Quantcast
Channel: L.Corrado – Trucioli
Viewing all 726 articles
Browse latest View live

Alassio da non credere: all’asta del tribunale ‘tesoro immobiliare’ di S.E. Nunzio D’Angeri Prezzo base 2 milioni 375 mila fronte mare

$
0
0

Striscia la Notizia l’aveva incoronato benefattore dei tesori di Roma (vedi………):” S.E. Nunzio Alfredo D’Angeri ambasciatore del Belize con delega agli Affari Europei si era proposto per il restauro della fontana (la barcaccia del Bernini). Nell’agosto 2015, stampa, tv, web, nazionali ed internazionali raccontavano della massima onorificenza di Alassio ai suoi ‘cittadini’ benemeriti e che si sono distinti nelle professioni, nel lavoro, nella probità morale e civile, Alassino d’Oro per Pupi D’Angeri. Memorabile il reportage di Patrizia Albanese, inviata speciale del Secolo XIX: “Pupi, il banchiere dandy di Arafat. Fama da play boy, amicizie eccellenti, vita spericolata, per l’ambasciatore del Belize ora il paradiso Alassio”. E l’inviato Speciale de il Giornale: “Così farò di Alassio la nostra Saint Tropez”. Una rassegna stampa che solo un altro big albenganese – alassino ha superato, seppure di ben altra ‘statura’, Antonio Ricci. Pupi, ad Alassio, tappeti d’oro…ai Bagni Lena hanno persino realizzato un bagno ed una doccia riservati all’ambasciatore, i maligni sussurrano di ‘puffi’ qua e là. Nessuna prova.

L’edificio nelle vicinanze del porticciolo di Alassio, fronte mare, dove si trovano i due alloggi messi all’asta dal tribunale di Savona (foto Ivg.it)

Tribunale di Savona vendite immobiliari…..:Alassio, passeggiata Cadorna 131, lotto 1° appartamento fronte mare panoramico interno 4 al piano secondo composto da ampio soggiorno, cucina, due camere con due bagni privati ed ampio terrazzo per una superficie commerciale di mq. 97 c.a. Prezzo base € 1 milione 187 mila 874. Offerta minima, 890.905 mila .

Lotto 2° appartamento fronte mare panoramico interno 3 al piano secondo composta da ampio soggiorno, cucina, due camere, un bagno, due terrazzi per una superficie commerciale di mq. 107. Prezzo base € 1 milione 185 mila 441. Offerta minima € 889.080.

Vendita senza incanto il 7 giugno 2018, ore 15,15. Vendita senza incanto il 12 luglio 2018, ore 15,15. G.E. dr. S. Poggio. Professionista delegato alla vendita e custode giudiziario dr.ssa M.C. Siccardo.

La famiglia D’Angeri unita per l’Alassino d’Oro 2015 con il sindaco Canepa

Cosa è successo, come è potuto accadere ? Fino a ieri i ‘patinati’ narravano di una superba collezione di Rolls Royce Silver Cloud. la mitica Silver Roy del ’54 usata da Dudley Moore e Liza Minelli in Arturo. Pupi con maggiordomi. L’ambasciatore  che aveva fatto le medie dai gesuiti a Torino con Piero Fassino, ex sindaco, storico parlamentare della sinistra illuminata. Il liceo al San Gallo di Ginevra dove ha conosciuto il figlioccio del leader palestinese e il passo è stato breve. Pupi che svelava dell’arrivo nelle acque alassine del mostruoso yacht di Bill Gates, ma dopo un giretto è sparito  senza mettere piede ad Alassio.  Stessa scena con Roman Abramovich, con il suo Eclipse e qualche tempo dopo un membro della famiglia reale del Qatar ha fatto un breve sosta, un’eccezione non la regola. Lui cliente del  Carpe Diem, tempio alassino dei più grandi vini del mondo, coccolati da Beppe Lauro e dalla moglie Maria, ricercati da una facoltosissima aristocrazia internazionale del gusto e del portafoglio.

E il prestigio (o forse ex) Alassino d’Oro ? Ricordava il sindaco allora in carica, il dr.

Un giovane D’Angeri ospite di Fidel Castro a Cuba

Enzo Canepa, imprenditore commerciale nel ‘budello’ nella storica panetteria -alimentari – prelibatezze di famiglia: “L’ambasciatore D’Angeri fin dal nostro insediamento ha collaborato attivamente  con la nostra amministrazione per organizzare attività di rilievo sotto il profilo turistico. Si è sempre speso in prima persona per il bene di Alassio, sia certi che continuerà a darci il suo preziosissimo supporto, e di questo gliene siamo molto grati”.

E l’ambasciatore: “Per me una giornata straordinaria, ringrazio il Comune, il sindaco, le autorità presenti. Voglio dedicare questo riconoscimento ai miei genitori che tanta importanza hanno avuto nella mia vita. Ho girato tutto il mondo, ma Alassio è il luogo dove ho soggiornato di più nella mia vita. Questa città è nel mio cuore e mi sento un vero cittadino di Alassio. E’ cresciuta in maniera straordinaria ed è tornata ad essere conosciuta a livello nazionale e mondiale.  Alassio ha risorse uniche e ha tutte le carte in regola per essere la regina del turismo ligure“. Lui alassino d’adozione….”Basterebbe che trasferissi ad Alassio la mia collezione di 23 Rolls Royce per attirare i paperoni di tutto il mondo...”.

E il solito, solitario e alieno trucioli.it, aveva pubblicato, con 3200 visualizzazioni, il primo ottobre 2015 (vedi…….) un servizio esclusivo col titolo: “Ambasciatore cercasi con Alassino d’Oro…ambasciata chiusa e dal sito ufficiale del Belize sparito il suo nome “. C’era in ballo con un’inchiesta internazionale, si parlava di evidente imbarazzo nel piccolo stato; D’Angeri che, ripetevano gli amici, è solo vittima di una macchinazione per via dei soldi di Arafat, qualcuno ha il dente avvelenato (Israele, paesi arabi, palestinesi ?), vittima di un gioco più grande di lui che pure di esperienza e conoscenze ne ha da vendere ?

Ora il fulmine, forse non proprio a ciel sereno visto che i ‘sospesi’ si facevano sempre più attendere, come i ‘pagherò’. Persino tra i tributi comunali ci sarebbero insoluti. Così da una bocca all’altra, il chiacchierio, lo stupore e il 14 aprile la messa in rete con la pubblicazione  delle vendite immobiliari sulle pagine de La Stampa – Savona.  E’ passato un mese, con la prima asta deserta, ora la seconda. Sarà la volta buona ? La Baia del Sole ha perso smalto, resta comunque quella più gettonata anche da una certa élite, si è arricchita del Grand HotelVilla La Pergola ( Ricci – Arnaud ). Non manca la clientela medio alta che acquista nella ‘via’ commerciale più lunga d’Europa.

L.Cor.

 

 


Imperia, Scajola non merita la sconfitta

$
0
0

Non abbiamo scritto libri sul personaggio Claudio Scajola, non siamo mai stati alla sua corte, né tra i giornalisti che più di tutti lo conoscono, l’hanno seguito negli anni, hanno approfondito il ‘caso Scajola’ con la cronaca quotidiana, dentro e fuori i palazzi, quello di giustizia compreso. Non figuriamo nell’album dei Pm e dei giudici che hanno promosso indagini e poi scritto sentenze. Siamo tra i lettori che hanno cercato di tenersi informati e raccolto un mega fascicolo di ritagli stampa. Il Secolo XIX , la Stampa, la Repubblica – Liguria, con Vittorio Coletti docente, in particolare. Se, come indicano le previsioni, sarà premiato dalla maggioranza degli imperiesi (le astensioni dei votanti non saranno poche) il sindaco Scajola dovrebbe mettere in disparte le sue aspirazioni politiche, dedicandosi anima e corpo alla città che gli ha dato i natali e che gli ha permesso di raggiungere vette nazionali. Senza tornare nell’arena dei duellanti. Lo faccia per Imperia e la sua famiglia che, con lui, tanto ha sofferto più che nelle aule giudiziarie per la gogna mediatica capace di ferire più di un’imputazione.

In una foto d’archivio Carlo Carli, se nè’ andato a 99 anni, persona retta, amante e fedele alla sua montagna della Valle Arroscia, alla sua Monesi, al centro il benemerito dr. Alberto Alberti, oggi presidente di Confindustria Imperia, con Claudio Scajola durante una premiazione

Siamo stati tra i primi lettori del libro “Oltre l’Orizzonte – Dal passato al futuro nell’avventura politica di Claudio Scajola” – editore de Ferrari, autore dei testi Rino Di Stefano e finito di stampare nel giugno 2006 -; la citazione alla presidenza del Copaco (Servizi segreti) con vice presidente Massimo Brutti del Pd; la citazione di Taviani nella Resistenza con il nome di battaglia Pittaluga.  La foto del matrimonio con Taviani testimone mentre firma il registro. Abbiamo letto ‘Politica a memoria d’uomo’, scritto da Paolo Emilio Taviani (il Mulino – 2002) dove in una pagina cità Claudio Scajola: L’avventura dei pontieri o tavianei. Milano 27 novembre 1967.  “Un congresso che rischiava di essere una sanzione precostituita a tavolino dei detentori del potere. Rumor segretario del Partio, Moro presidente del Consiglio, Fanfani presidente del senato, Forlani, Piccoli, Silvio Gava, Zaccagnini, Emilio Colombo, Andreotti si sono accordati per una lista comune di maggioranza, lasciando in minoranza, l’intera sinistra politica (Galloni, Granelli, De Mita e Marcora) e quella sindacale (Donat Cattin, Pastore). Ho perciò costituito – prosegue il racconto testimonianza di Taviani _  una terza lista autonoma detta anche ponte (di qui il termine pontiere). Sono come me, in primo luogo ancora l’infaticabile Gasparri (il ministro che per primo, a Loano, nel 1967, accolse formalmente il trasferimento dei binari a monte a Sanremo a Finale Ligure) e poi Cossiga (si spiegherebbero i legami con Gladio ndr), Sarti (cuneese ndr), Micheli e Bova, i due campioni della lotta contro la mafia in Sicilia: D’Angelo e Alessi, quasi tutta la dirigenza Dc ligure: Dagnino, Borgna, Bonelli, Pastorino, Cattanei, Epifani a Genova, Scajola e Manfredi a Imperia, Morandi a La Spezia, Olimpio ed Enrico Rembado (ex sindaco anticemento e ‘mani pulite a Borgio Verezzi ndr). Siamo entrati al Congresso con l’8% dei voti ed ho tenuto – concludeva Taviani – il mio primo discorso. Al Congresso è stato un successo: il 12% dei voti congressuali, 14 consiglieri nazionali eletti al Congresso ai quali si aggiungeranno i rappresentanti dei gruppi parlamentari ed i tre segretari regionali. Potrò conaore nel complesso, su 24 voti al Consiglio nazionale”.

