieri diamo atto della presenza, ci auguriamo in rapprese nza dell’amministrazione civica e della corretta osservazione del lettore.


Ceriale: spunta la terza lista, sindaco la Fasano? E la storia dell’edificio (17 proprietari) che non può essere condonato, in parte costruito su area demaniale

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Il sindaco Ennio Fazio, due sabati fa, visitando il gazebo della Lega, presente l’anziano cronista di trucioli, è stato categorico: “Quei del residence La Risacca hanno impedito a Ceriale di avere un porticciolo turistico, mi auguro che se ne pentiranno amaramente. Il Comune ha rifiutato loro il condono, hanno persino costruito sul suolo demaniale. Si sono rivolti al Tar ed hanno già perso. Ora siamo al Consiglio di Stato, io non vedrò da sindaco l’esito, ma se tutto va come riteniamo, sarà una vittoria per tutta Ceriale e dovranno demolire. Mentre l’operazione nell’ex hotel Torelli della famiglia Murialdo ormai è sulla strada giusta e sarà una buona occasione di rilancio”. Leggi anche a fondo articolo il comunicato stampa del candidato sindaco Luigi Romano con la lista “CerialesiAMOnoi”  .                                                                            

L’ultima rimpatriata degli amici di partito con Marinella Fasano sorridente e distesa, alla vigilia delle dimissioni, con il sindaco Fazio, i candidati di Forza Italia, al Parlamento e al Senato, Angelo Vaccarezza e Santiago Vacca in occasione dell’inaugurazione della copertura del bocciodromo comunale

Fazio ha aggiunto che purtroppo non è riuscito a portare a termine la T 1 di Nucera. “Ce l’ho messa tutta, mi sono trovato coinvolto in un processo allucinante – ha aggiunto rivolto ai militanti leghisti, pochini per la verità – , la mia giunta non ha voluto seguirmi, io avrei fatto causa allo Stato per i danni provocati dai magistrati inquirenti alla comunità tutta, a partire dal Comune. Non hanno avuto il coraggio…”.

E’ un Fazio che si appresta a lasciare il podio di comando ma che in quel momento non immaginava ancora il benservito della sua già strenua sostenitrice, Marinella Fasano. Si erano fatti persino pettegolezzi  non molti anni fa, accade quando si ricoprono cariche pubbliche. La Fasano questa volta si è sentita tradita da Fazio che ha anticipato il prossimo candidato ideale per il centro destra, il prof. D’Acunto che, come trucioli ha scritto, abbiamo scoperto trattarsi di un personaggio di levatura internazionale, ma che a Ceriale si è visto davvero poco e si pensava di trovare una soluzione con lui sindaco e la Fasano vice nel ruolo a tempo pieno. Lei non ha gradito e non sono esclusi altri colpi di scena. A Ceriale gira voce, insistente, non proprio infondata, che tale Garofalo agente immobiliare del

Il residence mutiproprietà costtuito secondo il Comune occupando anche un’area demaniale e dunque il condono non è possibile. Si arriverà all’abbattimento ha annunciato il sindaco Fazio

‘Bastione’ sia impegnato da qualche tempo a mettere insieme una terza lista. E se il candidato sindaco fosse proprio Marinella ?  Il centro destra è già indebolito dalla fuga- diserzione di Eugenio Maineri, serbatoio sicuro di voti nel sociale, uomo di storica fede della destra ex missina. Il suo legale, indicato anche al Comune nella costituzione causa di parte civile per la T 1, è Luciano Chiarenza, già autorevole presidente della Camera penale di Savona e ora candidato al Parlamento per CasaPound, lo schieramento estremo che si contende i voti con Roberto Fiore segretario nazionale di Forza Nuova, movimento sorto negli anni ’90, a destra della destra sociale.

Certo, lascia un po perplessi vedere uniti il sinistrorso Luigi Romano, benedetto anche dal Pd dell’on. Franco Vazio, e Maineri, e ancora l’onnipresente tuttofare della sinistra Luigi Giordano. E’ vero che siamo alle amministrative e la politica andrebbe messa all’angolino, ma rendersi conto che il rinnovamento della classe politica non s’ha da fare lascia perplessi. E non si dica, per favore, che bisogna partire dall’alto, dal buon esempio che non arriva. Come diceva Aldo Moro ogni cittadino deve portare il suo granellino, si parta pure dal basso. Trucioli, non da oggi, propugna per queste cittadine alle prese con una crisi senza precedenti nella loro storia,  governi, maggioranze di salute pubblica. Così come si è fatto a Laigueglia con ottimi e concreti risultati: meno beghe e più fatti, meno personalismi e più unità d’intenti.  Lista unica anche in 11 paesi del ponente ligure, entroterra.

Ceriale penultima nella classifica socio economica tra le cittadine della Riviera savonese poteva mettere in campo un gruppo caratterizzato soprattutto dal mondo giovanile e da meritocrazia, con il corretto apporto – presenza di figure d’esperienza in campo amministrativo, non con il ruolo di guida suprema. Come reagiranno gli elettori, i non votanti, il ‘popolo grillino’ che alle regionali era al terzo posto tra i più votati ?

Il residence trasformati in alloggi, sono 17, su quattro piani

Nessuno chiedeva piazza pulita rispetto al passato, ma un deciso cambio di rotta, di persone e di metodi. Il centro destra di Toti – Rixi vuole dimostrare che uniti vincono anche nei Comuni (Borghetto insegna) e così di governi uniti non si parla più. Trucioli aveva indicato alcuni nomi di persone che ‘tre saggi’, così come a Borghetto, avevano suggerito, caratterizzate da competenza, assenza di conflitti di interesse e senza scheletri negli armadi, senza dover difendere l’amico o il parente. Nulla da fare, si continua sulla vecchia strada maestra dello ‘sfascismo’, finchè un giorno non si toccherà il fondo. Peccato.

Torniamo al tema del residence La Risacca. E’ probabile che nessuno degli attuali amministratori abbia responsabilità, anche se qualcuno siede in Municipio da qualche decennio. Come è potuto accadere che si costruisca sul suolo demaniale senza che chi ha il dovere di vigilare, si renda subito conto e il bubbone si scopre solo con la presentazione della domanda di condono ? Alla quale correttamente i tecnici comunali hanno risposto di no. Non s’ha da fare ! Come è possibile che proprio nessuno, Capitaneria inclusa, abbia svolto controlli nel corso dei decenni, tenendo conto che vanno a misurare i centimetri di occupazione dei Bagni Marini ?

Ebbene la storia incredibile, ma non troppo, inizia nel 1965 quando Agostino Torelli, papà degli eredi in vita, chiede ed ottiene la costruzione di un fabbricato ad uso sala di ritrovo con sottostante garage a dipendenza dell’albergo Torelli. Nel 1967 Torelli chiede di realizzare un nuovo edificio alberghiero, pratica respinta. Nel 1968 variante a costruire un fabbricato ad uso sala ritrovo, con sottostante garage del Torelli albergo. Risulta un permesso di agibilità rilasciato nel 1973 anche se emergono difformità edilizie rispetto al progetto approvato. Il geom. Revetria, a seguito di sopralluogo, invia una dettagliata relazione alla Procura della Repubblica. Il geometra è ancora in vita e gestisce un’agenzia immobiliare, lui abita a Toirano.  Con altra pratica, sempre del 1968, risulta l’autorizzazione per la sopraelevazione di due piani sull’edificio esistente, su area distinta, con la realizzazione di camere con bagno e fine lavori nel 1971.

Arriviamo al 1977 e Agostino Torelli chiede una nuova variante, il piano garage viene chiuso ed adibito a magazzino e locali accessori del residence. Nel 1983 Torelli esegue, risulta in Comune, modifiche interne nei locali al piano terra del Residence Hotel Torelli, con concessione edilizia del 31 gennaio 1984 ottiene la ristrutturazione con demolizione di tramezze  e spostamento del vano cucina e costruzione salone. Nello stesso anno, variante in corso d’opera nei locali al piano terra del residence (non è sia chiaro la struttura vecchio albergo) e nuovo concessione edilizia rilasciata il 3 aprile 1984.

Ricapitolando: esiste un permesso di abitabilità del 28 febbraio 1973, relativo a quattro pratiche edilizie, per costruire un fabbricato ad uso sala di ritrovo con sottostante garage a dipendenza dell’albergo Torelli.

Nell’attuale consistenza volumetrica e di superficie l’immobile risulta regolarizzato con condono edilizio (legge 1985), concessione edilizia in sanatoria del 1990 avente oggetto ” concessione in sanatoria per motel e residence.” Il condono riguarda tutti e due gli stabili. Albergo e residence. La società richiedente è Residence Hotel di Torelli Agostino & C.  L’ultima pratica è del 1993. Progetto 40 srl, amministratore unico Giovanni Stronati Lombardi e viene richiesta autorizzazione, anche in sanatoria, per risanamento conservativo del residence. Entra in vigore il condono edilizio del 2003 e vengono presentate in Comune pratiche inerenti il cambio di destinazione d’uso da turistico ricettivo (RTA) a residenziale in capo alla società Immobiliare SM Srl.

Attualmente risultato proprietari di alloggi nel residence (denominato Risacca): Franco Friggeri, Massimo Marconetto, Flavio Lanzarotti, Felice Zurloni, Bruno Alessandro Mauri, Ermanno Godino, Soc Immobiliare Sm, Raffaele Caratozzolo, Aldo Torti, Ferdinando Airaudo per le parti comuni, Claudia Maria Albertengo, Enza Ghidoli, Ferdinando Airaudo, Sebastiano Carena, Luciano Ghiselli, Franco Torchio e Mariarosa Innocenti.

Ad avviso del sindaco Fazio occorre dire grazie a questi signori o alcuni di essi se Ceriale non ha potuto dotarsi di un porticciolo che per la verità vedeva contrari anche i Bagni Marini ed un Comitato sorto a Borghetto S. Spirito.  A prescindere dal fatto che sarebbe stato realizzato dai privati, la famiglia Murialdo che ad un certo punto vedeva tra i soci interessati a rilevare l’intera operazione porto – hotel un grosso imprenditore di Savona (Aldo Dellepiane) che però si è ritirato. Parte dell’immobile in questione sarebbe stato addirittura costruito su terreno demaniale, con tutti i vincoli conseguenti. Pare incredibile. E che fine ha fatto l’inchiesta penale, con la relazione del geometra Revetria ? Come si è mosso il Comune ed i vari sindaci in carica, quasi tutti ancora viventi ? Si sono costituiti parte lesa – civile ? Nessuno si rendeva conto ? Fazio può dire che con la sua giunta hanno bloccato il condono e gli altri ? E Piero Revetria ? sindaco e vice sindaco con delega all’urbanistica ? E gli amici delle giunte passate ?

Luciano Corrado

I primi due edifici a ponente hanno ottenuto e concluso l’iter per essere trasformati in alloggi sul mare come trucioli ha già scritto, ad opera della famiglia Murialdo di Ceriale, resta fuori dall’operazione il terzo edificio che si scopre sarebbe in parte abusivo

COMUNICATO STAMPA DEL CANDIDATO LUIGI ROMANO

Luigi Romano ex consigliere comunale e candidato sindaco della lista CerialeSIAMOnoi

In relazione alle ipotesi divulgate sui vari organi di stampa delle ultime settimane, in merito alla mia candidatura  alle elezioni amministrative di Ceriale, vorrei precisare il mio pensiero: da tempo sto lavorando alla formazione di una vera lista civica trasversale alle logiche di partiti e  ideologie.

A me sta a cuore la città e i suoi cittadini. La mia proposta sarà in discontinuità con l’amministrazione uscente che, tra l’altro, con gli ultimi avvenimenti ha dimostrato di essere ormai completamente allo sbando e priva di un futuro credibile. In questa prospettiva ho avuto contatti con il consigliere capo gruppo della lista civica “VOI” Giordano e con il vice sindaco Maineri, per valutare la possibilità di una effettiva collaborazione. Credo di poter affermare, dopo l’ultimo incontro avuto, che si sia raggiunto un accordo sostanziale sui contenuti del programma. Nei prossimi giorni sigleremo l’intesa finale. Nel contempo, tra non molto, presenterò le diverse persone che hanno dato la loro disponibilità al progetto e a candidarsi nella mia lista, che avrà, e questo grazie al mio gruppo di lavoro, il nome: “CerialesiAMOnoi”.

Luigi Romano

Noli, l’assemblea pubblica che racconta morte e resurrezione in via IV Novembre

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“Nel progetto iniziale, in alcune zone, non erano previste autorimesse e non capisco con quale logica sia stata fatta questa scelta”. “Gli acconti versati (1 milione 650 mila € incassati dalla vendita sulla carta di 48 box ndr) non corrispondono ai lavori realizzati e non si sa dove siano finiti i soldi”. L’architetto Giampiero Vergani vive a Cernusco sul Naviglio, rappresenta Edilvit Srl (Milano), sorta nel 1983,  40 milioni di capitali dichiarati, interessata, da due anni, a subentrare nella società ‘Progetto Noli’ che dal lontano 2007 aveva firmato la convenzione per realizzare box e parcheggi su un’area comunale di ponente, lungo via IV  Novembre. Un’operazione che ha dimostrato, se ce ne fosse bisogno, da una parte errori di valutazione (e competenza) di certi amministratori pubblici nolesi, dall’altra -, come tiene a rimarcare il sindaco in carica, rieletto, Giuseppe Niccoli- : “Tutto il disastro della legislazione italiana e le nefandezze di cui è capace l’amministrazione giudiziaria sia nel penale, sia nel civile”. Un esempio ? “Abbiamo vinto una causa in primo grado, ma l’appello ha bloccato pure l’esecutività della sentenza, con 600 mila € da versare nelle casse comunali”. E ancora: “Con la mia giunta sono ripartite le incompiute di via Belvedere e via IV Novembre”.

Il vice sindaco Fiorito, il geometra comunale Cinoglossa e l’architetto Vergani (Edilvit) durante l’assemblea popolare

Noli, dunque, vittima delle lungaggini burocratiche, di infinite pastoie e tempi lunghi della giustizia ? Con incolpevoli sindaci che si sono avvicendati ? Ambrogio Repetto e la sua ‘spalla’,  vice sindaco, Pietro Penner di Rifondazione Comunista, ora ex, tecnico d’esperienza nel suo ruolo pubblico alle dipendenze de Comune di Quiliano. Pino Niccoli ed il suo staff che almeno pare abbia intrapreso una strada dove si intravvede finalmente la luce. A meno che non intervengano altri potenziali lacci, in parte accennati, adombrati, nell’intervento dell’avv. Fiammetta Tissoni di Noli (“Il Comune non può assegnare ad altri il progetto, dovrebbe bandire una nuova gara pubblica….?”). E c’è stato chi, tra la platea di partecipanti (dr. Giacosa) ha commentato: “Io che faccio il giro dell’Italia, non dobbiamo stupirci più di tanto, con la Calabria siamo vicini….ci sono tante Calabrie…“. E ha aggiunto: “Sarebbe tutto più facile se si dovesse acquistare una volta ultimata l’opera, resta pur sempre l’interrogativo, si inizia a costruire e poi se falliscono…“. Ma questa volta pare ci siano molte condizioni perchè tutto ‘finisca in gloria’.

Il liquidatore della Progetto Noli Roberto Mortarino, commercialista con il vice sindaco Fiorito

L’arch. Vergani è stato categorico, convincente. “La nostra società opera soprattutto in questi tipo di interventi edilizi, siamo impegnati in una grossa operazione nel Comune di Chiavari, abbiamo alle nostre spalle l’esperienza e l’affidabilità richiesta. Certo, non siamo stati coinvolti in questo progetto con l’ottica di fare beneficenza, di rimetterci quattrini”. C’è chi lo interrompe e da atto che Edilvit ha operato con serietà e successo  all’ospedale di Niguarda. Dunque un interlocutore della ‘provvidenza’, si direbbe, per il Comune di Noli e per  i 48 acquirenti, alcuni residenti, tra cui una consigliera comunale, che avevano versato caparre anche generose per un box in via IV Novembre e rischiavano di rimetterci tutto.

Nella società Progetto Noli (non è fallita), finita in amministrazione controllata e rappresentata all’assemblea di cittadini dal commercialista  Roberto Mortarino di Novara, in carica dal 2014 quale liquidatore, dovrebbe subentrare la Edilvit, attraverso una società di progetto che ha il capitale minimo di legge, 500 mila euro. Il crono programma indicato dall’arch. Vergani presuppone l’approfondimento per la variante al progetto, la stipula degli atti, la nuova bozza di delibera di giunta comunale (già pronta, si dice), iter previsto in due mesi, quindi accordo di programma con l’avallo della Regione e degli enti interessati, va da se che la variante debba andare alle varie conferenze dei servizi. Se tutto fila liscio nel gennaio 2019 inizio dei lavori, 18 mesi per completare l’opera e nell’estate 2020 la consegna definitiva. Gli scogli ? Arrivare all’80 per cento dei box ancora in vendita. Altrimenti secondo i calcoli Edilvit non si arriverebbe a coprire tutte le spese.

I tempi delle prenotazioni all’agenzia ‘Casa’ Gruppo Immobiliare di Davide Fontana e Chiara Musumeci,  di via Colombo 4 a Noli, inizialmente fissati in luglio 2018, possono essere prorogati ad agosto, quando la comunità dei vacanzieri si può rendere conto di quanto sia utile disporre di un posto auto. L’obiettivo è vendere almeno una quota di 101 box. Edilvit, tra l’altro, non deve necessariamente ricorre ad un prestito bancario quanto mai arduo, ma può far fronte con denaro di cassa. Altro elemento in positivo.

Quanto costano i box, di varia metratura e tutti di altezza tra 2,40 e 2,50: la media è sui 60 mila €,  in qualche caso di più o di meno, a cui deve essere aggiunta l’IVA. Con la prenotazione è anche possibile un box da doppio posto auto. Tra i presenti voci di preoccupazione per la stabilità di edifici prospicienti con l’inizio di lavori e scavi. L’arch. Vergani: “Posso tranquillizzare, non ci sono nuovi scavi da fare, i diaframmi e le paratie che rappresentano il maggiore rischio crolli sono già stati ultimati.” E per coloro che avevano già versato acconti per l’autorimessa, c’è chi ne aveva prenotato due, tre anche come investimento, cosa cambia ?  Quasi nulla, si è detto. Il prezzo pagato allora, ovvero sui 50 mila euro a box, resta immutato, dovrà essere adeguato solo l’indice Istat.

Si è parlato molto dell’importanza che la campagna prenotazioni abbia la massima diffusione, tra i media locali, forse non guasterebbe qualche annuncio promozionale, oltre al cartellone ‘vendesi – prenotazioni’ che fa bella mostra all’inizio di via IN Novembre. Per la precisione il quoziente 80% di cui si è accennato comprende la quota dei box già prenotati.

L’arch. Vergani, con il commercialista Mortarino, curatore, hanno focalizzato i quattro pilastri della nuova operazione. Primo: revisione del vecchio progetto, senza ampliamenti di volume, di altezze, di modifiche sostanziali. Secondo: aumentano, con la revisione, il numero dei box con un più 32, salendo così dagli originari 94 a 126. I posti auto a rotazione diventano 188, traslati in aree esterne. I 32 box invenduti saranno offerti a 55 mila euro anzichè a 50 mila, cifra richiesta originariamente ai primi acquirenti. C’è l’impegno della società a garantire con garanzie fidejussorie, anche di chi ha già comprato, con una polizza assicurativa di Allianz che  opera con la Edilvit. Dunque è esclusa la fidejussione bancaria.  Per i posteggi a rotazione la tariffa oraria è quella in corso e stabilità dal Comune.  Va aggiunto che trattandosi di un’area comunale chi compra acquista un diritto di superficie della durata di 30 anni  nel caso dei parcheggi a rotazione e di 90 anni per l’autorimessa.  Tra quasi un secolo, dunque, il complesso immobiliare torna di proprietà del Comune.

Chiara Musumeci con l’agenzia immobiliare D Casa di Noli sono incaricati di raccogliere le prenotazioni dei nuovi box

L’arch. Vergani a riprova che la Edilvit può presentarsi con tutte le credenziali in regola, cita che fino ad oggi nel settore autorimesse ha portato a termine  una quindicina di interventi nell’ambito milanese, soprattutto, con 7 mila posti auto. L’operazione non è uscita improvvisamente da un uovo di Pasqua. Vergani: ” Da due anni ci stiamo confrontando con il Comune di Noli, subentrare come soci alla Progetto Noli, incrementare come si è detto i box in vendita da 94 a 126. (è utile ribadirlo ndr). L’unica modifica interessa quella che in origine era in toto una zona verde “. Uno dei presenti ha espresso preoccupazione: “Non vorremmo che l’ambiente fosse ulteriormente penalizzato, di ferite ce ne sono già tante, di qualità dell’ambiente compromessa pure….”.  Vergani: ” Quell’unica modifica ci consente di finanziare l’operazione senza ricorrere alle banche  che difficilmente comunque finanzierebbero; operiamo con una società molto patrimonializzata e da 40 anni siamo sul mercato. In sintesi dovremmo riuscire a vendere perchè vada in porto l’operazione Noli 101 box, 53 restano da vendere, 48 quelli venduti in passato. A gennaio abbiamo avviato la campagna e ripeto la quota necessaria è raggiungere l’80 %, quoziente che secondo i nostri calcoli non copre tutte le spese, ma ci teniamo in riserva di allungare i tempi prenotazioni ad agosto”.

Altra precisazione nella fase iniziale dell’operazione era fallita la società che deteneva la quota di maggioranza, la Progetto Noli, invece, resta attiva seppure in liquidazione. Occorre arrivare, con il Comune, ad una transazione, in quanto l’ente locale non può assegnare ad altri il progetto, se non bandire una nuova gara ed allungare tutti i tempi e l’iter e far perdere tutto ai 48 vecchio acquirenti. La costruzione del manufatto prevede un metro di altezza rispetto alla quota della statale Aurelia.

Quale è l’iter per i nuovi acquirenti ? Hanno spiegato Vergani e Mortarino:  “Non ci sono quote di caparra da versare, è richiesto il deposito di un assegno all’agenzia  ‘D Casa’ di Noli dell’importo di 500 euro. Per noi è una segnale di concretezza e di interesse: non ci sono perciò caparre confirmatorie in accordo col il Comune, quando raggiungeremo la quota 80 per cento di prenotati, sarà nostra cura chiamare gli interessati. Per i vecchi acquirenti la posizione dei posti assegnati in origine subirà qualche piccola variazione”,

L’arrivo all’assemblea del consigliere delegato Piera Barisone, sulla destra della foto

A chi si preoccupa che oltre a far ripartire il progetto, serve avere le idee chiare  su arredo urbano e verde pubblico, o a chi dice “ho paura  di una colata di cemento ed asfalto”, il capo area Lavori Pubblici e Ambiente, geometra Massimiliano Cinoglossa, presente e che ha seguito l’iter nel corso degli anni, osserva: ” Per la sistemazione esterna questo progetto è la fotocopia, ci sia era riservati è vero un’area verde, ma nell’ambito del comparto che prevede anche la sistemazione di via Belvedere, non ci sono cambiamenti. Via Iv Novembre, ora a senso unico, diventerà a doppio senso, con un ampliamento della sede stradale stessa.”  Non sappiamo se l’ufficio tecnico comunale, all’epoca del primo progetto di cui l’arch. Vergani ha dichiarato ‘incomprensibili lacune’, il Comune abbia fatto osservazioni a Progetto Noli.

Per quanto riguarda i parcheggi a rotazione, un tema che anche a Noli come nella stragrande maggioranza della città costiere (Andora esclusa) vede gravi carenze nei fine settimana e in piena stagione estiva;  si è fatto presente che la quota riservata agli abbonamenti è fissato al 30 %, rispetto al 50 % di città come a Milano, dove però l’occupazione è piena per gran parte dell’anno, contraria mente alle località turistiche. Si è ancora fatto osservare che l’agenzia incaricata di ricevere le prenotazioni (D Casa) è la stessa  che aveva seguito le prime operazioni dei box di via IV Novembre. E ancora, nel progetto c’è una continuità in quanto entra un nuovo socio (Edilvit). E che trattandosi di diritto di superficie non si diventa proprietari di un bene immobiliare, bensì concessionari.

Non c’era il sindaco Niccoli a presiedere l’assemblea, ma il vice sindaco Alessandro Fiorito che ha la delega al turismo e sport, mentre è il consigliere comunale Rinaldo Tissone a seguire i Lavori Pubblici, Patrimonio e Protezione civile. Fiorito che ha ringraziato per la folta presenza di cittadini, ha ricordato i sette anni di stallo in via IV Novembre, la causa civile vinta in primo grado, in attesa dell’appello e forse la possibilità di una transazione, con l’obiettivo di “tutelare gli acquirenti che hanno versato caparre; abbiamo studiato a lungo con i legali del Comune le varie soluzioni, ci sono i 600 mila euro che ci sono stati riconosciuti come risarcimento; il nostro obiettivo avviato nel dicembre 2016, approdato ad una parziale revisione del progetto originario, con due incontri avuti con la società Edilvit, resta quello di concludere tenendo conto delle varie esigenze, attraverso il buon senso ed il rispetto dei cittadini”.

L’arch. Giampiero Vergani delle Edelvit illustra il nuovo progetto di autorimesse interrate

Certo che se c’è stato chi ha dovuto attendere o perlomeno siamo sulla strada giusta, anni per un box che aveva pagato, forse come ha ricordato l’ex sindaco Carlo Gambetta, bisogna prendere atto e domandarsi quanto ci hanno ‘rimesso’ i cittadini contribuenti di Noli. Per un accavallarsi di errori, a suo avviso, che non vedono estranei i sindaci e le amministrazioni che si sono succedute. E’ accaduto per via Belvedere, si è ripetuto per Via IV Novembre. “Facciamo un po di conti e sommiamo a quanto si vendono i box e la somma finale è bel gruzzolo”. Come dire se il Comune ha patito e subito, c’è chi potrà averne un buon tornaconto. A cominciare da chi aveva rischiato di perdere quanto versato ed ora può tirare un sospiro di sollievo. Non capita spesso di fronte a casi analoghi.  Noli deve guardare avanti, il vice sindaco Fiorito  nel suo primo confronto con l’assemblea si è ‘guadagnato’ un buon voto in pagella. Un giovane al governo della cittadina, con un’altra giovane, Jessica Bellisio in giunta. E il futuro di Noli sarà meno cupo se la scommessa vedrà impegnati dei giovani, a partire dal sindaco, magari in rosa.

Ci vorrebbero anche cronisti con una buona dose di memoria storica, meno ortodossi ed autolesionisti dei nostalgici di ‘Semplicemente Noli‘, ovvero come sfasciare un paese che era un fiore all’occhiello, un sindaco ed un vice sindaco sfascia – sinistre, un geologo talebano generoso ed in conflitto di interessi da assessore provinciale, un insegnante di lingue frufru che insegna a non pontificare o moraleggiare su Noli, ” dimostrando – scrive lui in italiano – una conoscenza delle realtà parziale  quanto il suo punto di vista”. E dimenticavamo il cooperativista rosso per completare la compagnia teatrale. Incapaci di svecchiare, incapaci di ampliare l’offerta turistica, attirare investitori non da mordi e fuggi, incoraggiare i nolesi a fare più investimenti, invogliare i giovani a rimanere nel paese dei loro avi che tanto hanno dato alle future generazioni. In attesa di leggere i truciolini di chi sa vedere e ascoltare solo ‘Semplicemente Noli’. La stella cometa.

Luciano Corrado

PS: Ai presenti all’assemblea di sabato scorso è stato fatto trovare  un ‘opuscolo’ “Comune di Noli, tre anni e mezzo di amministrazione al servizio dei Cittadini. Cosa è stato fatto, costa stiamo facendo, cosa faremo. Quaderno informativo dicembre 2017.  Interamente finanziato dai consiglieri comunali di maggioranza”. L’opuscolo è stato distribuite a tutti gli utenti SAT (società che ha in appalto la raccolta della Nettezza Urbana). I nuclei famigliari (dati Istat) sono 1416 su 2740 residenti. Si presume siano stati raggiunti tutti gli utenti delle seconde case, dunque stampate diverse migliaia di copie. L’informazione capillare è utile e non può essere tacciata,  come in questo caso, a strumento di propaganda autocelebrativa. Ma occorre rispettare le regole dello Stato di diritto. La legge ed il buon senso, aggiungiamo, impongono che per tutte le pubblicazioni sia indicato il nome dello stampatore che qui è stato omesso scientemente o per banale dimenticanza. Forse è saggio sciogliere dubbi ed interrogativi.

A proposito dei box, durante l’assemblea, qualcuno sottovoce si è chiesto perchè l’operazione non sia stata fatta direttamente dal Comune traendone buoni vantaggi  anche in termini economici e di certezze.  Come ha fatto il Comune di Finale nell’edificio autorimessa vicino alla Croce Bianca e con accesso dall’Aurelia. In quel caso però Noli avrebbe dovuto rifare il progetto, eliminando i box e destinato l’edificio in toto a parcheggi a rotazione, la cui resa in termini economici è eccellente. In quel caso occorreva dare un ‘benservito’ alla quarantina di acquirenti di box. Evidentemente la maggioranza Niccoli ha preferito tenersi ‘buoni’ chi aveva comprato sulla carta ed era stato gabbato dalla società che aveva incamerato i quattrini. Si possono conoscere i costi di costruzione, se si chiede ad un esperto della materia. Oggi il mercato dei box, sulla Riviera dell’esplosione di seconde case, è sicuramente più vantaggioso e sicuro che un alloggio. C’è l’esempio della ‘capitale rapallizzata’ della provincia: Borghetto S. Spirito. Qui trucioli ha già fatto vedere, seppure in solitaria, quanto attiri un garage, un box, rispetto ad una seconda casa, ad un locale commerciale. Nei palazzi anche in centro si ristruttura e al piano terra, anzichè negozi o uffici, si realizzano garage che tengano conto delle dimensione di certe auto. Oppure si trasformano negozi, attività commerciali, in autorimessa.  I prezzi ? A leggere le vendite immobiliari del tribunale per un box- garage  di 8 mq. si va dai 10 mila ai 19 mila per (22 mq), che salgono se in zone centrali, per arrivare ai 70-80 mila euro, oltre a Iva, ad Alassio.

Proprio in questi giorni, a Noli, in regione Zuglieno, il tribunale fallimentare ha messo in vendita una villa , lungo la strada per Voze, al prezzo base, senza incanto, di 545 mila €, offerta minima 408 mila euro. Sono 262 mq. con annesso giardino, box, piccolo deposito. Giorno di venduta 10 aprile alle ore 15,15, custode giudiziale la dr.ssa. M.G. Siccardo, giudice delegato  Maria Laura Morello.

Ormea, il segretario comunale ora è cuoca: ‘dopo 27 anni ho detto basta, troppa ansia’In trattoria (Il Borgo) con sorella per 23 anni odontotecnica a Mondovì e studi ad Alassio

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Girate pure il Bel Paese, difficile incontrare due sorelle, con laurea e diploma, che si stancano dei rispettivi lavori, peraltro di buon livello (segretario comunale in un caso, studio odontotecnico in proprio nell’altro) e vederle unite dalla passione dei fornelli in una trattoria di montagna molto casalinga, ma raffinata. Accade a Ormea, capitale dell’Alto Tanaro. Cinzia e Serena Ricci protagoniste di una storia ‘da cuore e di amore’ per il paese che ha dato loro i natali. A fronte di un massiccio esodo (nel secolo scorso Ormea aveva raggiunto quasi 6 mila abitanti, oggi 1600, con 141 stranieri) le sorelle gestiscono ‘Il Borgo’, una delle eccellenze della cucina locale e teatro di una scelta di vita davvero controcorrente. Oggi fiere, orgogliose e soddisfatte. Il cliente che torna è il loro primo passaparola: qui si trova la ‘buona tavola’, genuina e attenta alle ricette rivisitate delle nonne. E forse la dottoressa Cinzia che da segretario comunale, con 27 anni di anzianità non si era mai messa in ferie, potrà  godersi pure una vacanza. Leggi anche: se ne è andato Nello Dolla di Viozene che fu sindaco di Ormea.

Il team al lavoro nella trattoria Il Borgo: da sinistra Cinzia Ricci, con le collaboratrici Dile e Serena, il marito di Cinzia, Enzo Michelis, e la sorella Sandra Ricci

Un segretario comunale rosa (seppure ex) ai fornelli, che cambia professione, mestiere, non è  davvero frequente. Anzi, forse un caso unico in Italia. Persino sottovalutato, al punto da non fare notizia se è vero che La Stampa, edizione Cuneo, ha riservato due colonne in cronaca locale. “Vorrei finalmente un lavoro che si possa fare  ascoltando la musica” dichiarava al giornalista Cinzia Ricci che nel 2016 aveva 55 anni, definita ormeasca Doc e storica segretaria dei Comuni di Ormea, Alto, Briga Alta e Caprauna. L’annuncio delle dimissioni, la volontà di aiutare la sorella Sandra che dal dicembre 2015 ha rilevato la gestione della trattoria Il Borgo, in via Roma, da sempre il ‘salotto’ del paese. La dottoressa Cinzia, laurea in Giurisprudenza a Torino, papà ex dipendente della altrettanto storica cartiera di Ormea di cui sono rimaste solo le mura, gli edifici desolatamente vuoti; la mamma era casalinga.

La figlia Cinzia ha lasciato dopo 27 anni trascorsi a fianco di sindaci, assessori, consiglieri comunali, colleghi e colleghe di lavoro nei quattro comuni della Val Tanaro.  “Significa cambiare vita a 360 gradi – confidava la funzionaria dello Stato –  e alla mia età è una scelta che non si può fare a cuor leggero. Anche nei Comuni piccoli però il clima è cambiato, è tutto più stressante, mille adempimenti e responsabilità amministrative e penali, con norme che si accavallano, con urgenze una dopo l’altra; altri 12 anni alla pensione mi sono parsi un’eternità”.