Claudio Scajola che con il ‘matrimonio politico’ Pdl (poi Forza Italia) diventerà l’uomo di punta di Silvio Berlusconi. Fu lo stesso Taviani al G.H. Garden Lido di Loano, alle 18 di un lunedì sera, dove aveva riunito una ventina e poco più di fedelissimi savonesi, a descrivere il suo stupore, l’amarezza umana e padrepolitico per la scelta dell’amico Scajola. “Non ho ben chiaro cosa ci sia dietro – disse e fummo testimoni seduti in platea – , la sua giustificazione (di Claudio) non mi convince, credo non sia sincero, anche se  lo ritengo un sincero democratico. Chi mi fa paura è Berlusconi e in Italia abbiamo tre ‘istituzioni’ in grado di fermarlo in caso di pericolo per la Repubblica nata dal sacrificio e dal sangue della Resistenza….”. Taviani fece i nomi, tra cui un corpo speciale dell’Arma. Non è il caso di indicare i rimanenti visto che in passato abbiamo subito qualche monito.

Preferiamo concludere con le parole di Di Stefano, significative, ieri come oggi: “Per Claudio Scajola inizia una nuova stagione…A nessuno è dato a sapere cosa sarà il futuro e cosa accadrà nella propria vita….affronterà anche questa volta il suo destino…. certamente saprà guardare  oltre l’orizzonte dell’immediato domani”.

Gli imperiesi chiamati a votare secondo coscienza, ad evitare salti nel buio, potrebbe davvero iniziare  una storia nuova per una provincia che non ha mai brillato nei dati statistici nazionali, a cominciare dai giovani laureati, diplomati e non in cerca di lavoro, meglio se non precario ed estraneo allo studio, ai sacrifici.Verrebbe da dire per Scajola è davvero l’ultima chiamata. Nonostante “Mio nipote Marco sia contro di me, impegnato a far votare per un altro candidato. La realtà supera la fantasia. Ho ricoperto quattro dicasteri diversi, merito più rispetto dal centro destra.” E il nipote a replicare duro: ”  Claudio Scajola che ricordiamo era uno che decideva  su tutti, è stato bravo a livello di comunicazione, a insistere sul concetto di autonomia locale….la battaglia non era tra Marco e Claudio, semmai tra un vecchio modello di centrodestra e uno più moderno, innovativo. Ho dato una mano a Luca Lanteri e sono convinto che nel ballottaggio avrà la meglio”. (L.Cor.)

 

Il sindaco difende l’ufficio stampa. Loano ‘capitale mondiale di e-bike’ ma la notizia ignorata da media e web nazionali ed internazionali. Gli ineffabili giullari!

$
0
0

Trucioli, orfano di giullari, non ha mai scritto che il flop mediatico, peraltro ignorato dai media locali, era da addebitare all’ufficio stampa del Comune. Affidato dal gennaio scorso, con gara, all’editore di Ivg.it  (Il Vostro Giornale) e da questi al pubblicista della testata Luca Berto, con l’augurio, meritato, dell’assunzione a praticante,  esami a Roma, carriera da professionista. Invece l’interrogativo era ed è rivolto a chi occupa il vertice nel ruolo pubblico. Per quale ragione una notizia “unica in tutto il mondo” (sic!)  è rimasta nell’alveo delle edizioni e pagine provinciali ? Perchè non ha trovato spazio (e risonanza) che meritava ? secondo la nostra modesta esperienza giornalistica. Non è la pubblicità il primo motore di sviluppo sia per un’azienda privata, sia nella promozione turistica ? Volano economico per una città che ha nel suo terziario la primaria fonte di reddito ed occupazione. Non era questa l’occasione, unica, da sfruttare fino in fondo, con una preparazione all’altezza dell’evento ? Leggi a fondo pagina la lettera a trucioli.it del sindaco Luigi Pignocca. Leggi anche la lettera del capogruppo Pd Gianni Siccardi.

I protagonisti della conferenza stampa all’hotel Excelsior con la presentazione del progetto ‘Loano capitale mondiale di e- bike’. Non eravamo su Scherzi a parte (foto SavonaNews).

C’è chi – tra rare personalità del mondo politico della prima Repubblica tanto bistrattata al punto da ignorare il miracolo paese post bellico, anni ’50 e ’60 – sostiene che prima si realizzano i progetti e poi si deve passare alla fase degli annunci. A cose fatte, insomma. Nel Bel Paese, però, va sempre più di moda la politica e l’amministrazione a suon di spot e visibilità forsennata. La chiamano persino ‘trasparenza’.

Che senso ha, come si è fatto a Loano (con la collaborazione di Comune, associazioni sportive e di categoria), titolare un comunicato stampa: “Loano capitale mondiale di e bike e running. Ecco il progetto Loano Outdoor 2.0″.  Se poi ci si riduce a leggere l’evento in cronaca locale. Durante la conferenza stampa abbiamo ascoltato frasi importanti: “In Italia non esiste una piattaforma globale, questa sarà la prima…anzi si tratta di piattaforma internazionale…”. O ancora: “Al mondo mai fatto gare di enduro, Loano sarà la prima…dalla sabbia alla neve. ….Loano da oggi mette una bandierina al centro del mondo…partiamo dopo, ma partiamo bene, alla grande…con una nuova sezione di Bike Land…Il progetto andrà a caratterizzare in maniera ancora più decisa l’offerta turistica e sportiva del comprensorio loanese, rendendola unica in tutto il mondo”.

Il target di nicchia (enduro) che ora allarga tante potenzialità a Loano  con l’ingresso di percorsi anche per bici elettrica che “si distingue e fa la differenza rispetto ad altre località italiane ed estere…”.

Che ci voleva di più (nei contenuti stampa) per incoronare Loano, anche solo per un giorno, al centro dell’attenzione dei media nazionali ed internazionali ? Tv, radio, carta stampata, social, pubblicazioni specializzate. Invece…tutto rilegato in titoli più o meno azzeccati nell’edizione di Savona e provincia, entro i confini, non si è letto (web esclusi) neppure nell’arco della Liguria. Assenza in assoluto (prima e dopo) di Rai 3 Regione. Loano, con il suo progetto che muoveva i primi passi concreti, esclusa da palcoscenico dell’informazione mondiale. L’avvenimento accolto con scarso interesse nonostante lo scenario planetario delle bike, un mercato da miliardi di euro ed in costante evoluzione.

Siamo dell’avviso che qualcosa si è inceppato nel rapporto con l’editoria e chi la rappresenta. O all’unisono (agenzie di stampa nazionali ed internazionali comprese) nessuno ha preso seriamente in considerazione il ‘progetto Loano’, oppure sorge spontaneo chiedersi dove si è sbagliato. Un’occasione persa in un momento in cui si fa a gara a spingere il ‘prodotto’ turistico attraverso il marketing.

Non abbiamo mai condiviso i finanziamenti a pioggia incapaci di creare o incentivare un turismo medio – alto, di qualità (non parliamo di élite, termine abusato) e tanto meno quello che strizza l’occhio al consenso elettorale, alla preferenza sulla scheda di voto. Il triste, forse imbarazzato, silenzio delle categorie commerciali e turistiche non può essere di conforto, di stimolo. L’essere supini non porta da nessuna parte, se non la gioia di chi è al potere di turno. Come lascia il tempo che trova esibirsi in polemiche.

E’ un autogol far finta di niente. Facile cavalcare, a parole e promesse, la tutela dell’ecosistema (tacendo i guasti al territorio a danno dei loanesi, delle future generazioni, dei turisti delle seconde case). La valorizzazione ambientale ignorando il tasso CO2 che si respira sulle strade, prive di centraline per la qualità dell’aria, lo stato delle emissioni di zolfo e particolato.

E’ corretto promuovere discipline sportive come strumento per attrarre turisti in una città che può vantare una orgogliosa presenza di discipline praticate e strutture ad hoc, purché il contesto non soffra di carenze, mediocrità, ma sia all’altezza di offrite eccellenze vere, a partire dall’accoglienza,  dalla ricettività e decoro complessivo. Con linee guida capaci di fare davvero la differenza. Comunque la si veda, Loano ha subito un ‘silenzio stampa’ nazionale ed internazionale in occasione della presentazione di un ‘progetto mondiale’.  A meno che non sia stato preso sul serio l’ “investimento nel futuro” , con una partenza da 19 mila €. (50 paletti e 150 indicatori inclusi sui 15 percorsi di tracking), a fronte dei 30 mila € per il carnevale 2018. E si sia escluso, alla luce del mancato interesse della grande stampa e web, di spendere denaro in una pubblicità capace di raggiungere tutti i potenziali mercati e milioni di appassionati alla due ruote pulita. Sarà per un’altra volta ? Il secondo lancio ad ottobre ? Con la prova del nove.

A confortare la tesi che più di una cosa è andata storta, basterebbe leggere questa iniziativa: “Sul Lago di Garda inaugurata la ‘Ciclovia dei sogni’. E in tutta Italia esplodono gli itinerari in bicicletta per programmare un viaggio estivo green e a poco prezzo ….”.  Siamo di fronte ad un’inaugurazione, è vero, la notizia ha fatto il giro del Pianeta. Solo perchè siamo sul Lago di Garda la cui meta continua ad essere promozionata sulle proposte della ‘agenzie di viaggi’ internazionali, sulle vetrine espositive. Un tempo la Riviera di Ponente faceva a gara proprio con quelle località del Lago. Ed oggi ? Provate a girare l’Europa centrale e del Nord, in lungo ed il largo, un tradizionale bacino – fabbrica di vacanze per la costa Ligure. Non si trova traccia di una vetrina o touroperator che propone la Riviera delle Palme o dei Fiori, bisogna cercare nei cataloghi, quando c’è. (l.c.)

LETTERA DEL CAPOGRUPPO DEL PD GIANNI SICCARDI

(CHE CONFONDE TRUCIOLI.IT CON TRUCIOLI SAVONESI. POCO MALE….)