E il sindaco, insegnante in pensione, Giorgio Ferraris che commentava sulla Stampa: ” La sua carriera è iniziata e finisce con me sindaco; è entrata in Comune ad Ormea con decreto del prefetto subito dopo la laurea in giurisprudenza, era il 1989. Con Ormea e Briga si sono aggiunti Alto e Caprauna. Certo diciamo che è stata una grave perdita; negli anni è diventata il punto di riferimento di tutta la macchina comunale e se non sbaglio non ha neanche mai fatto ferie. Sarà difficile fare a meno di lei, della sua preparazione”.

E l’ex primo cittadino, dr. Gianfranco Benzo, commenta: “Quella del Segretario comunale è una nomina discrezionale del Sindaco, che deve attingere dall’Albo apposito (una sorta di spoil system). Ad inizio mandato avevo ricevuto offerte di collaborazione da altri, ma conoscevo lei e la sua famiglia (la sua nonna paterna Angelina, che da bambino chiamavo “la Signora della luna” era stata la mia levatrice, mi aveva visto nascere…). Inoltre il mandato coincideva con lo scoppio della crisi economica e non si prospettava certo facile alla luce dei precedenti dell’amministrazione (rapporti con Cartiera, Cartotecnica) per cui avevo ritenuto utile e saggio la collaboratrice “memoria storica”. Ritengo di averci visto bene nel riconfermarla, perchè la Cinzia ha dimostrato di avere le competenze tecniche professionali necessarie. Ha garantito la conformità legale, statutaria e regolamentare degli atti del Comune”.

Un vecchio deplinat dell’albergo nazionale

Oggi vedere Cinzia  in cucina, in sala da pranzo – bomboniera, ricca di quadri e di storia locale, è un volto sorridente, disteso, affabile. “E’ vero la mia vita è cucinare, mi è sempre piaciuto, ricordo che a 12 anni, in casa, preparavo le lasagne, le tagliatelle,  un figlio  frequenta la scuola Forestale, credo di aver realizzato un sogno e le soddisfazioni non mancano….”. E la sorella Sandra che si occupa più del servizio in sala, ricorda di aver iniziato la professione di odontotecnico a 23 anni, fino a tre anni fa; studio a Mondovì con il compagno di vita, Massimo Coccalotto. A Torino la scuola. Anche lei attratta dall’arte culinaria ? “A me piaceva soprattutto vivere e lavorare ad Ormea, io qui mi sento un’altra, realizzata”. Le sorelle Ricci che da bambine sono cresciute ed hanno frequentato la scuola dell’obbligo ad Alassio. “Papà Livio, mancato di recente, lavorava in cantiere e scelse trasferirsi al mare, ad Ormea tornavamo per le vacanze estive”. La mamma garessina, la nonna materna di Cinzia, con  Giuseppe Sappa, aveva gestito l’Albergo Nazionale. C’è una pubblicità di fine anni ’20 e recita: “Albergo Nazionale… di proprietà di Marcellina Obbia  ved. Sappa, aperto tutto l’anno, servizio ristorante a tutte le ore, a prezzi fissi ed alla carta, camere finemente ammobiliate, splendido terrazzo sulla Piazza del Municipio da cui si gode il magnifico panorama delle Alpi, la migliore posizione del paese. Telefono pubblico intercomunale nell’albergo. Modiche pensioni per famiglie, servizi speciali per comitive, caffè ristorante”.

Anche la trattoria Il Borgo ha le sue pagine di storia, il suo album, non a tutti noto. Dice da storico l’ex sindaco Benzo: “Per quanto ricordo, la trattoria nel dopoguerra aveva aperto i battenti all’insegna “Bandiera d’Italia”; gestita in un primo tempo da Claudina Launo , poi da Piera  Bologna (“Pierina”, ottima cuoca). Successivamente dopo un adeguamento, il locale cambiò nome “Il Borgo”, fu gestito da Sandro Peirano  e Livio Benzo (attuale gestore della “Vecchia Locanda” a Ponte di Nava, già “Albergo Concordia”). Ancora, da Peirano Sandro & Belli Gisella (la moglie)”. Da ultimo arriviamo a Sandra Ricci & Massimo Coccalotto.

Un ristorante – trattoria che nel passato aveva conquistato anche la Guida Michelin e che oggi, con la nuove cuoche, si piazza al secondo posto del più popolare TripAdvisor,  subito dopo un altro locale che storia ne ha tanta: da Beppe.  Leggiamo una delle 148 recensione sulla trattoria Il Borgo: “Il viaggio dalla Riviera a Ormea  ne è valsa la pena: ambiente piccolo, ma curato dalle attente cameriere al menù,  con ottimi e originali antipasti (ne servono 7 consigliatissimi), ad una variegata scelta di primi e secondi particolari, per finire con i dolci deliziosi (come resistere alla torta di nocciole servita con zabaione caldo?). Vasta scelta di vini e prezzo non eccessivo”. Tra i giudizi pure qualche consiglio utile (‘non esagerare con le salsine?) e comunque non si può mai accontentare tutti. Viviamo in un’era in cui il bagaglio di conoscenza culinaria è ormai contagiato da chi non distingue il pesce 0 la trota di allevamento con quello nostrano; in cui si fa largo ricorso agli abbattitori, agli insaporitori, spesso ingannati dal buon gusto, profumo, ma da un non altrettanto sconsigliato piatto per la salute. L’alimentazione, dicono gli esperti, seconda causa di morte dopo l’ambiente inquinato in cui a volte si è costretti a vivere.

Luciano Corrado

SE NE è ANDATO ANCHE NELLO DOLLA, BRIGASCO,

ORIGINARIO DI VIOZENE, EX SINDACO DI ORMEA

Al Secolo XIX Savona torna Pellissonenuovo capo della redazione. Cetara a Genova

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Se il 13 porta fortuna, Maurizio Pellissone, il tredicesimo giornalista che si alterna a capo della redazione di Savona del Secolo XIX, c’è da accoglierlo con i migliori auspici. Ma non riceve un’eredità di velluto, lui che era entrato al Decimonono di Savona in punta di piedi da collaboratore e che ha percorso la lenta scala dei ‘gradi di comando'(capo a Sanremo-Imperia, poi vice in cronaca a Genova) e che nella città della Torretta ha trascorso buona parte dei suoi anni, dove vive la famiglia, la moglie laureata e casalinga, il papà era impiegato al catasto, i figli. Il Secolo XIX, dopo un periodo di transizione dai Perrone al Gruppo Fiat (Itedi), è passato al Gruppo l’Espresso – De Benedetti e dopo la disastrosa scelta editoriale dell’edizione fotocopia con La Stampa, un’impaginazione che impone di sacrificare tutte le notizie ‘minori’, ha raggiunto il minimo storico nelle vendite in edicola. La ‘cura Pellissone’ che non prevede miracoli, è quasi disperata, tutta in salita. Gli organici (redattori) sottodimensionati, buona parte del ‘prodotto’ affidato a collaboratori e un diffuso appiattimento.

Immagini di una festa d’estate a Loano: Claudio Caviglia, il fotografo Silvio Fasano e  Maurizio Pellissone

Eppure c’è da scommettere che Maurizio Pellissone, 59 anni il prossimo 25 giugno (auguri anticipati!), che non ha fama, né indole ad essere un cronista d’assalto, di quelli che rischiano troppo, saprà ridare slancio, vigore. Un collega che sa ‘vedere’ e non indossa la lancia del guerriero, del “qui comando io e faccio ciò che mi pare e piace“. Ovviamente rivolto ai lettori. Una coerenza ed un’etica che lo caratterizza e forse lo distingue sia nella professione, sia nella vita privata.

Certo, c’è chi ritiene che nel mestiere più bello del mondo non si debba fare solo lo spettatore, oppure il cane da guardia, esiste il ruolo e la funzione sociale che il giornalista svolge nel lavoro quotidiano a contatto diretto con le istituzioni e i cittadini. Pellissone che torna sulla plancia di comando (a Savona era stato vice) in una città dove si è verificata una sana alternanza nella guida dell’amministrazione comunale cittadina. Dove non c’è più una banca – forziere locale che ‘fa e disfa’ a suo piacimento. Resta pur sempre quel potere trasversale che in un’intervista al Secolo XIX, uno dell’esperienza dell’avvocato Luciano Chiarenza, candidato di CasaPound,  un passato da presidente della Camera Penale, osservatorio privilegiato di Savona, della provincia, della Liguria meno raccontata, definisce “potere in mano a quattro, cinque famiglie”. E che nel maggio 2014 erano stati messi a confronto due articoli, a proposito della Carisa e del suo presidente Luciano Pasquale, al quale Marco Preve, savonese e giornalista a La Repubblica di Genova, aveva affibbiato il titolo di ‘collezionista degli incarichi’ (vedi……).

L’altra faccia di Savona è quella presidiata dalle due maggiori obbedienze massoniche, dai fratelli all’orecchio del Gran Maestro, ovviamente in maggioranza sono ‘gregari e capitani’, con la pratica di una mutua assistenza che va al di là degli associati al Lions, al Rotary, all’Opus Dei, a Comunione e Liberazione. Senza tuttavia dimenticare un certo ruolo egemone delle Coop rosse, a cui si sono aggregate varie forme di cooperative e interessi. C’è una generale sudditanza, in gergo giornalistico potremmo definire mancanza di coraggio, metterci la faccia , il proprio bagaglio di conoscenza ed esperienza, che non riguarda solo certe professioni, certe cariche ricoperte nelle varie Associazioni, coinvolge lo stesso mondo dell’informazione locale. C’è chi preferisce ritagliarsi, anche per non coinvolgere magari i famigliari, un ruolo di osservatore silente anche se contrariato, arrabbiato.

Savona e una provincia dove la ferita peggiore è la mancanza di opportunità di lavoro per i giovani. Sono decine, centinaia anche i savonesi che sono emigrati ed all’estero hanno successo, storie mai raccontate e che magari emergono conversando con amici. Savonesi con ruoli importanti nelle Università, dalla Germania, alla Francia, all’Inghilterra, agli Stati Uniti, stesso discorso in multinazionali, uomini, ma anche donne.  Un peccato che non se ne parli mai sui media, non si raccontino le loro storie di vita, non si ascoltino i loro suggerimenti, esperienze in giro per il mondo.

Graziano Cetara giornalista lascia la redazione di Savona

Maurizio Pellissone ha la preparazione, la cultura, la memoria storica e la conoscenza del territorio, almeno in buona parte. Un collega che è difficile smentire quando scrive, gli piace essere preciso, documentato, piuttosto rinuncia alla notizia, allo scoop.  Serietà, preparazione, tecnica, rapidità, abituato anche a non fare sconti come quando dedicò un lungo servizio a quel cittadino di Savona che faceva collezione di incarichi ed aveva raggiunto un record, anche di migrazione da uno schieramento all’altro. Il suo rigore morale è apprezzato  sia all’interno del giornale, sia da chi lo conosce. Non è superbia, semmai un pizzico di sano orgoglio, la modestia è una dote, la remissività una palla al piede. Pellissone prende il posto di Graziano Cetara, 46 anni a ottobre, che era all’arrivato a Savona, da Sanremo, nell’ottobre 2013 (vedi…..)

Se la redazione de La Stampa di Savona ha battuto tutti i record nazionali per la permanenza di un capo redattore (il savonese Sandro Chiaramonti che abbiamo ascoltato e visto in Tv nei giorni scorsi dal Festival di Sanremo e letto sulle cronache del quotidiano torinese), alla redazione del Secolo XIX va attribuita la palma dei turnover al comando, da quando nel 1968 ha aperto la redazione in piazza Mameli con Bini, Angelini, Del Santo, Albertelli, Ugolini, Stella, Basso, Muda, Onofrio, Sangalli, Caviglia, Cetara (5 forestieri e 8 ‘casalinghi’). Nel frattempo due colleghi se ne sono andati per sempre (Moreschi e Pellosio), in redazione attualmente il ruolo di vice è affidato a Bruno Lugaro, vice capo servizio Giovanni Ciolina, poi Alberto Parodi e ultimo  ‘regolarizzato’ con il nuovo anno il salernitano Mario De Fazio che si occupa soprattutto della cronaca politico – amministrativa. Tra i corrispondenti ‘storici’ Luca Rebagliati per il ponente, Silvia Andreetto per il finalese, Giovanni Vaccaro per la zona di Vado Ligure ed il levante. Un organico, in redazione, lontano dagli 11 in forza fino a qualche anno fa e dai 7 corrispondenti.

Le vendite, per le più svariate cause, sono crollate, quasi quasi neppure tutte le edizioni insieme (38 mila copie vendute in edicola) raggiungono i picchi degli anni d’oro dell’edizione di Savona, con punte di 25 mila copie. Il 31 dicembre 1999 un editoriale in prima pagina annunciava: “Dal Secolo XIX un forte segnale di ottimismo sul futuro di questa Liguria, Il Secolo XIX ci crede da 114 anni, protagonista dei cambiamenti, resta forte anche il legame delle tradizioni con questa terra e la voglia di vincere, con i liguri, le sfide dei prossimi anni. Con i liguri che hanno il gusto ed il coraggio di rischiare nella ricerca, nella scienza, nella cultura, nell’impresa, nel lavoro”.

L.Cor.

I miracoli di Padre Pio, il Muretto di Alassio, i Berrino, i Mombelli. La lotta di Vincenzo, dal carcere tanti segreti e spunta una suora

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Vincenzo Mombelli accusato, incarcerato, assolto per il sequestro (ed il pagamento di un riscatto) di Mario Berrino  –  cofondatore del leggendario Caffè Roma e Roof Garden, inventore del Muretto di Alassio, pittore di successo in vita e di fortune da morto –  trascorre la vecchiaia all’Istituto Trincheri di Albenga. Un Vincenzo che non si da pace e per gli ospiti, i visitatori, il personale, è un simbolo di chi non si rassegna, nonostante l’età, le malattie, le disgrazie. Vive con un chiodo fisso: “prima di morire voglio giustizia”. Non da tregua ad un paio di avvocati, contrariato perché ” promettono e non fanno”. Nel suo mirino  il mondo dell’informazione: “mi ignorano”. Si dice scandalizzato. Quando è morto suo fratello Enzo, pure lui arrestato con accuse infamanti e scagionato, media e social locali non hanno scritto neppure una breve. Con la sola eccezione di trucioli.it. Vincenzo non passa giorno, cerca e vuole parlare al fotoreporter Silvio Fasano e con l’anziano cronista che aveva seguito dall’inizio il ‘giallo Berrino’.

Vincenzo Mombelli durante l’ultimo incontro con il cronista nell’autunno dello scorso anno ospite del Trincheri di Albenga (Foto Silvio Fasano)

Altri giornalisti che si occuparono di quella triste e drammatica vicenda, sono in vita: Camillo Arcuri vive a Genova, era inviato speciale de Il Giorno,  Natalino Bruzzone da giovanissimo collaboratore de Il Lavoro e l’alassino Daniele La Corte, esordio a Il Corriere Mercantile. Un racconto  della ‘Mombelli story’ che questo umile blog propone, dopo quanto abbiamo già scritto in anni non lontani, cercando di non ripeterci, anche se le giovani generazioni non possono ricordare, il trascorrere dei decenni non aiuta certo la memoria. A luglio saranno passati 44 anni. Vincenzo è ormai un robot nel suo ricordare, narrare, insistere, ripetere, accanirsi. E’ seduto ad una tavola della grande sala da pranzo del Trincheri, veste in modo semplice, dignitoso, tra una parola e l’altra  confida “ma non è da scrivere” che gli capita  di dover aiutare economicamente la sorella minore, a sua volta ospite di una casa di riposo ad Andora. “Poverina ha sofferto tanto pure lei, è malata, ci sentiamo al telefono quasi tutti i giorni e se posso l’aiuto volentieri, è una brava pittrice; io sono solo, ho rinunciato a sposarmi; eravamo una famiglia numerosa, non benestante, ma neppure poverelli, anzi….”. E per fortuna che esiste il Trincheri dopo che Vincenzo per sbarcare il lunario aveva fatto anche il lavapiatti  al convento dei frati di Pontelungo, “mi hanno prestato anche dei soldi doveva pagare l’avvocato”.  Il  nuovo Trincheri di viale Liguria oggi è la sua casa, la sua famiglia. Un ente pubblico di assistenza sorto per volontàdel benemerito notaio benefattore Cav. Domenico Trincheri. Nelle sue volontà testamentarie ha lasciato scritto: ….”dare ricovero e mantenere i vecchi e i poveri d’ambo i sessi inabili a proficuo lavoro”.

Vincenzo Mombelli i un’immagine di qualche anno fa (Foto Silvio Fasano)

Vincenzo Mombelli tiene tra le mani, tremanti, il libro I Miracoli che hanno fatto santo Padre Pio, scritto da Enrico Malatesta per ‘Piemme’. Prima edizione 1998, seconda edizione economica nel 2002.

“Prima di chiudere per sempre gli occhi vorrei poter parlare con i giudici viventi che hanno seguito il ‘sequestro Berrino’ e che io continuerò a chiamare un ‘giallo inventato’, visto che, con mio fratello Enzo, siamo stati  assolti con formula piena e lui è finito imputato di calunnia e simulazione. Del mio caso si sono occupati Tartuffo, Stipo, Boccia (non più in vita ndr), Vincenzo Ferro (giudice istruttore che ha svolto gran parte dell’istruttoria, sopralluoghi sulla collina di Alassio dove Berrino disse di essere stato tenuto prigioniero, Renato Acquarone e da ultimo Michele Del Gaudio”.  Il magistrato di origini campane, poi parlamentare ma senza vitalizio, che si occupò anche del ‘ciclone Teardo’.

“La mia povera mia mamma si è uccisa dal dispiacere bevendo acido muriatico, una santa donna, disperata al punto che mi diceva ‘quello è da ammazzare... (Berrino ndr)’. Nessuno ricorda che mamma scriveva poesie e componeva canzonette anche al Caffè Roma. Papà ha lavorato una vita ed ha perso la testa al punto che un giorno si era presentato con un accetta al Caffè Roma e sono intervenuti i carabinieri. Abbiamo perso un fratello primogenito in un incidente stradale, ucciso a 20 anni. Mia madre, dopo che siamo finiti in carcere con tutte quelle accuse, in prima pagina con giornali e tivù,  locandine cubitali davanti alle edicole, il nostro cognome nei titoli di testa delle Tv nazionali, era finita alle Molinette per due mesi,  ridotta a pesare 30 kg. Scrisse al Secolo XIX  una lettera, non fu pubblicata, se non con qualche accenno in uno dei tanti servizi giornalistici. E mia sorella Vania per sette anni ha vissuto con Ernani Iezzi, anche lui ha scelto di togliersi la vita mentre si trovava a Montecatini, era in pensione dai telefoni di Stato, scriveva per la Gazzetta del Popolo, per Il Secolo XIX,  Il Gazzettino Ligure della Rai, per un’agenzia di stampa nazionale e aveva continuato la sua battaglia di verità sul nostro dramma dalle pagine di un periodico locale che gli fruttò  uno scontro  fisico con Mario Berrino durante una cerimonia pubblica. Ernani, assistito dal compianto penalista Nazzareno Siccardi, che aveva presentato denuncia – querela, ha accettato la transazione dietro il versamento di 13 milioni e l’impegno a non rivelare a nessun organo di stampa la notizia. Motivo ? Me lo disse Ernani: “Sono al verde, col fido in banca…”. Di quella querela tutti zitti, solo trucioli savonesi aveva scritto.”

Vincenzo si scalda, si agita, cambia colore, balbetta: “Ma lo sa chi era mio padre ? Uno che lavorava,  uomo di fiducia dei conti Marzotto, Franco e Nicoline, grazie a loro ha potuto comprare i primi camion in proprio. Poi aprì un grande ristorante a Capriolo, mio fratello fu trovolto e ucciso da dei contrabbandieri, era il 1962, io avevo 7 anni ed oggi quanti anni mi da ? Sono della classe 1953, ne dimostro molti di più… Sono stato rinchiuso in quattro carceri con mio fratello, abbiamo fatto lo sciopero della fame  e a Marassi  i detenuti hanno inscenato una protesta salendo persino sui tetti… ; nel carcere di Savona  hanno fatto una rivolta per i Mombelli  causando milioni di danni. Andate a rileggere i giornali, non una riga che all’origine c’era la nostra detenzione da innocenti e radio carcere, come si suole dire, sapeva benissimo che non non c’entravamo con il sequestro Berrino.”

Nella prossima puntata  proseguiremo nel racconto di Vincenzo che ha molti aspetti  davvero inediti e tanti spaccati di vita carceraria che resistono nel tempo e di cui poco o nulla trapela, emerge.

Luciano Corrado

PADRE PIO, IL LIBRO, I BERRINO E LA SUORA VENETA ‘ MADRE PURA ‘

A pagina 344 si legge. “Ci sono miracoli che salvano la vita, ce ne sono altri che producono radicali conversioni spirituali ma ci sono anche miracoli capaci di cambiare il corso drammatico degli eventi. Proprio a quest’ultima categoria appartiene  la straordinaria vicenda umana di un devoto che a Padre Pio deve veramente tanto.

La storia ha inizio negli anniu dell’immediato dopoguerra quando, di ritorno dallo sfollamento delle città, insieme ai fratelli Giorgio. Adriano ed Elio, rientra ad Alassio anche Mario Berrino, e questo è il nome  del nostro personaggio. Nato nel 1920 e sotto la costellazione della Vergine, Berrino è una spirito libero, gioviale, allegro ma anche ricco di iniziativa e talento artistico.  Sono momenti assai difficili, duri, quelli della ricostruzione dell’Italia postbellica e nonostante tutto, Mario e i suoi fratelli riescono ad aprire nella centralissima via Dante di Alassio il grande Caffè Roma, ritrovo per artisti, scrittori, cantanti e speranza per molti altri di avvio a quella tanto  sospirata normalità. Dapprima le cose non vanno tanto bene, anzi le difficoltà si moltiplicano e i quattro fratelli Berrino devono sfoderare ogni loro buona capacità e tanta, tanta pazienza, per mantenere in piedi la loro unica attività e unica speranza per l’incerto domani.

E’ negli anni ’50, con la ripresa economica del Paese che a Mario Berrino si presenta la grande occasione della sua vita- Ha acquistato proprio all’attico dell’edificio ove è situato il suo bar, alcuni locali che adibisce a ritrovo mondano, così come ha già fatto con il piano interrato proprio sotto al Caffè Roma. Nascono così il Roof Garden in alto, e, in basso il Night Club di Alassio, entrambi eleganti e raffinati punti di incontro e meta abituale della bella gente del luogo, che ne faranno presto il vanto di tutta la riviera. Arrivano così personaggi illustri e grandi celebrità da ogni parte del mondo e arriva anche Ernest Hemingway, il famoso scrittore americano. Proprio con lui Berrino intreccia una grande amicizia e  un attivo scambio culturale. Infatti è dal grande scrittore che Mario riceve il profetico suggerimento di raccogliere su alcune piastrelle di ceramica, le firme dei suoi ospiti più illustri, da porre poi a ornamento del lungo ‘ muretto’ dio Alassio, proprio dirimpetto al grande Caffè Roma. Prende vita così la più grande attrazione turistica mondana degli Anni ’60. Attrici, modelle, vedette internazionali, grandi attori americani e vere star del cinema di tutto il mondo sfileranno lungo il ‘muretto’ di Alassio per lasciare, sotto lo sfavillio di migliaia di flash fotografici, il loro personale autografo in ricordo delle mitiche notti rivierasche.

Passo gli anni e Mario Berrino diviene una vera celebrità. Le fotografie lo ritraggono con i personaggi del jet set internazionale finiscono sulla carta patinata dei più autorevoli rotocalchi della stampa italiana e non. Tutti parlano del mitico ‘muretto’ e tutti i protagonisti del mondo della celluloide non si sentono tali se non hanno la loro ‘stella’ incisa sui marciapiedi di Hollywood e la firma sul ‘muretto’ di Alassio. La moda divampa e  per la riviera ligure di ponente, è una vera fortuna.

Alberghi, ristoranti, night club e ogni altro, spuntano come funghi lungo tutta la ‘riviera delle palme’, è il boom economico e lo è soprattutto per i fratelli Berrino.

Gli affari vanno dunque benissimo e Giorgio, Adriano ed Elio (quest’ultimo, ora non è più tra noi) – in realtà nessuno è ora più in vita ndr – si dedicano attivamente all’impresa famigliare, al ricevimento di quegli ospiti illustri e a ogni loro divertimento notturno, perchè  quella ‘dolce vita’ nata sui marciapiedi della via Veneto degli anni ’60 a Roma, trovi il suo naturale sfogo anche sulla costa ligure, nella bella ed incantevole Alassio. Sara proprio questa florida stagione economica a procurare, però, in un immediato futuro, molti grattacapi alla famiglia Berrino, anzi veri guai al buona Mario che in tutto questo sfavillio di pailettes e brillantini non ha perso di mira i suoi veri sentimenti.

Da un po di tempo infatti, infastidito da tutta questa improvvisa popolarità e memore dei lunghi periodi di magra vissuti insieme a tante sofferenze durante la guerra, ha riscoperto il piacere di dedicarsi alla cultura, alla ricerca  del pensiero e alla cura dello spirito. Da arista sensibile e intelligente sa di dover ringraziare  il buon Dio per tutto quanto riccamente ricevuto e pensa bene di visitare anche qualche santuario per aiutare chi è meno fortunato di lui.

Un caro amico gli parla di Padre Pio, il primo sacerdote stigmatizzato della storia della Chiesa e di quanto costui faccia in favore dei poveri, quelli che Gesù chiamava “i più piccoli; addirittura si dice che abbia costruito il più grande ospedale del Sud con i soldi delle elemosine ricevute dai pellegrini, grati per i tanti miracoli ottenuti proprio dalla sua insostituibile preghiera. Gli parlano anche di  come Padre Pio celebri la Messa: un interminabile e inesauribile colloquio con Dio, durante il quale il frate soffre e offre i suoi terribili patimenti di crocifisso vivente, in pagamento alle tante sofferenze dei più umili.

“Avevo un gran desiderio di assistere a una messa di Padre Pio. Ero partito partito da Alassio con mia moglie e mio sucero. Mi dissero che il Padre avrebbe detto Messa alle 4,30 del mattino ” ci racconta oggi Mario Berrino. “Eravamo scesi in una pensioncina retta dalle suore, così semplice e spartana da sembrarci profumare di santità. La mattina seguente, il 5 maggio 1962, alle 4,30 in punto, assistemmo alla funzione. Eravamo posizionati al lato destro dell’altare, per chi guarda frontalmente il grande quadro della Madonna delle Grazie, nella chiesetta piccola. E quindi Padre Pio lo vedevamo, dalle primissime file, di profilo destro. Fu un’esperienza irripetibile, la messa durò oltre due ore e mezza ma ci sembrò brevissima, non più lunga  di dieci minuti. Finita la celebrazione, il buon Padre Pio ricevette tutti gli uomini e solo uomini, in sacrestia per la confessione. Curvo sull’inginocchiatoio e con il cappuccio ben calzato sul capo, tanto da solo intravederlo, pregò lungamente; assorto totalmente nelle sue orazioni sgranava tra le dita il lungo rosario appeso al cingolo del suo saio. Non volava una mosca, un silenzio totale avvolse tutta la sala della sacrestia. Mio suocero che non era affatto un uomo di chiesa e spesso mal sopportava preti e suore, rimase estasiato, mi disse “Questo si che è un uomo di Dio !”.

Terminata la preghiera, il Padre sali le scale che lo portavano alla sua cella e, a metà rampa, si girò per benedire e salutare tutti i presenti, a quel punto mi lancio uno sguardo profondo e pieno di contenuto che non potrò mai più dimenticare. Poi ci disse: “Buona giornata a tutti !”. Nello stesso punto ove si fermò a pregare, oggi c’è un mio quadro che lo ritrae, regalato da me al Convento diversi anni dopo “.

Quello sguardo, lungo e penetrante, che Padre Pio gli indirizzò solo per pochi istanti dopo essersi alzato dall’inginocchiatoio, doveva però contenere un ben più lungo messaggio che la sola assoluzione per i semplici peccati di tutti i giorni. Sì, perchè fa quella giornata trascorsa in preghiera nella chiesina di San Giovanni Rotondo e in compagnia dell’uomo che sulla terra incarnava in se stesso il tormento della passione di Cristo sulla croce, Mario Berrino se lo ricorderà per tutta la vita. Specialmente qualche anno più tardi quando, suo malgrado, sarà trascinato in una vicenda personale che lo vedrà vittima e carnefice al tempo stesso.

Infatti, a metà dell’anno 21 1974, Mario Berrino viene brutalmente rapito. Un sequestro a scopo di estorsione che gli costerà la bella cifra dell’epoca di ben 300 milioni (quasi 30 miliardi di oggi) e lascerà nella vita del pittore di Alassio un lunga scia di sofferenze ed umiliazioni.

“Nel 1974 fui rapito. prosegue il racconto di Berrino – e pagammo un riscatto di ben 300 milioni. Dovetti trascurare il mio lavoro al Caffè Roma per dedicarmi completamente a fare il pittore di professione. Un giorno una signora di Palermo che aveva un mio quadro mi invitò a tenere una mostra proprio nella sua stessa città, purtroppo solo della durata di un giorno ma che comunque riscosse talmente tanto successo, da farmi iniziare un lungo itinerario di mostre ‘lampo’, insomma sempre della durata di non più di un solo giorno. Attraversai tutta la costa siciliana con, a dire il vero, una grande fortuna inaspettata.

Con i soldi ricavata dalla vendita dei quadri pagavo abbastanza agevolemente le mie rate di mutuo per il prestito bancario di 300 milioni del riscatto (prestito erogato dalla Banca Galleani, allora amministrata dal conte Enrico, gli altri fratelli erano Ingo e Roberto primogenito,  quest’ultimo fece qualche utile confidenza al cronista che scrive queste righe ndr).  Ricordo che fusi per ben due volte il motore di una grande Ford a furia di mostre lampo. In una mia visita a San Giovanni Rotondo da alcuni miei parenti, presso il notaio Giovanni Frumento e la moglie Maria Rosa, mi sfogai per il cattivo esito del processo perchè stavo ricevendo tanto il ‘danno’ quanto la beffa. Avevo messo nella mani della giustizia i miei rapitori: la polizia sull’auto aveva trovata 22 oggetti da me poi riconosciuti per essere quelli dei giorni della mia segregazione e, nonostante ciò, i malviventi tramite i loro avvocati, veramente di pochi scrupoli, continuavano ad intorbidire le acque.

A tutti i costi volevano coinvolgermi nella vicenda, lasciando credere che io fossi probabile complice del fattaccio e dunque anche simulatore del rapimento. Avevo il cuore a pezzi e il morale sotto le scarpe. Non credevo più a nulla. Solo il Padre fu per me di grande sostegno. Guai se non avessi avuto lui in quel brutto momento.

Maria Rosa mi disse: “Mario telefona a Madre Pura !“. Chi è ?, risposi. E’ una santa ! Pensa che ha assistito sempre il Padre ed è sempre stata a contatto diretto con lui. Vive in Veneto in un antico convento”. Allora la pregai di telefonarle: Pronto…parlo con Madre Pura ?” “No, non c’è…è fuori… no…attenda…perchè sta entrando proprio in questo momento”. Allora Maria Rosa raccontò a Madre Pura tutto quanto capitatomi. Fu una lunga telefonata, al termine della quale la Madre disse: Lo dirò in preghiera a Padre Pio “.

Passarono i giorni e un mercoledì Madre Pura fece telefonare da una sorella a Maria Rosa per dirle di riferirmi questa frase: ” Il Padre vuole fargli sapere, che al termine ci sarà una grande luce!” Poi la suora riattaccò il telefono.

All’indomani andammo in santuario per l’ultima Messa prima della nostra partenza da San Giovanni Rotondo. Alle 10,30 partimmo per Alassio ma dal sagrato, sul gradino del piazzale, Maria Rosa mi ripetè: “…ci sarà una grande luce !”.

La salutai e partii con tutta la famiglia. Pochi giorni dopo il mio avvocato ( mio genero), all’epoca dei fatti componente dello studio legale dell’avv. Uckmar (Genova), mi disse che in tribunale a Savona avevano depositato gli atti del mio rapimento. Andò ad esaminare tutto il poderoso carteggio, circa 22 faldoni. Tornato a casa mi disse di non aver trovato nulla di particolare. Quella sera stessa però, mentre cenava con la moglie, improvvisamente rammento che in un fascicolo, attaccata all’interno della copertina, aveva visto una busta arancione. Il giorno dopo , incuriosito tornò in tribunale alla ricerca di quella busta. Trovatala, l’aprì e rimase sbalordito: era la ‘grande luce ‘!!! Vale a dire, conteneva la lettera che i miei rapitori avevano scritto al loro avvocato confessando il nome dei veri autori del misfatto. Ne feci stampare ben 10 mila copie per distribuirle in tutta Alassio e ne detti a piene mani a tutti, amici e nemici”.

Ecco il documento:

Gentilissimo avv. Nuvolone, 10 settembre 1974. Mi dispiace di non poterlo ricevere personalmente, perchè le miei condizioni e quelli di mio fratello non possono permetterci di uscire dal letto, perchè è tre giorni che abbiamo cominciato lo sciopero della fame.

Questa idea l’abbiamo avuta dopo che sabato mattina siamo venuti a conoscenza che il giudice Ferro (Vincenzo ndr) non aveva rimandato l’ordine di cattura ai Laurettani, i quali sono i veri colpevoli, e loro potrebbero dire tutto del sequestro del sig. Berrino. Se è possibile per Lei venire nella nostra cella, a conferire. Mombelli Ezio, Mombelli Vincenzo.

Credo che quello che stiamo facendo (lo sciopero, drr) lei lo faccia presente alla stampa. In tal caso aspetto una sua risposta in merito se lei non dovesse venire in cella da noi “.

Cos’era dunque accaduto ?  Gli avvocati del malviventi, depositando gli atto di parte: memorie, verbali d’interrogatorio e ogni quant’altro, inavvertitamente si erano dimenticati, tra i loro fogli del carteggio, proprio quella lettera. Inviata allo studio legale dal carcere, la missiva conteneva la confessione scritta di pugno dei rapitori. Il diavolo, si sa, ‘fa le pentole ma non i coperchi’, e così quell’attestato di colpevolezza, di vitale importanza per Mario Berrino, scivolando tra i tantissimi documenti del giudizio, era arrivato direttamente nel fascicolo processuale, proprio per mano degli stessi difensori.

Passato poi di mano per più di otto magistrati tra pubblici ministeri, giudici, giudici istruttori e inquirenti, il poderoso carteggio di tutto il procedimento giudiziario non aveva rivelato all’ultimo consigliere d’appello, il rapporto intercorso tra gli arrestati: i fratelli Mombelli e gli ancora latitanti fratelli Laurettani. Gli avvocati dei primi, inoltre, onde attenuare la pena ai propri clienti, se ne erano guardati bene dal produrre questa lettera assai grave per i loro assistiti, lasciando così maturare nella mente del magistrato anche, e sempre più, la convinzione della partecipazione attiva  dello stesso Berrino al proprio rapimento. Chissa, forse una specie di ‘autosequestro’ inventato allo scopo di non pagare le tasse per i tantissimi proventi guadagnati dalla famiglia Berrino, lungo tutta la costa ligure, fautrice di quel miracolo economico che rese ancor più mitici gli anni ’60.

Ma Mario Berrino intanto, innocente, ex rapito e defraudato di ben 300 milioni del suo onesto lavoro, era stato anche arrestato, si perchè è da dirsi, la legge quando non ci vede chiaro, arresta tutti, tanto qualcuno colpevole deve pur essere ?! e quindi che paghi !!. Quel semplice foglietto di carta, insomma, diviene per il buon e onesto Mario Berrino, la ‘luce’ profetizzata da Padre Pio e Madre Pura.

Si, proprio quella semplice lettera, scritta dai complici e inviata dal carcere ai propri avvocati, i giudici d’appello poterono ricostruire i fatti così come confessati dagli stessi protagonisti della vicenda.

Un vero miracolo, uno di quelli che avvengono per effetto della Santa Provvidenza, lo stesso effetto che deriva immediatamente da Dio e dall’Agente naturale, come lo stesso san Tommaso scrive….

Dunque Mario Berrino, vittima e , per equivoco della giustizia, carnefice di se stesso, si rivolge disperato a quel Padre Pio che nel non lontano 1962 lo aveva conosciuto e benedetto. Quello sguardo, quel lungo e penetrante sguardo rivoltogli dal frate delle stigmate, ora trova la sua piena giustificazione: Padre Pio lo avrebbe sempre protetto.

Ma per gli uomini come Mario Berrino, onesti, laboriosi e soprattutto innocenti, i guai non terminano mai. Due anni fa infatti, per celebrare i dieci anni dalla fine del lungo processo e ovviamente il miracolo ricevuto da Padre Pio per lo scampato pericolo di rimanere in galera (per il resto della sua vita), Mario decide di erigere ad Alassio un monumento bronzeo a perenne ricordo. All’inizio sono tutti d’accordo, poi…qualcuno dice categoricamente di no. “E’ stato lo stesso parroco della chiesa dell’Immacolata, padre Mariano, e cappuccino anche lui, a essere prima d’accordo con l’iniziativa e poi misteriosamente  oppositore – ci racconta Silvio Fasano, fotografo famoso dell’epoca della ‘dolce vita rivierasca’ e amico da quarant’anni di Mario Berrino – secondo l’articolo 1187 del codice canonico, diceva il parroco,  non è possibile ospitare vicino ad una chiesa raffigurazioni di culto di opere che riguardano personaggi non beatificati e su Padre Pio, all’epoca dei fatti, la chiesa non si era ancora pronunciata. Ma oggi che tutti sanno che il frate delle stigmate sarà presto santo, la statua di Mario Berrino è già, da un anno e più, monumento cittadino, grazie proprio all’intervento provvidenziale del sindaco, Roberto Avogadro (eletto nella Lega Nord di Umberto Bossi e giovanissimo senatore della Repubblica, lasciato anche l’insegnamento, è prima diventato albergatore a Montalcino, quindi esercente ad Alassio, infine pensionato sempre in corsa nella vita pubblica ndr).

Addirittura, nel 1995 il monumento fu inaugurato dall’allora presidente della Camera dei deputati, On. Irene Pivetti (pure lei di fede leghista, oggi piccola diva della tv generalista ndr).

E’ certo, la verità e l’innocenza per i giusti, che siano uomini semplici come Berrino o grandi santi come Padre Pio, trionfa sempre”.

Enrico Malatesta

PS: ma cosa nasconde il ‘giallo’ della lettera confessione ? E’ quanto rivelerà nella prossima puntata di trucioli.it il resistente  e indomabile Vincenzo Mombelli. Un’altra ‘verità clamorosa’ a oltre 40 anni dai fatti.

E NELL’OTTOBRE DELLO SCORSO ANNO INCIDENTE NEL RITORNO DAL PELLEGRINAGGIO

Imperia sorride, Scajola sindaco del fare,pranzo da ‘mani pulite’ e mito dell’onestàFinalmente smacchiato il politico simboloma è silenzio stampa sull’editore puro

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Italicum, Porcellum, Rosatellum? No, ben 14 inchieste con assoluzione piena. E tutti a tavola a festeggiare un ‘grande’: Claudio Scajola, 70enne. Contro di lui hanno usato tanti grimaldelli, falliti. Nel giorno dell’incoronazione a candidato sindaco di Imperia (un ritorno) riuniti ‘mani pulite’ e ‘mito dell’onestà che non tramonta’. Quasi tutti uomini e dell’area di Forza Italia. Con qualche curiosità ‘gelosamente’ taciuta ai lettori dei due media locali più autorevoli (La Stampa e Il Secolo XIX). Tra i commensali, di rimpetto a ‘u ministru’, sedeva il cav. Francesco Zunino, ‘re di Imperia Tv’, lo strumento di informazione più diffuso e popolare dell’imperiese, delle vallate. I bravi cronisti dell’evento hanno elencato i nomi più rappresentavi,  ‘dimenticando’ l’unico editore televisivo  imperiese. Perchè ? Non siamo invece in grado di fare l’elenco di assenti ‘illustri’: il notaio Franco Amadeo, figlio di quell’on. Aldo Amadeo di Mendatica, fu presidente provinciale Coldiretti. Era però presente Claudio Baudena, braccio destro nello studio notarile, ex assessore a Imperia con la giunta Scajola. Assente Enzo Teodoro Amabile. Altri assenti avevano fatto visita, in precedenza, a Villa Ninina.

In primo piano di profilo l’editore di Imperia Tv, cav. Francesco Zunino ai tavoli dell’azienda Il Cascin di Orzeno d’Oneglia

I diligenti cronisti del ‘pranzo di alto livello’ ha detto lo stesso Scajola (vedi…..) hanno dunque ignorato la presenza dell’editore puro Zunino (nella foto di profilo, vicino al potente sindaco di Pieve di Teco), oltre 30 anni di impegno, investimenti, successo, forza mediatica che conta. Perchè ignorarlo ? A chi giova ? Scuola di giornalismo modello cinese o sovietico ? C’è invece chi ha ricordato, come Rodolfo Leone, che Claudio è il politico più importante che ha la provincia di Imperia dal regno d’Italia in poi e ci sarà un futuro”. Non c’è politico imperiese con una popolarità capillare, oltre i confini liguri, provinciali, regionali. Il Bel Paese conosce Claudio Scajola, dalla Sicilia all’Alto Adige. Dopo il ‘volo eterno’ di Sandro Pertini, Paolo Emilio Taviani, Scajola raffigurato in una copertina dell’Espresso, del settembre 2011, col titolo: “A ogni paesino il suo padrino‘. Il Piemonte, allora, aveva Roberto Cota, il Lazio il ‘cassiere rosso’ Ugo Sposetti, la Campania Giuseppe De Mita nipote di Ciriaco ex segretario nazionale Dc, ex presidente del Consiglio, novantenne sindaco di Nusco; la Sicilia Domenico Scilipoti showman. Motivo di quella copertina ? Scajola, era scritto, “ in occasione della posa della prima pietra del nuovo ospedale Santa Maria di Misericordia di Albenga disse: ” Qui è stata fatta una scelta intelligente, non ci saranno doppioni, né sprechi di risorse”. 

E invece ? Pietra Ligure, con il Santa Corona, rimarcava il settimanale nell’inchiesta giornalistica, è un grande ospedale, punto di riferimento di tutto il ponente. Ad Albenga hanno costruito un doppione. Si ignorava tuttavia chi aveva realizzato quell’opera milionaria, le imprese che si erano aggiudicate i lavori, i piccoli artigiani subappaltatori che non riuscendo a farsi pagare ricorrevano ai decreti ingiuntivi, proteste plateali, tre o quattro fallirono. Operava il Gruppo di Andrea Nucera, oggi latitante a Dubaj; il Gruppo Delle Piane di Savona. Le cronache di allora descrivono l’agguerrita sindaco leghista di Albenga, Rosy Guarnieri, il marito medico era ai vertici dell’Asl. “Ha riunito i primi cittadini  di altri 20 piccoli comuni del circondario… la riorganizzazione sanitaria è diventata subito lotta di campanile…i due ospedali stanno li, a meno di 15 minuti di Aurelia e di autostrada, di ferrovia, l’uno dall’altro. Oltre  al pronto soccorso, i reparti fotocopia sono tanti”.

Tutto dimenticato. E oggi ? Gran parte del nuovissimo ospedale di Albenga, realizzato con soldi pubblici e con generosi lasciti di benefattori, per non restare semivuoto è stato affidato per la seconda volta ai privati. La prima volta al Gruppo di Alessio Albani, genero di Delle Piane (ora sono divisi, si è separato pure dalla figlia dell’imprenditore – industriale, ex presidente provinciale di Confindustria), la seconda  volta la gara l’ha vinta il Policlinico di Monza che gestisce il nuovo mega ospedale di Biella e altri in Lombardia, Piemonte. Fresca infine la notizia che l’intero ospedale, con quello di Cairo Montenotte e Bordighera, saranno affidati a ‘mani e interessi’ privati.

Il Santa Corona che con il mitico prof. Lorenzo Spotorno, mago dell’anca, calamitava pazienti dalla Liguria e da molte regione italiane, di fatto ha depotenziato il reparto fiore all’occhiello, tra accuse neppure velate di dirigenti medici che hanno lasciato per altre strutture ospedaliere private o convenzionate. Altri tagli e razionalizzazioni sono in vista, le liste di attesa non sono diminuite. Una visita dal ginecologo a pagamento ? Tre mesi in fila per lo studio privato, nel pubblico si attende molto di più.

L’abbraccio di Scajola e Gianni Massa, padrone di casa

Torniamo a ‘Scajola day 2018‘, alla ‘cantina Cascin’, sulle bellissime colline di Oneglia baciate dal sole e dall’operosità dell’uomo. Intanto merita una degna presentazione il padrone di casa, diventato, a sua volta, un personaggio – imprenditore della terra di primo piano nel panorama ponentino. Non solo perché è il primo cliente pubblicitario di quell’Imperia Tv che Gianni Massa, oste per l’occasione, ha sempre spronato a sostenere, dalla costa alla montagna, nell’interesse della comunità e di una voce libera. Massa che ha realizzato un’azienda modello, che si è aggiudicato ambiti riconoscimenti, anche se le guide nazionali del vino più prestigiose e qualificate sono piuttosto ‘avare’. Massa che ha studiato da perito chimico al Ferrini di Albenga, fondato dall’indimenticato don Giacomo Lasagna.

Massa con un passato di fiduciario nella segreteria dell’on. Manfredo Manfredi di Pieve di Teco, ex presidente della Provincia, ex sottosegretario al Tesoro. Massa referente in valle, quando Claudio Burlando era al vertice della Regione Liguria. Massa che ha comprato la tenuta agricola della famiglia Viani (autotrasporti) ed ha saputo fare buon uso dei finanziamenti pubblici.  Cantina modello, capace di ospitare il centinaio di fedelissimi di Claudio Scajola che ha pubblicamente ringraziato per l’ospitalità. Massa che a Diano Castello ed in altri tre centri della Riviera, fino a Pietra Ligure, ha l’assistenza delle caldaie Vaillant.

Scajola, Adolfo, Fossati, Sappa

Per restare nel mondo dell’imprenditoria, al pranzo del ‘benvenuto sindaco’, c’era Giacomo Marchisio, dell’omonima industria di Pieve di Teco, azienda in costante espansione e crescita, affidabilità e serietà. Ha superato otto anni di crisi nazionale, assicura profitti e posti di lavoro in una ‘valle di lacrime’: Arroscia.

Si dirà, Claudio Scajola che dai tavoli della ‘fratelli Carli‘ ha ‘ripiegato’ a Cascin. Ma al suo fianco può vantare la fedeltà, nonostante le disgrazie, della ‘nomenclatura’ (non quella del vecchio e nobile Pci) che ha scritto pagine di storia politico amministrativa imperiese dell’ultimo mezzo secolo. E non stupisce più di tanto se tra i commensali non manca qualche  affiliato (alcuni in sonno) alle due maggiori obbedienze massoniche: Palazzo Giustiniani e Piazza del Gesù, spesso in guerra, ma capaci di unire in politica e in affari. Un paio possono vantare la massima carica nell’ambito locale e regionale : ‘maestro venerabile’ e grado 33. Nell’imperiese e fino alla Costa Azzurra, ci sono inoltre fratelli delle cosiddette ‘logge spurie’ (al maschile e al femminile), introdotte in gangli della pubblica amministrazione, enti locali, uffici statali, ospedali, piccola imprenditoria, banche.

LA VENDETTA DI SCAJOLA – Vittorio Coletti, imperiese Doc, firma di spessore e appuntamento domenicale per i lettori dell’edizione ligure de La Repubblica, è tra coloro che hanno dedicato più articoli, approfondimenti, a ‘Sciaboletta‘: ora critici, ora di ammirazione non nel senso del ‘divo’. Gli altri sono David, Menduni, Preve, La Corte che invano ha invitato il ‘leader’ al suo ‘Irriverente’, rubrica settimanale di Imperia Tv col crescente vento in poppa.

In primo piano il sindaco di Pieve di Teco, Alessandro Alessandri, acconto all’editore Zunino di Imperia Tv

Coletti ritiene che Scajola sia sceso in campo da futuro sindaco di Imperia con la “ soddisfazione di rompere le uova nel paniere al suo nemico Toti, da cui è stato liquidato come un molesto guastafeste”. Inoltre: “con la gratificazione di vedersi ancora molto stimato dalla sua città”. E qui bisognerebbe distinguere tra il popolo degli ‘adulti’ e quello dei ‘giovani’.

C’è chi non ha avuto remore ad inserirsi nell’organico dell’astro nascente emigrato in Liguria, ovvero Totigiornalista, ex direttore del Tg 4 berlusconiano, che ha siglato un ‘patto di ferro’ con l’altro ramo degli Scajola (Marco è assessore e fermato per un soffio, a cose praticamente fatte, dall’ingresso in Parlamento), ma pure con l’ala leghista più forte e radicata di Edoardo Rixi che accoglie anime importanti della fratellanza massonica, nonostante l’articolo 8 dello statuto, voluto dal padre Bossi, ‘vieta’ l’appartenenza ai ‘liberi muratori’. E non è un legame secondario, basterebbe osservare alcuni ‘quadri’ provinciali e regionali; il giuramento massonico, i processi massonici di cui si ignorano da sempre la sorte e le sentenze.

Coletti fa l’ipotesi che ‘u ministru’ possa giocare la carta delle elezioni europee: direttamente con il ‘sommo pontefice’ del partito, quel Berlusconi che è uso rimangiarsi le promesse.  “Anche perchè – osserva lo scrittore accademico -,  in Europa il Cav. deve sistemare un’altra antica nemica e concorrente di Scajola, Lucia Ronzulli potentissima amministratrice della sua agenda politica”.  Scajola senior ha il pallino in mano e l’armata totiana la cui presenza è da record nelle apparizioni a Rai 3 Liguria e a Imperia Tv;  che si è abituata a stravincere in tutte le competizioni, vedi Genova, La Spezia, Savona, Borghetto S. Spirito, ma ora stoppata, a Imperia, deve fare i conti con l’Asterix ponentino.

Ancora Coletti : ” Scajola gode di un rinnovato credito nella sua Imperia…dovuto al fallimento dell’amministrazione semicivica di Capacci (imprenditore interessato al mondo dei social ndr). Scajola riabilitato da 14 procedimenti giudiziari finiti con l’assoluzione. Se è vero che un avviso di reato non significa ‘colpevolezza’, semmai lo strumento dello stato di diritto per accertare la verità giudiziaria, è altrettanto vero che nel Bel Paese si tramuta in gogna mediatica e pubblica. Un micidiale tritacarne e triste chi ci capita. Anche se può anche accadere si tramuti in veicolo di salvezza e vittoria, vedi i 24 processi (con assoluzione, uno per remissione di querela del giudice G.B. Ferro) a Marco Melgrati, architetto, ex sindaco, ex capogruppo in Regione, che tornerà da trionfatore a primo cittadino di Alassio alle prossime comunali.

Per Coletti, ” Scajola oggi appare agli occhi dei suoi sconcertati concittadini come un perseguitato che però, contrariamente a tanti altri big della politica, non ha rifiutato la giustizia, non è fuggito dai processi, si è persino umiliato a Reggio Calabria a confessare il suo debole per una bella signora ( che non è sua moglie), pur di difendersi dall’insensata accusa di concorso in associazione mafiosa. Scajola che ha speso più in avvocati che nella chiacchierata ristrutturazione della mega villa Ninina. Da ultimo, per ColettiScajola potrebbe ancora essere trascinato nel processo della storia: dal suo ruolo di ministro degli Interni durante il G 8 di Genova, alle sirene malefiche del Cavaliere”.

Coletti ricorda le condizioni di Scajola 23 anni or sono, quando resistette alla seduzione di Silvio e si candidò ostinatamente a sindaco di Imperia come democristiano, perdendo lui e facendo perdere Forza Italia, si pentì subito dopo convertendosi sulla via di Arcore dove ottenne traguardi insperati. E, potremmo aggiungere, dando un grosso dispiacere a quel padre nobile della Dc e suo testimone di nozze che fu Paolo Emilio Taviani. Il cronista ricorda quell’ultimo incontro pubblico che Taviani, ormai fuori dalla stanze del potere esecutivo, tenne all’hotel Garden Lido di Loano, presenti una ventina di fedelissimi del Savonese. “La scelta dell’amico Scajola che ho tenuto a battesimo, mi addolora, mi preoccupa,  perchè so abbastanza del personaggio Berlusconi…”. In quella stessa circostanza l’ex ministro dell’Interno, della Difesa, confidò ai presenti quali erano i tre maggiori poteri che comandavano in Italia, da baluardo e vedetta.

“Oggi Imperia – prosegue Coletti – è pronta a tornare a Scajola, nella speranza che il decisionismo di Sciaboletta sia meglio del traccheggi amenti di Capacci. E Scajola può prendersi la rivincita, anche sui suoi maggiori nemici, quelli interni a Forza Italia. Tra di essi, in Liguria, il potente e velenoso Toti che lo detesta e insolentisce. Toti buon viso a sgradito gioco…non sarà facile per lui fermare il vecchio leone, azzoppato dagli anni e dai troppi processi, ma ancora pieno di ardori e furori polemici”. Toti che a Marco Menduni del Secolo XIX dichiara: “ Ho sentito i vertici di Forza Italia e gli ha chiesto (a Scajola) l’esatto opposto di quanto sta facendo. Non possiamo vivere nel culto del passato, né esistono uomini per tutte le stagioni. Fare politica vuol dire anche saper fare passi indietro”.

GLI AMICI A TAVOLA –  Diego David del Secolo XIX e Andrea Pomati su La Stampa di cui è collaboratore e capo redattore attivissimo di Imperia TV, hanno elencato le presenze. Alla destra di Scajola, Luigi (Ginetto) Sappa, consulente del lavoro, ex sindaco di Imperia, nipote di don Sappa che dopo aver insegnato in Seminario ad Albenga (i ceffoni non li risparmiava), essere stato parroco al Sacro Cuore nella città delle Torri, trascorre una serena vecchiaia a Sanremo e l’unico sua meta è Rezzo, paese natale. Alla sinistra di Scajola,  l’ex parlamentare ed ex assessore ai Trasporti in Regione, già Udc, Vittorio Adolfo, con villetta a Nava, vacanze preferite in Sardegna, al suo fianco il genero, avvocato Giuseppe Fossati, capogruppo in consiglio comunale di ‘Imperia riparte’.  Al lato di Sappa, l’ex presidente della Provincia,  avv. Gianni Giuliano, che era solido ricordare: “io non perdo una festa patronale del nostro entroterra perchè sono cosa rappresenta per la laboriosa comunità locale”.  Della delegazione di Sanremo facevano parte Gianni Rodà e Umberto Bellini, il presidente del consiglio comunale Diego Parodi.  Ad avviso di David, “scarna, invece, la presenza  degli imprenditori, oltre a Gianni Massa, Giacomo Marchisio di Pieve di Teco, Camillo Schiavetti dell’omonimo gruppo, Ghirardelli del settore estintori ed infortunistica.”

Tra i presenti il dinamico sindaco  di Pieve di Teco, geom. Alessandro Alessandri, volto noto a Imperia Tv, al suo ultimo mandato e per il quale si  ipotizza  la promozione al seggio regionale. L’entroterra ? Con una sola eccezione per M5S, con un candidato all’uninominale residente a Pieve di Teco, Federico Manfredi Firmian, docente universitario a Parigi, resta ‘dimenticato’, alle politiche 2018, quanto a presenza di candidati del territorio. Un’esclusione che da l’idea reale, prova del nove, del ‘peso politico’ delle nostre valli, dei nostri monti, con la locomotiva Monesi inginocchiata da oltre un anno, in crisi nera almeno da 20. Un entroterra montano ignorato quanto a candidati, pur avendo talenti importanti, qualificati, meritocratici; si pensi all’ex sindaco ed attuale vice sindaco di Mendatica, Emidia Lantrua, insegnante in pensione, che ha avuto ruoli provinciali e comprensoriali e la schiena dritta; si pensi al prof. Paolo Ramella, docente a Imperia, pensionato, origini a Mendatica. Candidati delle valli povere per dimostrare il ‘valore della montagna’ depressa, ma con un ruolo tutto da valorizzare nella realtà socio – economica e turistica del ponente ligure. Come tutti, a parole, sostengono, meno nei fatti. E con tanti rivieraschi originari delle montagne liguri. Se ne ricorderanno al seggio ?

Torniamo al Cascin. Altro sindaco presente Renato Adorno di Rezzo, il collega di Aurigo e vice presidente della Provincia Luigino Dellerba. Sergio e Gianluca Lanteri, Franco e Giovanni Amoretti (ex assessore regionale al Turismo), Simone Vassallo, Giovanni Lazzarini, l’avvocato penalista e consigliere comunale forzista Erminio Annoni,  Piero Camiolo, Angelo Musso e Antonio Gagliano, il presidente dell’Imperia Calcio, Fabrizio Gramondo con il dirigente Daniele Ciccione, Marco Savini, Antonello Matosso, Luciangela Aimo, Luca e Nicola Falciola.

Tra gli assenti, i media imperiesi fanno notare Luca Lanteri, oggi quarta gamba del centro destra; non c’era un big dell’imprenditoria e del passato politico che contava, Ivo De Michelis che però aveva già fatto visita “tra i cento di villa Ninina’.  Erano indicati tra gli esclusi eccellenti: Filippo Maria Bistolfi, Simone Baggioli, l’ex sindaco di Sanremo Maurizio Zoccaratro. Infine sempre tra i presenti, i  “collaboratori storici di Scajola: Giacomo Raineri, Sergio De Niccola, Mario Donato, Gianni Singra, Nicolò Fiore  presidente della Consulta degli studenti, Luca Volpe.

Claudio Scajola accompagnato dai figli: Lucia, giornalista a Panorama ed inizialmente in predicato per una candidatura fuori regione al Parlamento; Pier Carlo Scajola che a  35 anni, nel luglio 2015, ha sposato Anna Semeria, 33 anni, pure lei imperiese, e a celebrare il matrimonio, al Santuario di Montegrazie, il cardinale Giovanni Battista Re, amico della famiglia Scajola-Verda. Piercarlo imprenditore e che risultava socio di Agena Srl, di lui si ricorda una ferma protesta: “Come é possibile che certe inchieste giudiziarie possano contaminare, oltre che la salute e la credibilità delle persone implicate, anche il normale percorso e lo sviluppo di una comunità?

Andrea Pomati, nella cronaca de La Stampa,  scrive che Ginetto Sappa ha consegnato a Claudio un quadro che riproduce una lapide del 1589 che si trova a Parasio, sulla quale è inciso: “Viva del buon Garibbo il chiaro nome che al suo paese le franchiggie ottenne e di gabelle gli sgravò le some”. Una sorta di programma elettorale ante litteram, con l’accenno alla squisito cremino alla panna con lamponi di Monesi, frutti di bosco delle Navette e biscottini di Prelà. Con Scajola che conclude: “La mia non è un’autocandidatura, ma la risposta alle istanze della comunità”.  Applausi scroscianti e prolungati, abbracci, strette di mano, pacche sulle spalle.  Pomati cita il servizio di catering, curato da Rosy del Pepito. Offerto da chi ?

Poco importa, il pensiero, invece, va alle parole che si sono ascoltate dal candidato sindaco di Imperia Scajola, a Imperia Tv e Rai 3 Liguria. Sacrosante e che bisognerebbe far proprie in ogni comunità: “La città ha bisogno di riunire e non dividere...”. “La lista Arancione è Toti, Forza Italia è un’altra cosa…”. “Non si può più rinviare lo spostamento della ferrovia Andora – Finale e bisogna mettere mano all’autostrada Albenga – Carcare – Predosa”. ” Il servizio pubblico di trasporto urbano ed extraurbano, a Imperia, è inesistente, deve essere celere ed efficiente. La città ha bisogno di decoro, pulizia, ordine, sicurezza.”

Certo, qualche interrogativo è utile porselo, soprattutto in terra imperiese. Ci sono e resistono i dinosauri che hanno conquistano potere e lo detengono da decenni ? Chi ha praticato il buon o il mal governo che ha cambiato la vita di tanti imperiesi, di tante aziende grandi e piccole ? Chi ha saputo, in questi anni, oggi più che mai,  risolvere le paure e non cavalcarle per conquistare consenso elettorale ? C’è chi sostiene che a Imperia (solo li ?) è importante che non vinca un esponente del modello Toti.  L’ex ministro ha spronato, anzi si è detto convinto che non è proprio il caso di spendere soldi nel ballottaggio, “occorre vincere al primo turno e ce la faremo!”  Altri applausi.

Poco importa che un Gianni Berrino, avvocato, assessore regionale ai Trasporti e….di Fratelli d’Italia dichiari: “Per noi continua ad essere vincente il modello che fa riferimento al presidente Giovanni Toti“. E non c’è solo il Berrino ponentino, che dire di un generale, già ‘figlioccio politico’ di Claudio, quell’Angelo Vaccarezza, punto di forza e di riferimento nel Savonese, capogruppo forzista e che “dallo staff di Berlusconi hanno chiesto di candidarmi al Senato, nel collegio di Genova centro, dove è candidata il ministro della Difesa, Roberta Pinotti,… io ho ubbidito in accordo con Toti, poi vedremo…..

Per concludere. Non siamo al tramonto dei miti e dell’onestà cara alle generazioni che ci hanno preceduto (si pensi a Pertini, Taviani, Natta, Lucifredi), non bisogna ‘turarsi il naso’, scriveva Indro Montanelli, ma rispondere colpo su colpo all’inciucio, al crescente degrado istituzionale, alla latitanza dai seggi di tanti elettori, a cominciare dai giovani, i meno motivati, i più delusi. Edoardo Rixi, vice presidente leghista della giunta regionale, già sicuro parlamentare, nell’ultima intervista a Imperia Tv ha riservato all’entroterra della Valle Arroscia, per 6 volte, “un entroterra bellissimo“, destinato a risorgere, creare occupazione per i giovani, grazie ai finanziamenti pubblici (vedi.-….-). Auguri !

Luciano Corrado

QUANDO DAVANTI ALLE EDICOLE I TITOLONI METTEVANO IN CROCE E ALLA GOGNA

E DALL’ESPRESSO DEL SETTEMBRE 2011: QUI NUOVO OSPEDALE DI ALBENGA

 

 

 

 

 

Vince Valle jr, che figura! La tassa che affascina gli albergatori di Confcommercio

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Più li bastoni e più ti vogliono bene. Una sorte strana quella degli albergatori savonesi che negli ultimi decenni hanno segnato la storia turistica con centinaia di chiusure, trasformazioni soprattutto in seconde case, più raramente in residence. La grande fuga da un’attività che ha drasticamente ridotto il periodo di lavoro, l’occupazione delle camere (di cui non si citano mai le statistiche), la perdita di posti di lavoro (zero dati di diffusione). E casi clamorosi di strutture magari nuovissime, altre appena ristrutturate, altre fronte mare, chiuse o mai aperte. Immobili i cui proprietari preferiscono pagare imposte piuttosto che rischiare l’apertura. Si parla di un turismo in generale ripresa, c’è da gioire. Abbiamo letto che l’Unione provinciale, con il presidente Angelo Berlangieri, detta le ‘condizioni’ ai futuri parlamentari che ormai del voto degli albergatori ridotti alla minoranza rispetto alle agenzie immobiliari, ai Bagni Marini, possono anche farne a meno. Non c’è un solo candidato che abbia messo in primo piano le tematiche alberghiere.

Andrea Valle ed Angelo Berlangieri presidenti provinciale delle due associazioni di albergatori (foto Ivg)

Anzi, si leggono analisi assai superficiali sulle cause – origini del boom 2017. Non si fanno raffronti con quanto avviene in altre aree turistiche balneari del Bel Paese. Si finge di ignorare che per una fascia costiera che fa il pieno di bagnanti, a rischio invasione ‘domenicale’ dei barbari sulle spiagge, c’è un entroterra che dovrebbe avere ben altra priorità ed attenzione. Il parente povero che più soffre. Quell’entroterra che tutti a parole mettono al centro dello sviluppo. Si finge di ignorare il pauroso, da terzo mondo, gap nelle infrastrutture, viabilità, servizi, investimenti pubblici. Ma ci sono anche albergatori che preferiscono premiare i colleghi impegnati in politica e pro tassa al turista, come nel caso di Andrea Valle. Riconfermato presidente di Feralberghi provinciale, nonostante la profonda lacerazione dovuto alla Tassa di Soggiorno. Ha avuto persino la meglio su un giovane battitore libero, si direbbe,  come il cellese  Tommaso Tortarolo che ha pagato forse la sua coerenza ed è presidente provinciale dei giovani imprenditori aderente a Confcommercio.

Nessuno dubita che Valle, varazzino Doc, da sempre impegnato in politica anche con ruoli importanti (è stato segretario provinciale di Forza Italia), giovane emergente, di talento, abbia voluto fare un regalo agli amici di partito al governo in Regione (FI, leghisti e Fratelli d’Italia). Lui magari quell’imposta non l’avrebbe sponsorizzata, ma visto che la proposta ha prevalso ed è stata inglobata in un pacchetto pro turismo, remare contro non avrebbe avuto senso. Non si è detto che la Regione, con un assessore avvocato che di turismo si occupa solo da quando è stato nominato in giunta, ha ridotto gli stanziamenti alla voce, al capitolo turismo. Da qui la necessità di trovare risorse ed allora si è messa in moto un’alleanza trasversale sulla pelle degli albergatori. Non è che con l’imposta gli alberghi debbano chiudere. E’ il segnale sbagliato che si è dato nei confronti di una categoria che nel ponente ligure è finita per avere un ruolo, o meglio un peso del tutto marginale.

Da una parte ci sono e resistono conflitti di interesse. Ci sono località della provincia in cui il presidente locale dell’associazione non ha detto parola per il no alla nuova gabella. Ci sono località dove i presidenti o altri associati di peso hanno interessi in campo edilizio ed immobiliare, in attesa magari di una variante, di un permesso e mettersi contro chi comanda non è da tutti. Dunque ha prevalso il silenzio.

Sappiamo che l’imposta è  molto diffusa in Italia. Lo Stato diminuisce gli stanziamenti agli enti locali, i Comuni rivieraschi già ‘ricchi’ con la manna dell’Imu, si sono abituati a spendere. Loro dicono investire nella voce turismo. Non abbiamo mai letto i dati dei singoli comuni. Possiamo dire che si va da una massimo di un milione di euro, a 500 – 700 mila euro nel capitolo ‘turismo’. Sono pochi, sono tanti ? Il discorso è come vengono spesi, a pioggia soprattutto, senza un contesto comprensoriale. Manifestazioni che si ripetono da una città all’altra. Non si copia neppure dai cugini francesi. Dove in un’area che si estende come da Andora a Spotorno, loro si muoverebbero con un coordinamento.