 “NON SONO ISCRITTO AL PD, MA PROFONDA AMMIRAZIONE PER MATTEO RENZI”

E A VINCE LOANO CHIEDIAMO PIU’ RISPETTO DI PERSONE E SOBRIETA’ DI LINGUAGGIO

Ho appena letto, in merito alla vicenda in oggetto, un Suo lungo e particolareggiato articolo (Vince Loano ma qui la sinistra perde sempre…).

Volutamente non entro nel merito di quanto da Lei esposto, sono stato educato a raccogliere ogni opinione ed averne il più assoluto rispetto, la disturbo invece su due elementi che, probabilmente per una forma di malinteso o di scarsa comunicazione, non corrispondo a quanto asserito. Più precisamente:

  1. Mai sono stato oggetto di una missiva, diretta od indiretta, che mi chiedeva lumi sul PD Loanese e dei relativi iscritti; ne avrei potuto darli perché, per una più precisa informazione, non sono iscritto al PD. Questo non vuol dire che le mie simpatie, sino dai tempi della mia precedente esperienza da consigliere (sempre come indipendente) nei ranghi del PCI (dal 1972 al 1982), hanno sempre avuto uno saldo sguardo a sinistra. Così come non disconosco, venendo ai tempi nostri, nei confronti di Matteo Renzi una profonda ammirazione, avendo riscontrato nella Sua progettualità ed esecutività un valore aggiunto  per il nostro Paese, purtroppo non sempre le modalità di comunicazione e relazione sono state accompagnate dalla stessa acutezza.
  2. L’interrogazione, che insieme alla collega Giulia Tassara, abbiamo inoltrata all’Amministrazione nel suo incipit fa diretta menzione alla fonte (vedi allegato….), appunto Trucioli Savonesi. L’omissione da parte di IVG di questo particolare non ci fa sentire assolutamente censurati. L’obiettivo, molto più serio, era finalizzato ad evidenziare la trivialità del linguaggio di alcuni personaggi che troppo spesso dimenticano, per il ruolo occupato, la sobrietà a cui sono stati chiamati nell’accedere agli scranni pubblici. Il serio richiamo che abbiamo rivolto al gruppo (?) Vince Loano era ed è di un più profondo rispetto di persone ed attività pubbliche.

Questo sentivo di doverLe precisare senza nessuna polemica e tanto-meno necessità di replica, certo  di aver risolto ogni genere di incomprensione, con l’occasione, voglia gradire i più cordiali saluti.

Gianni Siccardi

NOTA DI REDAZIONE – Non è una replica visto i toni concisi ed educati del capogruppo Siccardi, il  nostro riferimento alla richiesta dati può non essere pervenuto al destinatario. Nel testo si chiedeva, vista la palese omissione sui media relativa agli iscritti al Pd di Loano (qualche giorno dopo pubblicati), lo stato di ‘salute’ della sezione loanese. Chi ha avuto, negli anni, la pazienza o l’interesse a leggere la testimonianza di un cronista di provincia, potrà riflettere e trarre conclusioni. Non siamo veggenti, purtroppo avevamo previsto l’implacabile declino, peraltro generalizzato. L’abissale discrasia tra i 10 anni del governo Burlando e C. gli annunci, le passerelle con la caduta libera dell’economia ligure, dei posti di lavoro, dell’economia turistica, persino il ‘disastro Sanità’ fortino di clientelismo e l’incapacità a realizzare infrastrutture strategiche. Avevamo denunciato la trama di un ex big locale (Nino Miceli) ai danni di una candidatura unitaria e potenzialmente vincente a sindaco di Loano dell’allora giudice Filippo Maffeo (vedi l’articolo….quando collaboravamo con trucioli savonesi).  Alle ultime comunali nuove lacerazioni, preclusioni, personalismi (nonostante il coinvolgimento nel ruolo di ‘osservatore’ di Luigi De Vincenzi) hanno sortito ad un’altra disfatta annunciata, servendo la vittoria sul piatto d’argento ad un centro destra inossidabile, clientelare, con alcuni personaggi che meritavano ben altra sorte alla luce del loro passato più o meno recente e che invece l’elettorato (che non ha sempre ragione) ha premiato per la serie “perde Loano”.

Balestrino onora, con la Cittadinanza Onoraria, Antonino Ronco, giornalista, scrittore, pittore. Ha dato lustro al paese

$
0
0

Antonino Ronco, 94 anni, già professore di Storia Moderna all’Università di Genova, figlio di un generale, per oltre tre decenni giornalista di razza alla redazione di Genova del Secolo XIX ( capo servizio interni), scrittore  impegnato nella narrazione e valorizzazione storica di Balestrino, terra dei suoi avi, dove conserva la casa di famiglia. Il Comune, con delibera del consiglio comunale, gli ha conferito la Cittadinanza Onoraria per ‘aver dato lustro alla comunità balestrinese nel mondo’. Prima di lui l’alto riconoscimento (agosto 2015) era andato al generale dei carabinieri Giuseppe Richero ‘per la brillante carriera militare ed il suo impegno sociale’. Il paese della Val Varatella che tra i  ‘personaggi’  illustri può iscrivere  monsignor Lino Panizza Richero, vescovo di Carabayllo (Perù), nato Balestrino nel 1944. E una parente del neo cittadino onorario: Eleonora Brigliadori, attrice e conduttrice televisiva.

Antonino Ronco, non erano molti a conoscere, oltre alla sua cultura da studioso di storia, anche l’arte- dono della pittura ad acquarello. La prima esposizione delle sue opere, in occasione della consegna della ‘pergamena’, è avvenuta nei locali della Biblioteca Civica. Una giornata intensa, ricca di momenti solenni e commozione, per il protagonista, per la comunità che si è stretta attorno al ‘figlio diletto’, che ha onorato il paese con la penna, lo studio, la rettitudine. Un collega gentile e gran signore, vecchio stampo, punto di riferimento, così lo ricordano quanti hanno lavorato con lui nella redazione del Decimonono di via Varese a Genova, nelle redazioni di Roma e province liguri. L’arroganza non era il suo stile di vite, sempre interessato a scoprire, a conoscere, ascoltare, attento e felice quando aveva notizie che riguardavano Balestrino, la sua gente. Un maestro di vita e del giornalismo con la G maiuscola. Ha fatto gavetta, alla sua scuola, Maria Latella,  oggi blogger e fra le conduttrici di Sky TG 24, già editorialista al Messaggero, inviata politica del Corriere della Sera, direttore del settimanale Anna. Facevano parte dello staff che si occupava della cronaca italiana, quando il Secolo XIX oltre al potenziamento delle redazioni distaccate, aveva una forte proiezione nazionale,  giornalisti di ‘razza’ come Giuliano Crisalli, Pierlorenzo Stagno, Renato Pasquario. Per tutti, al giornale, Antonino era il ‘generale Ronco’, coltivava pure l’hobby delle farfalle. Memorabile il suo modo di conversare via telefono, sempre ad alta voce e non mancano aneddoti divertenti.

Prima di arrivare al Secolo XIX, il dr. Ronco, aveva fatto esperienza allo storico (ora rottamato) Corriere Mercantile. Da pensionato ha continuato a collaborare per alcuni anni con il ‘suo giornale’. Tra i suoi libri, la relazione allegata alla Cittadinanza Onoraria, ricorda  La Marsigliese in Liguria (1973),  L’assedio di Genova (1976),  Storia della Repubblica Ligure dal 1797 al 1799, Genova tra Massena e Bonaparte (1988),  Luigia Palavicini e Genova  napoleonica (1995), Balestrino, una valle, un feudo…(2000), Un paese tra due secoli (2009), Genova 9 febbraio 1941. 33 tonnellate di bombe a colazione (2007) .Testi di fondamentale importanza, è scritto,  per ogni studioso delle vicende napoleoniche e non solo, ricchi di informazioni sotto i profili economico, politico e sociale.

E ancora, si ricorda, che “meno noti sono gli interventi di Ronco apparsi su giornali e riviste: articoli di carattere divulgativo, ove l’autore ha narrato, con la sua penna, chiara e precisa, episodi e storie dell’epopea napoleonica tra Ventimiglia e Sarzana. Emblematica, al riguardo, è la serie pubblicata con il titolo La Rivoluzione francese in Liguria: sulle pagine del Secolo XIX, nel 1989,  in occasione del bicentenario della Rivoluzione Francese”. Infine: “la produzione più recente è stata interamente dedicata alla narrazione e alla valorizzazione di Balestrino “.

La cerimonia ha avuto tre tempi. La Santa Messa in suffragio della moglie di Ronco, la consegna  solenne della pergamena con gli applausi calorosi, la visita alla mostra, il rinfresco. A Balestrino vivono diversi nuclei famigliari imparentati con il giornalista, un Marino Ronco è assessore nella giunta del sindaco Gabriella Ismarro che ha illustrato il significato del riconoscimento, il grazie del paese. Hanno preso la parola il consigliere alla Cultura, avv. Maria Gemma, la consigliera Alessandra Di Gangi. E con un gesto più che simbolico la pergamena è stata consegnata, a quattro mani, dal sindaco e dal capogruppo dell’opposizione Ubaldo Pastorino. Presenti la figlia di Antonino Ronco, Simonetta (vive a Genova dove abita pure il papà), le due anziane sorelle (una vive a Toirano, l’altra a Roma), nipoti.

Antonino Ronco lucido e vigile,  sempre curioso del mondo che lo circonda, deve far uso della sedia a rotelle. Ora può vantare un riconoscimenti in più  per la sua attività di storico con premi prestigiosi: “Caffaro d’oro“, “Dante d’Argento“, “Lunigiana storica” e il “Valentino Gavi “del Comune di Genova. Un’autorevolezza che non ha nulla di superficiale o per grazia ricevuta.

 

L’eremita di Nava, dopo 21 anni, lascia. Si rifugia a Lavina stanco di sgarbi e soprusi?Sono intervenuti i carabinieri, tutto inutile

$
0
0

Una voce dal silenzio. Un eremita sui monti liguri che non è una star della tv, né dei media ed ha sempre rifiutato interviste. Dopo 21 anni, padre Massimo Isacco Sturla, natali a Voghera, 57 autunni il 22 settembre, lascerà l’Eremo Nostra Signora del Cielo a Case di Nava (Pornassio – Imperia) per trasferirsi a Lavina di Rezzo nella cappella oratorio di San Colombano (sorta nel 1500) dedicata al famoso monaco irlandese che fondò l’Abbazia di Bobbio. Nella nuova dimora don Isacco avrebbe voluto accontentarsi di una capanna esterna, poi ha scelto di far sistemare il pronao (con coibentazione)e dare spazio alla sua inseparabile libreria. Sulla decisione (irrevocabile) di trasferirsi, rimanendo in Valle Arroscia, c’è il beneplacito del Vescovo, la fattiva collaborazione del Vicariato di Pieve di Teco, la prima buona accoglienza dei lavinesi ancora ‘feriti’ dalla disastrosa e spettacolare frana alluvionale del novembre 2016.