Ora, ad esempio, vanno di moda i progetti outdoor. Basta leggere le promozioni delle singole città. Andora, Alassio, Loano, Pietra, Finale Ligure che è stata antesignana e resta la capitale delle due ruote a pedale. Ha fatto scuola, ha attratto la corrente di turisti giovani che privilegiano i mesi cosiddetti di bassa stagione, primavera, autunno,  ma anche inverno. Nel novembre del 2017 si poteva leggere titoli  come: La Baia del Sole ora punta su 9 sentieri panoramici per il turismo dell’outdoor con Alassio e Laigueglia”. Lo stesso discorso vale per il materiale promozionale, non esiste una strategia intercomprensoriale, ognuno si affida a team di esperti che ritiene, anche con robusti investimenti di cui forse nessuno ci dirà mai il ritorno, come solitamente avviene se un privato investe un tot del bilancio aziendale in promozione e può verificarne  il tornaconto.

Accade per le campagne pubblicitarie in tv, sui media, social, sulle iniziative promozionali. Leggiamo solo gli annunci, le presentazioni, le manifestazioni. E i risultati ? Si è mai chiesto ad un albergatore d’esperienza un parere ? Pensiamo, ad esempio, a Piero De Giovanni, titolare del nuovo complesso alberghiero Ai Pozzi Village e che in precedenza era stato il pioniere di un successo strepitoso con la maxi discoteca (5 mila posti, la più grande della Liguria) Ai Pozzi dove si sono esibiti moltissimi divisi dello spettacolo nazionale ed internazionale, a cominciare dalle affollatissime serate con Beppe Grillo. Un De Giovanni che ha affidato la guida ai figli e che commenta: “A me nessuno ha mai chiesto un parere sulle manifestazioni, sulla promozione”. Un De Giovanni che era solito girare l’Europa per ‘imparare, conoscere, accrescere il bagaglio professionale, imprenditoriale. E un discorso più o meno analogo lo avevamo ascoltato dal comm. Angelo Marchiano, titolare di un 4 stelle a Laigueglia, ex presidente locale, provinciale e regionale degli albergatori. “Da quando non sono più attivo – dice – mai un collega, un sindaco, un rappresentante della Regione mi ha chiesto consiglio…”.

Andrea Valle, del resto, rappresenta la Federalberghi che in provincia di Savona è minoritaria, non ha quel peso diciamo che si attribuisce o si dovrebbe  attribuire all’Unione Albergatori che fa parte di Confindustria ed è strutturata con un team che può contare su un ‘esperto’ della materia, il dr. Carlo Scrivano, al quale manca solo l’esperienza di gestire un albergo in affitto o in proprietà. Lacuna che sarà colmata, come trucioli.it, ha scritto, con la realizzazione di una piccola struttura ricettiva a Pietra Ligure. L’Unione Albergatori che si è affidata alla struttura imprenditoriale di Ivg.it, con l’editore Matteo Rainisio, famiglia di ex albergatori.

C’è un primo aspetto non proprio secondario che le due associazioni avrebbero dovuto autonomamente verificare. Ci sono importanti centri balneari (Andora, Laigueglia, Borgio Verezzi, Vado Ligure, le Albissole, Celle Ligure) dove i Comuni non hanno aderito alla nuova tassa, non parliamo dell’entroterra, con l’unica eccezione di Toirano; entroterra caratterizzato soprattutto dagli agriturismo che, tra l’altro, avevano lamentato ed obiettato di non essere stati assolutamente consultati.

Valle che nell’ambito della Confcommercio, e lo avevamo riproposto, vedeva inizialmente una netta maggioranza contraria. Pensiamo solo ad un operatore di cui conosciamo la storia, Alberto Zanolla, marito di Mally Mamberto. Zanolla che non appartiene certo ai talebani, ai massimalisti. E con lui la voce di altri operatori si pensi alla famiglia Podestà di ‘Punta Est’ di Finale Ligure, altro prestigioso 4 stelle che ha pagato la crisi con un periodo di apertura sempre più risicato. Si pensi ad un altro albergatore come Enrico Mantellassi che finisce per far buon viso a cattiva sorte. “Nel mio hotel l’imposta sarà compresa nell’importo. Non voglio far pesare sui nostri clienti un’imposta che reputo ingiusta”. E’ contitolare dell’hotel Toscana, elevato da 3 a 4 stelle, con investimenti e sacrifici, oltre ad essere titolari di una azienda vitivinicola in Toscana. L’operatore ha spiegato: “Le problematiche di gestione della nuova imposta sono evidenti, sotto gli occhi di tutti. Per redigere i conti e conteggiare gli introiti dovuti è necessario avere una contabilità separata e personale apposito dedicato a questo. Come se non bastasse, al momento del pagamento del conto dovrei far fare su bancomat a carta di credito due addebiti separati. Non ha senso. Ho fatto ormai una scelta consapevole e tiro dritto per la mia strada”. Vale a dire anche se i miei colleghi non sono dello stesso parere.

E come non bastasse  Il Secolo XIX, in cronaca nazionale, ha documentato: “Liguria, via libera al balzello nella babele delle tariffe. Molte amministrazioni scelgono il debutto soft solo dall’estate. I sindaci dicono: non si può farne a meno”.  Molti, sappiamo, hanno invece detto di no.  Ed è una pesante responsabilità che i fautori della tassa si sono assunti, come pure i vertici della categoria che la rappresentano. E’ un ulteriore segnale di debolezza di un comparto che bisognerebbe poter raccontare località per località. Dove emergono realtà sconcertanti, quasi sempre con la sordina. Mettersi contro chi è al potere di turno non è da tutti, anche per la causa più giusta che ci sia. Lo scenario di alberghi chiusi, in vendita, in attesa di trasformazione, dal fronte mare alla prima collina, dovrebbe essere la prova del nove. Invece prevale la gran cassa che la politica sa suonare, sapendo che ha di fronte un perdente e diciamo persino riverente al potere.

ECCO UNA PROVA DELLE TANTE  NOVE DELLA SORTE

DI IMMOBILI ALBERGHIERI ANCHE SUL LUNGOMARE


Albergatori, forti o deboli e rassegnati?A fare la guardia ci sono Berlangieri e Valle

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Chi meglio di Angelo Berlangieri, ex presidente del Consiglio Comunale di Finale Ligure ( 2006 – 2009) e Assessore al Turismo e alle Attività Produttive (2004 – 2006); Assessore al Turismo, Cultura e Spettacolo della Regione Liguria (2010 – 2015) nel secondo mandato del presidente Claudio Burlando, può sperare che finalmente i neo deputati savonesi, questa volta in netta maggioranza leghista e grillina, si ricordino dell’abisso in cui è precipitato e continua a precipitare il comparto del turismo alberghiero.  Una categoria in cui si è scaricato tutto il peso della lunga crisi e non solo. Dietro l’angolo altre ‘dismissioni’, stagionalità di lavoro ridotte, pressione fiscale complessiva (e con la nuova gabella in arrivo), la necessità di non praticare la sopravvivenza, ma equa remunerazione del capitale investito. Eppure la politica al potere di turno proclama il ‘boom di presenze ed arrivi 2017’  dimenticando di guardare in faccia la realtà dei numeri, dei confronti, la rassegna stampa nazionale ed internazionale.

Angelo Berlangieri presidente provinciale dell’Unione Albergatori e Carlo Scrivano durante una missione a Bruxelles

Angelo Berlangieri che unisce l’attività di imprenditore nel settore turistico all’impegno nelle associazioni del settore. Da oltre 30 anni gestisce, insieme alla moglie Silvia, una piccola struttura ricettiva alberghiera in Finale Ligure. Ha fondato la società consortile a responsabilità limitata Promofinale (società mista partecipata dal Comune di Finale, dalle Associazioni Albergatori e Bagni Marini di Finale) di cui è stato membro del Cda dal 2001 al 2006. Vice Presidente dell’Ente Bilaterale Industria Turistica della Provincia di Savona dal 2000 al 2004. Direttore Generale dell’Agenzia di Promozione Turistica della Liguria “Agenzia In Liguria” dal 2007 al gennaio 2010. Presidente dell’Associazione Alberghi e Turismo di Finale Ligure e Varigotti dal 1998 al 2005 e Vice Presidente dell’Unione Associazioni Albergatori della Provincia di Savona dal 1999 al 2004. Da luglio 2015 è Presidente dell’Unione Provinciale Albergatori di Savona aderente a Confindustria. angelo berlangieri biografia

    • Ha preso il posto dell’imprenditrice alberghiera

Franca Roveraro Cappelluto

    • (Loano), preceduta da

Angelo Berlangieri

    • (Alassio, impegnato in politica ed amministrazione civica) e prima ancora

Massimo Parodi

    • , da albergatore varazzino ad Alassio, l’artefice della migrazione della stragrande maggioranza degli albergatori savonesi dalla

Confcommercio 

    • a

Confindustria.

    • Altro presidente provinciale e regionale vivente è stato

Angelo Marchiano

    • , a cui era succeduto

Mario Ponziglione

    • (compianto e di Loano) i cui figlio e figlia hanno venduto l’hotel

Moderno

    • , 4 a stelle, trasformato in alloggi per seconda casa al mare.

INTERVENTO DIFFUSO E RIPRESO DAGLI ORGANI DI STAMPA LOCALE (Il sito dell’Unione provinciale è gestito da Edinet, società dell’editore Matteo Rainisio che pubblica IVG.it, organo di informazione indipendente molto diffuso e ricco di pubblicità).

I manifesti elettorali della penutima campagna per il consiglio regionale

Come sempre accade abbiamo visto il turismo troppo poco al centro di questa campagna elettorale che va a concludersi. Per questo motivo abbiamo deciso di far pervenire ai candidati del Savonese una proposta legata alla nostra economia che si compone di due parti: la prima verte sulla presa d’atto del lavoro fatto da Federturismo Italia, la nostra rappresentanza in Confindustria a livello nazionale, con tutta una serie di riforme suggerite ai partiti comprendenti tutto quello che serve: meno burocrazia e più digitalizzazione.Invece ai candidati del Savonese abbiamo aggiunto quattro istanze complementari, realmente fattibili proprio per non dover mai più sentire in risposta un ‘vorrei ma non posso’: la prima è quella di togliere le imprese turistico-ricettive dall’obbligo di riconoscere i cosiddetti diritti fonografici, dai DVD alle canzoni. Si tratta di un suggerimento che non ha costo per lo Stato, considerando anche che noi già paghiamo tutte queste cose con i canoni maggiorati di Rai, Sky, Mediaset Premium e altro.Poi chiediamo l’obbligo a chi pubblica appartamenti turistici ammobiliati su portali on line come AirBnB o Booking di dichiarare l’estremo dell’autorizzazione amministrativa che per legge si deve avere. Anche questo non ha costi per lo Stato ma combatterebbe molta concorrenza sleale nei nostri confronti.Infine abbiamo due piccole proposte che, con costi decisamente minimi rispetto a certe promesse fantasmagoriche della classe politica, consentirebbero di migliorare la competitività delle imprese turistiche su scala mondiale dal punto di vista del costo fiscale: confermare per sempre la possibilità di detrarre dall’IRAP il costo dei lavoratori stagionali, cosa che ci consentirebbe anche di aumentare l’occupazione, e detrarre al 100% l’IMU degli immobili alberghieri sull’imposta del reddito, prevedendo anche, nel caso in cui il proprietario della struttura non sia un albergatore, una scontistica dei contratti di affitto a favore degli albergatori”.”E tra cinque anni – conclude il presidente Berlangieri – vedremo chi ha veramente nel cuore il turismo nella nostra provincia e nella nostra regione e chi se ne ricorda soltanto in campagna elettorale”.

Presidente Onorario Domenico Abrate; Presidente Angelo Berlangieri; Vice Presidente Vicario Alberto Orso; Vice Presidenti: Aurelio Macheda, Fabrizio Cerisola, Graziella Cha Delbalzo. Direttore, Carlo Scrivano. Segreteria: Paola Merialdo, Christian Del Santo.
FEDERALBERGHI ADERENTE A CONFCOMMERCIO:
PRESIDENTE ELETTO IL 14 FEBBRAIO 2018 ANDREA VALLE DI VARAZZE

Nel corso dell’Assemblea di Federalberghi Savona, svoltasi presso Confcommercio Savona il giorno 15 febbraio, Andrea Valle, 49 anni, è stato rieletto Presidente dell’associazione provinciale di categoria degli albergatori per i prossimi quattro anni.​​​

Andrea Valle riconfermato presidente provinciale di Federalberghi (Confcommercio) con Santiago Vacca, segretario provinciale di Forza Italia, commercialista, ex sindaco e l’imprenditore più facoltoso di Borghetto, proprietario anche di una struttura ricettiva

L’Assemblea dei soci ha  inoltre eletto per il consiglio direttivo: Gianluigi Finocchio, Laura Pagliari, Giuseppe Altamura, Antonio Amura, Marco Bennici, Giuseppe Cerminara, Simona Silva, Carmelo Pavia, Andrea Cavanna, Davide D’Antuono, Luca Codino, Giacomo Guido Santo, Michela Rosselli, Mario Parodi, Andrea Bruzzone. Sono suddivi tra i rappresentanti  degli alberghi da 4 a una stella. Mentre Rosselli, Parodi e Bruzzone  sono i presidenti delle delegazioni  territoriali  di Finale, Pietra e Varazze. Revisori dei conti: Fabio Fano, Claudio Isosceli, Michela Rosselli.  Probiviri: Andrea Cavanna, Davide D’Antuono e Osvaldo Gagliardi.  Valle ha tra l’altro dichiarato: “L’obiettivo è cercare  di stare tutti uniti, anche con altre associazioni, per tutelare la categoria ed operare per il bene del territorio”.
NOTA DI REDAZIONE – Un’osservazione generale in merito alla categoria albergatori pare doverosa per dare l’idea della forza o della debolezza. Quando in questa provincia, parliamo del savonese, chiude un’azienda del comparto industriale non è mai accaduto che succeda nel ‘silenzio stampa’ e disattenzione dei sindacati; si leggono per giorni articoli, titoli, prese di posizione, interviene la Rai Liguria. Per salvare dieci posti di lavoro o piuttosto che 30- 40 – 50.
La rassegna stampa testimonia. Non sempre, come documenta la storia di ieri e di oggi, la mobilitazione raggiunge risultati. Comunque è sinonimo di una generale presa di coscienza. Cosa è accaduto in mezzo secolo di attività alberghiera vissuta da cronisti e dunque da testimoni ? Hanno chiuso decine, qualche centinaio di aziende alberghiere. In stragrande maggioranza a gestione famigliare, con relativi dipendenti: 5- 10- 30-. 40. Spesso alberghi ricavati in palazzi. Hanno chiuso importanti e qualificate strutture con un peso notevole, quanto a posti di lavoro e ricettività, lungo la prima fascia costiera, sul mare. Non vogliamo ripetere un noioso elenco.
Sappiamo, invece, carta canta – archivio stampa, che quasi mai la chiusura e la perdita di tanti posti di lavoro, di professionalità, aveva una qualche risonanza mediatica, né sul fronte della categoria, né sindacale. Non ci saranno iscritti ? Si taceva, oppure finiva in una breve. Non faceva notizia si suole dire. Ci sono aziende (casi clamorosi) come il Grand Hotel Garden Lido (di proprietà dei Magnetto – Perris, una delle più importanti famiglie dell’industria italiana) che dava lavoro mediamente (alta e bassa stagione a 35-48 dipendenti), oggi sono ridotti a meno di una decina, pur avendo la peculiarità dell’apertura annuale. Si pensi al Roayl di Spotorno della famiglia Bertoglio che dopo essere stato ristrutturato, ammodernato con un centro benessere, ha finito per chiudere (e papà Bertoglio non era uno che taceva almeno con il cronista) e ora non si riesce a vendere se non con trasformazione in alloggi. Si pensi al Royal di Pietra Ligure (eredi Catto). Si pensi al ‘Moderno’ (4 stelle) e al Continental di Loano. Al Torelli di Ceriale. Alla trasformazione in alloggi della debolissima struttura  ricettiva di Albenga, alle trasformazioni a Laigueglia. Il ‘Plaza a Varigotti. Alla quasi tabula rasa dell’entroterra montano.
Il 2017 pare si chiuda senza chiusure e senza nuove aperture. Si pensi alla sorte di altre realtà turistiche che un tempo gareggiavano con la nostra Riviera, soprattutto, per stranieri del centro e Nord Europa, al Lago di Garda, alla Riviera Romagnola.  ove è avvenuto esattamente l’opposto, gli hotel hanno continuato ad attrarre investimenti e posti di lavoro, creare indotto. Non parliamo dell’Alto Adige dove c’è una gara ad investire in nuovi hotel, ristrutturare, ammodernare. Non ha però trovato spazio la speculazione immobiliare ed i primi difensori di un baluardo sono sempre stati, con coerenza, gli albergatori, la più forte rappresentanza imprenditoriale di quel territorio e dove accade che in assenza di forza lavoro in loco, si ricorra a personale che proviene da altre regioni d’Italia e dall’estero.
Dove siamo arrivati sulla Riviera delle Palme e dei Fiori, senza dimenticare, ripetiamo, il triste destino del nostro incontaminato e decantato entroterra povero ? Cercheremo di raccontarlo, ogni settimana, attraverso la testimonianza della rassegna stampa sul ‘turismo in riviera e nell’entroterra’. Oltre 4 mila ritagli, con personaggi, dichiarazioni, promesse, impegni, polemiche, dati. Un come eravamo rivolto soprattutto alle giovani generazioni. Per quel detto: conoscere per non ripetere gli errori, per valorizzare ciò che c’è di buono, di positivo. Storie di famiglie e di alberghi, di una categoria che meriterebbe molta più considerazione nel turismo indicato a ‘stella polare’. (L. Cor.)


Ceriale ha trovato un ‘salvatore’, il broker che affossa il professore: io sono il centro destra

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C’eravamo sbagliati ? Quando l’autorevole sindaco, Ennio Fazio, al gazebo della Lega, alla vigilia delle elezioni politiche, aveva annunciato che il centrodestra avrebbe scelto il prof. Nicolangelo D’Acunto, personalità nel mondo dell’Universita italiana, fama internazionale, forse non sapeva o non immaginava che dietro le quinte si muoveva un broker finanziario assai introdotto nel centro destra: Rodolfo Quilici che attraverso Ivg.it (il giornale on line che ha fatto ‘vincere le elezioni all’on Franco Vazio e al centro sinistra ?) ha potuto annunciare la sua candidatura alla guida di Ceriale e in quota centro destra. D’Acunto addio ? Come l’avevano sconsigliato parenti e amici: “Lascia perdere, non buttarti nella mischia con la tua caratura, Ceriale non ti merita e rischi di perdere”. Chi invece si presenta fiducioso è proprio Quilici. Perche? Ha già ottenuto l’imprimatur dai vertici provinciali e regionali ?Ecco le sue parole a Ivg.it: “Ho in mano (non ha detto in tasca ndr)  una lista di professionisti, commercianti, operatori turistici ed agricoltori che hanno chiesto di poter  contribuire con il proprio apporto e la propria professionalità all’amministrazione del paese. La mia candidatura ha dato entusiasmo a tante persone che erano sfiduciate  (di Fazio e C. ? ndr) e che in precedenza non sono mai scese in campo. Oggi queste persone hanno trovato slancio con obiettivi di cambiamento e rinnovamento”.

Neanche una parolina sui risultati o meno delle passate esperienze della giunta di centro destra capeggiata da Fazio e Marinella Fasano, Maineri, nessun cenno al ruolo della ‘candidata rosa’ che ha sbattuto la porta e si è dimessa alla vigilia elettorale. Lady Marinella che non ha ritenuto utile rispondere alle domande, forse irriverenti, formulate per iscritto da trucioli e dal suo vecchio cronista che in oltre mezzo secolo di attività di provincia qualcosina ha imparato a conoscere della vita pubblica cerialese.  Scuola di buona educazione con almeno un: “no grazie non intendo parlare con trucioli.it, rispondo solo ai giornalisti non prezzolati e seri, indipendenti”. Si è ripetuto del resto quanto era accaduto, nei mesi scorsi, con l’ing. Alessandri, assessore schivo e silenzioso, a proposito della nuova passeggiata che risulta vistosamente ‘macchiata’ di nero. Volevamo sapere quali erano le garanzie del ‘fine lavori’ che aveva ricevuto il Comune che ha pagato l’opera con i soldi dei contribuenti. La buona creanza ha insegnato ad Alessandri a non rispondere ? Ignorare ? Non ci perdiamo d’animo. I nostri finanziatori che pagano lautamente il blog, consentono di tirare avanti ed essere ‘ìrriverenti’ quando è il caso. Per ora, da Ceriale, mai ricevuto una smentita e men che meno una querela. Siamo solo fortunati.

La novità ultima, di cui tutti o quasi parlano, è che la buona stella ha fatto sbocciare la candidatura a futuro sindaco del dr. Quilici. Da consulente finanziario, non possiamo credere che la ‘rosa di aspiranti’ che ha in mano sia quella di clienti investitori. Trucioli aveva suggerito, anche per Ceriale, una lista unica, sul modello positivo, nei risultati, di Laigueglia col sindaco Maglione. Uniti e coesi nell’emergenza, pur senza rinunciare alle singole opinioni politiche e partitiche. Ceriale che si trova ad affrontare l’emergenza economica e sociale. Senza più un albergo degno di questo nome ( e i due rimasti, piccolini, meritano la medaglia d’oro per la resistenza ). Un centro storico che non riesce a risollevarsi, mentre in ogni città turistica ‘il budello’ è diventato il salotto buono: vedi Alassio, Loano,  Pietra Ligure, Finale, Varazze, persino Vado, Celle; idem ad Albenga con un fiorire di locali, di aperture, di vita. Ceriale che deve dire grazie alla famiglia Murialdo per la presenza estiva delle Caravelle (oltre un’ottantina di posti di lavoro), il Mercatò (70 dipendenti) e Lidl (23) con un progetto di ampliamento, lontani dalla zona centrale e dal lungomare.

Una Ceriale unita, coesa, con una lista ‘di salute’ pubblica all’insegna della meritocrazia e dei risultati raggiunti nelle professioni, nei mestieri, con altruismo e spirito di servizio come accadeva per le cariche ricoperte dagli avi. Quando il primo cittadino era anche il primo galantuomo e gentiluomo del paese. Rispettato da tutti e al quale tutti si rivolgevano.

E’ successo a Borghetto S. Spirito (fanalino di coda in tutti gli indicatori economici del ponente ligure)  dove ci siamo sbagliati, da poveri illusi. Il nuovo centro destra, modello Giovanni Toti, quello che propone a Berlusconi un partito unico tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, vuole avere la supremazia totale in caso di vittoria. Inizialmente aveva intavolato trattative, poi lasciava agli alleati le briciole. A loro volta questi ultimi, con la presenza di un ex leghista illuso (Villa), si sono frantumati in due liste. Quella del dr. Giancarlo  Maritano  aspirante sindaco e benestante (‘io tifo Macron’). Si consideravano ‘fortunati’ per la presenza in lista di medici di famiglia e farmacista; gli altri credevano di attirare la sinistra illuminata ed i voti grillini. Delusione piena, lo schieramento vittorioso ha incoronato Giancarlo Canepa personaggio sconosciuto fino alla vigilia. Con la forza della fratellanza massonica che pure può contare su una buona rete di sostenitori fidati. E  sono stati bravissimi a presidiare i seggi, vecchia usanza dei Vaccarezza vincenti Loano.

Sta di fatto che trucioli.it indovina i risultati elettorali (vedi la nostra rassegna stampa), ma non ci azzecca mai nel sostenere il motto ‘l’unione fa la forza‘, divisi si perde. Ciò che resta dei partiti e dei loro uomini più in alto (quelli degli stipendi più o meno d’oro, visto quanto guadagna la maggioranza dei cittadini dipendenti, ed il reddito di molte attività commerciali ed artigianali, agricole, le pensioni da fame) lottano perchè sulle ‘divisioni del popolo‘ o popolino, ci campano. Lo possiamo testimoniare e documentare. Ma la gente comune, è risaputo, legge poco – siamo penultimi dopo la Grecia – , si informano male; la libera informazione non condizionata dalla pubblicità e dal potere economico -partitico, è una rarità del Bel Paese. Giornali fotocopia, con un unico editore. Berlusca con quattro reti Tv e 16 milioni di telespettatori. Informazione locale che preferisce fare da notaio, pubblica comunicati di questo o quel gruppo, senza masi approfondire, senza mettere a confronto dichiarazioni di ieri e di oggi, senza disturbare più di tanto i manovratori felici e contenti della ‘buona stampa’ ossequiosa e attenta ai suoi bilanci, meglio se amica e distratta, poco curiosa di conoscere a fondo e far sapere. I giornalisti d’inchiesta si sono estinti in questa Liguria ponentina.

E il crescente distacco dei cittadini ? I partiti ormai alla disfatta ? Un paese largamente sfiduciato che diserta le urne al 38 % ?  La diffusa incompetenza nei ruoli che ricoprono molti esponenti che governano città, province, regioni ? Queste ultime diventate a loro volta assai voraci e capaci di sperperi, clientele. L’incapacità di selezionare la classe dirigente. Il diffuso sentimento che sia meglio essere governati da un ‘uomo forte’. Il male italiano  di aver persino creato un’economia che ruota attorno all’accoglienza dei migranti attraverso le cooperative, rosse e bianche, alcune meritevoli, altre fini troppo faccendiere e bilanci milionari. E proprio sul tema migranti la Lega ( al motto ‘prima gli italiani‘) ha vinto le elezioni superando i ‘moderati’ e cattolici di Forza Italia. E in barba alle raccomandazioni di papa Francesco verso i bisognosi del terzo mondo, l’impegno dei vescovi e dei parroci, della Caritas, di Comunione e Liberazione.

Alcuni big del centro destra in Riviera, con Rodolfo Quilici: Melgrati, Ciangherotti, Niccoli e il neo eletto plenipotenziario di Berlusconi in Liguria, on Giorgio Mulè (foto Silvio Fasano)

A Ceriale il nuovo ‘messia’ (ben venga !) nelle sue prime dichiarazioni non elenca i problemi grandi e piccoli del paese,  il decoro, la legalità, l’evasione fiscale, parla soprattutto della sua visione generale. Dice che la “mia squadra è giovane, innovativa, capace di risolvere i problemi  che da troppo tempo penalizzano la città e che hanno reso famoso il paese per i problemi urbanistici ed ambientali”. Il futuro di Quilici ? ” Ceriale diventerà un paese turistico di ottimo livello della nostra bella Riviera”.

Ivg.it non chiede se nel ‘bello‘ inserisce la muraglia di palazzoni, brutti e goffi, vuoti 300 giorni all’anno, che caratterizzano il fronte mare di gran parte della costa ligure e che l’edilizia selvaggia è la prima fonte della generale dequalificazione turistica. Avevamo un turismo di qualità, in qualche caso d’élite, oggi siamo alla massa. Avevamo una stagione di lavoro, in Riviera, che iniziava a Pasqua e finiva a ottobre, oggi ci sono luglio e agosto, week end affollati, code chilometri sull’Autofiori, Aurelia percorribile a passo di lumaca. Gli hotel hanno il primato nazionale della fuga di albergatori, delle dismissioni e trasformazioni in alloggi. Solo il ponente (Savona e Imperia) in 30 anni ha perso il 70 per cento delle strutture alberghiere che assicuravano preziosi posti di lavoro ed un indotto per le attività commerciali. E il turismo alberghiero in montagna è addirittura sparito, andate a Bardineto se non ci credete. La lista è lunga. In compenso leggiamo da 20 anni che c’è un progetto per un quattro stelle li, un cinque stelle là. Fumo negli occhi direbbe il democristiano Casini: “Io preferisco quelli che prima fanno e poi danno l’annuncio”.

Cosa propone il ‘futuro sindaco’ di Ceriale che certamente conosce il territorio come le sue tasche ? “E’ mia ferma intenzione risolvere tutte le problematiche del paese e di chi ci vive con una sinergica collaborazione interna al Comune e con gli uffici della Regione per realizzare progetti e migliorare il turismo, l’entroterra, le campagne”. Più di così cosa possono volere gli elettori cerialesi ? Dovrebbero baciare dove passa il loro concittadino ricco di idee ed entusiasmo.

E si devono mettere il cuore in pace, accettare la sconfitta, i vari Luigi Romano, Luigi Giordano, in buona compagnia di Maineri.  Giordano, in verità, è l’unico che in questi anni, dai banchi della minoranza consiliare, si è visto girare come una trottola da un angolo all’altro di Ceriale, frequentare assiduamente gli uffici comunali, mantenere un buon rapporto con i dirigenti e gli impiegati, quasi tutti, qualcuno escluso; fare interrogazioni ed interventi, comunicati stampa. Giordano che, a suo modo, è sempre stato un libro aperto nella collaborazione con il ‘vecchio cronista’ di provincia, ex peagnolo o peagnin, cresciuto con i ‘ragazzi’ degli anni ’40 e ’50, quando le strade non erano asfaltate, si giocava con le biglie, il mezzo più comune era la bicicletta. A Ceriale il campeggio della Pineta era l’attrazione per migliaia di vacanzieri tedeschi, con le prime auto della Volkswagen  che giungevano in Riviera. Quando il centro storico era tutto un fiorire di negozi e il Bar Napoleon, con il mitico ‘Baffo’, era la meta preferita per birra e vino a fiumi.  I camping lavoravano a pieno regime. Erano le stagioni dei primi latin lover  cerialesi. La rabbia delle ragazze del posto che si sentivano trascurate.

Ma qual è la priorità di Quilici finanziere dei risparmi ? Sempre dall’autorevole Ivg apprendiamo “Tutelare e sviluppare l’anima verde di Ceriale. Le campagne e le attività agricole a queste connesse”. Si mettano il cuore in pace i palazzinari, porte sbarrate. E finalmente c’è qualcuno che rimedierà alle centinaia di appezzamenti di terreno fertile incolti ed abbandonati. I talebani verdi siano felici, spalanchino il loro cuore. Cosa che non ha saputo fare l’agricoltore- floricoltore Ennio Fazio, ora sarà realizzabile ? Prepariamoci alla svolta, alla resurrezione di Ceriale, con la vigile presenza di cronisti valorosi. Noi, umili blogger e con una mezza dozzina di lettori, non daremo fastidio, ci allineeremo alla saggezza dei saggi, dei condottieri esperti in vista di un traguardo sudato, difficile, ma alla fin fine radioso. Per ora ci accontentiamo di preoccuparci del piccolo decoro urbano, delle piccole cose, di curare un semplice ‘biglietto da visita’ di Ceriale. Le ‘cartoline’ che si possono ammirare a ridosso della piazza principale, della chiesa parrocchiale, del Municipio, della ‘città vecchia’.

Luciano Corrado

Erbacce, sporcizia e la cuccia di un cane nel centro storico a ridosso del Comune

Locali destinati un tempo a negozio ed abbandonati da anni

Siamo in pieno centro di Ceriale, appena sotto l’Aurelia, il Municipio, l’antica chiesa, da 25 anni, lo spettacolo irrisolto di Palazzo Pesce, un agente immobiliare borghettino aveva raccontato quali erano le mire di un ex sindaco: affidare il progetto ad uno studio professionale di Savona, altrimenti la paralisi

Dal Club Nautico di Savona a Pieve di TecoGiuseppina ha rilevato il bar One del corsoE addio Officina 84 destinazione Volpedo

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A Pieve di Teco raccontano che non si muova foglia senza che il sindaco (in partenza per fine mandato) e la popolare Imperia Tv non vogliano. Non ha mai fatto notizia che nella primavera scorsa aveva aperto l’Officina 84, un locale molto originale, bomboniera del gusto e dei vini di nicchia. Trucioli.it aveva titolato: Portami il pesce e lo cucino. Pranzi e cene su misura. A Pieve di Teco l’oste cambia moda (vedi……)  Eppure non solo fu un successo di lettori (2.162 visualizzazioni), la novità ha riscosso consenso e i clienti non mancavano, soprattutto nel mondo femminile. Ora non poteva non far notizia (anche questa volta solitari) che l’Officina 84 si è trasferita a Volpedo in provincia di Alessandria ed ha cambiato nome ‘Malaspina’ Bistrot wine bar e prosciutteria con cucina. Ai fornelli Claudia, con lei dietro il banco e ai tavoli il marito Efrem Saggio, 45 anni, esperienza di tassista a Milano prima di rilevare il locale bar nella ‘capitale’ della Valle Arroscia.

Giuseppina Garacci, 55 anni, nuova gestore del Bar One di corso Ponzoni a Pieve di Teco

Ora al bar One di corso Ponzoni, uno dei cinque esercizi pubblici del paese, è arrivata una nuova ‘barista’ ricca di una vasta esperienza in terra di Riviera. Non è una ragazzina in cerca di fortuna e di nuove esperienza. Una persona matura e compassata, discreta, per nulla invadente. “Ho sempre lavorato con il pubblico – dice – dal Club Nautico di Savona, a Dai Fre’ di Albisola Superiore, poi in altre aziende commerciali, sono originaria di Vado Ligure, la amo moltissimo la montagna, innamorata della Valle Arroscia, con un fascino molto particolare. Forse chi ci vive non si rende conto “. Eppure è una ‘valle di lacrime’, in ginocchio in gran parte causa alluvione e inesorabile spopolamento, qui per fortuna sono arrivati albanesi, romeni, egiziani, marocchini, ci sono già classi dove gli stranieri sono in maggioranza. Cosa da tanta fiducia a Giuseppina ? “Francamente non conosco la storia passata della valle, né di Pieve di Teco, sono qui perché animata dall’ottimismo, certo non saranno tutte rose e fiori, bisogna lavorare con olio di gomito. Per quello che ho potuto vedere Pieve non è messa poi così male, e comunque approfitterò del giorno di chiusura per godermi queste montagne”.