Padre Isacco in una foto di due anni fa dal suo eremo sui monti di Case di Nava, Comune di Pornassio

L’eremo di Colle di Nava che si raggiunge lungo una ripida strada sterrata di 2 km, dopo aver deviato dal Forte Bellarasco situato sulla costiera che collega  Nava con la valle di Armo. Tra il verde dei prati, boschi e pascoli, si affaccia sulle Alpi Marittime e all’orizzonte la fascia costiera. Qui, nei primi anni ’80, era stato donato alla Diocesi di Albenga e Imperia un casolare montano ristrutturato, con la creazione di un piccolo vano che ospita la chiesetta dove don Isacco inizialmente celebrava la messa all’alba, qualche ore dopo invece nei giorni festivi anche per pellegrini, fedeli. Negli ultimi anni invece, alla liturgia, nessuno era più ammesso. Non sono mai mancati comunque i visitatori, e neppure i curiosi.

Don Isacco ha continuato a mantenere il suo ferreo ‘distacco’ terreno. Non era facile, anche raggiungendo l’eremo, farlo parlare, al massimo risposte brevi, educate, concise. Nessun contatto si direbbe con quel mondo che è fatto di televisioni, radio, giornali, consumismo, edonismo, effimero dove importa più l’apparire che l’essere. Una volta in settimana, lunedì mattina, il servitore di Cristo raggiunge a Case di Nava l’ufficio postale. La Provvidenza del vescovo e dei fedeli assicura all’eremita il sostentamento. Per quanto ci è stato possibile verificare nel corso degli anni e dei

L’esterno dell’eremo dove da 21 anni vive, prega, studio padre Isacco, nella stagione invernale, non mancano nevicate anche abbondanti, siamo a mille metri slm

saltuari incontri, don Isacco non accettava offerte di denaro. Un ‘servo del Signore‘  che sopravviveva anche grazie  agli aiuti dei benefattori.

Un eremo con arredamento sobrio. Una stufa a legna per riscaldarsi, le candele per illuminazione, l’acqua di sorgente, un tavolo per pranzare, un letto, un piccolo vano per servizi igienici, il lavandino, una panca di legno all’esterno ombreggiata da un pergolato, spazio per i libri di uno studioso, l’inginocchiatoio per pregare. Padre Isacco che segue con scrupolo antico le cadenze del breviario. Nessuna ritualità esteriore se non la tonica monacale, un’esistenza senza orologio e che rispetta le sorti del Sole. Ci

Un’immagine del 9 novembre 2008 dall’archivio di trucioli riprende l’eremita intento a leggere il Breviario sul terrazzino del casolare in pietra

siamo spesso chiesti come potesse chiamare soccorsi in caso di bisogno; ha vissuto un periodo con qualche problema serio di salute, fortunatamente superato.

Cosa è successo per spingere padre Isacco a lasciare Nava, andarsene nella non lontana Lavina, in linea d’aria qualche chilometro, via strada bisogna scendere a Pieve di Teco, quindi lungo la provinciale deviazione per Rezzo, a metà strada si trova la frazione. Lavina terra natia di due parroci viventi, entrambi De Canis, don Angelo, parroco di Sant’Ambrogio di Alassio, prossimo alla pensione, si scrive staccato; per don Sandro, parroco di Pieve di Teco, il cognome è una sola parola (Decanis).  A Lavina nacquero tre valenti architetti attivi in Liguria e in Piemonte, a cavallo tra Seicento e Settecento: Giovanni Antonio Ricca il Vecchio, Giovanni Antonio Ricca il Giovane (1688-1748), Antonio Maria Ricca (1660-1725). Un patrimonio di nove chiese e cappelle monumenti storici, i ruderi della chiesa di Santa Maria Maddalena. Non è questo aspetto  storico e artistico ad deve aver convinto don Isacco a cambiare ‘casa’.

La croce in legno nell’area dell’eremo

Un gatto nero per compagnia

Le voci, le indiscrezioni raccolte  a Nava e in valle raccontano di frequenti dissapori, incomprensioni o se volete sgarbi, dispetti (?) di cui l’inerme apostolo si sentiva ormai vittima. Persino un litigio, forse la goccia che ha fatto traboccare il vaso, con una coppia di pastori che frequenta quella collina dove si trova l’eremo. C’è chi si spinge a sussurrare

che in un caso si sarebbe passati alle mani, piccole lesioni, da richiedere l’intervento dei carabinieri di Nava. Nel ruolo di paciere e ‘ambasciatore’ della pace, il maresciallo comandante che conosce i protagonisti dei dissapori, conseguenti, si dice, alla presenza di cani da pastore, capre, forse mucche che invadono e danneggiano. Fa parte dell’eremo, infatti, anche una piccola porzione di terreno dove don Isacco è solito zappare, seminare, innaffiare, far crescere ortaggi per la sua provvista. Il sindaco, Emilio Fossati ha escluso qualsiasi suo interessamento al caso, mentre la Benemerita avrebbe nutrito fiducia in una possibile ricomposizione. Quanto meno senza strascichi giudiziari, ovvero querele di parte.

L’altare che adorna la cappella di pochi metri quadrati dove don Isacco celebra ogni mattina la Santa Messa ora in perfetta solitudine. Una candela resta sempre accesa segno della vita

Trucioli.it, umile blog che da sempre ha a cuore le sorti dell’alta Valle Arroscia e Alto Tanaro, scritto unicamente da volontari e senza l’incentivo pubblicitario richiesto ora alle Pro Loco, Comuni, clienti privati, aveva ricevuto la prima segnalazione sul ‘caso eremita’ già a maggio. Per una volta avevamo scelto di non pubblicare, in attesa degli eventi. Accogliendo peraltro una richiesta di cortesia, un consiglio diciamo di fonte istituzionale, in attesa che le acque si calmassero, tornasse la pace e soprattutto la scelta di non lasciare l’eremo di case di Nava dove ogni tanto si recava l’unica sorella di don Isacco al quale due estati fa aveva ha fatto visita il vescovo Guglielmo Borghetti, ma anche un cardinale della Curia romana solito trascorrere un periodo di vacanza all’hotel Lorenzina, scelto in concomitanza anche dal vescovo di Ventimiglia Antonio Suetta, loanese.

Le uniche foto che padre Isacco accetta sono quelle in compagnia di bimbi’visitatori’ con i quali è solito pregare e con l’augurio di vita cristiana e benedizione in occasion e della visita di Sara e Luca Corrado

Purtroppo si è creata una situazione grottesca – commenta un osservatore pornassino -, padre Isacco è ben visto ed apprezzato, il suo eremo meta di fedeli locali e anche da fuori. Non mancano coloro che in caso di bisogno hanno trovato conforto nelle sue parole e nelle sue preghiere. Si racconta sia pluri- laureto e gran studioso, la sua assenza finirà per aggravare lo stato di abbandono che sta colpendo ormai da un decennio i paesi dell’alta valle. Insomma, al di là della religione e del credo di ognuno di noi, don Isacco era stimato e considerato anche per la sua umiltà,  umanità, quell’essere diverso e rispettoso, di animo buono”.

Era stato ordinato sacerdote il 13 maggio 1989, dopo un breve periodo da ‘eremita’ a Borgomaro aveva scelto Nava e ora Lavina tra qualche mese. La  cappella di San Colombano si affaccia in una valle soleggiata, circondata da oliveti coltivati, in una realtà, quella di Rezzo, caratterizzata da  Santi, ponti e castelli. Dove arte ed architettura sono intimamente legate alla vita secolare della valle e ne fotografano il lento svolgersi tra gli infiniti conflitti d’arma e la lotta per arrivare all’alba del giorno dopo.  Ai Santi è dedicata la cinta di cappellette che doveva proteggere i Rezzaschi ed il loro duro lavoro per strappare alla terra ed al bosco il fabbisogno quotidiano. L’arte del vivere sfuma nei colori della devozione affrescata da Guido da Ranzo nell’oratorio di San Bernardo o nella cappella dell’ospedale. O ancora, più magistralmente, il ciclo  di dipinti murali del Santuario di Nostra Signora del Santo Sepolcro.

I ponti sono invece l’eredità dell’occupazione francese quando nel 1794 l’Armée d’Italie invade la valle  usando la mano pesante contro la popolazione, ma restituendo un’organizzazione  civile e realizzando infrastrutture varie che rompono l’isolamento. Archi di pietra sospesi sulle acque  della Giara o sui grandi fossati costituiscono il cosiddetto’ tessuto ‘di ponti napoleonici che ancor oggi vale la pena di scoprire, visitare, ammirare.

All’eremo non mancano visite in cui lasciano a don Isacco viveri ed latri beni di primi necessità

Se a Nava don Isacco aveva scelto la solitudine e la terra dei forti militari, a Lavina tutto riporta ad un passato dove la memoria ci illustra la ricchezza della devozione, le sublimi testimonianze di fede, meditazione. E, assicurano, le persone che lo frequentano non è stata per lui una scelta facile. Si è cercato un po’ dappertutto nella diocesi, inizialmente sulle colline di Cosio d’Arroscia. Qualcuno deve avergli proposto la antica chiesetta di Lavina di San Colombano, una delle cinque (le altre più significative sono San Sebastiano, San Giuseppe), è isolata ma non troppo, si raggiunge con due strade, tra cui una vecchia mulattiera e una percorribile con l’automezzo. Poi un centinaio di metri a piedi. Un’area dove si dovrà provvedere, con l’intervento dell’ufficio tecnico comunale, a ripristinare un piccolo tubo che giunge da una sorgente di Cenova interessata dai movimenti franosi del novembre 2016. Si tratta di acqua potabile. Le candele,  invece, continueranno a tener compagnia. Dalla nuova ‘sede’ che dovrà essere sistemata nella semplicità cara all’eremita, don Isacco potrà raggiungere, a piedi, Pieve di Teco, o se vorrà, prendere la corriera al bivio Lavina -Rezzo.  Ciò di cui ha bisogno è soprattutto il silenzio, la pace, la possibilità di leggere, studiare e pregare, contemplare, anche nel cuore della notte quando si alza per recitare i salmi mattutini.

C’è da dire che la chiesetta di San Colombano  era già stata interessata da lavori di restauro nel 1998, probabile che debbano essere sostituite porta principale e finestre, lui potrà sistemarsi, per dormire, nell’atrio dove è possibile ricavare anche una zona da destinare ai libri. E’ già stato chiesto un preventivo all’impresa Ausonio di Borghetto d’Arroscia, mentre giovani volenterosi amici di Padre Isacco hanno iniziato l’opera di pulizia e sfalcio dell’area tutto intorno e attigua agli oliveti a fasce, conduzione famigliare e ben tenuti per la raccolta delle olive. Don Isacco ha fatto diversi sopralluoghi, accompagnato dal parroco di Pieve don Sandro Decanis.

E’ apparso sereno, felice, fiducioso nel superare le immancabile difficoltà per sistemare al meglio forse l’ultimo suo eremo. Nel 2014 con altri 13 sacerdoti della diocesi aveva festeggiato con il vescovo, Mario Oliveri, i 25 anni di ordinazione sacerdotale: don Ruggero Badiale, don Juan Pablo Esquivel, don Daniele Fiorito, don Gilles Jeanguenin,  don Lordu Mallavarapu,  don Marek Michalaski.

In quella stessa circostanza si festeggiarono i 60 anni sacerdotali di  don Fiorenzo Gerini, don Alessandro Beorchia, don Leandro Caviglia, don Alessandro Sappa; 50 anni per don  Angelo De Canis, don Mario Ruffino. Intanto per Pornassio è in arrivo, dal 9 settembre,  il nuovo parroco don Ruggero Gorletti, milanese, 52 anni, ordinazione il 2 aprile 2016, attualmente vicario parrocchiale a San Bartolomeo al Mare, San Bartolomeo Apostolo (San Bartolomeo Al Mare). A lui andrà pure la parrocchia di Acquetico.

C’è chi come Alessandro Seidata e Joshua Wahlen ha scritto il resoconto di un viaggio, tra gli eremiti d’Italia, con un documentario ‘Voci dal Silenzio‘. “Non si mette facilmente nel sacco un eremita” -esordi padre Isacco – non appena ci vide spuntare carichi di attrezzature e con i pantaloni infangati fino alle ginocchia. E così fu. Ripercorremmo il sentiero scosceso in direzione opposta senza nessuna intervista tra le mani. Un’esperienza che lascia pur sempre un’emozione dell’essersi avvicinati a forme rare di prossimità.  Eppure avevamo insistito. “Padre Isacco e se domani passassimo altro tempo  insieme, sarebbe un problema per lei ?”.  Con aria divertita cominciò a tamburellare l’indice  sull’iscrizione appesa all’entrata dell’eremo, come a dirci leggete: “Habitantibus hic oppidum carcer est et solitudo paradisus”. Traduzione: ” Per chi abita qui, la città è il carcere, la solitudine il paradiso”.  E l’eremita si accomiatò “potere farmi visita tutte le volte che lo desiderate o sentite il bisogno”.

Ogni eremita vive l’esperienza, la scelta di solitudine in una maniera tutta diversa – concludono gli autori del viaggio -, padre Isacco custodisce una rubrica in cui segna i giorni di effettivo isolamento, romitaggio. Riesce a conservare all’incirca 180 giorni in cui non incontra nessun altro volto umano e concluse “sono sempre troppo pochi”. A Loano, nella grande baraonda del consumismo e del divertimetificio estivo, la parrocchia di San Giovanni Battista ha realizzato il programma dal titolo: “Gli incontri dell’Eremo. Gaudete et exultate. Esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo”.

Luciano Corrado

Alassio tavolo del turismo: i soliti annunci di ‘esperti’ fai da te, a quando un vero manager

$
0
0

Istituzioni, associazioni di categoria e rappresentanti del territorio, si sono riuniti per pianificare strategie di promozione turistica per un’ rilancio condiviso della Città di Alassio’. L’incontro si è svolto in Municipio, coinvolgendo le Associazioni di Categoria e i rappresentanti del territorio. Obiettivi: ‘coordinare una strategia di marketing condiviso per la promozione della Città’. Un Tavolo del Turismo, non ancora formalizzato. Nel primo incontro hanno preso parte le Associazioni Albergatori, Bagni Marini e Vecchia Alassio, i consorzi Macramè e Un Mare di Shopping, il Centro Studi dell’Istituto Alberghiero di Alassio, giornalisti, albergatori e agenti immobiliari del territorio. Questo il comunicato ufficiale.

I partecipanti al ‘tavolo del turismo’. In piedi da sinistra a destra: Ettore Bonassin (agente immobiliare),  Ernesto Schivo (pres. Bagni Marini), Cinzia Salerno (operatrice turistica), Fabio Macheda (assessore e figlio di albergatori), Giancarlo Formichella (pres. Borgo Barusso), il sindaco Marco Melgrati (architetto e contitolare di Residence), Andrea Elena (cantante liririco e pres. Associazione Vecchia Alassio), Marco Zanardi (fotografo editore), Angelo Galtieri, vicesindaco e assessore al Turismo, albergatore in famiglia, Barbara Porzio ( Associazione Macramè, dire, fare e mangiare, con 10 mila € di contributi della giunta Canepa per l’organizzazione di ‘Alassio un mare di champagne’), Davide Crema (direttore Grand Hotel Alassio),  Simone Giardini (albergatore, Hotel Fanny). Seduti da sinistra : Silvio Macheda (pres. associazione Albergatori),  Egidio Mantellassi (operatore turistico) e Franco Laureri (insegnante, responsabile della comunicazione Istituto Alberghiero Alassio).

COMUNICATO STAMPA – “Si tratta di un primo incontro conoscitivo – ha spiegato l’Assessore al Turismo Angelo Galtieri – atto a verificare la disponibilità di fare sistema per programmare le nuove strategie e conseguentemente le risorse utili a pianificare le iniziative per i prossimi anni. Partiremo dal DNS, il nuovo portale nel quale l’Amministrazione si è subito impegnata a far confluire contenuti, ma non possiamo essere i soli a far crescere questa piattaforma. Ognuno per quanto di pertinenza dovrà dare il meglio di sé. Il nuovo sito sarà un ulteriore strumento di promozione del territorio”.

“Come Istituto Alberghiero stiamo monitorando l’aspetto del turismo enogastronomico con la Russia – ha spiegato Franco Laureri del Centro Studi dell’Istituto Alberghiero – basti pensare che solo San Pietroburgo ha due istituti con oltre cinquemila studenti. Fino ad oggi abbiamo operato con il sistema già utilizzato dalla Regione Liguria del wikibrend, dove i contenuti vengono introdotti dall’utente. I dati ad oggi sono confortanti e il mercato turistico russo sembra riprendersi. Non possiamo perdere tempo”.

“Fino ad oggi abbiamo promosso la nostra realtà con buoni risultati– spiega Davide Crema direttore del Grand Hotel di Alassio – molto meglio sarebbe promuovere una destinazione, nella sua complessità”.

“Purtroppo il mercato russo è stato fortemente penalizzato dalla svalutazione del rublo – aggiunge Egidio Mantellassi, albergatore – negli utlimi tempi abbia registrato una forte ascesa del turismo scandinavo”. “Non dovremmo fossilizzarci sul mercato russo – aggiunge l’editore Marco Zanardi – cerchiamo di creare dei contenuti che nell’evidenziare le nostre eccellenze, possano essere utilizzate per promuovere Alassio a livello internazionale”.

“Tutto condivisibile – spiega ancora Ernesto Schivo dei Bagni Marini – ma occorre ragionare sul problema dell’erosione che affligge le nostre spiagge. Questo non può più essere considerato un problema dei bagni marini, così come la soluzione, quella del tecnoreef, deve essere una soluzione che deve essere portata avanti da tutto il comparto turistico cittadino”. Puntare sulla qualità delle proposte che si andranno a costruire da ora in avanti è il minimo comune denominatore di ogni intervento. Il tavolo si scioglie sull’impegno di ogni “convitato” a verificare presso le proprie realtà associative, le disponibilità economiche da far confluire sul tavolo e sulle iniziative che saranno portate avanti.

“Nei prossimi giorni sarà riconvocato – conclude Galtieri – magari allargato ad ulteriori realtà pubbliche e private che potranno contribuire allo sviluppo di un progetto il più possibile condiviso ed efficace”.

COMMENTO DI TRUCIOLI- E’ trascorso quasi mezzo secolo da quando il turismo di Alassio

Giancarlo Garassino, foto utilizzata per la campagna elettorale del 1970, nel Collegio di Andora, alle elezioni provinciali (foto archivio trucioli.it)

calamitava industriali, imprenditori, dirigente d’azienda, artigiani, commercianti, dipendenti dal centro e Nord Europa, ma anche scrittori, artisti, personaggi dello spettacolo, della cultura, del giornalismo, del mondo sportivo professionista. Un turismo di qualità e di giovani, di vichinghe, con una stagione di lavoro di 7 – 8 mesi.

Alassio con un’Azienda di soggiorno pilota in Liguria, con un giovane (e ‘studioso’ da manager), ing. Giancarlo Garassino, di nomina ‘politica’ (Dc), che poteva esibire l’esperienza alla Presidenza dell’Azienda di Soggiorno a Laigueglia, la presenza nel  Comitato di Programmazione  Territoriale  della Camera di Commercio di Savona, membro del Consiglio centrale del Turismo, il massimo organo consultivo del ministero competente,  consigliere nazionale  e componente il Comitato direttivo dell’Associazione Italiana delle Aziende Autonome di Cura, soggiorno e turismo.

Era il 1965 quando Garassino  venne chiamato ad Alassio. Un particolare significativo merita di essere citato. Durante la sua presidenza, a Laigueglia, il movimento turistico registrò un incremento del 26%, passando da 541,370 a 685.760 presenze. Nel 1963  la prima edizione del ‘Trofeo Laigueglia’ che, con sorti alterne, ha finito per diventare una corsa, con diretta Tv nazionale e citata a livello europeo e non solo.

Ad Alassio, Garassino venne riconfermato per il quadriennio ’70 – 73. Tra le prime decisioni, da precursore, la creazione dell’ufficio stampa (Romano Strizioli), l’installazione di una telefoto (con foto Aldo), con notizie e curiosità trasmesse, via agenzia Ansa, in Europa, negli Stati Uniti, nel mondo. Capitava spesso il ‘colpaccio’ (non parliamo di cronaca nera), con Alassio in prima pagina, con un’istantanea scoop ora del mare, della Primavera, di un avvenimento (Miss Alassio), i ‘Baci di Alassio‘, l’aria in lattina, Hemingway che regala, a Mario Berrino, Pedrito, il suo pappagallo che accompagnerà il pittore sino agli Anni 90.