La signora Claudia brava cuoca e che aveva inaugurato lOfficina 84, ora sgomberata, chiusa e con il cartello affittasi

Lei ha lasciato la costa, il mare, per la campagna, le aree ‘depresse’. Il precedente gestore del bar One, Efrem Saggio, da Pieve si è trasferito, nel paese originario della  moglie  Claudia. Entrambi avevano aperto, nell’aprile dello scorso anno, in un locale attiguo al bar, l’Officina 84, prodotti e vini di nicchia, olio Dop, cinque tavoli, 20 commensali al massimo, in estate si poteva cenare anche all’esterno, sotto i portici. Una cucina ricca di inventiva, piatti delle regioni, piccoli assaggi. Una servizio attento e premuroso, specialità di prima scelta, a partire dalla carne, al pesce, ai salumi. Claudia impeccabile con la sua divisa da cuoca, sempre preoccupata di soddisfare il cliente. Non era un locale per la massa, di buongustai della zona e della Riviera. Se ne sono andati senza far cenno al cronista o salutare che pure aveva fatto il suo dovere dando conto dell’impegno, dell’attività fiore all’occhiello. Purtroppo la riconoscenza non è di questo mondo, o perlomeno pochi fanno eccezione.

Pieve di Teco che si appresta a nuove elezioni comunali, con il vento in poppa del M5S per via dell’unico candidato dell’entroterra al Parlamento nazionale che però non è stato eletto, ma la candidatura è stata utile a far conoscere un giovane talento, universitario e docente a Parigi, di queste montagne, come ce ne sono altri di cui solitamente non si parla. Qualcuno si è brillantemente laureato e vive all’estero. Bisogna dire che Pieve è anche la zona più frequentata dalla folta comunità del centro e nord Europa (non appartengono ai migranti) che hanno acquistato e ristrutturato vecchi casolari di campagna nei paesini e fino ad Ormea dove una borgata è praticamente abitata solo da cittadini tedeschi. Una comunità con un tenore di vita abbastanza elevato,  facile incontrarli nei ristoranti e nei bar, nei negozi. Non è una clientela stagionale. Forse meriterebbe una maggiore considerazione, cercando di coinvolgerli, ascoltarli.

Pieve di Teco dove ci sarebbero in vista altre novità nel settore commerciale e dei pubblici esercizi. Ha chiuso dopo una tenace resistenza Il Portico (boutique di vini e prodotti enogastronomici del territorio), ma la concorrenza finisce per sottrarre lavoro l’una l’altro. E nella realtà pievese, della valle, forse sarebbe utile che ogni attività fosse caratterizzata da un proprio trend commerciale, segnare le differenze. Comunque dove c’era Il Portico dovrebbe trasferirsi una antica bottega di alimentari e prodotti di nicchia, dai formaggi dei pastori della Valle Arroscia, ad altere specialità. Si parla pure dell’ingresso nel ristorante spaghetteria, sempre sotto i portici, di un nuovo gestore che ha una buona esperienza in cucina. Ha lavorato al ‘Palma’ di Alassio della Famiglia Viglietti, prima della chiusura definitiva e quando si fregiava della stella Michelin.

Efrem Saggio ex titolare del bar One a Pieve di Teco mostrava un’originale bottiglia d’olio con scritta dipinta a mano

Pieve di Teco dove si trovano un paio di aziende industriali, una di  famiglia pievese in toto e l’altra appartiene ad una multinazionale, entrambe con preziosissimi posti di lavoro. Dove opera, inoltre, come un fiore all’occhiello la residenza protetta per anziani, il ricovero. Pieve di Teco dove è in attività la più antica panetteria (Ferrari) della Liguria, siamo alla quinta generazione. Pieve di Teco dove un giovane sindaco geometra non ha risolto il problema del parcheggio, né regolamentato con discernimento. Un paese dove minoranza e maggioranza  sono come cani e gatti. Il sindaco che una volta eletto dovrebbe essere il buon padre di famiglia di tutti, in effetti di ‘diplomazia’ non ne ha da vendere. Anzi a seguire la vita comunale è difficile capire da che parte stia l’arte del provocare. In diversi paesi dell’entroterra ci sono consigli comunali all’insegna dell’unità, della coesione, dell’unione fa la forza, dove si può  dissentire, ma alla fine deve prevalere la regola democratica della maggioranza.

Bisogna dare atto al giovane sindaco Alessandri che ha saputo conquistarsi molta visibilità, seppure piuttosto casalinga. Imperia Tv ha una buona audience nell’imperiese, ma fuori dai confini è limitata, quindi è importante avere visibilità in Liguria, nel Basso Piemonte, nella fascia dei vacanzieri. Forse la cosa più producente, per l’immediato futuro di Pieve, sarebbe formare una lista di saggi e all’insegna della meritocrazia, slegata dalle logiche di potere locale ed interessi trasversali, dando voce alle giovani leve, pur senza ignorare il mondo degli anziani, dell’esperienza degli adulti. Bisognerebbe che il tessuto commerciale si rendesse conto di marciare unito ed organizzato. C’è il buon esempio del volontariato in Croce Bianca, manca il buon esempio dell’unità, dell’ascolto, dell’umiltà di chi comanda il paese. Tutti abbiamo da imparare, ma soprattutto, oltre alle capacità personali, la virtù principale resta quella di saper ascoltare. (L.Cor.)

La scomparsa di Mendatica ! Dopo il macellaio, chiude la pizzeria. Il paese senza bar, resta un negozio. Il tragico silenzio dei politici imperiesi, sindacati e società civile

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Lo scorso autunno, dopo 43 anni, chiudeva (leggi…….) l’albergo, ristorante, bar La Campagnola, gestito da Piera, Mara e Valentina (mamma e due figlie). Pochi mesi dopo cessava un’attività centenaria: la macelleria di Rinaldo Porro, unica rimasta delle tre che esercitavano negli anni post bellici. Ora la notizia che ha i giorni contati la pizzeria – bar del paese (U Tecciu). Il gestore cede e si trasferisce a Nava in un altro locale. A Mendatica restano due agriturismo e il piccolo negozio di alimentari. Il paese ‘sentinella’ dell’Alta Valle Arroscia destinato a scomparire ?  L’isolamento per la chiusura di Monesi e la conseguenza di frane macinano un danno economico e sociale a catena. Non solo la voragine lungo la provinciale ‘100’, bloccata l’arteria in buona parte sterrata e assai frequentata che attraverso San Bernardo di Mendatica univa con le altre valli imperiesi e la Francia. E non si chiedono finanziamenti pubblici improduttivi.

Il bar Pizzeria U Tecciu sulla piazza principale di Mendatica

Se nelle città di mare e della Riviera la ‘voce turismo’ per manifestazioni, promozione, feste, fuochi d’artificio, carnevale, corsi fioriti, raggiunge centinaia di migliaia di Euro, Mendatica muore per l’assenza di un forte e concreto impegno dei politici liguri e imperiesi, del mondo sindacale, delle associazioni di categoria, della società civile. Avanti come le lumache, anzi indietro. Epilogo dannato del ‘promettificio’ ultra decennale, tra lentezza burocratica, inconcludenza letale, mai la priorità assoluta al capezzale del malato grave. Non fosse cosi….

Trucioli, nei sei anni di vita, prima ancora con trucioli savonesi, in precedenza attraverso le colonne del Secolo XIX e della Gazzetta del Lunedì, abbiamo dedicato a Mendatica, all’alta Valle Arroscia in particolare, decine, centinaia di articoli ed approfondimenti, testimonianze, dando voce in particolare ai meritevoli, al buon esempio, all’ascolto degli umili. Cronaca e storia, senza pretese di verità assolute, per raccontare di un territorio montano, gli anni del suo sviluppo, di pari passo con Monesi locomotiva, fino ai primi segnali di declino, di crisi, con il crollo dell’impero dei tre fratelli Galleani, le conseguenze della tragica morte di Armando Lanteri, la perdita di un altro pionere, Guido Lanteri. Il disorientamento generale. Gli appelli a far presto caduti nel vuoto.

La particolarità, tutta italiana, di due Monesi in simbiosi, ma divise. Una di Mendatica, l’altra di Triora, quest’ultima forse avulsa dal contesto politico – amministrativo del paese capoluogo. Non ultima l’isola di Piaggia Marittima, Comune cuneese  brigasco nell’enclave imperiese. E dove, causa frane, si è trasferita la sede comunale, da oltre un anno, nella cittadina di Ormea. Piaggia rimasta deserta per lo sfollamento di una dozzina di persone che presidiavano il paese tutto l’anno e che, con le seconde case, convergeva in Valle Arroscia.

L’antica macelleria della famiglia Porro

Se Nava di Pornassio, luogo di transito, di vacanzieri e commerciale, meta di week end e turismo estivo, di sciatori diretti a Monesi nei mesi di neve, di gitanti verso Ormea, Viozene, Upega, Carnino, ha visto la chiusura per 8 mesi all’anno del ristorante – hotel Lorenzina, famiglia storica che ha iniziato l’attività da oltre un secolo; se Nava, dicevamo, sta soffrendo per la contrazione di quella che era la villeggiatura estiva, Mendatica pare stremata, ormai al limite della resistenza. E’ difficile resistere, lottare, quando ti trovi in un mare di promesse, belle parole, tra tempi lunghi, lunghissimi della ricostruzione, prendendo coscienza che la resa si avvicina inesorabile. Gli anziani muoiano, la popolazione in costante calo, centinaia di case vuote, nessuno compra, investe. I pochi giovani rimasti, pur con tutta la buona volontà possibile, al di là delle belle parole, dei buoni propositi, devono fare i conti con ciò che significa il vivere quotidiano. La loro tenacia ed inventiva non basta. Formarsi una famiglia, la difficoltà del bilancio famigliare, quale futuro riservare ai figli, ai nipoti, alle generazioni a venire. E non c’è bisogno di assistenza, ma di opportunità stabili di lavoro, di crescita dell’economia.

Mendatica, come abbiamo già ricordato, che poteva vantare, nel volgere di una manciata di tempo, di ben sette laureati, tra residenti e originari del paese. Con tesi di laurea anche particolari: dall’Economia Marittima, a Scienze Naturali, dalla Bioingegneria a Corsi Accademici,  dall’Ingegneria civile al Conservatorio (vedi il servizio scritto da Emidia Lantrua…..)   . Si dirà, ma con la laurea non si campa tra queste montagne, nessuno però dovrebbe condannare la comunità alla sua estinzione forzata per la latitanza dello Stato e della Regione, della società civile nel suo complesso.

Mendatica dove è risorta la ultra secolare Confraternita di Santa Cateria (leggi servizio a parte in questo numero di trucioli) e che con spirito davvero solidale ha promosso una raccolta fondi per la bimba di due anni di una famiglia di Sanremo che per sopravvivere ha bisogno di cure dispendiose; già stata sottoposta a quattro interventi chirurgici. I mendaighini sensibili ai bisogni e alle sofferenze di una bimba che abita nella città del Casinò, del gioco d’azzardo, del Festival, dei Corsi Fioriti, della classicissima Milano – Sanremo, prima in classifica (in Liguria) per visibilità mediatica e televisiva, nomea oltre i suoi confini, in Italia e nel mondo. I giornalisti sono di casa, quassù invece arrivano per la sagra e di tanto in tanto si ricordano del dissesto idrogeologico, di elargire articoli all’insegna della fiducia e della speranza, non vivono qui, abitano al mare. Meglio sarebbe creare le condizioni per prevenire curando i boschi e la terra come accadeva nei secoli scorsi, iniziando con strategie di incentivo. Vedi la filiera del legno lasciata cadere da una dissennata scelta del sindaco compagno comunista di Ormea.

Mendatica con la sua Bandiera verde, la Cooperativa Brigì (di giovani) che gestisce  ‘Ca Cardella’ (una sorta di rifugio ricavato in un alloggio del centro storico donato al Comune, ristrutturatoe arredato), una dozzina di posti letto. Il Parco Avventura (uno dei primi realizzati e ampliati sulle Alpi), il Centro turismo escursionistico che si riprometteva la realizzazione di ‘un albergo diffuso’, sulla scia della vicina Montegrosso Pian Latte. Mendatica dove è rimasta attiva una pastorella, con mucche, pecore, capre (e un moderno laboratorio famigliare di formaggi e salumi, con l’anziana mamma cuoca nel ristorante dell’agriturismo) e si può acquistare tappeti di ‘lana brigasca’, filati e lavorati artigianalmente in Sardegna.

Mendatica tra le prime a dotarsi di una centralina idroelettrica ed averne realizzato una seconda a Monesi, appena inaugurata, trascinata via dal diluvio del Tanarello. Il Comune che ha salvato e ristrutturato (dopo averlo acquistato dall’ultimo mugnaio) il mulino per la macina del grano e trasformato in museo. Il paese dove resiste qualche famiglia che coltiva il grano all’antica, utilizza il mulino e con la farina ricavata cuoce il pane nel forno a legna. Le tagliatelle casalinghe si possono gustare seduti nei cinque tavoli che dispone l’agreste ristorantino del sindaco Piero Pelassa (Bacì du Mattu) e dove l’olio è quello di famiglia dell’uliveto di Pornassio; ai fornelli la mamma e la sorella, cuoche autodidatte e nel rispetto della tradizione della ‘Cucina Bianca’. Quella ‘ festa – cucina’ che almeno una volta all’anno attira 2- 3 mila ‘turisti’ giornalieri della gastronomia e rappresenta un utile contributo all’attività della Pro Loco, una delle più ‘datate’ dell’entroterra ligure. Sembra invece spegnersi l’interesse per la Festa della Transumanza (quest’anno decisamente in declino); non siamo più nel paese dei pastori, dell’alpeggio, della transumanza vera e si ricorre solitamente al ‘prestito’ del gregge e mandria di altre zone del ponente.

Fino a qualche mese fa era possibile trovare carne d’alpeggio da Rinaldo Porro, macellaio storico (aveva iniziato papà Giuseppe) che compra le bestie da un pastore di Cosio d’Arroscia; la famiglia Porro ha un avviato negozio a Oneglia, in viale Della Repubblica. Negli ultimi anni Rinaldo, due figli, manteneva il cordone ombelicale, tenendo aperto sabato e domenica. E ora fornisce i pochi affezionati clienti del paese che fanno  provvista una volta in settimana.

Certamente la ‘perdita’ della pizzeria rappresenta qualcosa di più di un ‘punto di aggregazione’. Sulla pagina Facebook, seguita da 383 persone, con una classifica da 5 stelle e moltissimi giudizi lusinghieri, pur nella semplicità del locale e del pizzaiolo in famiglia, è apparsa la lettera che Magdalena Komasas, cittadina polacca, moglie di un mendaighino (il marito lavora a Pieve di Teco in un’azienda industriale) in cui comunica al Comune che l’esercizio rimane aperto al venerdì, sabato e domenica, ma contestualmente appare il ‘cedesi attività’. Pochi quelli che scommettono che la pizzeria possa interessare a qualche acquirente proprio di questi tempi. Proprietario dei muri è Gianni Roggio che col il fratello Giorgio per 40 anni hanno gestito la falegnameria di famiglia, mendaighini a Imperia e che hanno chiuso i battenti sotto l’incalzare della crisi nazionale dell’edilizia e della concorrenza.(vedi……)

Mendatica che proprio in occasione del ritrovo pasquale delle confraternite diocesane, può dire grazie e riconoscere il ruolo del parroco don Enrico Giovannini. La sua parte la compie fino in fondo e oltre nel sociale. Non solo  pastore di anime, dando vita a tutte quelle iniziative a carattere religioso e che segnano un punto fermo quanto a coesione sociale. Le attività parrocchiali centro di aggregazione. Non è poco perché anche da queste parti è vivo il tarlo della disintegrazione, tra chi non partecipa alle iniziative comuni, chi preferisce criticare piuttosto di ‘costruire’ il valore di comunità. E’ una minoranza è vero, però è pur sempre un segnale di malessere, un flebile freno.

Come non può lasciare indifferenti quanti dimenticano le loro origini, quelle degli avi di cui è testimonianza il camposanto. Mendatica che ha avuto ed ha compaesani noti per il ruolo pubblico ricoperto magari in un recente passato. Si pensi agli Amadeo (la casa materna giace in abbandono e scolorita sulla caratteristica piazza della chiesa), agli Adolfo, ai De Michelis, ai Saldo, ai Porro. Solo per citare le famiglie più note. Come appare un peccato nella ‘Festa della donna’ ignorare cosa ha significato e significa essere vere donne di montagna. Una dimenticanza che non accomuna solo Laura Amoretti, originaria di Mendatica e consigliera provinciale e regionale delle ‘pari opportunità’, coinvolge tutte quelle rappresentanti rosa che in questi giorni hanno ricordato la loro festa nelle interviste e passerelle a Imperia Tv, sui giornali, nelle pubbliche manifestazioni. Abbastanza significativo l’ultimo libro sulle donne imperiesi, molto spazio e citazioni a personalità femminili illustri, pure meritevoli; un solo cenno alla compianta ‘Ines’ vedova Fraguglia di Mendatica, donna comune, una figlia medico dell’Asl e ora in pensione; Ines, come tante mamme delle Alpi con loro bagaglio di testimonianza, storia, usanze, tradizioni, altruismo, sapienza.

Certamente ogni territorio della nostra montagna, un tempo viva e popolata, più o meno è in stato di sofferenza e spopolamento. Non ha beneficiato da ‘aree di crisi’, di zona depressa, sottosviluppo, o perlomeno non si è mai pensato a progetti strategici, ad iniziare dalle infrastrutture, dalla surreale rete stradale che dovrebbe essere un pilastro di progresso, di interscambio. Non si sono poste basi solide, alternative allo crollo demografico causato dalla ricerca di lavoro verso la città, la fascia costiera.

Lo Stato, la Regione, la Provincia non hanno mai fatto una netta distinzione tra aree urbanizzate, diventate opulente, con un mercato edilizio senza regole (in certe zone del lungomare i prezzi degli immobili hanno raggiunto negli anni 12- 15 milioni di lire al mq.; a Varigotti si era arrivati a 18 milioni di lire il mq e raro l’inveduto nell’antico borgo fronte mare). Si pensi poi agli stabilimenti balneari che hanno calamitato investitori di ogni risma pure da altre regioni: professionisti, artigiani, commercianti, benestanti che hanno investito, spesso con un buon margine in nero, nell’industria balneare e dove i cambi di concessionari, di gestione sono frequenti. Quella fascia costiera e area demaniale che ha visto sorgere strutture in cemento armato, espandersi, attrarre attività collaterali alla gestione dei bagni.

E la montagna quali benefici ha riservato ai proprietari dei boschi, dei terreni, dei terrazzamenti ? Quale incentivo per favorire insediamenti produttivi (che sarebbero comunque penalizzati dal sistema viario vecchio di secoli) se non le modeste sovvenzioni ad attività agricole, silvo pastorali, per l’apertura di agriturismo. Dove chi è ricorso al prestito, al mutuo agevolato, si è trovato alle prese della lunga crisi e senza reali prospettive. Non basta lavorare di domenica e al sabato sera. La montagna, per ripartire, ha bisogno di una ‘legge speciale’ e di una cultura politica avulsa da interessi elettorali, dal tornaconto dell’elezione che spesso si tramuta in un terno al lotto per i beneficiari. Si dovrebbe imparare laddove le  zone montane sono vive e prospere, creano opportunità per i giovani. Non bastano le buone parole di ‘abbiamo fatto’, ‘abbiamo stanziato’, ‘siamo presenti’. Con la lentocrazia, la burocrazia, le briciole si continua a correre indietro da gamberi. E col passo da lumaca e da tartaruga i risultati e le conseguenze sono disastrosi. Voi politici cantate le solite litanie in politichese, altri scappano. Mendatica penultima, dopo Perinaldo (59,5), come affluenza alle urne con il 60,1 alla Camera. Con il primi partito (Movimento 5 stelle) a 42 voti (36, 8%), seguito da 19 voti a Forza Italia – Berlusconi, 5 a Fratelli d’Italia – Meloni presidente,  uno a Noi Italia, 16 alla Lega -Salvini presidente. In totale 42 voti al centro destra in parità alla percentuale di Grillo. Poi 17 voti al Pd e 21 voti al centro sinistra. Forse una protesta corale avrebbe attirato almeno l’attenzione dei mass media, creato un caso, meglio se unico. Ripetere siamo in pochi e non contiamo nulla è una rassegnazione senza alternative.

Luciano Corrado

Alassio colpo di scena, un sondaggio incorona Canepa, ma ‘lady 400’è in agguatoE a Laigueglia risorge il Vascello Fantasma

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Fino a ieri nessuno ci credeva o sembrava pronto a scommettere. Invece un recentissimo sondaggio telefonico (numeri fissi) di trucioli.it ha rilevato che su 150 contatti  – quelli che hanno accettato di rispondere – la squadra del sindaco Canepa, con Forza Italia, Lega, è in vantaggio. Abbiamo scelto di non chiedere per chi avrebbero votato, ma quale sarebbe, a loro avviso, l’esito del voto alle comunali. Tutto lasciava ipotizzare che per l’ex sindaco Marco Melgrati, enfant terrible di campagne elettorali, sarebbe stata una passeggiata. Ecco l’esito: 87 vedono vincitore il centro destra (Canepa sindaco),  63  credono nella vittoria del rivale.  Intanto una bellissima notizia per Laigueglia e la Riviera. Dopo anni di chiusura ed abbandono torna in vita il mitico ristorante degli anni ’70 e ’80, Il Vascello Fantasma. Merito di uno dei primi gestori e pionieri, Angelo Marchiano, un vero ‘cavaliere del lavoro’ che oggi è affiancato dalla figlia Jussi e dal nipote Matteo. Un augurio di successo con il prestigio dello chef Stefano Rota.Ad Alassio tutti o quasi tirano per la gonna o la giacca se volete, Loretta Zavaroni, ‘lady 400 voti’, che già  nell’aprile 2013 veniva data come artefice dell’esito della sfida, accadde anche due anni prima quando il divario tra Roberto Avogadro e Luca Villani fu di 211 voti.  Veniva considerata primatista assoluta di preferenze (378) contro 328 di Melgrati. Lei valeva il 5,53%, lui il 4,8%. Eppure c’è chi ripete che la ‘regina’, lontano dal potere e dall’agone della politica, abbia perso punti. Per Melgrati, l’alleanza con Zavaroni, può davvero significare il traguardo ? E se invece, con un ‘colpo d’ala’, accettasse di entrare, come candidata sindaco, in un listone civico ? Un rinnovamento a 360 gradi come aveva del resto sempre auspicato una memoria storica, l’ormai schivo  e taciturno (nella sua città) Daniele La Corte, pensionato, giornalista e scrittore della Resistenza, firma pungente nella rubrica l’Irriverente a Imperia Tv. e con il quotidiano “L’Angolo di La Corte”.

Marco Melgrati e Angelo Galtieri gli unici ‘savonesi’ presenti a Imperia alla presentazione di Claudio Scajola sindaco

Canepa, dunque, ora in vantaggio quando già si sapeva che Angelo Galtieri, famiglia di albergatori, ex presidente provinciale della categoria, rinunciava alla sua lista, passando con Melgrati. E lo ‘spillo pensante’, avvocato Massimo Parodi componente della squadra.

Non si sapeva neanche che il ‘ direttorio ligure’ dei M5S non intende scendere in pista con una sua lista alassina. Ne fare accordi trasversali. Nonostante, alle politiche del 4 marzo, sia il 1° partito con il 26% (1526 voti alla Camera) contro i 1363 della Lega (23,2),  al terzo posto FI a quota 1.141 (19,9). Il centro destra unito al 49 %,  contro il 19,3 del centro sinistra.

Cosa può aver determinato la sorpresa Canepa vincente ? La scelta, almeno finora, data per scontata, di altri due schieramenti civici che di fatto sottraggono più suffragi al Gruppo Melgrati – Galtieri rispetto al ‘modello Toti – Rixi’. Non solo, il tam tam che un personaggio della caratura di Piera Oliveri non abbia escluso di confluire con Canepa (notizia riportata dalla stampa) porta acqua al mulino del centro destra. E ancora: decine, forse centinaia, di alassini hanno ricevuto un ‘messaggio’ via cellulare che l’on. Franco Vazio (che ad Alassio pare non goda di moltissime simpatie, vedi i risultati elettorali) abbia ‘messo una parolina’ con alcuni fidati Pd locali per fare in modo di sostenere Melgrati e C. Un mix, insomma, che potrebbe influenzare la partita. Col rischio del boomerang, Vazio è lo ‘storico’ vincitore delle assoluzioni del ‘cliente imputato Melgrati’.

Loretta Zavaroni, medico, ad un appuntamento conviviale: sarà ancora lei l’ago della bilancia ?


Certo a Melgrati, come a molti berlusconiani, avrà pure portato bene la raffica di 29 procedimenti penali, alcuni conclusosi in istruttoria, almeno uno (diffamazione al Pm. GB Ferro di Savona) per remissione di querela ed il versamento benefico del danno.  Un paio i casi di prescrizione. Sta di fatto che Melgrati, autodefinitosi “un innocente, seriale, ora sotto i gufi”, ha avuto molta visibilità da quella che ai più è apparsa una persecuzione giudiziaria, ignorando tuttavia che in Italia l’azione penale è obbligatoria. Che poi qualcuno, ai tempi del procuratore Francantonio Granero, abbia calcata la mano e fatto uso di pepe non è da escludere.

Paolo Giudici organizer del Meetup Beppe Grillo di Alassio

Nello scenario politico (si voterà pare a metà maggio) a giocarsi una ruolo da terzo polo potrebbe essere la fusione tra le liste sganciate dai partiti, in cui confluiscano non  i personalismi, le pretese, i vaneggiamenti illusionistici, ma la presenza di meritocrazia ed assenza di conflitti di interesse (che ad Alassio non è secondaria visto il passato più o meno recente). Non sarà facile, ma a titolo personale potrebbero influenzare la presenza o meno di due ‘grillini’ storici:  Paolo Giudici, con la veste di ‘organizer’ e Andrea Marchesini “co organizer”. Il Meetup di Alassio, insomma, potrebbe rendere un servizio alla città ‘detronizzando’ il ‘vecchio’, le croste di clientelismo, per un governo di svolta. Difficile però credere che ‘attori’ ed artisti’ in campo, qualcuno da parecchi mesi, possa avere l’umiltà dell’ascolto, e giudice delle proprie forze.

Andrea Marchesini co organizer Meetup Beppe Grillo di Alassio

E allora non resterebbe che assistere alla finale Melgrati – Canepa. Con i seggi a campi di calcio. A differenza dell’Inghiltera almeno non ci sono scommesse legali. (L.C.)

Ponterotto (Onzo), per Rosabianca la Festa della donna era la terra e senza palcoscenico

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Avevamo in agenda di ricordare Rosabianca Bruna in occasione della Festa della donna, il blog era ‘ingolfato’ di notizie. Perché è doveroso  ricordarla ? Non era un personaggio pubblico, in vista, pur se popolare in vallata, tra i pendolari turisti. Di lei non si erano mai occupate le cronache. Per i media locali dove si legge di tutto e di più, Rosabianca era ‘sconosciuta’. Donna eccezionale da moglie, mamma, nonna, contadina vecchio stampo, volto pulito, vendeva l’ortofrutta delle terre di famiglia. Per anni ha viaggiato dalla sua casa di Ponterotto (Comune di Onzo, provinciale per Pieve di Teco, sui confini tra Savona e Imperia, bassa Valle Arroscia) al mercato ortofrutticolo di Albenga. Alla guida del furgone, di primo mattino, raggiungeva la Riviera. Negli ultimi anni era pure punto di riferimento per i venditori di ‘mercatini’ agricoli: da Imperia al Finalese. Ma a Ponterotto si fermavano a fare provvista molta gente che apprezza genuinità e serietà commerciale.

L’ultimo commosso saluto di Rosabianca Rinaldi dal suo magazzino di Ponterotto di Onzo

Una contadina d’altri tempi. Casa, famiglia, lavoro, fatica, chiesa alla domenica, alle feste comandate, tanti sacrifici. Custode di quelle tradizioni che si basavano sulla parola, sulla fiducia reciproca, sulla correttezza, sul senso del dovere. Uno di quei patrimoni che non dovrebbe morire mai. Rosabianca, dopo mesi di sofferenza, ha preso il volo verso il cielo. Non era passato molto tempo da quando il vecchio cronista di provincia l’aveva fotografata e salutata, incoraggiata a resistere. C’era ancora bisogno di lei. Quell’ultimo saluto con il braccio alzato, le dita che si chiudono come si insegna ai bimbi a dire ciao. La commozione, il magone in gola di Rosabianca erano visibili (documenta l’immagine a fianco). Quasi un presagio. Poi quelle parole: “…è l’ultima volta, non ci rivedremo più… “. Sguardo triste, occhi lucidi, sofferente, fierezza e umanità. Avevamo avuto la fortuna di incontrarla e conoscerla, apprezzarla, dai sin dai primi anni ’90.

L’occasione non fu casuale. Da anni percorrendo la vallata, alla volta di Mendatica, Monesi, Nava, Ormea, ci capitava di fermarci alla ricerca di ortofrutta del contadino. Un giorno scoprimmo che una delle ‘bancarelle’ sulla provinciale (oggi non si contano neppure sulle dita di una mano ) vendeva pesche dei suoi terreni, ma quando ne rimaneva sprovvista, si riforniva al mercato ortofrutticolo  all’ingrosso di Quiliano.  Facile immaginare disappunto e delusione.

Da allora, mese dopo mese, l’incontro con Rosabianca; era nel pieno delle sue forze, della sua attività, sempre premurosa e preoccupata di non restare senza merce, di accontentare il cliente.  Il sorriso garbato, lo stile inconfondibile a consigliare la scelta migliore, oppure evitare. Alle ‘calcagne’, si fa per dire, del marito Domenico Rinaldi, un’esistenza  da ‘forzato’ della terra, gran lavoratore, a lungo giovane aitante. Dall’alba al tramonto, curvo a zappare, curare le piante da frutto, innaffiare, raccogliere centinaia di kg. Caricare il camioncino. Un agricoltore avvezzo alla fatica, sudore, calli, salute di ferro e, agli inizi, non c’erano ‘macchine da zappare’. La macchina da lavoro era lui,  nei giorni feriali come nei festivi, rinunciava persino a spostarsi, prendersi un giorno di riposo. Solo qualche eccezione per il matrimonio dei figli. Cassiera era la moglie, lui all’opera di primo mattino e nel tardo pomeriggio a raccogliere primizie di stagione: ciliege (la moglie ogni tanto lo elogiava “come sa raccoglierle Domenico ce ne sono pochi”), pesche, albicocche, cachi,  susine, pere, pomodori, melanzane, asparagi violetti, bietole, patate, zucchine, insalate. Nel garage di casa Rinaldi si potevano  trovare soprattutto prodotti a km zero e coltivati senza l’uso di troppi ‘veleni’. Quando rinunciava a ‘piantare’ patate di loro produzione, Rosabianca non aveva difficoltà: “Arrivano dal Piemonte”. Stessa cosa per le mele, il miele.

Nella stessa circostanza foto anche per Domenico Rinaldi, ora vedovo, una vita nei campi e nei frutteti finchè le forze l’hanno permesso

Rosabianca Bruna in Rinaldi per anni ha rifornito il mercato dell’ortofrutta di Albenga e dei ‘mercatini’ in Riviera con le primizie delle terre di famiglia nella bassa Valle Arroscia

Rosabianca che, a volte, trovava il tempo di sfogarsi, tra soddisfazioni e preoccupazioni,  ma discreta, attenta, premurosa, gentile. Un esempio senza clamori, senza la tribuna degli onori, dei riconoscimenti. Da lei facevano provviste  pure agricoltori che hanno il banco sui ‘mercatini’ ortofrutticoli della Riviera, in città, non ha mai parlato di questo particolare. Correttezza e onestà le sue regole di vita; fiera ed orgogliosa della figlia Maria, dei figli  Marco ed Enzo, entrambi lavorano la campagna, quest’ultimo è coniugato con la titolare di un negozio di alimentari di Ortovero.

Rosabianca radiosa e premurosa quando poteva presentare i nipotini, preoccupata sulla sorte dei figli: “Spero che quando non ci saremo più vadano d’accordo….”.  Da ultimo era assistita da una badante, qualche ricovero, tra sofferenza,  ansia, cure, medicine. Ha tenuto duro fino a quando le sue forze non hanno ceduto alle prese con lo sconforto. “Una donna eccezionale, unica – era il commento di un vivaista di lungo corso della Valle Arroscia che l’ha sempre conosciuta ed ammirata, non era il solo -“. Grande forza d’animo, la fede. Rosabianca se n’è andata, da allora quel magazzino è quasi sempre chiuso. Più triste l’atmosfera per i passanti, ex clienti. La badante ora assiste Domenico che si è arreso alla tarda vecchiaia e ai malanni. Lucido nei ricordi e nei rimpianti. Racchiuso nei suoi pensieri. La compagna della vita era originaria di Ventimiglia, lui di Casanova, si erano sposati nel 1961.