Garassino è stato presidente della Valtur (nel  1976 entra il Club Méditerranée) e alla presidenza della Cit  (Compagnia Italiana Turismo).  Non lo ricordiamo per celebrare il panegirico di un democristiano della Prima Repubblica, ora richiamato in servizio  ‘volontario’ nella terra di origine, Laigueglia, come vice sindaco. La prima volta esterno, poi eletto con le consultazioni di maggio. Il 7 settembre raggiungerà l’84 esimo traguardo di vita, non ha bisogno di ‘gradi’, né scalare vette, gli auguri sì. 

Fare marketing, percorrere strategie innovative e evoluzione, anche nella realtà alassina, non è ‘mestiere’ da tutti, tantomeno da addetti ai lavori, pur dotati di esperienza. ‘Fare turismo‘ ha rivoluzionato l’ultimo secolo, nuove mete e mode. Meno giorni in ferie, ma più frequenti a seconda delle disponibilità di cassa delle famiglie e del reddito pro capite da Paesi  capitalisti. Il web. Un solo un comune denominatore, ieri come oggi: l’esigenza assoluta della qualità totale al giusto prezzo. Basti pensare alla ‘scomparsa’  della pensione completa, all’aria condizionata, alla colazione del mattino che per gli italiani, in netta maggioranza, è ancora cappuccino e brioche; nei paesi del centro e Nord Europa, ovunque si trovino, pasteggiano al self service che offre di tutto e di più, non sempre il costo (tra 15 e 35 €) è incluso nel prezzo della camera.

Ha preso piede la tendenza a tariffe di pernottamento (non si tiene ancora conto dell’algoritmo, bensì delle prenotazioni, più ci si avvicina al tutto esaurito, più il prezzo cambia, poi ci sono le offerte last minute). Gli operatori sono  alle prese, da anni, con l’avanzare di prenotazioni all’ultimo momento, in attesa di conoscere le condizioni del tempo sia al mare, sia in montagna. Utilissimo, anzi indispensabile, non solo seguire, precorrere le tendenze, cambiamenti.

Garassino (i manager preparati, competenti, attenti ai risultati, sono richiestissimi dalle catene alberghiere e dalle grandi società che fanno marketing) non era un mago, né un inventore, aveva idee chiare ed un bagaglio di conoscenze, i risultati. Uno studioso della materia, sempre aggiornato. Un esempio, tra i tanti, il disastro e inquinamento seguito alla Haven al largo di Arenzano. La Riviera Ligure trasformata in ‘mostro’ da prime pagine dei giornali di mezzo mondo, eravamo inizio anni ’90, quando la quota straniera aveva ancora un peso preponderante negli arrivi e presenze alberghiere. Con un plafond di spesa giornaliero considerevole, tra hotel, dopo albergo, spiaggia, esercizi pubblici e commerciali.

Il giornalista esperto del Secolo XIX, Sergio Del Santo, ricordava che Garassino restava tra i personaggi di punta dell’economia turistica ligure. “E’ stato il presidente nazionale dell’Unione delle Aziende di Soggiorno, è al secondo mandato di presidente della Valtur, azienda privata…all’onda nera imperante, Garassino risponde  che occorre informare di più, anzi comunicare direttamente, recarsi anche nelle maggiori redazioni editoriali, far cantare le carte, dimostrare che l’inquinamento è circoscritto”.  A una grande emergenza, era necessaria una strategia di penetrazione promozionale almeno con i media della carta stampata e che fanno presa sulle Tv, sui notiziari televisivi. Garassino ricordava, ma resta attuale: “Bisogna soprattutto tener conto dell’opinione pubblica, prima ancora dei tour operators, occorre saper cambiare l’immagine”. E poi un leit motiv, purtroppo dimenticato: “La Regione Liguria, rispetto al suo bilancio, stanzia davvero poco per promuovere un’industria che fattura miliardi….”. Il turismo.

Sarà pur vero che la Liguria è penalizzata, a ponente in particolare, da infrastrutture viarie e ferroviarie (il trasferimento a monte  Andora – Sanremo finora non ha dato i benefici sperati), altrettanto pacifico che il turismo giovanile europeo ed internazionale sceglie altre mete, come le Baleari, le isole esotiche. Oggi come è cambiato il trend vacanziero ? Quali strategie per potenziare la promozione ?  Quale cabina di regia non assembleare, né di ‘marchio’ politico? A fronte di stanziamenti risicati, la Regione targata Toti e Lega ha ‘promozionato’ la Tassa di Soggiorno. Garassino, a Laigueglia, ha detto ‘no grazie’, seguito dalla revoca di Alassio con la vittoria della giunta Melgrati. Applicata e benedetta, a macchia di leopardo. L’hanno rifiutata Andora, Ceriale, Bergeggi, Vado Ligure, Celle Ligure e gran parte, fortunatamente, dell’entroterra, con la sola eccezione di Toirano.

Giancarlo Garassino con l’ inseparabile pipa (foto Silvio Fasano)

La ricetta, ai tempi di Garassino presidente, era di muoversi andando all’estero.  Incontro con i vertici dei maggiori quotidiani. Con azioni promozionali che non possono essere affidate a volenterosi assessori, sindaci, presidenti di categoria, consulenti più o meno improvvisati. Occorre tempestività, precorrere il mercato, essere guidati da manager di provata esperienza e messi alla prova. Manager che non consiglierebbero manifestazioni ( e conseguenti spese a pioggia da consenso elettorale) che non abbiano una ritorno certo sui media nazionali e stranieri, non parliamo di cronache locali pur utili all’informazione nostrana. Manifestazioni con ricadute sicure e comprovate.

Servono idee originali, serve finanziare appuntamenti che non siano di campanile, meglio se coinvolgano un’intera provincia o quantomeno un vasto comprensorio. Le sagre che divertono, richiamano folla, sottraggono incassi ad attività soprattutto annuali, a chi paga magari affitti 360 giorni l’anno, tiene aperto anche nella stagione morta. Diciamocelo: nessuno viene in vacanza  per pranzare ad una sagra tra centinaia e migliaia di commensali. Sagre che quasi sempre di ‘nostrano’ hanno assai poco, né a km zero, svuotano spesso i magazzini e le giacenze. Bene gli intrattenimenti musicali, il carnevale, ma non si possono confondere con vere strategie di marketing che sono bel altra cosa, di altro spessore, con altra efficacia. Se non creare illusioni.

Alassio, ad esempio, aveva inventato, forse tra i primi in Italia, il Festival del Jazz. L’ha perso a vantaggio di Nizza (Francia) e dell’Umbria, ma anche della Spezia che ha raggiunto il 50° Festival Internazionale del Jazz.  Miss Muretto ? Potrebbe ancora reggere, serve  una regia per coinvolgere ‘candidate’ e personaggi non solo italiani.

Il marketing non deve escludere a priori gli operatori turistici, meglio se persone di esperienza, con credenziali, che hanno girato il mondo e magari dove sono andati si sono fermati più di una notte. Hanno avuto contatti con i colleghi, con direttori di alberghi e ‘catene’, si sono confrontati, hanno potuto rendersi conto delle peculiarità. Lascia perplessi leggere (su Ivg.it) le dichiarazioni di Angelo Berlangieri, ex assessore a Finale, chiamato da Burlando a ricoprire l’assessorato regionale del Turismo e Cultura (sic!), ora presidente dell’Upa (albergatori aderenti a Confindustria). Eccolo: “…E’ necessario creare prodotti turistici e assemblarli in una offerta ampia, variegata e competitiva, costruire prodotti da promuovere e poter vendere sul mercato, sviluppando forme di turismo emozionale ed esperienziale, rafforzando così la nostra posizione rispetto ad altri competitors. Spesso ci lamentiamo di tante cose, ma poi non siamo capaci di costruire e metterci assieme per proporre una offerta turistica d’avanguardia per le sfide e le possibilità dei mercati: le strutture stanno facendo il massimo per migliorare qualità e accoglienza, ma serve qualcosa in più per un salto di qualità che il nostro turismo attende da anni”. Proponiamo ai giovani universitari di Imperia che studiano ‘turismo’ una tesi sulla ‘ricetta’ Berlangeriana. Talmente generalista da non essere in grado di decifrarla,  evidentemente abbiamo dei limiti e ci scusiamo con l’interessato ed i lettori.

Il giornalista scrittore Daniele La Corte

L’immagine che ci offre il ‘tavolo del turismo’ di Alassio, non ce ne vogliano partecipanti e promotori, non appare la partenza giusta verso una pietra miliare. Parlare di marketing e manager del turismo, per noi, significa ben altra cosa. “Non si può curare un malato con l’aspirina – ricordava il giornalista alassino  Daniele La Corte, a Imperia  Tv, parlando di rilancio turistico rivierasco – facciamo pure le ‘carnevalate’ per far divertire gli ospiti, i fuochi artificiali, le feste,  le sagre, non illudiamo i cittadini e gli operatori affidando ai soliti noti, pur animati da buona volontà, le sorti dell’industria delle vacanze che significa posti di lavoro, prima grande emergenza della nostra società civile”.

Altrimenti, aggiungiamo, trasformazioni e cambi di destinazione d’uso nel sistema ricettivo saranno perpetue. Gli investitori locali, nazionali, internazionali continueranno a non investire nella nostra Riviera che tutti o quasi i politici descrivono ‘la più bella del mondo‘. Gli stessi ‘professionisti della politica’ che fino a qualche anno fa ripetevano, senza vergognarsi, che le seconde case possono fungere da perfetto binomio con l’industria alberghiera. Con molti albergatori, ora timidi, ora distratti di fronte allo scempio ambientale e dei piani regolatori a suon di varianti. Se un certo turismo straniero si è allontanato dalla Riviera della Palme e dei Fiori, predilige altre metà, ha una cultura ed una sensibilità che forse troppi ignorano, o sottovalutano, non è dovuto alla moda, alla vacanza che cambia. Siamo ancora in tempo a brindare ad un turismo di qualità, a recuperare quote di mercato straniero  ? Sia verso i Paesi che un tempo erano il nostro fiore all’occhiello, sia verso i ‘nuovi ricchi’ della Russia, dell’India, della Cina, del Brasile, dei territori baltici più sviluppati.