A Onzo nei giorni del lutto di casa Rinaldi, faceva notizia, a tutta pagina, che “dai rovi affiora un affresco del ‘600: è la Madonna del Latte, trovata nella cappella di San Giuseppe avvolta dalle erbacce”.  A fronte di una Rosabianca con la sua eredità di valori etici,  lavoro, famiglia, umile insegnamento, il giornalista pensionato Stefano Pezzini, sulle pagine de Il Secolo XIX e La Stampa, metteva in luce il ruolo di Giuliano Arnaldi, capogruppo di minoranza, ma soprattutto  antropologo ed esperto d’arte di fama ( direttore scientifico della Fondazione TribaleGlobale), e Giuliano Tronatore, grande conoscitore della Valle Arroscia, e il fotografo Roberto Oliva“. Arnaldi che illustrava il significato storico della scoperta dell’affresco “rovinato, ma leggibile”.  Pezzini blogger e che tiene una rubrica settimanale su Ivg.it , vive da anni nel paradiso di Arnasco.

Nessuno, in valle, ha scritto e forse fotografato come avrebbe meritato, l’esistenza di una generazione di donne contadine. Le ‘ragazze del ‘900’. Laboriose, ricche di sentimenti e spirito di sacrificio. Lontane dal lusso. Non hanno conosciuto la bella vita, la moda, i salotti, serate by night in Riviera. Rosabianca, con Domencio, ha mantenuto il vessillo di quella piana che ha dato origine alla ‘Festa delle pesche di Ortovero’ e dove i produttori  in attività sono rimasti una vera rarità. Rosabianca ha lasciato una mitologia di vita in simbiosi con il mondo agricolo. Ha lasciato un vuoto e una semplice pagina di storia, un album di ricordi tra umili, tra aspirazioni, speranze, rassegnazione. Se ne è andata senza lasciare ricchezze, ma esempio di virtù. Grazie Rosabianca, non meriti di essere dimenticata in fretta. Il suo sonno eterno ci tenga almeno dolce compagnia.

Luciano Corrado

Diocesi di Albenga e i monsignore: termina l’era Ruffino, ex seminarista di Bagnasco. Bezzone a Oneglia e Cuneo a Pietra Ligure

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Sono finiti i tempi che i parroci invecchiavano alla guida della parrocchia. Forse la notizia più eclatante, visto il protagonista, è il ‘pensionamento’ di  mons. can. Mario Ruffino, conosciuto nel savonese, nell’imperiese e in quel di Bagnasco che gli ha dato i natali. Il papà  era veterinario, il figlio dal seminario di Mondovì  a quello di Albenga, in liceo, all’epoca i seminaristi superavano quota 60. Il giovane Mario era di famiglia agiata, un fratello. Una mamma molto devota. All’epoca il ‘vivaio’ seminaristi  proveniva dall’entroterra ponentino e dalle cittadine della Riviera. Ruffino si distinse subito ricoprendo il ruolo di cerimoniere vescovile (con un manuale in latino in cui si studiavano gli ordini, da dare in latino, ai celebranti, concelebranti, chierici, durante le solenni funzioni religiose con la presenza del vescovo). Fu ordinato sacerdote dal vescovo Gilberto Baroni ( 5 luglio 1964), da ultimo, per 20 anni, il ruolo di ‘primo pastore’ a Oneglia, nella parrocchia collegiata della basilica minore di San Giovanni Battista, la più importante della diocesi: un diacono e due vice parroci, molte attività collaterali, in particolare per la gioventù.

Monsignor Mario Ruffino, originario di Bagnasco, molti incarichi prestigiosi, con il popolare ex presidente del Comitato San Giovanni di Oneglia

Don Ruffino canonico emerito della cattedrale di Albenga, delegato vescovile della Consulta delle Aggregazioni Laicali. In passato rettore del Seminario di Albenga con l’avvento della crisi di vocazioni. Mai coinvolto nel chiacchierio (o peggio in scandali che purtroppo hanno lasciato molte macerie nella provincia di Savona), se non in una polemica con i genitori ai tempi in cui era ‘cappellano’ dalle suore cappuccine Casa degli orfani Madonnina del Tembien, in Viale Martiri, ad Albenga, chiusa dal 2016.  Ruffino che nel passato ha ricoperto, tra l’altro, l’incarico di segretario del vescovo.

Quale futuro per il monsignore che il 27 gennaio ha compiuto 77 anni, con uno slittamento nell’incarico, considerato che i sacerdoti a 75 lasciano le  maggiori parrocchie, le incombenze più pesanti ed importanti. Per ora o forse per sempre resterà ad abitare ad Oneglia. Con la lettera di dimissioni rimasta sulla scrivania di mons. Borghetti per due anni, don Ruffino, rinuncia inoltre ad amministratore parrocchiale di San Luca Evangelista nella borgata di Cascine, sempre di Oneglia.

Mons. Ennio Bezzone, 51 anni, a settembre lascia la parrocchia di San Nicolò a Pietra Ligure, destinazione Oneglia

A settembre farà il suo ingresso un altro monsignore, più giovane, Ennio Bezzone in partenza dalla parrocchia di San Nicolò a Pietra Ligure dove non si sentiva più proprio agio, non sempre si può essere in sintonia con tutti, magari con la stessa giunta comunale. Pure lui cuneese, seminarista a Fossano, quindi ad Albenga nell’era del vescovo (oggi emerito) Mario Oliveri. Quando la migrazione, da altre diocesi e seminari, verso la terra ingauna, era fiorente. Purtroppo si rivelerà, col tempo, una scelta discussa ed azzardata sul fronte delle ‘pecorelle smarrita’ che tornano all’ovile. Ci sono state eccezioni, ma come rilevò, tra gli altri, l’analista docente imperiese Vittorio Coletti, dalle pagine de La Repubblica, anche sul fronte dei tradizionalisti, anti conciliari, latinisti, alcune figure erano davvero eccentriche, omelie incluse. Come sia andata a finire l’abbiamo descritto e raccontato prima con Il Secolo XIX, trucioli savonesi e da ultimo trucioli.it

Il ‘fortino’ del vescovo Oliveri, con papa Bergoglio, alla fine è stato espugnato e chi ha seguito gli articoli di alcuni vaticanisti avrà letto che è stata poi la volta dello ‘scacco’ alla lobby gay che in Vaticano, per anni, pare abbia fatto e disfatto, comandato, con il sostegno di cardinali e vescovi. L’altra fortezza a cui il papa italo argentino ha messo mano, seppure con più difficoltà, è stata la ‘confraternita’ della finanza & affari, della banca della città stato e legami con una certa massoneria. Fino all’abbandono dei pettorali d’oro, pastorale, mitra, anello, tiara e dello sfarzo in tutte le sue forme esteriori. Un papa che ha rinunciato ai saloni privati, per abitare nell’umile convento di Santa Marta, non sappiamo se sia vero il consiglio ‘salva vita‘ dell’intelligence vaticana o argentina.

RUFFINO A LUNGO IN PREDICATO DA VESCOVO – Chi ha seguito la storia della diocesi di Albenga – Imperia  (oggi conta 127 sacerdoti, 22 fuori diocesi, 49 religiosi, 233 religiose, 20 diaconi permanenti), pur da osservatore esterno, anche se bisogna riconoscere che il più informato ed introdotto è stato il giornalista Luca Rebagliati; chi ha seguito, dicevamo, ha ascoltato il tam tam sulla nomina dei futuri vescovi. In predicato inizialmente c’era proprio don Mario Ruffino, pare con i buoni auspici del cardinale Giovanni Battista Re, oggi prefetto emerito della Congregazione per i vescovi, e in buoni rapporti con un big della politica imperiese. Poi in molti scommettevano sulla figura di mons. Giorgio Brancaleoni, alassino. Con l’arrivo del vescovo Guglielmo Borghetti  è stato ‘dimissionato’ dall’incarico di vicario (al suo posto è arrivato don Ivo Raimondo) e nominato Penitenziere della cattedrale San Michele.

Invece, a sorpresa, ma non troppo (bastava  leggere qualche articolo sul Secolo XIX della redattrice Antonella Granero, originaria di Borgio Verezzi) designato e consacrato vescovo don Tonino Suetta, già parroco di Borgio, Rettore del Seminario, economo diocesano negli anni del ‘pericolo  dissesto’ per i 4 milioni di debiti che gravavano sulla Curia ed ora, come ha rimarcato il vescovo  Borghetti nell’ultimo incontro con i giornalisti, si sta lentamente rientrando. Anche se si faceva affidamento sulla alienazione del  Villaggio Santa Maria Belfiore di Peagna (fu acquistato negli anni ’50, da don Angelo Denegri, pievese, di famiglia facoltosa) e dopo alcune rinunce dell’eredità finito alla Diocesi. L’ipotesi era di ricavare 6 milioni di € ma con la clausola di destinazione (non residenziale, ovvero no a speculazioni immobiliari). Poteva essere trasformato in una struttura ricettiva per anziani, casa di cura. Va dato atto che la Curia, il suo nuovo economo diocesano, don Giancarlo Cuneo, sono stati inflessibili, nonostante la lauta offerta di acquisto di un importante immobiliarista di Savona. E’ vero che l’area ora è ‘vincolata’, ma lui si faceva carico di una variante al piano regolatore, come dire vantava buone entrature.

Don Giancarlo Cuneo, genovese, un gemello sacerdote, prenderà possesso della parrocchia San Niclò di Pietra Ligure il prossimo settembre, mantenendo per ora il ruolo di Economo diocesano

E c’è una novità, come è già stato pubblicato, proprio sul fronte di don Giancarlo Cuneo che farà il suo ingresso, a settembre, nella parrocchia di San Nicolò a Pietra Ligure (dove lascia, come detto, per Oneglia, mons. Bezzone, originario di Mondovì,  51 anni), la parrocchia che fu di don Luigi Fusta, ora in pensione, pure lui cuneese, ma seminarista e sacerdote ai tempi di monsignor  Raffaele De Giuli vescovo’.  Don Cuneo proviene dalla diocesi di Genova, con lui il fratello canonico Marco che lasciata la parrocchia di Civezza, dal marzo 2014, è Rettore del santuario diocesano di Nostra Signora della Rovere a San Bartolomeo al Mare. Don Giancarlo mantiene l’incarico di economo diocesano e di  risanatore del bilancio, le voci sussurrano di un possibile successore laico. Visto che la guida di una parrocchia comporta non pochi impegni e sacrifici, cosa che molti dimenticano, a cominciare da quell’assistenza, aiuto, agli ultimi, ai più poveri, italiani e stranieri, che spesso bussano per un posto di lavoro, ma anche per un piatto di pasta, un dramma in famiglia. E su questo fronte di vita parrocchiale la discrezione è massima, si parla soprattutto della Caritas. Ma il parroco si trova giornalmente a contatto con la realtà della vita quotidiana. (L.Cor.)

LA LETTERA AI PARROCCHIANI DI DON RUFFINO E I TRAGUARDI PIU’ MERITEVOLI

Intanto a molti che frequentano il paese e le montagne di Alto (Valle Pennavarire), ma già provincia di Cuneo, sarà capitato durante le ferie estive di trovare monsignor Ruffino, con i ragazzi di Oneglia, le famiglie in visita domenicali ai figlioli. Ad Alto la parrocchia gestisce una ‘colonia’ attigua al castello, molto attiva e diciamo pure benemerita. E solo una delle iniziative del sacerdote. Certo lasciare una ‘propria creatura’ non è facile neppure per un apostolo di Cristo.  “Il lasciare non è fuggire – ha scritto nel quasi commiato agli onegliesi – , né tanto meno dimenticare…spero di continuare con voi, sin quando il Signore lo vorrà, un cammino che non si interrompe e che da parte mia si concretizzerà in una vicinanza discreta e orante…da un avvicendamento di servizio, la comunità di San Giovanni Battista non potrà che trarne beneficio. Accogliete con gioia e gratitudine il nuovo parroco, mons. Ennio Bezzone,  che viene a voi ricco di esperienza, di intelligenza e di rigore”.

Il parroco don Ruffino con l’allora sindaco Ginetto Sappa all’inaugurazione di una mostra di Rossella, artista diversamente abile

Ci sono voluti alcuni anni e molta determinazione ma alla fine monsignor Mario Ruffino è riuscito a completare il suo disegno: accentrare nella zona di via Agnesi il cuore delle attività parrocchiali di San Giovanni con l’oratorio, i campi e il salone, la palestra e l’ala dedicata al catechismo con diverse ed attrezzate aule, a fianco la casa delle suorine che da spazio alle opere parrocchiali, l’ascensore interno che – arrivato al terzo piano – attraverso un piccolo ponte collega direttamente al campetto e al piano terreno dell’ex asilo San Giuseppe (oggi Casa della Carità), agli spazi parrocchiali con palestra per la danza e altre sale per attività e incontri. Un tutt’uno protetto e cintato con la chiesetta che farà da centro di riferimento.

Ogni settimana, tra attività sportive, ricreative sono più circa 300 i ragazzini dai 4 anni in su che frequentano il campetto, la palestra e il salone del complesso di via Agnesi. Una risposta forte ad un desiderio, sempre più evidente, di aggregazione. «Quello di San Sebastiano è il più antico oratorio cittadino e della nostra Diocesi – spiegava monsignor Mario Ruffino – L’oratorio ha una funzione sociale riconosciuta da una legge nazionale e regionale e ha un grande valore educativo: un ponte tra la strada e la Chiesa».

L’oratorio è aperto tutti i pomeriggi, sabato compreso. C’è spazio per il gioco libero e per le attività sportive. Calcio e danza su tutti. «Qui accogliamo i bambini e i ragazzini che trovano un luogo protetto, seguito, dove al centro viene messa la crescita e l’attività formativa – spiegavano Rita Sassè che con Paola Guasco si alterna all’accoglienza – ci sono bambini di ogni età, stranieri, anche musulmani. tutti allo stesso modo devono seguire le regole, l’educazione e rispettare il luogo e i compagni». Anche lo sport ha altra filosofia: «La nostra è un’attività di avviamento al calcio – osservava il mister Fulvio Palazzeschi – si gioca senza stress, al centro c’è attenzione per la crescita dei ragazzi, divertimento ed educazione».

Don Ruffino ogni anno incontrava i giornalisti imperiosi in occasione del santo Patrono della categoria, San Francesco di Sales

Ceduti i locali delle opere parrocchiali di via Unione, tutta la vita parrocchiale si è spostata alle spalle della scuola elementare di largo Ghiglia e a pochi passi dalla media Novaro: un quartiere di giovani e per i giovani. La canonica con l’abitazione del parroco e gli uffici pastorali si sono invece spostati nella ristrutturata canonica. La canonica ha una storia antica ripresa sul giornalino parrocchiale dall’architetto Maurizio Arnaldi. L’obbligo della municipalità di Oneglia di provvedere al Parroco  con casa canonica o, in mancanza di essa, un alloggio, fu stabilito dal Decreto imperiale napoleonico del 1809. Seguendo tale consuetudine si giunge alla fine del diciannovesimo secolo quando con delibera consiliare il Comune di Oneglia, rilevato che a seguito del terremoto del 1889 il Parroco trovava difficoltà a reperire idoneo alloggio in prossimità della Chiesa, deliberò di accendere un mutuo al fine di acquistare un terreno e farvi costruire una casa canonica che sarebbe rimasta di proprietà comunale. Con successivi contratti il magazzino ed i locali ai piani primo e secondo della casa canonica furono concessi in locazione alla Parrocchia di Oneglia per canoni simbolici. Nel 2000 la Parrocchia acquistò dal Comune l’immobile al prezzo di euro 350mila più tasse e spese. Dopo i lavori la canonica è un vero e proprio gioiello: caratterizza con i suoi due fronti il paesaggio urbano sia su piazza Goito che su via Santa Elisabetta. L’edificio, prima dei lavori di restauro, presentava gravi fenomeni di dissesto e all’interno un generalizzato stato di decadimento. Un importante lavoro di ristrutturazione e di recupero unito alla grandiosa dedizione di monsignor Ruffino, al recupero e al riciclo con un innato gusto del bello: le vecchie tende dell’ex cinema Dante sono diventate la copertura di un divano antico donato alla parrocchia, assi di legno prezioso sono state trasformate in un angoliera.

IL VESCOVO EMERITO E LA SANTA COMUNIONE A MONSIGNOR BORGHETI

La fotonotizia pubblicata sul Secolo XIX edizione di Savona (non quella di Imperia), nè sul ‘confratello’ La Stampa, del vescovo Mario Oliveri e  monsignor Guglielmo Borghetti che riceve la Santa Comunione dal predecessore, durante una celebrazione della Messa con rito Tridentino (preconsiliare), ha fatto fare una smorfia a più di un sacerdote della diocesi di Albenga – Imperia, almeno chi ha letto, ma c’è stato pure il tam tam e che aveva assistito al lungo braccio di ferro, agli sgarbi, anche plateali, ricevuti da chi riteneva fosse un’ingiustizia terrena e divina, lasciare la sede del Vescovado, lo scettro del comando, fare il pensionato in un umile alloggio preparato ad hoc nel Seminario. C’è da osservare che l’ascia della guerra fredda, sotterranea o palese che sia, alla fin fine lascia soprattutto macerie, rancori, malanimo. E’ giusto e sacrosanto che Borghetti abbia voluto dimostrare con un ‘gesto’ (seppure sacro) palese che non aveva senso la ‘guerra’ più o meno sotterranea. O meglio che lui era stata mandato ad Albenga per ‘fare pulizia’, in ogni senso, latitudine e longitudine, la chiesa di Roma aveva già sopportato e sofferto abbastanza. E se Oliveri non ha mai voluto ascoltare per tempo i consigli disinteressati ( “Lasci la diocesi e si trasferisca prima che sia troppo tardi”, tra i modestissimi suggerimenti anche il nostro di persona), se Oliveri non può essere annoverato tra i porporati collusi con affari&politica, certamente la pax pasquale è un ottimo segnale, un incoraggiamento che ci stiamo avviando verso un campo di semina, non mancheranno i germogli e infine la raccolta.


Compie 10 anni la Comunità Benedettina di Villatalla (IM). Tre monaci tradizionalisti pregano e lavorano dall’alba al tramonto. Ma ora si parla di trasferimento a Pieve di Teco

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Magnificat! ( il cantico del primo capitolo del Vangelo secondo Luca con il quale Maria loda e ringrazia Dio perché si è benignamente degnato di liberare il suo popolo). Ora et labora (prega e lavora). Siamo nel piccolo monastero di Villatalla: qui vivono tre monaci Benedettini dell’Immacolata Casa Santa Caterina da Siena. Li ospita la vecchia canonica della frazione di Prelà (IM). Praticano, unico esempio in Liguria, l’orario degli antichi uffici: il ‘mattutino’ nel cuore della notte (3h30), lodi (h6), orazione mentale (6,30), Prima (7), Terza (9,15, domeniche e feste 9,45), Santa Messa (9,30, domeniche h 10), Sesta (12,15), Nona (14), Vespri (18), Rosario (18,30, di domenica e  nelle feste anche l’adorazione eucaristica), Compieta (ore 20, l’ultima delle ore canoniche dell’ufficio divino, con cui si conclude la preghiera della giornata liturgica). Ci sono probabili novità all’orizzonte e una storia di vita abbastanza inedita e forse ‘misteriosa’ per i comuni mortali.

Villatalla Mons Oliveri con padre Stefano Manelli (leggi a fondo pagina la sorte toccata al frate, 84 anni, in un articolo su Papi e dintorni a firma del vaticanista Marco Tosatti), il parroco di Villatalla e sacerdoti della diocesi.

Durante l’incontro con i giornalisti, in occasione della Festa del santo patrono,  San Francesco di Sales, un paio di giornalisti imperiesi hanno chiesto notizie, al vescovo Guglielmo Borghetti, sulle voci di un possibile trasferimento dei Benedettini di Villatalla a Pieve di Teco nell’antico convento – monastero, da anni in gran parte inutilizzato. Risposta: “No comment, vedremo”. 

Porta la data del 21 marzo l”erezione canonica’ della comunità benedettina in occasione della Festa di San Benedetto. L’Abate Jehan De Belleville, interpellato da trucioli, dice: “Il trasferimento è in fase di studio, non è né sicuro, né deciso. È una proposta generosa del nostro vescovo, ma dobbiamo cercare se è possibile di risolvere tanti problemi importanti.” E per la prima volta un organo di informazione giornalistica racconta la giornata e le aspirazioni di Padre Jehanfra Antonio e del neo fra Mariano. Tra preghiere, castità, povertà, lavoro, cella. Con la fine dell’era del vescovo  Mario Oliveri e l’avvento del successore Borghetti, voluto alla guida della diocesi da papa Francesco.

L’Abate Jehan ha un’altra significativa preoccupazione: “E’ necessaria molta discrezione nel divulgare indiscrezioni  stampa a causa degli abitanti di Villatalla e tanti amici vicini che non vorremmo turbare inutilmente “. Vale a dire, è fuori luogo fare anticipazioni se non è  ufficiale il ‘trasloco’. Se da una parte sussiste il timore che gli abitanti della frazione della Val Prino, a 551 slm, (70 abitanti, 36 maschi, 34 donne, 3 stranieri di cui 2 donne, 17 uomini celibi, 8 donne nubili, 32 coniugati, 11 vedovi),  salgano sulle barricate, dall’altra, per Pieve di Teco e l’alta Valle Arroscia, sarebbe una buona notizia. Infatti, tra le rarissime informazioni che si possono leggere sui media imperiesi, Riviera 24 nel maggio 2015, scriveva: “I monaci di Villatalla cercano in tutti i modi di rendersi utili al prossimo, alla gente del borgo e della vallata, arrivano anche fedeli dalla Francia e fuori regionale”.  Infatti attorno all’ opera evangelica – tradizionalista dei monaci c’è un  costante richiamo. Interesse a scoprire una realtà monastica d’altri tempi, ricca di liturgia, dell’uso del latino in tutte le celebrazioni, con riti secolari, un certo fascino mistico e solennità.
Tra i seguaci più attenti, non manca chi ha già scritto, come emerge dai post del sito curato da padre Jehan, qualche riflessione preoccupata sulla sorte della comunità benedettina tradizionale di stretta osservanza, nata a Villatalla il 2 luglio 2008, fondata da due monaci provenienti dall’abbazia di Le Barroux (Francia), su richiesta di Monsignor Mario Oliveri, oggi vescovo emerito della diocesi.

Padre Jehan accoiglie il vescovo Borghetti

Ecco un commento ed un interrogativo: “Qualcuno mi sa dire qualcosa su padre Jehan De Belleville, discepolo di dom Calvet, e sulla sua fondazione monastica a Villatalla ? Da più di un anno sul web non ci sono più notizie relative ai benedettini dell’Immacolata. Non so se proseguirà la fondazione di padre Jean. Specialmente dopo l’arrivo del vescovo coadiutore ad Albenga. ….”. Risponde un altro lettore del sito: “Purtroppo la grande massa di fedeli che ha avuto il lavaggio del cervello dai post/conciliari, quello che dici non solo non lo capisce, ma neanche lo immagina (rivolto al lettore che poneva interrogativi ndr); purtroppo è una massa informe che non riesce più a ragionare col proprio cervello, ma ragiona col cervello degli altri, di coloro che l’hanno imbevuta in questi 50 anni. Altrimenti o andrebbero dai protestanti oppure dai tradizionalisti; l’ibrido mi fà venire l’acido allo stomaco”. Interviene un terzo lettore: “ In Europa questa cosa gli ex pseudo/cattolici non riescono neanche a immaginarla; si credono ancora cattolici; purtroppo troppo pochi ragionano col proprio cervello e studiano e s’informano seriamente.”

LE ANTICHE USANZE A VILLATALLA – Secondo un’usanza antica, il celebrante durante la Messa invita la comunità al raccoglimento con l’avvertimento solenne del Dominus vobiscum. «Il Signore sia con voi!», dopo di che i fedeli rispondono: «E con il tuo spirito». Il Signore dev’essere con il sacerdote per renderlo degno di esprimere i voti della comunità. Dev’essere con i fedeli per renderli attenti alla preghiera. Il ‘faro quotidiano‘ dei monaci sono: Il Breviario, il Messale, il Processionale che contengono una quantità di orazioni straordinarie per eleganza di stile, penetranti e profonde per pensiero. Una considerazione tra le righe del sito dei monaci di Villatalla: “Le nostre collette sono tra le testimonianze più antiche della pietà della Chiesa primitiva; esse sono sopravvissute a lente trasformazioni della liturgia e risultano di considerevole interesse.” E ancora: “Due caratteristiche meritano di essere sottolineate: la ricchezza dottrinale e il valore pedagogico. Il latino delle orazioni ci fa pregare con tanto gusto ed esattezza, che la traduzione talvolta è impossibile. Come tradurre parole come: «ostia», «pietas» o «devotio»? A venti secoli di distanza, la parola calcata sul latino appare vuota della sua sostanza o ha cambiato significato.”
PROGETTO DI VITA MONASTICA E AVVENIMENTI –   Il progetto di vita monastica ha segnato gli esordi della fondazione di Villatalla nel suo primo anno di cammino. “Le nostre informazione  religiose– viene rimarcato sul sito internet – sono soprattutto un appello alla carità della vostra preghiera e, per chi può, una domanda anche di un aiuto materiale. L’11 luglio, giornata di festa al monastero per la solennità di San Benedetto, la chiesa si riempie per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito tradizionale “. Tra i primi celebranti  l’allora vicario generale, monsignor Giorgio Brancaleoni, circondato da diaconi, suddiaconi e altri officianti.

La consacrazione di Fra Mariano nella cerimonia officiata dal vescovo Borghetti con don Marco Cuneo e l’abate Jehan

L’ARRIVO DEL NUOVO VESCOVO BORGHETTI –  Il commento dei monaci: “Monsignor Borghetti ha dovuto prendere tempo per conoscere la sua nuova diocesi e farci una prima visita il 12 marzo 2016. Pubblicamente e a più riprese egli ha dichiarato che, pur non avendo sensibilità tradizionale, nondimeno avrebbe rispettato pienamente il motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Ed è stato di parola: diverse messe sono attualmente celebrate nella diocesi secondo il rito tradizionale a richiesta di gruppi di fedeli”. Lo stesso Borghetti, peraltro senza echi di cronaca sui media assai attenti al ‘nuovo corso’, dopo il ventennio del vescovo Oliveri, il 21 marzo scorso ha fatto visita al monastero di Villatalla “ad erigerci e a ricevere i nostri voti monastici. E su sua richiesta, la messa tradizionale celebrata in forma solenne da monsignor Brancaleoni, già vicario generale di monsignor Oliveri e lo stesso monsignor Borghetti ha assistito dal coro….”.

UNA CHIESA GREMITA –  La festa del trapasso del  beato Padre San Benedetto è stato un “giorno di grazia e di gioia a Villatalla“. La spiegazione affidata alla descrizione del sito del monastero: “ In una chiesa gremita, mons. Guglielmo Borghetti è venuto ad erigere il nostro monastero in Istituto di Vita Consacrata di diritto diocesano nel corso della messa solenne celebrata in rito tradizionale”. Non solo. Presenti una quindicina di sacerdoti della diocesi e numerosi sacerdoti di diocesi vicine, amici della comunità. Il Sindaco Eliano Brizio con la fascia tricolore, il maresciallo Daniele Bertolino comandante la stazione dei Carabinieri, accompagnato del suo vice, in rappresentanza delle autorità ufficiali del paese. Numerosi i fedeli amici e oblati accorsi per “assistere e per unirsi con il cuore e con la preghiera alla grazia di questa cerimonia così bella e commovente, nel cuore della quale Padre Jehan e Fra Antonio hanno rinnovato i loro solenni voti monastici, mentre Fra Mariano prometteva obbedienza, conversione dei costumi (castità e povertà) e stabilità per tre anni”

Il clero diocesano e i monaci benedettini nella foto ricordo con il vescovo Borghetti a Villatalla

L’OMELIA DEL VESCOVO – Nell’omelia, mons. Borghetti ha sviluppano con “eloquenza la definizione di monaco che dà San Benedetto, un «cercatore di Dio», di quel Dio di cui il monaco ha fatto l‘assoluto della sua vita”. Ecco un ulteriore estratto di cui si può ammirare la profondità di pensiero e analisi: «…..L’etimologia del termine “monaco” significa colui che è “solo”. Allora ci si domanda legittimamente: perché la Chiesa cattolica dovrebbe sostenere la scelta di colui che vuole “restare solo”? Non sarebbe più utile orientare le vocazioni verso una vita più simile a quella delle parrocchie, soprattutto oggi che i sacerdoti sono sempre meno numerosi?  In realtà, a ben considerare la vita monastica, essa ha un’importanza particolare nella vita della Chiesa, come ha sempre sottolineato il magistero petrino. L’uomo ha per natura una dimensione religiosa che non si può sopprimere e che orienta il suo cuore alla ricerca dell’assoluto, di Dio, del quale avverte più o meno chiaramente e confusamente l’insaziabile bisogno. Quando nel corso degli eventi della vita tale bisogno affiora alla coscienza, esso fa dell’uomo un cercatore di Dio. Per San Benedetto questo è il segno fondamentale e il criterio di un’autentica vocazione monastica. Nell’ambiente cristiano questa ricerca è diventata la «sequela Christi», cioè a dire la «via che porta a Dio», nell’ascolto obbediente della sua Parola di grazia, di verità e di vita. Il monaco non è dunque un uomo solo ma un uomo che, attraverso la solitudine del suo stile di vita, mette al centro di tutto Dio, creatore del cielo e della terra. Dio autore della grazia che dà senso alla vita presente e futura, alla vita che continuerà dopo il passaggio cruciale della morte e della decadenza del corpo mortale. La vita e la morte vi sono assunte nella speranza del Regno. È questo tutto il senso della visione che ebbe San Benedetto quando contemplò il mondo intero raccolto sotto un unico raggio di luce che l’univa a Dio: è nel loro intimo rapporto con Dio che tutte le realtà di quaggiù sono assunte e trasfigurate. È dunque la ricerca di Dio che definisce il monaco e che costituisce l’asse su cui poggia la sua vita di preghiera, di lavoro e di esempio per noi tutti che siamo nel mondo senza essere del mondo “.

Dopo la liturgia solenne e grandiosa della preghiera è stato la volta ” altrettanto sacra dell’amicizia attorno ad un rinfresco. Sono i conviti gioiosi in cui si ritrovano tutti coloro che si sono uniti nel silenzio estasiato di una stessa comunione santa, ” annota padre Jehan

L’APPELLO DEI BENEDETTINI DELL’IMMACOLATA

Casa San Giovanni: prima

Casa San Giovanni: prima

 

“Cari amici, nell’arco di due anni, grazie al vostro aiuto, siamo stati in grado di rifare il tetto e la facciata della casa San Giovanni, dalla quale dovremmo ricavare tre ulteriori celle, un refettorio, una cucina separata ed un capitolo per le riunioni della comunità. Potete vedere qui sotto la trasformazione, la quale tuttavia riguarda solo gli esterni.

Casa San Giovanni: dopo

Casa San Giovanni: dopo

Siamo ora pronti a ristrutturare gli interni, dove tutto è da rifare: rivestimenti, tinteggiature, impianto idraulico, impianto elettrico  e impianto di riscaldamento, oltre a porte e finestre.  Sono ben consapevole che la situazione finanziaria di molti di voi è difficile e che molte comunità legittimamente vi sollecitano da più parti per le loro opere di apostolato. Approfitto tuttavia della grazia della Quaresima e dell’invito della Chiesa alla penitenza e alle opere di misericordia per richiamare la vostra attenzione e il vostro cuore sulla nostra comunità e sui suoi bisogni vitali.

Il futuro refettorio

Nell’immagine il futuro refettorio con lavori in corso

“Voi conoscete la grandezza e la necessità della preghiera non solo per ciascun cristiano ma anche per la salvezza del mondo”. E «il monaco è l’uomo della preghiera», diceva Dom Gérard. «L’anima contemplativa – scriveva Gustave Thibonnon è uno scrigno chiuso. Al di là delle parole e dei gesti e degli stessi pensieri e sentimenti, essa diffonde sulla terra i tesori che prende dal cielo. Questi luoghi di vita interiore sprigionano irradiazioni segrete che cambiano la temperie circostante. Poiché la preghiera non è solo domandare a Dio questa o quella cosa, non è neppure occuparsi esclusivamente della propria salvezza personale, è aprire le valvole attraverso qui penetra la grazia, è permettere a Dio di circolare nel mondo. E là dove tale circolazione rallenta o si arresta, la vita temporale essicca ed incancrenisce come un membro non più irrigato dal sangue. Il monaco immobile nella sua cella e solo davanti a Dio abbraccia e penetra l’intera estensione dello spazio e del tempo: la sua preghiera, ricadendo sugli uomini, agisce più sull’essenza che sull’apparenza, e questa infiltrazione divina è troppo profonda e troppo pura perché un pensiero di quaggiù possa comprenderne i sentieri. Chi dunque oserà assimilare la comunione dei santi ad un fenomeno sociologico? È l’intersoggettività assoluta che, al di là di ogni segno sensibile, unisce le anime alla pura interiorità della loro sorgente». E il nostro autore aggiunge: «Si parla di “vuoto” dell’esistenza dei monaci. Essa è un vuoto al pari delle porosità dell’organismo, ma è attraverso tali porosità che il mondo respira Dio».