Luciano Corrado

TURISMO, PARTITA LA CAMPAGNA “UNA LIGURIA SOPRA LE RIGHE”. NEL 2018 LIGURIA REGINA SU FACEBOOK PER NUMERO DI INTERAZIONI ED ENGAGEMENT

COMUNICATO STAMPA – È partita ufficialmente lunedì scorso la campagna dell’estate 2018 “Una Liguria sopra le righe”, voluta da Regione Liguria: in questi giorni nei 78 Comuni aderenti si susseguono inaugurazioni ed eventi per lanciare i propri percorsi. Tutti gli eventi sono segnalati sul sito www.lamialiguria.it, dove si possono scoprire tutte le tremila “tappe” dell’#orgoglioliguria: chilometri e chilometri di vernice colorata e circa 240mila bollini gialli, blu e rossi, per individuare 228 percorsi artistici, curiosi e per i bambini.

L’hashtag della campagna, assieme agli altri #orgogli locali, ha già superato in pochi giorni il muro delle tremila fotografie su Instagram. Ma sono tutti i social del turismo ligure che macinano record nella prima metà dell’anno, seguendo così i dati del boom delle presenze turistiche in Liguria nei mesi di aprile e maggio (2,5 milioni di presenze).

Secondo il TSR – Tourism Social Report stilato da Giaccardi Associati e relativo alle performance degli account regionali dedicati al turismo nel primo semestre 2018, la Liguria conquista due medaglie d’oro e due medaglie d’argento per numero di interazioni (la somma di commenti, like e condivisioni) e di engagement (ovvero la capacità di un singolo post di scatenare reazioni) su Facebook, frutto di due primi e due secondi posti rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre. Sono inoltre liguri i “Top video” di marzo ed aprile, i video più visti fra quelli pubblicati dagli account regionali italiani: a marzo la Liguria sotto la neve, con 6.495 interazioni totali, ad aprile un buongiorno con la risacca del mare di Noli (3.445 interazioni).

Il Patto per il lavoro nel turismo ha stanziato 1 milione di euro per il 2018 e 2 milioni per il 2019 per incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato o a tempo determinato per almeno 8 mesi. Al 6 giugno erano arrivate 161 domande e sono stati sottoscritti 565 contratti, per un totale di 1.670.205 euro impegnati: è stato dunque anticipato al 2018 l’impiego delle risorse previste per il 2019. Il bando verrà rifinanziato in caso di esaurimento anticipato dei fondi.  Il Piano Over 40 ha stanziato 9,4 milioni di fondi Por Fse per orientamento, formazione, work experience e rientro al lavoro. Ha interessato finora 2129 over 40 che non usufruiscono di ammortizzatori sociali. Il Piano Over 60 ha stanziato 1,464 milioni di fondi regionali e ha interessato 177 persone che lavoreranno per almeno un anno a 750 euro al mese per 15 giorni di lavoro.

Il Piano straordinario anticrisi sottoscritto nel dicembre 2016 ha programmato l’impiego dei residui dei fondi che erano stati destinati agli ammortizzatori sociali in deroga nei tre anni precedenti. 13,75 milioni sono stati destinati alle misure di politica attiva del lavoro nelle aree di crisi industriale, altri 3 milioni sono stati impiegati per i trattamenti di cassa integrazione guadagni in deroga.

 

Loano ‘finta sicurezza’, ‘ndrangheta e Ninin.Carabinieri nel porto, solo fumo negli occhi?E Protezione Civile, c’è anche Vaccarezza

$
0
0

Loano fanno discutere, ‘osservatori’ e ‘commentatori’, due iniziative di interesse pubblico. Inaugurazione della ‘caserma della Benemerita’ nella cittadella portuale tra le più attrezzate e all’avanguardia. Ritorna il servizio dei carabinieri presenti fino agli primi anni 2000 con una ‘pilotina’. In porto c’è già la Guardia Costiera – comando di zona – con poteri di polizia giudiziaria. Quale emergenza da giustificare l’iniziativa dell’Arma, ora con sede ? Altro caso. Una pattuglia “Sicurezza Urbana” della polizia locale ha denunciato C.M., senegalese di 38 anni residente a Voghera, sorpreso a vendere t-shirt, costumi, giacche, occhiali, sulla passeggiata a mare: 40 capi sotto sequestro. Interviene con uno sferzante commento NiNiN, blog di Savona. Terzo fatto (positivo). Con lo slogan “La Protezione civile sei anche tu…” si sono conclusi 4 incontri organizzati dal gruppo intercomunale (Loano, Toirano, Boissano) per sensibilizzare residenti e turisti sulle norme di autoprotezione, fondamentali in caso di bisogno.

ARTICOLO PUBBLICATO DAL BLOG MEDIAGOLD

SULL’INAUGURAZIONE DEL VALICO MARITTIMO

Inaugurato, l’11 luglio, l’ufficio di Valico Marittimo dei carabinieri “Marina di Loano”, alla presenza delle massime Autorità provinciali. Dotato di strumenti all’avanguardia per l’identificazione dei soggetti a bordo dei natanti in approdo e l’analisi digitale dei passaporti, esso opera alle dirette dipendenze della Stazione Carabinieri di Loano e avrà quindi il compito di accertare, come ogni altro posto di frontiera, la corretta identità di ogni passeggero ed ogni componente degli equipaggi dei natanti che sbarcano in porto.
L’attività di polizia di frontiera devoluta all’Arma dei Carabinieri, oltre che a Polizia di Stato e Guardia di Finanza, ha la finalità specifica di garantire l’osservanza delle norme di diritto pubblico internazionale e delle convenzioni multilaterali o in vigore con singoli Stati, delle disposizioni contenute negli atti normativi dell’Unione Europea, nonché delle Leggi nazionali di emigrazione e di polizia che regolano il traffico delle persone e delle cose attraverso le linee del confine terrestre e negli scali marittimi ed aerei. L’esercizio della funzione di polizia di frontiera è di natura tipicamente “amministrativa” e va ricondotta nella categoria dell’attività di prevenzione, quindi direttamente connessa alla pubblica sicurezza. A norma di Legge, per quanto concerne la frontiera marittima, l’attività di coordinamento di queste attività di controllo e vigilanza è attribuito al Prefetto del capoluogo di regione.
All’evento hanno preso parte il comandante di Divisione della Legione Carabinieri Liguria Gen. B. Paolo Nardone, il Prefetto, Antonio Cananà, il neo Questore di Savona, Giannina Roatta, il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Savona, Dionisio De Masi, il Comandante della Compagnia di Albenga maggiore Sergio Pizziconi, il sindaco di Loano Luigi Pignocca, il comandande Erik Morzenti dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Loano-Albenga, l’amministratore delegato di Marina di Loano Ivan Pedrielli, il direttore del porto Uberto Paoletti, il capogruppo regionale di Forza Italia Angelo Vaccarezza che nel suo discorso ha annunciato: “Domani depositerò in Regione un ordine del giorno per dedicare uno spazio del Palazzo di via Fieschi ai Martiri di Nassiriya, fulgido esempio di abnegazione” .

COMMENTO DI Trucioli.it  che non ha ricevuto comunicati stampa peraltro opportunamente ripresi e pubblicati – con la discutibile abitudine del copia ed in colla notarile –  da Ivg, Savona news; rielaborazione, invece, da parte del blog loanese MediaGold.  E una piccola curiosità: la redazione di Ivg ha riportato la dichiarazione del capogruppo di Forza Italia in Regione, Angelo Vaccarezza : “….soddisfatto dell’inaugurazione il capogruppo…..”. In realtà  il testo della dichiarazione è tratto dal comunicato ufficiale che però non attribuisce la fonte al big politico. Poco male, un merito in più dopo la candidatura al Senato nel collegio di Genova Centro.

Un interrogativo da ‘vecchietti’ cronisti di nera e giudiziaria (da 53 anni) di questa provincia e regione, con l’hobby di conservare un archivio stampa sempre istruttivo: era proprio necessaria una caserma dell’Arma  nel porticciolo ? Nel Bel Paese dei ‘doppioni’ in molte città italiane medio piccole.  «Cinque corpi di polizia sono troppi….con 310 mila uomini». Sosteneva il presidente del Consiglio Matteo Renzi quando tirò dritto per riunificare Corpo Forestale (dipendeva dal Ministero delle Politiche Agricole) e Carabinieri (Ministero della Difesa). Gli altri corpi di pubblica sicurezza sono Polizia di stato (ministero dell’Interno), Guardia di finanza (ministero dell’Economia), Polizia penitenziaria (ministero della Giustizia). Senza ignorare il Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera  (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) alle quali sono storicamente affidate la disciplina e la vigilanza su tutte le attività marittime e portuali.

Ogni corpo con proprie competenze che spesso di sovrappongono e moltiplicano il lavoro burocratico, l’impegno di uomini e mezzi, costi. E sul bilancio dello Stato, dei cittadini contribuenti, la somma è di oltre 20 miliardi di euro l’anno. Una stima di un 6 % in più rispetto ad altri Paesi europei, forse perchè siamo alla prese con almeno tre regioni del Sud dove la ‘mafia’ comanda non per vanto. Chi non ci crede può farsi un giretto da quelle parti, con qualche immancabile eccezione a macchia di leopardo.

La provincia di Savona che nel complesso – i giovani non sanno e gli adulti forse dimenticano – ha fatto un balzo positivo sul fronte dei reati più gravi. L’archivio ci ricorda fino a 15 omicidi all’anno (in gran parte impuniti) negli anni ’70 – 80, almeno una quarantina di rapine a banche, uffici postali, gioiellerie, supermercati, sequestri di persona e rapine a imprenditori, incendi di attività commerciali, cantieri, locali pubblici, discoteche, estorsioni. Tanti arresti.  Titoloni e locandine allarmanti su Secolo XIX e La Stampa e con l’esaurito di copie in edicola.

Oggi l’emergenza criminalità è cambiata, anche se resta cupa l’opera di colletti bianchi alla ricerca di affari per le organizzazioni mafiose nazionali ed internazionali. Prospera il racket droga e prostituzione (nel ponente della provincia) di cittadine straniere. Gravi le carenze negli organici, per coprire il fabbisogno del territorio, i servizi di prevenzione soprattutto. Forse non siamo più alla benzina contingentata, automezzi rattoppati, problematiche per la divisa.