“La cella è il vestibolo del cielo, è il secondo santuario”.
Dom Romain Banquet

“Queste sublimi parole dicono infinitamente di più di quanto io saprei dire l’importanza della vita contemplativa e la necessità vitale di sostenerla con un aiuto temporale senza il quale essa non potrebbe svilupparsi ed intensificarsi. I monaci sono al contempo il diapason di quel Dio che pregano e che servano, «il Dio degli eserciti che si è fatto il Dio disarmato», che fa dipendere il più alto dal più basso, il superiore dall’inferiore, poiché se la terra non ha bisogno della rosa, la rosa ha tuttavia bisogno della terra. La preghiera è l’Opera delle opere. Essa precede ogni apostolato, sostenendolo segretamente ed efficacemente. Ma senza il vostro aiuto essa non può crescere e prosperare sotto il cielo di questo mondo, che pur deve salvare dal male e dal dolore. Vi ringraziamo in anticipo di tutto cuore per l’aiuto caritatevole che vorrete recarci. La nostra gratitudine si esprime in modo particolare attraverso la messa che celebriamo mensilmente per tutti i nostri benefattori. Che Dio benedica voi e le vostre famiglie. «Fai l’elemosina con i tuoi beni – dice Tobia – e non distogliere lo sguardo da nessun povero, perché non avvenga che lo sguardo di Dio si distolga da te»

“Siamo felici di annunciare la prossima erezione canonica della nostra comunità, a cui provvederà il nostro nuovo vescovo Monsignor Guglielmo Borghetti il

L’arrivo del vescovo Oliveri a Villatalla per la visita ai monaci benedettini

prossimo 21 marzo, in occasione della festa di San Benedetto. Il 19 gennaio 2015 ne avevamo fatto richiesta a Monsignor Oliveri nei termini seguenti, che riassumono la situazione della comunità sin dalla sua fondazione. L’approvazione delle Costituzioni da parte della Santa Sede è una condizione di validità per l’erezione di un istituto diocesano. Firmata il 25 marzo 2015, essa è giunta troppo tardi a Monsignor Oliveri poiché quel medesimo giorno, su richiesta di Papa Francesco, egli rinunciava alla giurisdizione discendente dalla sua carica di vescovo diocesano. Monsignor Borghetti ha dovuto prendere tempo per conoscere la sua nuova diocesi e farci una prima visita il 12 marzo 2016. Pubblicamente e a più riprese egli dichiarava che, pur non avendo sensibilità tradizionale, nondimeno avrebbe rispettato pienamente il motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Ed è stato di parola: diverse messe sono attualmente celebrate nella diocesi secondo il rito tradizionale a richiesta di gruppi di fedeli…”

Capella S. Madalena di Bedoin dove nacque la grazia fondatrice nel 1970

Capella S. Madalena
di Bedoin dove nacque la grazia fondatrice nel 1970

“Cari amici, vengo a condividere con voi la nostra gioia di ricevere l’approvazione della santa Chiesa per continuare la nostra vita monastica nella completa fedeltà alla grazia trasmessa e ricevuta a Bedoin nel 1970 da Dom Gérard, di cui ho l’onore di essere il primo discepolo. Magnificat! Vi ringraziamo per le vostre preghiere che ci accompagnano in questo giorno benedetto e noi stessi vi ricordiamo nelle nostre ogni giorno. Che Dio benedica voi e le vostre famiglie!”_EMC2319

 

“Arrivederci caro Monsignore Oliveri, che il Signore vi benedica e vi ricompensi per essere sempre stato il Pastore fedele al vostro motto nella fede trasmessa e nella pace comunicata alle anime: “Fides et Pax”.

IL VERBO DEI TRADIZIONALISTI – Dove sta andando la Chiesa cattolica, si chiedono a Villatalla ? “La Chiesa Una Santa è viva e immacolata nel Suo Sposo; ma una parte di quella visibile rischia di subire una ‘mutazione genetica’ o questa è già avvenuta nostro malgrado e ne stiamo vedendo gli effetti? Ci confrontiamo per “resistere”, nella fedeltà. Brillanti massime che illuminano la nostra strada”.

Non un cenno al lungo dramma pastorale, giudiziario, umano che ha vissuto, sconvolto, la diocesi di Albenga e Imperia negli ultimi decenni. Nessun cenno alle ‘pecorelle smarrite” (sacerdoti diocesani, per lo più arrivati da fuori, che hanno ‘prodotto’ il più imponente archivio stampa scandalistico della storia locale e non solo, senza che, a quanto ci risulta, sia mai stata chiesta una rettifica ai sensi dell’articolo 8 legge 8 febbraio 1968, è in una solo caso la diocesi tramite il vicario Brancaleoni aveva sporto querela (archiviata) in seguito alla pubblicazione, di trucioli.it, delle rivelazioni di un prete sulla vita ‘spensierata’ di un manipolo di parroci ‘tradizionalisti ?’ che erano soliti frequentare un centro di massaggi e bellezza per soli uomini a Nizza. Si aggiungano le devastanti ‘confessioni – rivelazioni’ rese davanti ad un magistrato inquirente e polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Savona da un sacerdote ‘pentito’, molto addentro e certe realtà assai poco virtuose. Del caso si occuparono cronache e locandine (una delle tante) de Il Secolo XIX, La Stampa. Seguì l’annuncio iniziale di querele per calunnia e diffamazione, poi che si sarebbe ricorso solo alla giustizia canonica, infine a quanto pare il ‘perdono’. Tralasciamo di riscrivere nome e cognome trattandosi di un ‘pastore’ ora alle prese con una grave malattia.

Ora et labora, dicevamo. Non sappiamo quale sarà il destino del trasferimento (si o no) a Pieve di Teco, che comunque non va interpretato come una ‘punizione’ o una ‘presa di distanza’ del vescovo e dei suoi più stretti collaboratori ai quali è difficile immaginare che non ricorra mons. Borghetti. Ricordiamo un particolare di un nostro incontro con il predecessore Oliveri quando era in carica e lamentava una presunto accanimento: “Tutte le mie decisioni le ho prese, nel corso degli anni, con i collaboratori più vicini, dai vicari, Damonte e Brancaleone, all’economo don Gerini....”. Come dire, è ingiusto additarmi ad unico responsabile, mettermi in croce, quando nessuno ha mai contrastato il mio operato.

I tre monaci di Villatalla non solo sono molto attivi nella vita ‘con Cristo’, coltivano l’orto della ripristinata canonica, a lungo rimasti incolti. Soddisfatto padre Jehan: “Abbiamo la gioia di cogliere insalate, ravanelli, piselli, ma anche pomodori e patate, melanzane, cipolle, zucche e zucchine, carote, ogni ben di Dio si direbbe e di madre natura”.

Nella chiesa di Villatalla il giorno della festa di San Benedetto con due vescovi (Oliveri e Borghetti) con sacerdoti e monaci

ERA L’11 LUGLIO 2013 – La cronaca di Sanremo news narra che ” per la festa di San Benedetto, il vescovo Oliveri, ha celebrato a Villatalla un pontificale in latino secondo il rito tradizionale antico. Si sono uniti alla festa religiosa, non solo gli abitanti del paese molto solidali con i monaci, ma anche il parroco di Villatalla, il rev don Tomas Iochewmczyyk (nato a Katowisce, capitale della Slesia polacca, 42 anni, ordinato sacerdote dal vescovo Oliveri il 18 dicembre 2010 con incarichi di arciprete a S. Michele di Villatalla, SS. Annunziata a Tavole, San Gervasio e Protasio di Prelà, San Giovanni Battista di Molini di Prelà ndr); il parroco di Civezza don Marco Cuneo (ora rettore  del santuario diocesano di Nostra Signora della Rovere a San Bartolomeo al Mare e canonico del Capitolo della Concattedrale di Imperia San Maurizio e Concattedrale di Oneglia), i vice parroci di Laigueglia don Francesco Ramella e della cattedrale di Albenga don Maurizio Morella, oltre il cancelliere della diocesi  can. Tiziano Gubetta,  altri sacerdoti e fedeli provenienti anche da altre diocesi, tra cui quella di Ventimiglia e Sanremo. Don Morella, ordinato sacerdote a 30 anni, originario di Lanzo Torinese: dopo aver studiato nel seminario di Albenga, ha svolto la pratica pastorale nella parrocchia di Peagna, con monsignor Fiorenzo Gerini (la veneranda età ha imposto di trasferirsi nella casa di cura La Presentazione di Loano), nella chiesa di San Giovanni Battista dove ha celebrato la sua prima messa. E dopo 7 anni di servizio nell’Agesci – Capi, come Assistente Ecclesiastico e  Amministratore parrocchiale di Nasino e Castelbianco, don Maurizio ha lasciato per un nuovo incarico pastorale nella Diocesi di Ivrea. Tra i presenti i frati francescani  dell’Immacolata del Santuario della Madonna delle Grazie della Rovere.

A tutti i ringraziamenti di Padre Jehan per la vicinanza e l’affetto dimostrato.

Luciano Corrado

CHI E’ PADRE MANELLI

Non ha fine il calvario per padre Stefano Manelli, fondatore dei Frati Francescani dell’Immacolata (FFI), istituto commissariato ormai da quattro anni, senza che sia stata fornita mai dalle autorità competenti una motivazione chiara del provvedimento. Si parlava di una possibile “deriva lefebvrista”; il che adesso fa un po’ ridere, posto che il Pontefice è più che pronto ad accogliere gli eredi di Marcel Lefebvre con una Prelatura personale nella Chiesa. L’opinione che si può azzardare dall’esterno è quella di un’identificazione di cause molteplici: Un assalto alla gestione del fondatore da parte di un gruppo di “giovani turchi” che volevano impadronirsi dell’ordine, uno dei più fiorenti –allora – dal punto di vista delle vocazioni (ora devono importarle dalla Nigeria, in spregio alla direttiva vaticana che impone la formazione in loco); e poi i soldi, la “roba”.

E’ un ipotesi che aiuta a capire sia la furibonda, e diffamatoria campagna di stampa che è partita su presunti abusi alle suore ; accuse archiviate nel novembre scorso dalla magistratura. Ma che avranno probabilmente un seguito, pesante dal punto di vista finanziario e professionale, per alcuni siti web spazzatura e giornali che verranno perseguiti civilmente, con richiesta di danni cospicui, dalle vittime. E anche le ultime mosse della Congregazione vaticana per i religiosi. Non tanto il Prefetto, il brasiliano João Braz de Aviz, quanto il segretario della Congregazione, José Rodriguez Carballo, francescano, che tiene un rapporto diretto con il Pontefice. Carballo è direttamente coinvolto nello scandalo finanziario che ha provocato il crack dei Francescani a livello mondiale. Era Ministro Generale all’epoca dei fatti. Uno scandalo che è stato tale da porre “in grave pericolo la stabilità finanziaria della Curia generale”, come scrisse lo statunitense Padre Michael Perry, responsabile dell’ordine, in una lettera indirizzata a tutti i fratelli. Il caso è scoppiato dopo la decisione da parte della Procura svizzera di porre sotto sequestro decine di milioni di euro, depositi – pare – investiti dall’ordine in società finite sotto inchiesta per traffici illeciti di armi e di droga.

Tornando ai Francescani dell’Immacolata. Il patrimonio non è indifferente: si parla di 59 fabbricati, 17 terreni, 5 impianti fotovoltaici, 102 autovetture, più numerosi conti bancari. Posti sotto sequestro all’inizio del commissariamento, la giustizia ha poi deciso che dovevano essere dissequestrati e riaffidati alle associazioni di laici che ne erano titolari, a causa del voto di povertà assoluta praticato dai FFI. Respinta dalla giustizia ordinaria, la Congregazione vaticana ha aumentato le pressioni sull’83enne padre Manelli, obbligato dal Vaticano a una forma di clausura; che oggettivamente nel 2017 ha un gusto (pessimo) di altri tempi. Fra le altre cose a padre Manelli, di recente, è stato chiesto formalmente a nome del Pontefice, di confermare la sua fedeltà e obbedienza al Pontefice stesso. Il che ha fatto.

Circa quindici giorni fa padre Manelli ha però ricevuto una lettera da parte della Congregazione per i religiosi in cui gli si chiedeva di mettere in disponibilità della Chiesa i beni temporali adesso sotto il controllo delle associazioni di laici. Ingenuamente il fondatore dei FFI ha risposto che non poteva mettere a disposizione nulla, perché i beni erano sotto il controllo delle associazioni di laici. Forse avrebbe fatto meglio a chiedere un incontro con i laici stessi e far loro presenti le richieste vaticane; ovviamente poi i laici, che non sono tenuti all’obbedienza avrebbero potuto agire come meglio avrebbero creduto. Non ha usato questa astuzia, e adesso il Vaticano può usare la sua risposta come una forma di mancata obbedienza al Papa; e quindi ne possono seguire sanzioni canoniche. A margine c’è da dire che quest’uso dell’obbedienza come un’arma sta diventando frequente. Ricordiamo come fra’ Matthew Festing, Gran Maestro dell’Ordine di Malta, sia stato obbligato dal Pontefice a dimettersi, e a firmare una lettera dai contenuti più che discutibili proprio facendo leva sull’obbedienza. Un brutta abitudine che corre il rischio di cronicizzarsi.

Ceriale attesa per il ‘mister’ candidato sindaco unitario del centro destra. Sarà il dr. Roascio? presidente Amici di Peagna

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Il palcoscenico elettorale di Ceriale è occupato da Gian Rodolfo Quilici, broker della finanza, che ha invocato la discesa in campo di ‘mister Salvatore’ a candidato sindaco del ‘centro destra unito’. Quilici che aveva snocciolato una lista di eccellenza pronta a scendere in campo al suo fianco. Identikit: volto nuovo, rinnovamento, competenza. Lui che ora dichiara di essere sponsorizzato da Fratelli d’Italia (114 voti al Senato, 145 alla Camera) e dal suo coordinatore provinciale ing. Pier Paolo Pizzimbone, ex deputato eletto in Sicilia per FI, azionista di maggioranza, con il fratello, di Biancamano Spa (quotata in Borsa) e di Aimeri Srl che può vantare l’appalto della Nettezza Urbana di Ceriale, tra le città più pulite e dipendenti meglio pagati. La strategia del ‘fratello muratore’ Quilici ? Il ‘modello Toti’ vincente nelle competizioni elettorali liguri e amico personale. La proposta Quilici ? Si faccia da parte il prof. Nicolangelo D’Acunto dopo aver ricevuto l’investitura del sindaco Ennio Fazio e Angelo Vaccarezza, sponsor forti e determinati e “io Quilici sono pronto al ‘passo di lato”. Il tutto sotto sorveglianza dei giornalisti Ivg.it con i suoi 5 mila lettori cerialesi e formidabile ‘macchina da guerra informativa’ e che gli ha già riservato tre poderose interviste. Ma chi sarà il terzo ‘super partes’ della invocata pax Quilici – D’Acunto?

Il sindaco uscente Ennio fazio con il dr. Stefano Roascio presidente dell’Associazione Amici di Peagna, ora funzionario del Ministero a Roma

Trucioli.it ha dubbi !? Ci manca l’esperienza politica di Quilici.  C’è di più. Dopo aver letto con  interesse la notizia scoop di Ivg.it: “Casa cercasi, doppio appello del cuore…”. Un nuovo dramma di una coppia senza casa, finita in mezzo alla strada o sotto un ponte causa sfratto, una delle centinaia che si consumano nel silenzio e nell’indifferenza ?  Attenzione, Ivg spiega: “Si tratta di un appello urgente per trovare un padrone a due gatti adulti e sterilizzati, un maschio ed una femmina”. E daranno anche la caccia ai topi che non mancano mai ? ” Sempre Ivg e macche !:Sono molo affettuosi, abituati agli omogeneizzati e a vivere in un bel appartamento…per gravi motivi famigliari dei proprietari è necessario trovare una famiglia ed una  dignitosa sistemazione, i gatti sicuramente contraccambiano grande amore…..”. Non ci crederete, proprio da Ceriale sarebbero arrivate agli animalisti di Ivg decine di telefonate. Una vera e propria gara di solidarietà per accogliere gli sfortunati ‘amici’ Ceriale, del resto, è la cittadina che ospita anche minori abbandonati’ da famiglie, affidati dai Comuni ad un istituto di suore’ con una retta giornaliera t di 80-90 euro.  E non si dica più, per favore, che è il ‘paese dei Turchi’. E gli elettori hanno un vero cuore per la carità verso gli animali.

Basta scherzi d’aprile, alla proposta di Quilici esistedavvero un potenziale candidato capace di “ricompattare il fronte del centro destra”. Ha un elevato profilo culturale in grado di compensare la rinuncia di un personaggio della caratura internazionale del prof. D’Acunto, famiglia di migranti dalla Campania a Ceriale. Si tratta del dr. Stefano Roascio. Non importa se ha un passato nel centro sinistra a Borghetto S. Spirito. Eletto per la prima volta a 27 anni in consiglio comunale, rieletto con il massimo delle preferenze, dal 2007 al 2012, sui banchi della minoranza, quando maturava il mostruoso debito che ha portato il Comune al predissesto del 2017. Roascio, origini bardinetesi, nato a Savona il 23 maggio 1975, residente a Borghetto in via Ponti, già domiciliato a Cassina De Pecchi (MI), un curriculum eccellente. Almeno una ventina di pagine. E da ultimo, in ordine di tempo, vincitore di concorso al Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, a Roma, dove si è trasferito e che purtroppo non prevede alcun organico in Liguria.  Ma le due aspirazioni di Roascio erano portare a compimento, nel migliore dei modi, la Rassegna dei Libri di Peagna 2017 e il dottorato di ricerca ad Aix-en Provence. Un sacrificio grosso gli verrebbe richiesto non per i gatti, con tutto il rispetto dovuto agli amici dei quattro zampe, ma per Ceriale futura. Sarebbe disposto a farlo ?

Da sindaco potrebbe chiedere un periodo di aspettativa ? Pare di sì.  Gli stipendi ministeriali non sono da paperoni. Le credenziali ci sono tutte: laurea in Lettere Moderne all’Università di Genova, con tesi di Storia dell’Arte Medievale  (“Frammenti scultorei medievali conservati presso il Museo Nazionale di Cividale del Friuli, votazione 110 e lode, con ‘Dignità di Stampa della tesi”). Oltre al dottorato di ricerca e laurea, Roascio può esibire  il diploma di Specializzazione in Archeologia, Tardo-antica e Medievale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore  di Milano, maturità classica al Liceo Statale di Albenga, culla dell’archeologia nel ponente e molte potenzialità da valorizzare nel mondo del turismo globalizzato. Va da se che con la sola indennità da sindaco sarebbe chiedere troppo. Si potrebbe  ‘arrotondare’ regionali con consulenze che non siano in conflitto di interessi.

Il compianto dr. Gian Carlo Ascoli è stato segretario dell’Associazione Amici di Peagna

Roascio che si trova sulle spalle l’Associazione Amici di Peagna, azzoppata dall’abbandono per età e stato di salute di monsignor Fiorenzo Gerini, eminenza grigia e per anni punto di riferimento della parrocchia, dell’Associazione, della prestigiosa rivista Athia, un passato di indiscusso economo e faro della Curia Vescovile della Diocesi di Albenga – Imperia. Lascia una chiesa parrocchiale ristrutturata con cura. Roascio e don Gerini che potevano contare sul ruolo straordinario di uno schivo ed estroverso segretario: il dr. Gian Carlo Ascoli, figura rispettata nel mondo bancario, ferrea fede massonica. Particolare sfuggito peraltro ad un don Gerini che si era sempre esposto contro la massoneria, i suoi seguaci, le ‘trame’, a suo dire in contrasto con la chiesa apostolica di Roma. Eppure accadde che per un certo periodo ‘fratelli in loggia‘ si ritrovassero in un locale poco lontano dalla chiesa di Peagna, indotti a far le valige in fretta e furia, dimenticando tuttavia qualche cimelio, pochi giorni prima dell’irruzione dei carabinieri del nucleo operativo disposta nell’ambito di indagini su presunte logge coperte nel ponente ligure. E dopo la scomparsa di Ascoli, nel 2015, due anni dopo se ne è andata la moglie Ferdinanda Fantini Ascoli che aveva preso il posto del marito nell’Associazione Amici di Peagna.

Le ultime notizie dell’Associazione risalgono al 27 agosto 2017 con la foto di Ennio Fazio al quale il presidente Roascio dedica un grazie infinito per “il sostegno che ha dato da sindaco e ora ‘per l’ultima volta sul palco’ nella veste di primo cittadino”. Un’investitura a sindaco di Ceriale, per Roascio, sarebbe anche un modo per non lasciare orfana la benemerita creatura Amici di Peagna, con la segretaria Laura Enrico, animata da dedizione e spirito di sacrificio. Una ‘peagnola’ Doc, figlia del compianto Carlo, coltivatore diretto, famiglia stimatissima. Con lei nel direttivo che, tuttavia non compare più nel sito, Franco Costa, natali e benemerenze nella frazione di Ceriale.

IL CAVALLO DI RAZZA DELLE ELEZIONI 2018 – Gian Franco Quilici, la si pensi come si vuole, coadiuvato che sia nel suo disegno elettorale da ‘fratelli massoni’ o meno, ha saputo guadagnarsi grande visibilità mediatica grazie dall’organo di informazione più diffuso (a Ceriale si dice che lo leggono quasi tutti) e indiscussa credibilità giornalistica. E di questi tempi non è poco. Anche se ormai gli approfondimenti e le inchieste, i cronisti di strada o scomodi, sono passati di moda, è sufficiente essere bravi notai. Dare più o meno voce a tutti e Quilici non può lamentarsi. Semmai devono solo inviare una fototessera più aggiornata. Per Trucioli ci ha pensato Silvio Fasano.

Ecco alcune tappe significative di ‘ecce Quilici’  da Ivg.it. Il 27 marzo mentre i concorrenti e seguaci di D’Acunto (centro destra) e di Luigi Romano (centro sinistra, una scelta per la verità non molto azzeccata come dimostreranno i risultati elettorali) alle prese con la minestrina di candidati bandiera, vedi  la parabola del vice sindaco uscente Eugenio Maineri, destra missina e radicale). Nessuno aveva accolto la umile proposta di trucioli.it per una lista unica, di salute pubblica, all’insegna della meritocrazia, competenza, rinnovamento (la gente è stufa di beghe, divisioni, contrapposizioni, rimpallo di responsabilità pur nella dialettica democratica). Ebbene il broker, venuto dal cielo dato che in precedenza era ‘sconosciuto’, poteva annunciare sempre via Ivg: “La nostra lista comprende un imprenditore agricolo, un ingegnere civile, due imprenditori edili, un commercialista, due titolari di avviate attività commerciali, un titolare di attività ricettiva, con altri nomi  di spiccato valore, sicura garanzia per un lavoro costruttivo nella prossima legislatura…”. Ignoriamo se ci siano pure i nomi emersi da tre saggi che trucioli aveva interpellato: tra essi il giovane Angelo Fresia, già mastino corrispondente de La Stampa per il ponente savonese; la figlia laureata in economia e commercio, contitolare dell’Hotel Sabrina e la titolare del residence Oliveto.

I vigili urbani di Ceriale schierati e passati in rassegna dal comandante dr. Ivan Suardi (foto Silvio Fasano)

LE LINEE GUIDA DEL ‘PROGETTO QUILICI’ – Occorre leggere con attenzione la guida maestra e le massime dottrinali attribuite da Ivg a Quilici. Eccole: ” Nuova vitalità e rinnovamento”, “ricerca di un clima disteso e non di frattura”, “convergere verso l’unanimità”, “pari dignità per tutti”, “obiettivi programmatici volti a migliorare Ceriale ed il benessere di tutti i cittadini”,  “confronto sereno e costruttivo”, “persone qualificate e capaci che non hanno finora preso posizione nell’attuale incertezza politica”, “le decisioni vanno prese con sollecitudine”. Questa è  politologia, omaggiata alle 5 mila 500 anime di Ceriale ricca di 7 mila seconde case. Neppure alla scuola prestigiosa delle Frattocchie che formava i quadri della gloriosa stagione del Pci e dei seguaci di Enrico Berlinguer, si poteva leggere linee guida così chiare e profonde. Quilici svela  tuttavia che nel corso di un incontro si sono radicalizzate due posizioni: da una parte Forza Italia che sostiene D’Acunto, dimenticando però di citare la Lega consenziente e che chiede il vice sindaco; dall’altra ‘Fratelli d’Italia’?  che invece  è “ a favore della mia candidatura“. Forza Italia  terzo partito più votato alle politiche con 572 voti, contro 825 della Lega. Quilici propone una “lista ampia e congiunta con pari dignità per tutti”. E i numeri, la forza elettorale si va a far benedire ? Come non bastasse un chiaro avvertimento, chi ha orecchie ascolti: “Se Forza Italia  non fosse disponibile al dialogo, prevalessero interessi politici (a Ceriale non sono mai personali contrariamente a quanto accade ovunque ndr) e posizioni rigide volte a mantenere una continuità nella gestione amministrativa  del Comune proseguirò sulla mia strada con l’appoggio di tanti cittadini e degli altri partiti del centro destra.”  Ascolti bene il gruppo Fazio, Vaccarezza e C.  ostili al ‘cambiamento’ e a non mollare il potere.

LE PRIORITA’ DI CERIALE – Se trucioli ed il suo vecchio cronista, testimone dei tempi da 54 anni, hanno cercando di fare informazione, senza riuscirci, finalmente c’è qualcuno che sa parlare chiaro e mettere tutti in riga.  Quilici con Ivg docet: “Il nostro programma elettorale  ha un punto prioritario nella necessità di sicurezza, tematica  che non è stata affrontata negli anni con la dovuta attenzione e anzichè potenziare il corpo di polizia municipale (cinque agenti non possono prestare servizio esterno causa certificato medico ndr) si è proceduto ad un depotenziamento con ripercussioni  sul controllo del territorio; poi c’è la micro criminalità, presenza indiscriminata di stranieri senza i dovuti controlli, controllo necessario pure nelle ore serali e notturne”. Ricetta ? “ No ad accorpamenti di polizia locale con altri comandi (visto i brillanti risultati del comandante con laurea ndr), Ceriale non si può ridurre a frazione di altri comuni in tema di sicurezza”. Insomma non è vero che l’unione fa la forza e va razionalizzato con il servizio intercomunale già attivo in Riviera.

E in caso di vittoria ? Quilici assicura: “In primis la polizia locale non svolgerà più funzioni che non le competono, lotta ai furti negli appartamenti, più polizia giudiziaria e sicurezza pubblica.  Il controllo dei divieti di sosta deve essere affidato agli ausiliari, servono nuove assunzioni di vigili..”.e dulcis in fundo  “Ceriale ha bisogno  di manifestazioni cadenzate che coinvolgano tutto il territorio, capaci di far conoscere finalmente Ceriale e il suo entroterra…con i sentieri percorribili a piedi, in mountain bike, oppure a cavallo”.  Speriamo che gli elettori cerialesi non facciano la spia altrimenti per un candidato di questo calibro farebbero a botte negli altri paesi pur di averlo.

Trucioli si era invece limitato ad illustrare, tra le priorità, l’urgenza di realizzare opere pubbliche e favorire investimenti privati virtuosi per creare posti di lavoro per le giovani generazioni, per le donne, per le neo famiglie. Luigi Giordano,  veterano che da anni gira come una trottola Ceriale in lungo ed in largo, ha proposto la costruzione di una casa di riposo per i residenti e proprietari di seconde case. Noi avevamo messo l’accento sulla legalità soprattutto come strumento di etica pubblica. E la cultura del decoro quotidiano, dalle piccole cose (buchi nelle strade), agli interventi come la cura del verde pubblico, i fiori nella Riviera dei Fiori. L’urgenza di far partire le operazioni edilizie a ponente (Fresia), iniziative forti di rendere vivo il centro storico come accade in altre cittadine risorte (Borghetto esclusa), un impegno ad hoc, con un consigliere delegato solo per accelerare e seguire la soluzione della T1 – Nucera con l’intervento della Regione, anche perchè Ceriale, sempre con Borghetto, resta l’unica città balneare ligure priva di strutture alberghiere tradizionali. Le uniche due che resistono meriterebbero la medaglia.  Noi, con l’allora prof. Ferrero, compianto, e pochi altri ci siamo battuti invano perchè Ceriale crescesse urbanisticamente come ‘borgo Mediterraneo’ e non copiasse la rapalizzazione, mantenendo un’attrattiva turistica di qualità.  Creando una zona di edilizia residenziale agevolata, una artigianale, di facesse in modo che il cuore del commercio rimanesse il centro storico evitando la dilazione di centri commerciali che pure creano posti di lavoro (Mercatò 70 dipendenti, Lidl 22). Si incentivasse, anche con un mercatino agricolo (vedi Loano), una fortissima spinta pro agricoltura, in sintonia con la Regione,  Camera di Commercio, associazioni di categoria, il credito agevolato, per scongiurare l’incremento delle aree incolte e dei proprietari che non hanno interesse ad affittarle. Quel bene ‘agricolo’ che per i nostri avi è stato motivo di sudore, ma anche di ricchezza tramandata ai figli, ai nipoti, sperando che non vada disperso il patrimonio terriero, la sua fertilità. Non c’è solo la spiaggia da difendere dalla Bolkestein, sono centinaia le aree produttive oggi abbandonate. Purtroppo siamo stati perdenti, ieri come oggi. Grazie ai Romano, ai neo Quilici, noi vecchi cronisti di provincia e testimoni dei tempi, continueremo ad essere rilegati nel banco dell’asino, ignorati, quasi nessuno ci legge, tutti o quasi ci criticano, si girano dall’altra parte. Loro maestri della politica e dintorni, di vita, di rilancio sociale, di strategie vittoriose e virtuose. Quando passano mettiamoci sull’attenti, un po’ di buon umore non guasta mai.

Luciano Corrado

 

 

 

 

 

 

Addio ‘giustizia del lavoro’, le sentenze del giudice bocciano Fresia e Olivero giornalisti

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A quando la ‘giornata della memoria dei giornalisti precari a vita’ ? E quando i media nazionali, controllati da grandi e piccoli editori, daranno conto, meglio se con inchieste approfondite, iniziando dalla periferia, del dramma umano di decine di giovani e meno giovani che non sono nel mirino della mafia, ma della ingiustizia civile ? ‘Condannati’ a subire precarietà sine die, senza un contratto di lavoro dignitoso, tra CoCoCo, partite Iva, collaborazioni part – time, pagati a pezzo. A volte condannati dal giudice del lavoro alle spese di lite in favore dell’editore per ricorso respinto e causa persa. Con situazioni e condizioni occupazionali grottesche, che la stragrande maggioranza dei cittadini – lettori ignora perchè neppure gli ottimi ed illuminati servizi della Rai, della 7, delle Iene, di Striscia la Notizia, dedicano interesse, spazio, narrano storie di vita e di sfruttamento. Ci sono i social, ma non fanno visibilità mediatica.

Il giornalista Angelo Fresia nella sua piadineria di Ceriale: “C’è ancora gente che mi telefona convinta di parlare con il corrispondente de La Stampa”

Il nostro piccolissimo blog si era occupato di contenzioso quando l’editrice La Stampa (quotidiano storico e prestigioso della famiglia Agnelli, con edizioni e redazioni locali in Piemonte e Ponente ligure e che ha sempre ben pagato i suoi redattori e capi, ai quali concedeva anche l’uso di un’auto della ‘casa’) aveva dato il benservito ad Angelo Fresia, da dieci anni corrispondente per Albenga, Ceriale, il ponente savonese, entroterra incluso; stessa sorte per Gugliemo (Willy) Olivero, da 23 anni collaboratore sportivo, prima da Albenga poi dalla redazione di Savona; e Barbara Testa, a sua volta, per alcuni anni corrispondente da Alassio, Laigueglia, Villanova, Garlenda. I tre giornalisti pubblicisti avevano chiesto, in vista della fusione tra La Stampa ed Il Secolo XIX  e temendo di finire nel tritatutto della razionalizzazione, di essere finalmente regolarizzati con un contratto. Chiedevano quantomeno una prospettiva nero su bianco. Risposta a tamburo battente: non abbiamo più bisogno di voi.

Olivero, laurea in giurisprudenza, abitante ad Albenga con gli anziani genitori, figlio unico, si è rivolto per primo alla giustizia del Lavoro, assistito dagli avvocati Carla Zanelli e Claudio Pesce di Savona; gli stessi legali hanno successivamente presentato ricorso per Angelo Fresia, residenza a Ceriale, famiglia di imprenditori edili nell’ambito provinciale. Fresia con una scelta di vita davvero controcorrente per un giovane rampollo, dopo essere stato messo alla porta dall’editore. Gestisce, con ammirevole spirito di sacrificio e dedizione, con successo, come del resto era solito fare da giornalista corrispondente, una piccola piadineria sulla via Aurelia, località San Rocco. Orari no stop da mezzogiorno a notte inoltrata, in estate soprattutto. C’è da aggiungere che entrambi avevano deciso di consultare in primis l’avvocato savonese Cristina Rossello, luminare del foro milanese, in ottimi rapporti con Galliani, Mediobanca ( “…da Cuccia a Forza Italia – titolavano i quotidiani nazionali – ora neo eletta in Parlamento….”), che pare avesse dato buone chance, consigliando studio dei colleghi di Savona.

Il giudice del Lavoro Alessandra Coccoli in una foto di Ivg.it del 2011 quando era stato annunciato il trasferimento a Mondovì, col titolo: La Procura di Savona saluta e festeggia il Pm Coccoli”

Non è qui il caso di addentrarci nelle decisioni del giudice Alessandra Coccoli, in precedenza ricopriva il ruolo di sostituto procuratore (pubblico ministero) della Repubblica del tribunale di Savona. Non vogliamo parlare di preparazione giuridica della ‘materia del lavoro’, in particolare dell’editoria e dei giornalisti. Forse è solo il caso di accennare al fatto che l’Italiana Editrice Spa era rappresentata dall’avvocato Alberto Delfino (e dal collega Riccardo Prete) che non sono certamente a digiuno di contenziosi in materia giornalistica ed editoriale. Al di là, dunque, dell’aspetto giudiziario, traspare un ‘risvolto etico’. Dopo aver lavorato anni per un quotidiano e senza svolgere altre attività, né beneficiare di altri introiti da lavoro o professionali, ci si ritrova dall’oggi al domani ‘espulsi’ dal giornale che hai servito, amato, ora gioito, ora sofferto. Sempre speranzosi. Senza diritti contrattuali e neppre riconoscimento in termini  di ‘danno economico’.

Quasi tutti i giornalisti anziani hanno alle spalle una gavetta, più o meno lunga, più o meno adeguata alla mansione svolta, senza orari e dopo le edizioni del lunedì senza badare ai festivi (per chi non è contrattualizzato). L’esordio con l’onore della firma, sentirsi importanti, il moltiplicarsi di informatori, rapporti con autorità, politici, pubblici amministratori, rappresentanti di categorie, enti, società sportive, sempre disponibili al telefono, ad incontrarti. Il giro di telefonate di cronaca o di risultati delle partite, delle gare. Una ‘no stop’ che accomuna tante esperienze di giornalisti professionisti e pubblicisti, di aspiranti  magari delusi.

LA SORTE DI FRESIA – All’udienza del 5 aprile scorso, nella causa di lavoro n.352 /2015, in attesa del deposito della motivazione, il dispositivo di sentenza recita: “...respinge il ricorso proposto da Angelo Fresia, condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore della convenuta Italia Editrice Spa, che liquida in 3.500 €, oltre rimborso forfettario del 15 %, Iva e Cpa”. A quanto pare, Fresia non è disposto a ‘porgere l’altra guancia’, deciso a ricorrere in appello e se il caso in Cassazione. E’ infatti la Suprema Corte a ‘fare giurisprudenza’ a cui dovrebbero adeguarsi i giudici di merito. Ebbene, ci sono diversi precedenti abbastanza analoghi a quelli trattati a Savona e che hanno visto ‘riconoscere i diritti’ di lavoro subordinato in aziende editoriali. Aspetti, dicono Fresia e Olivero, che sarebbero stati sottoposti al giudice Coccoli che però non ha ritenuto di farli propri. Il giudice, pare di capire, non ritiene che pur lavorando per un giornale da mattino a sera, dovendo seguire e scrivere la cronaca bianca e nera, oppure quella sportiva quotidiana, per 360 giorni l’anno, per dieci, vent’anni, senza ferie, giorno di riposo, senza guadagnare una lira in caso di malattia, men che meno con le ferie, ci siano i presupposti di un inquadramento contrattuale giornalistico. O forse a noi, ormai vecchia cronisti in pensione, con qualche esperienza diretta, sfuggono tra le pieghe della giurisprudenza. Insomma siamo noi a sbagliare e le sentenze vanno rispettate.

Il giornalista ‘disoccupato’ Guglielmo Olivero ripreso da Silvio Fasano sul piazzale della stazione ferroviaria di Albenga

L’ITER PROCESSUALE – Durante le testimonianze dei testi citati sarebbe emerso uno spaccato (della ‘categoria giornalistica)’ piuttosto curioso. Se alcuni hanno confermato la continuità temporale delle prestazioni, l’orario che iniziava di primo mattino e terminava alla sera, il coordinamento con il capo servizio di settore o il capo redazione, l’assetto organizzativo (tutti aspetti che ben conoscono ed hanno vissuto chi ha esercitato il lavoro  di redazione); insomma, il classico dipendente. In qualsiasi altra attività non sarebbe difficile accertare la subordinazione, con tutto ciò che ne consegue sotto il profilo contrattuale, da Stato di diritto. Ma nell’editoria è tutto più difficile, complicato anche da dimostrare. E se il capo della redazione, come nel caso Fresia – Olivero, vale a dire Paride Pasquino, smonta tutti i dati di fatto e le certezze ?, testimoniando che i colleghi non avevano impegni precisi da rispettare, liberi di scegliere gli orari, gli argomenti da trattare, non erano punti di riferimento da una parte per le pagine sportive, dall’altra per la cronaca bianca, nera o rosa, i servizi di corrispondenza.

Paride Pasquino capo servizio alla redazione de La Stampa di Savona

Chissà come reagiranno alle sentenze, coloro che quotidianamente hanno avuto a che fare con i due giornalisti, tre in causa ? Saranno animati da spirito di solidarietà, oppure meglio lavarsene le mani (e la coscienza) perchè tutto sommato corrispondenti e collaboratori fissi passano, i giornali ed i loro editori fortunatamente restano: anche se non mancano le eccezioni, i dissesti, gli stati di crisi anche ripetuti, le ‘cure dimagranti’ in seguito al crollo di pubblicità e di vendite in edicola. E che dire del dramma personale, a volte famigliare, in cui si finisce dopo la ‘cacciata’?  Le conseguenze sul piano psicologico e della salute ? Un trauma difficile da guarire. Oltre al carico delle spese legali da rifondere agli avvocati quale onorario e magari  dover ricorrere, speranzosi, a giuslavoristi quotati in campo nazionale, specializzati in cause di lavoro giornalistico.

E perché non si sono offerti a testimoniare quei colleghi, oggi in dignitosa pensione, che hanno lavorato fianco e fianco con gli ‘espulsi’ ? E con quale stato d’animo leggere e sapere che ci sono bidelli, ex comandante dei vigili del fuoco, colleghi, pagati a notizia, che suppliscono a quel lavoro che i ‘dimissionati’ svolgevano con serietà, impegno, dedizione e malpagati ? E che dire di quella riunione in cui avevano partecipato oltre una decina di collaboratori e corrispondenti, ma alla fine solo in quattro (una del cuneese, Monica Coviello, che in fase giudiziale ha ottenuto un risarcimento nella causa davanti al tribunale di Cuneo) hanno deciso di ricorrere alla giustizia che può trasformarsi in ingiustizia ad opera di giudici o per ‘colpa’ della strategia difensiva ?

Stefano Pezzini giornalista e blogger in un’immagine goliardica nel locale di ‘Re Carciofo’ di Albenga

Willy Olivero si sfoga: “Il precariato non può durare una vita, io di fronte alla certezza di un contratto sarei stato disposto a rinunciare alle pretese monetarie arretrate; ho 56 anni, 23 dei quali trascorsi a La Stampa, la mia prospettiva ora è la pensione sociale. Rispetto la sentenza, ma la contesto in fatto ed in diritto. Non si è tenuto conto di quelle testimonianze che confermavano che arrivavo in redazione al mattino e uscivo alla sera, in treno da Albenga a Savona e ritorno. Non si è tenuto conto della mole di lavoro che quotidianamente producevo, arrivando anche a compensi massini di 2400 € mensili, che curavo pure le pagine pubblicitarie redazionali della Publikompass S.p.a come hanno confermato i testi Gianni Bianchi e Roberto Albarello. Per contro le testimonianze del capo redazione Pasquino, del caposervizio Roberto Baglietto e Stefano Pezzini. Del primo si è già detto, il secondo ha sostenuto  che non partecipavo a riunioni di redazione, non avevo alcun obbligo di orari…eppure mi chiamava a tutte le ore, è capitato persino quando ero malato le pochissime volte, di domenica, oppure essere sollecitato a seguire questa o quella partita sul campo, ad occuparmi di quasi tutte le discipline sportive della provincia. Pezzini ha confermato che non avevo vincoli, non producevo granché, andavo al giornale quando volevo, ma ha aggiunto che senza di me lo sport non sarebbe uscito…Forse non dovrei dirlo, non mi è mai piaciuta la retorica, con genitori anziani e malati, alla fine con i miei legali abbiamo proposto la rinuncia ad ogni pretesa economica,  sia riconosciuto almeno un contratto ragionevole per il futuro. Risposta: “ Proposta irricevibile”. E in precedenza mi era stato detto che non avrebbero preteso i 5 mila euro di spese di lite, se non ricorrevo in appello; ho fatto due cause, una per il reintegro, l’altra per la parte economica. Durante le udienze aveva avvertito il clima, con domande ai nostri testi non ammesse, con i nostri legali in difficoltà al cospetto del magistrato, insomma un clima premonitore “.

Olivero che ha trascorso la maggioranza degli anni con il capo redazione, poi capo redattore Sandro Chiaramonti.  Il giornalista più popolare e riverito della provincia e che aveva iniziato con lo sport minore da Varazze. Perchè non  citarlo a teste ? Mentre ha testimoniato Dario Corradino nella veste di capo redazione solo per un paio d’anni ( dopo il pensionamento di Chiaramonti), da ultimo web editor ? Olivero: ” Sandro mi ha fatto un discorso strano, del tipo ‘vengo non so però cosa posso rispondere di fronte a certe domande del giudice…sono una mina vagante….‘ Forse riteneva che non avevo maturato alcun diritto… e dovevo accettare la sfortunata sorte”

Olivero parte lancia in resta contro quei quotidiani che pubblicano inchieste ed approfondimenti sul precariato quando “sono tra gli artefici dello sfruttamento di figure come i collaboratori che non hanno, come nel mio caso, alcuna dignità e magari sono trattati alla stregua di un albanese o romeno di un call center. Vorrei battermi  per dare visibilità a quanto mi è accaduto anche se non avrò, dalla mia parte, molta visibilità mediatica. Fino ad oggi direi che hanno svolto il loro ruolo – dovere di informare sul mio caso, trucioli.it a cui è seguito un lancio dell’articolo da parte del blog nazionale di Franco Abruzzo, pubblicista lombardo impegnato in tante battaglie di giustizia e legalità nel mondo dell’editoria, delle legislazione parlamentare in materia penale. Ha scritto il blog NiNiN del collega Mario Molinari.  Ha titolato il giornale on line ‘Senza Bavaglio’. C’è stato un intervento su Facebook dell’ex presidente  dell’Associazione Ligure (sindacato unitario), Marcello Zinola; ad un’udienza ha assistito il segretario storico dell’Ordine Ligure dei Giornalisti e dell’Associazione, Pietro Tubino che ha convenuto sulle mie ragioni; parecchi gli interventi sui web, qualche decina di ‘ mi piace’, ma con le pacche sulle spalle non si risolve nulla, si resta con le pezze al sedere”.

Da gennaio si è concretizzato il colosso leader dell’editoria italiana con la fusione tra Il Secolo XIX, La Stampa, l’editoriale l’Espresso proprietaria de la Repubblica e una dozzina di testate locali con Gedi Spa. “Un atto di fiducia nel Paese” ha dichiarato Johon Elkann il giorno della firma dell’accordo con il Gruppo De Benedetti. Entro metà maggio si preannuncia per La Stampa, nuova grafica sulla scia di Repubblica, con meno pagine locali, tre articoli a pagina, di conseguenza minore necessità di lavoro giornalistico. Forse un po’ di ossigeno e speranza di risuscitare, come merita e accadeva nel lontano passato, per la cronaca e le pagine locali del Decimonono che quanto a copie vendute è quello che ha sofferto di più e che la sua gloriosa storia non meriterebbe. E dopo tre ‘stato di crisi’, con massicci sfoltimenti di tipografi, redattori e impiegati. Ma anche ricorso ai benefici di legge, come i prepensionamenti e contributi per l’editoria.

Luciano Corrado

 

Monesi story dei 700 ettari: il testamento lascia erede Tiziana, ex vice sindaco di Briga Alta, per protesta trasferì la residenza a Pieve di Teco. Montagna in vendita per 4 milioni

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Terenzio Toscano se n’era andato a 80 anni. Ha chiuso gli occhi a Pieve di Teco il 29 agosto 2017. I funerali in parrocchia, la tumulazione nel cimitero di Piaggia (Briga Alta enclave di Cuneo in provincia di Imperia). L’unico a dare la notizia era stato trucioli.it, blog montanaro che racconta spesso e volentieri la vita della Valle Arroscia e dell’Alta Val Tanaro. Terenzio ignorato dai media nonostante fosse, con il fratello Enrico, 78 anni, proprietario della più estesa tenuta silvo – pastorale – agricola della Liguria: poco più di 700 ettari nei comuni di Triora e Briga, ma soprattutto la montagna che ospita Monesi, le piste ed impianti sciistici, seggiovia, pascolo estivo di transumanza sulle Alpi Liguri. Lo scorso anno trucioli aveva dato in esclusiva notizia della messa in vendita (Vedi articolo…Finalmente ! I fratelli Toscano vendono…..) della proprietà con 7.712 lettori. E ora va in scena un altro capitolo della ‘Monesi story’, fortunatamente positivo. Terenzio, pensione da insegnante alle medie a Ortovero, scapolo, ex vice sindaco di Briga Alta, con testamento olografo ha nominato erede universale Tiziana Sabato, pure lei  con un passato da vice sindaco, personaggio forte e battagliero, conosciuto anche in Riviera per aver aperto e gestito per anni l’unico bar – negozio – tavola calda e fredda che era stato ricavato nell’edificio comunale e realizzato per ospitare la Guardia di Finanza di frontiera negli anni bellici e post bellici.

Tiziana Sabato, in una foto di archivio da Ormea con il compagno Mario, ha ereditato il 50 per cento delle proprietà dei Fratelli Terenzio ed Enrico, tra cui la montagna di Monesi, 700 ettari nei Comuni di Triora e Briga Alta; lei è stata vice sindaco ed aveva lasciato il paese, chiuso il bar – negozio per protesta contro il disinteresse del sindaco dell’epoca Mario Zentilini

Il testamento pare non sia stato ancora registrato ed ai fini fiscali c’è tempo un anno. I due fratelli Toscano risultano dunque intestatari di tutti i terreni, dell’immobile che aveva costruito il papà, soprannominato l’Americano per aver fatto fortuna, da migrante, in Perù e al suo ritorno, dopo l’ultima Grande guerra, acquistò la montagna di Monesi e su una superficie di dieci mila mq, ceduta ai fratelli Galleani (il conte Enrico, il banchiere, Ingo  che si occupava di Monesi e Roberto figli del conte Federico che fece fortuna in Sud America si narrava con navi cariche di caffè)  è sorta la ‘nuova Monesi’ con albergo, piste, pattinaggio, tre condomini. Anni di splendore e di traino per tutto l’entroterra, posti di lavoro, volano di sviluppo. Con gli anni ’80, la discesa, l’abbandono, la grande crisi e da ultimo il ‘cataclisma’ dell’alluvione e delle frane, l’evacuazione. Solo a Piaggia, dallo scorso autunno, è stata revocata l’ordinanza e il paese può essere abitato, ma la sede del Comune resta ad Ormea e quest’inverno una dozzina di residenti è rimasta dove aveva trovato ‘ospitalità’. Entro aprile dovrebbero riprendere i lavori di messa in sicurezza dell’area a rischio.

Le ultime volontà di Terenzio Toscano, dicevamo, avevano creato un clima d’attesa nei paesi della valle, nella numerosa comunità di proprietari di seconde case e di chi ha imparato ad apprezzare e vivere le straordinarie caratteristiche ambientali di quelle località. C’è chi ipotizzava che avesse lasciato erede il fratello Enrico che vive in un alloggio di Alassio in via Diaz e apprezza i viaggi turistici in Thailandia. Lui che aveva conosciuto e vissuto in Perù dove il padre era proprietario di vasti appezzamenti, immobili, aziende agricole, confiscate dal governo negli anni sessanta.

Ora è ufficiale ed è finita la suspense, le ipotesi, persino pettegolezzi: Terenzio ha lasciato ogni sua proprietà e comproprietà col fratello a Tiziana Sabato, cinquantenne ben portati, madre e nonna, da sempre in buoni rapporti. Nel manifesto funebre compariva al secondo posto (dopo Enrico), quindi la figlia di lei Monia, mamma di Noemi, il marito Marco e Mario compagno di Tiziana dopo essere rimasta vedova, giovanissima. Si era sposata con Arturo Grasso, il papà di Montegrosso Pian Latte, la mamma di Upega. Arturo lavorava negli impianti di Monesi, una morte improvvisa, conseguente ad una depressione che aveva tenuto per se. Un fratello, Riccardo, pensionato, è stato messo comunale a Briga Alta,  addetto alla provinciale da Ponti di Nava a Upega nel periodo di Mario Zentilini sindaco.

La casa di Piaggia dove ha vissuto Terenzio Toscano e tra i beni testamentari lasciati in eredità

E’ stato in quel periodo che Tiziana Sabato fu protagonista di una platea protesta, stanca di subire il disinteresse del sindaco nei confronti della sua attività di esercente e delle esigenze di resistere tutto l’anno in una paese che si animava solo d’estate. Una ‘guardiana’ e benemerita a presidiare un territorio di alta montagna e, a suo dire, continuava a ricevere, come ricompensa, ‘pesci in faccia’. Fu allora che trucioli titolava: Briga Alta, allarme ‘serpenti’. La vice sindaco si dimette e va ad abitare a Pieve di Teco, trasferendo pure la residenza. Si aggiunga che Tiziana, donna intraprendente, risoluta, piacente, fino all’ultimo aveva pure cercato di ‘vendere’ ad un prezzo di realizzo l’attrezzatura del bar, poteva interessare al Comune in collaborazione della Pro Loco molto attiva. Niente da fare, alle sue ripetute proposte, il silenzio.

Oggi Tiziana si prende una rivincita umana, morale ed economica, come comproprietaria della più estesa proprietà della Liguria e basso Piemonte. Al secondo posto c’è quella di Andora (famiglia Isnardi di Imperia), poi la tenuta di Marinella (La Spezia), quindi quella della famiglia Anfossi a Bastia d’Albenga, divisa tra due fratelli e sorelle dopo la morte del capostipite, un gran signore, una splendida figura che fu sindaco di Albenga.

Ovvio chiedersi cosa ne farà di tanto ben di Dio la famiglia Sabato – Grasso (madre e figlia). Un’altra certezza. Quando Terenzio era  in vita avevamo pubblicato, con uno scoop giornalistico, che la proprietà Toscano di Monesi (si estende nei Comuni di Triora e Briga Alta) era in vendita. Si parlava di 6 milioni di euro, forse eccessivi. Cifra che ora sarebbe contenuta in 4 milioni di euro. E’ un affare ? Chi conosce quella realtà, le potenzialità, le caratteristiche uniche sulle Alpi del Mare, dovrebbe concludere che si, si tratta di una cifra equa. Sempre che, è bene ricordarlo, il fronte della politica e di chi la rappresenta non si metta di traverso come è accaduto con i Toscano. Forse non tutti conoscono i retroscena, carta canta. I due fratelli si sono sempre battuti perché quella terra non finisse nelle mire della speculazione immobiliare. Erano già rimasti scottati con i Galleani, per via dei 5 mila mq, poi ampliati e sui quali sono nati pure due ‘orribili’ mini grattacielo che andavano a ruba degli investitori della Riviera, in un contesto, all’epoca, in cui c’erano servizi, locali e zone di svago, persino la pista di pattinaggio sul ghiaccio,  discoteca, self service.  E sarebbe andata peggio se non fosse intervenuta, pur in minima misura, la famiglia Porro di Nava, che ha comprato e realizzato, dove c’era la partenza della seggiovia, un piccolo albergo – ristorante- bar e  che ospitava un negozio di alimentari, dopo che era mancato il valoroso Guido Lanteri, sindaco di Briga Alta, titolare del bar e del negozio di commestibili con la moglie e che in precedenza aveva gestito egregiamente, e con successo, l’albergo Redentore dei Galleani, oggi in abbandono. Proprietà che ha acquistato una società della famiglia Cozzi – Parodi di Imperia, ma i progetti si sono arenati di fronte ai vincoli della Regione Liguria e alle difficoltà economiche nell’ambito del loro impero imperiese.

Forse sarebbe un miracolo se le due Regioni (Liguria e Piemonte), le due province, le Fondazione bancarie, i Comuni più interessati, dessero vita ad una Fondazione per l’acquisto ed il rilancio della proprietà Toscano e di Monesi, sull’esempio di quanto accade in Val d’Aosta, ma non solo. E’ vero che in Italia quando ci sono di mezzi politici ed enti pubblici non si conclude quasi mai nulla, si va alle calende greche, si creano carrozzoni. Oggi i 700 ettari fruttano 24 mila euro l’anno dalla Provincia (impianti di risalita) che però dopo gli anni delle vacche grasse con il record ligure quanto a numero di dirigenti, non ha più soldi. E’ in bolletta continua. Provincia che, tra l’altro, dalla stipula del contratto, non ha versato l’adeguamento Istat per 13- 14 mila euro. Poi gli ‘affitti’ stagionali che versano i pastori (3 o 4) per i pascoli e le stalle in alta quota.

Dietro l’angolo c’è la tassa di successione pari al 3 % quando si trascrive il testamento (da versare contestualmente),  8% quando si trascrive  la nuova proprietà, va da se per la quota del 50 % di proprietà di Tiziana Sabato. L’ammontare fiscale dipende poi dal valore presunto: a catasto comunale e sul piano regolatore sono aree agricole, pascolo, dunque c’è il  valore domenicale. E le aliquote sono fissate in base alla stima immobiliare che comprende  i terreni.

Enrico Toscano, 78 anni, vive ad Alassio ed è comproprietario dei 700 ettari di Monesi

Se si riesce a vendere finchè Enrico Toscano è in vita si potrebbe immaginare  un percorso meno accidentato, tutto si complicherebbe sulla sorte futura del 50 % delle proprietà. Che oltre Briga Alta e Triora, si trovano a Mendatica. L’appartamento di Alassio è di Enrico che, va detto, aveva avuto momenti di attrito col fratello, come spesso succede quando ci si deve confrontare su problematiche e le visioni possono essere diverse. A quanto si sa, Tiziana Sabato ha subito voluto instaurare un rapporto di lealtà e collaborativo nella sua veste di erede unica. Ha voluto aprire il testamento in presenza di Enrico, insieme hanno convenuto sulle prime iniziative e sulla scelta di vendere Monesi. E’ Tiziana che ora si occupa dei contratti con i pastori e della buona conduzione delle proprietà Toscano. Da lassù, si suole dire, Terenzio sarà sereno, lui che era nato a Diano Marina  il 19 ottobre 1936, si era laureato, aveva coronato il sogno di insegnante, e dopo la pensione si era dedicato anime e corpo alle proprietà di Monesi, abitando estate ed inverno nella casa paterna di Piaggia, seguendo gli impianti skilift nella stagione dello scii con il fratello. Enrico che, a sua volta, non aveva neppure disdegnato di fare il pastore accudendo le mucche che gli venivano affidate. Con il fratello era stato eletto nel consiglio comunale del paese, il meno abitato, con 31 residenti, del Piemonte, ma anche della Liguria. Piccola capitale della gloriosa terra brigasca dove Terenzio fu eletto nel parlamentino locale

L’ing. Gino Ferraris, di Ormea, ex funzionario della Comunità Montana, sul lungomare di Alassio mentre conversa con conoscenti e l’amico Enrico Toscano

per la prima volta nel ’73 e come rappresentante per Briga Alta nella Comunità Montana di Ceva, quindi rieletto, anche nel ruolo di assessore, in quel Comune che aveva visto il papà sindaco negli anni ’50. Allora c’era una comunità numerosa ed operosa, a Piaggia come a Monesi (le due Monesi),  arrivarono i ‘turisti’ della seconde case, quelle case di pastori ed agricoltori, in calce e pietra grezza,  trasformate e modellate in gran parte con buon gusto. L’alluvione del novembre 2016 ha dato il colpo di grazia.

Purtroppo, al di là degli annunci, degli stanziamenti regionali, dell’attesa per il ripristino della viabilità verso Monesi, le frazioni di Mendatica e Piaggia (Briga Alta), oggi raggiungibili solo da Upega; abbiamo assistito ad una campagna elettorale che, almeno per quanto abbiamo ascoltato e letto, nel ponente, in Liguria, non si è mai pronunciato il nome Monesi e i giornalisti esperti in passerelle ed interviste non hanno ritenuto almeno una volta di chiedere ai candidati al Parlamento se concordano nella ‘priorità Monesi’, se riusciranno a far ottenere quello stato di ‘calamità naturale‘ che, a due anni dal disastro, è sempre in agenda. La crisi di Monesi che non conosce la rivolta operaia, le proteste plateali, i blocchi stradali ai quali hanno già provveduto le frane. Almeno gli sia riservata l’attenzione e la visibilità che merita nel contesto ligure e cuneese. Purtroppo i ‘combattenti’ sono rimasti ormai in pochi, mentre i giullari preferiscono dedicarsi al brontolio.

Luciano Corrado

Laigueglia: il sindaco sacrifica l’avv. Macheda e sceglie Claudia Arduino, sponsor il parrocoIl ruolo di Montaldo, Lega e spunta Laureri

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Chi immaginava che non sarebbe stato l’avv. Fabio Macheda, assessore, braccio destro e mente pensante del sindaco Franco Maglione – già militante Udc vicino all’on imperiese Vittorio Adolfo – il candidato sindaco 2018 ? Ha fatto irruzione, a sorpresa, come ha reso noto La Stampa di domenica, l’avv. Claudia Arduino, consorte dell’avv. Paolo Gianatti (il papà medico pensionato è stato sindaco di Ceriale, assessore a Borghetto). Sarà lei con ogni probabilità il primo sindaco rosa della storia di Laigueglia. Candidata nella ‘lista del parroco’ (eufemisticamente), don Danilo Galliani, arciprete vicino ai tradizionalisti del vescovo emerito Mario Oliveri. La competizione vede sull’altro fronte la candidatura di Roberto Sasso del Verme, segretario provinciale della Lega, già assessore provinciale, presidente del consiglio comunale, sostenuto da FI. Ma corre voce che dietro le quinte si stia muovendo il prof. Franco Laureri, un ritorno dai banchi dell’opposizione e che di strada ne ha fatta, con un ruolo ed una visibilità di primo piano all’Istituto Alberghiero di Alassio e promoter di iniziative nella sua Laigueglia.

Il sindaco di Laigueglia, geom. Franco Maglione

C’è chi assicura sia stata un’autentica doccia fredda il ‘ben servito’ del rodato e moderato sindaco Maglione nei confronti di un esponente (Macheda) considerato il suo delfino fedele. Assessore al sociale, Lavori Pubblici, Commercio, Suap, Affari legali, Società partecipate, Cultura e Pubblica Istruzione, Ufficio relazioni con il pubblico e Innovazione. Bisogna riconoscere che il ‘modello Laigueglia – Maglione‘, lista unica, ha generato quella ‘buona amministrazione’ sia nella gestione ordinaria, sia nel traino allo sviluppo, nelle opere pubbliche, negli interventi sociali, nella valorizzazione ambientale ed in attesa di un risveglio alberghiero con i primi segnali incoraggianti. Un Comune che da ultimo ha visto come vice sindaco l’ing. Giancarlo Garassino, uno degli ultimi e più qualificati esponenti della ‘vecchia democrazia cristiana’, di sinistra, con vasta esperienza nel turismo, nella pubblica amministrazione, nella Valtur nazionale.

Doccia fredda per l’assessore avv. Fabio Macheda

Cosa ha indotto, spinto, Maglione a rinunciare a Macheda (collega di studio dell’avv. Antonello Tabò, ex sindaco di Albenga), nipote di Franco Laureri e puntare invece sull’aspirante Claudia Ardoino ? A Laigueglia non è un mistero l’attivismo dell’arciprete, con un progetto non andato in porto per la costruzione di garage interrati, da 3 a 2 piani, andato in fumo per le perplessità della giunta Maglione motivata dal rischio idrogeologico. Il parroco che ‘Laigueglia informa’ scrive: “Grazie a questa amministrazione comunale che ha voluto contribuire in modo significativo al progetto di restauro ed ampliamento del nostro organo a canne ‘Vegezzi Bozzi’ che sentiremo risuonare festante e solenne. Un bene prezioso che oltre all’uso liturgico permetterà di organizzare importanti eventi di carattere musicale a beneficio di tutta la comunità”.

 

 

Il prof. Franco Laureri (foto Silvio Fasano)

L’avv. Claudia Arduino in Gianatti, 48 anni, mamma, presidente della Pro Loco e candidata sindaco “Con Voi per Laigueglia”

L’avv. Arduino aspirante primo cittadino che si è conquistata a pieno merito la presidenza della Pro Loco, per 6 anni componente della Commissione edilizia e fa parte della benemerita cantoria parrocchiale, insieme ad uno zio. Nella squadra dei parrocchiani più attivi altro nome importante è Gabriella Zanatta.  C’è Desiminine Francesca, ventinovenne laureata in business administration, lavora in un’agenzia immobiliare, in buona sintonia con Luigi Tezel , il geometra dipendente comunale ad Alassio finito in un micidiale tritatutto giudiziario e mediatico, scagionato, tornato in ufficio con sentenza del giudice del Lavoro ed assistito dall’avv. Giovanni Maglione.  Tezel che era stato eletto, in opposizione, nella lista del prof. Giovanni Regesta, genovese, presidente dell’Associazione Vecchia Laigueglia. Ci sono esponenti come Enzo Nanini, 57 anni, amministratore di condomini, che fino a qualche tempo fa veniva dato in corsa da sindaco, sostenuto da un big della caratura politica e professionale come l’ex sindaco Silvano Montaldo (già ‘amministratore’ delle campagne elettorali di Claudio Scajola, uscito indenne da un’inchiesta per un assegno da 50 mila euro), incarichi  in aziende a livello nazionale; il pezzo da novanta che conta e decide da assessore esterno nella giunta di Ilaria Caprioglio.  Per anni si diceva che a Laigueglia non si muoveva foglia senza che Montaldo non voglia; peraltro, mai arrogante o altezzoso, né supponente, schivo, riservato, tenacemente impegnato a raggiungere risultati ed obiettivi. Non dev’essere casuale se ripetutamente, a Savona, la Lega ha cercato di ‘depotenziare’ l’azione risanatrice della voragine di debiti, e le conseguenze con tagli drastici, antipopolari, pur di scongiurare il pre- dissesto. Il tutto in eredità dal sindaco pidiessino Federico Berruti, commercialista quotato, studio anche ad Albenga con la moglie dell’on. avv. Franco Vazio (Pd).

Roberto Sasso del Verme, collaboratore dell’Agenzia Immobiliare Albatros di Alassio, segretario provinciale della Lega, presidente del consiglio comunale e candidato sindaco con Lega e FI

La Lega di Laigueglia che potrebbe trovarsi nella condizione che suoi esponenti o simpatizzanti siano nella lista di  Sasso del Verme e di Arduino. Lega che non può porgere l’altra guancia qualora dovesse perdere la sfida laiguegliese dove  Fabrizio Montaldo,  nipote di Silvano e collaboratore di studio, è schierato con Arduino. Insomma si potrebbe arrivare, per ritorsione sotterranea, alla ‘richiesta di revoca’, sfiduciare Silvano Montaldo perchè con i leghisti salviniani vincenti non si scherza, vige la disciplina del soldato, della caserma quando è utile. A Laigueglia ha la sua ‘base’, pur risiedendo a Garlenda, il neo on. Paolo Ripamonti, origini a Loano dove il nonno fu il mitico comandante dei vigili urbani quando nella cittadina gli uomini in divisa, sulle strade, erano 3. Il papà di Paolo ha lavorato al Santa Corona, dopo un breve esperienza nelle Fiamme Gialle. Non possono, insomma, permettersi di perdere nella “terra di Ripamonti- Del Verme‘. Si era parlato del coinvolgimento in lista dell’ing. Claudio Ricci che perse la sfida a Villanova col sindaco storico Pietro Balestra. L’ingegnere ex presidente dell’ordine provinciale, figura molto apprezzata per le sue capacità professionali.

Paolo Ripamonti, già agente immobiliare ad Alassio, ex assessore provinciale, assessore in carica nella giunta comunale di Savona, neo eletto con 114.589 voti nel collegio uno della Camera, è sposato, separata, 2 figli, vive con la nuova compagna a Garlenda. Oggi è l’uomo forte della Lega nel ponente ligure

All’orizzonte, dicevamo, c’è chi intravvede l’irruzione per ora in punta di piedi del prof. Franco Laureri che potrebbe contare sul sostegno dei Macheda, di fans nel mondo giovanile e scolastico, del comparto turistico commerciale. E’ grazie al Centro Studi Alberghiero che sarebbe nata l’idea e la proposta delle ‘Terme del Mare’, valorizzando con impianti ed attrezzature, le ‘saune marine’. E a Laureri, l’esperienza sul campo, la messa in pratica attraverso la strada del marketing. Da una parte, dunque, un’ infrastruttura capace di attrarre turismo nella ‘stagione morta’ con uno percorso innovativo e dall’altra promuovere Laigueglia, un tempo piccola regina e pioniera nella pedonalizzazione del centro storico, con azioni promozionali mirate. Bisogna aggiungere che dal dire al fare c’è di mezzo…. E nulla può indurre a ritenere che la candidatura Laureri sia una carta vincente, anche perchè si tratterebbe della terza lista. Sul progetto ‘mare’ negli anni si era impegnato Francesco Callegaris, commercialista, progetto che però fu poi affidato ad altri.

Laigueglia  che ha raggiunto almeno la depurazione  dei reflui fognari con il sistema di depurazione primaria ‘spinta’. In prospettiva  il nuovo scarico definitivo di Capo Mele, prolungato a 600 m.l. e 50 metri di profondità, con diffusore e depuratore biologico sottomarino per il ciclo completo della depurazione anche per l’agognata Bandiera Blu. “In campo turistico – ricordava il sindaco Maglione – Laigueglia è stata rigenerata anche sull’impronta del turismo emozionale.  Non solo outdoor con la mountain bike la sentieristica, anche con outdoor  del mare, della scuola di nuoto, di vela, pesca, biosnorteling (ripopolamento ittico). E in prospettivo il Centro benessere sulla spiaggia comunale”.

L’ottimismo della ragione è sempre utile, forse bisognerebbe aggiungere l’ottimismo della competenza, meritocrazia ed onestà, assenza di conflitti di interesse, nella pubblica amministrazione, rigore ed equità, sensibilità verso le fasce deboli, opportunità di lavoro annuale per i giovani. Una buona pagella per amministrare uno dei Borghi più Belli d’Italia. E comunque è sempre attuale quel detto latino di Fedro: Regnare nolo, liber ut non sim mihi.

Luciano Corrado

 

 

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