Nella lotta al malaffare sono corse in aiuto telecamere e videosorveglianza. Resta la piaga, seppure in calo, dei furti in alloggi e negozi. Nelle città è sparito, parrebbe, il carabiniere di quartiere. E si vogliono abolire, minaccia il neo ministro dell’Interno Matteo Salvini, le ‘scorte inutili’, primo nome quello dello scrittore giornalista antimafia Saviano. Anziché le presenze inutili a eventi cerimoniosi che spesso interessano soprattutto i politici al potere.

Non conosciamo la genesi della ‘pratica caserma’ nel porto di Loano, difficile credere sia scaturita col nuovo ministro della Difesa (ovvio non serve il suo beneplacito). Il silenzio dell’onorevole ingauno Franco Vazio, Pd. Iter elaborato all’ombra dell’ex ministro genovese Pinotti del Pd e del presidente della Regione Toti (F.I) ? Invocata dalla giunta o dal consiglio comunale ?  Passata al vaglio del primo prefetto ligure (a Genova)  responsabile del coordinamento ? Di certo ha avuto il placet del comando regionale dell’Arma e di quello provinciale. Possiamo aggiungere di aver interpellato sottufficiali  in pensione che hanno prestato servizio in caserme della Riviera. Che ne pensano? All’unisono: “Non serviva l’apertura di una caserma in Porto, fumo negli occhi…, servirà a qualche politico da esibire….i bisogni dei carabinieri e della comunità sono altri….”. Eppure anche la ‘minoranza silenziosa’ che siede a Palazzo Doria parrebbe consenziente, né ha condiviso la necessità ?

C’è una Savonese Doc, l’anziano generale in pensione  Giuseppe Richero di Balestrino, unico ligure, certamente savonese, ad aver raggiunto alti gradi nella Benemerita e negli apparati di sicurezza dello Stato democratico. Capitava che nei periodi di vacanza incontrasse sindaci del savonese negli anni in cui non erano ancora nate le caserme a Ceriale, Borghetto, Laigueglia e così via. Lui ripeteva: “Si presidiano meglio paesi e città con uomini concentrati, risparmiando turni di guardia, iter nella marea di carte…razionalizzando in meglio…più uomini sulle strade…”. Con gli anni, nelle stazioni periferiche dell’Arma sono rimasti i piantoni solo in orari d’ufficio, poi si è ricorsi al centralino unico fuori dagli orari di apertura della caserma al pubblico, si è  passati al servizio comprensoriale in certe ore del giorno e della notte. E il concreto coordinamento provinciale, con le altre forze, dell’ordine si è finalmente realizzato ? I ‘pattuglioni’ sono davvero efficaci o si sciorina la statistica di una settimana e fanno presa, servono da dare in pasto all’opinione pubblica ? Non sarebbe preferibile un attività da intelligence, più uomini in borghese all’esterno della caserme ?

Non si può dire che con la stagione estiva le forze in campo siano adeguate al fabbisogno quotidiano, in passato anche i vigili ricevevano rinforzi da città del Nord Italia. Si pensi che tra Varazze e Finale Ligure durante la notte sono in servizio tre pattuglie (devono occuparsi pure di incidenti stradali): si copre il Finalese, la zona di Savona, la terza il levante della provincia (Varazze e Celle). Una – due pattuglie nell’albenganese; una -due per Alassio e ponente dove è presente il commissariato. C’è l’entroterra, dove si accorre in caso di bisogno.

Di fronte a questo ‘scenario’, dove purtroppo resistono  rivendicazioni di campanile (vedi caserme Polstrada, vedi commissariato di Alassio), pare difficile chiudere gli occhi ad organici estivi (e non) di certe caserme, dalla Riviera all’entroterra che si popola, a sua volta, di villeggianti.

A Loano si presidia il porto turistico, semivuoto d’inverno, in presenza della Guardia Costiera (Capitaneria) che, meglio rimarcarlo, non interviene sul demanio marittimo di competenza per contrastare, punire il commercio abusivo di molti ‘disperati’ (fenomeno peraltro abituale sulle coste italiane). Si occupa di concessioni di spiaggia, del rispetto del codice di navigazione, controlli a stabilimenti balneari, soccorsi in mare.

Sull’arenile intervengono, in particolare a Loano ed Alassio, pattuglie di vigili urbani, già decimati e con tante incombenze al punto da rinunciare ormai alla viabilità e al presidio dell’Aurelia come accadeva fino a metà anni duemila, con la presenza di semafori e la cui abolizione non ha risolto tutti i problemi, in qualche caso aggravati per il susseguirsi di attraversamenti pedonali da monte a mare e viceversa, con week end e stagione balneare superaffollati, statale e strade limitrofe paralizzate, pullman di linea (Tpl) soppressi per accavallarsi di ritardi.

I vigili a rincorrere gli ‘abusivi’, fare sequestri,  denunce, da un paio d’anni coadiuvati, sulla spiaggia, da vigilantes privati pagati dalle associazioni balneari. Resta spesso in bilico, per la polizia municipale, il servizio serale e notturno che, estate esclusa e Albenga esclusa, termina alle 20. E in caso di incidente stradale non è un’eccezione attendere un paio d’ore l’arrivo di una pattuglia.

Da qui gli interrogativi sulla priorità ‘caserma dei carabinieri in porto’ ? Se sia opportuno nascondere la testa sotto la sabbia, o meglio conviene tacere, cominciando dagli organi di informazione locale. In altri tempi forse Lega e grillini avrebbero fatto sentire la loro voce. Ora sono al governo del terzo Paese europeo. (l.c.)

IL COMUNICATO STAMPA DEL COMUNE DI LOANO:

SFERZANTE COMMENTO DEL COORDINATORE DI NiNiN BLOG DI SAVONA

“Eh già, la sicurezza da qualche parte sta anche nell’impedire che si vendano in spiaggia magliette taroccate. Vuoi metter con la lotta alla ‘ndrangheta? L’importante è sfoggiare sui giornali uno spiegamento di forze con tanto di guardie giurate (sulla cui legittimità sarebbe accampabile qualche dubbio) ATTE a contrastare chi? I taglieggiatori, i mafiosi? Macché! I vu cumprà.

A Loano ne hanno pescato ben 1 (uno) e gli han pure sequestrato quel poco che aveva da vendere. Arrivava da Voghera per cercare di rimediare qualche euro chiedendo mille volte per favore, sotto il sole cocente. Ma la mano armata della legge è calata implacabile su C.M. senegalese di 38 anni, magari laureato. Gli è stato portato via tutto. Noi saremo anche buonisti, ma se l’alternativa è questa schifezza, siamo orgogliosi di esserlo. E il nostro pensiero va a C.M. Quanto ci metterà a tornare a Voghera senza un soldo?

Ma d’altronde anche Cristo lo abbiamo crocifisso. (firmato Ninin)”

E LA BENEMERITA PROTEZIONI CIVILE SI ESIBISCE CON IL SINDACO PIGNOCCA,

IL CAPOGRUPPO DI FORZA ITALIA IN REGIONE ANGELO VACCAREZZA, IL VICE PRESIDENTE DELLA PROVINCIA LUANA ISELLA, CONSIGLIERE COMUNALE E IL CAPOGRUPPO DEL PD IN CONSIGLIO GIANNI SICCARDI

 

Loano il futuro dei giovani nella Lega? E addio al decano dei ‘comunali’ in pensione

$
0
0

Alle politiche del marzo 2018, la Lega di Salvini, a Loano, ha conquistato un primato storico: primo partito con 1.592 voti alla Camera (26, 4%), 1.548 al Senato (27,4), superando il M5S: 1.408 al Senato(24,9%) e  1.540 (25,5 %) alla Camera. Nella città, da sempre capitale della ‘balena azzurra’ (prima Dc, poi Pdl e FI), bisogna risalire al dr. Maurizio Strada (dal Pli alla Lega Nord e all’epoca lotta dura) per avere un significativo riscontro con 800 voti di lista. Ora Lega loanese, a sorpresa, si ‘arricchisce’ di un gruppo giovanile. Tra tutti un cognome ‘importante’, Tarcisio Rossi, omonimo del nonno, compianto avvocato tributarista, origini a Stellanello, gioventù nel Seminario Vescovile, vocazione democristiana e rettitudine.  Leggi anche: si è spento, a 93 anni, Giacomo Morelli, decano dei dipendenti comunali di Loano in pensione. Leggi anche la Sagra del pesce fritto organizzata dalla locale Croce Rossa sul lungomare, venerdì e sabato, 17,30 – 23, con raccolta fondi per una nuova autoambulanza.

Il gruppo dei giovani leghisti di Loano, Tarcisio Rossi, Francesco Gandolfi e Demis Aghittino, annunciano iniziative ai gazebo per il tesseramento “punto di partenza per una Lega forte e presente a Loano come ci chiedono i cittadini”.

Una Lega che, a Loano, si era ridotta ai minimi termini, senza riuscire ad eleggere un consigliere nello schieramento del centro destra del sindaco Pignocca e nonostante fosse segretario provinciale quell’Attilio Ripamonti (il nonno fu il mitico comandante dei vigili anni ’50 e ’60), oggi senatore della Repubblica  con i 114.589 voti del ponente ligure. E non era stato un rapporto idilliaco, a leggere le dichiarazioni stampa post risultato delle urne, quello tra il ‘generalissimo’ Angelo Vaccarezza e Ripamonti. La Lega, pare, si sentisse tradita. In realtà l’eredità elettorale dell’assessore al Bilancio, geom. Mauro Averame (Lega Nord) e del consigliere Aldo Gavioli (bandiera della prima ora del partito), non era delle più brillanti. Vedi le conseguenze nelle urne. Il terzetto leghista uscì con le ossa rotte: MAURO AVERAME 121 voti, IVANA MARIA POTENZA 88, GIUSEPPE BAVESTRELLO 48. La sezione di Loano un’ombra di se stessa, una gioia di chi  (Vaccarezza) aveva spesso e volentieri rivolto strali verso la ‘disastrosa’ sinistra e la dirigenza  locale e provinciale della Lega. La sorte ha voluto che prima se li ritrovasse alleati in Provincia, ora al governo della Regione con un  solo voto di maggioranza e al governo della città capoluogo.

A leggere le prime dichiarazioni del ‘gruppo giovani’ è giunto il momento della riscossa. Una Lega alleata di Berlusconi e della Meloni in Regione (modello Toti – Rixi, con una buona rappresentanza massonica). Una Lega  al governo del Paese, alleata dei Grillini (M5S) che hanno combattuto ed espulso gli affiliati in logge. Ma a Loano il discorso di ‘congregazioni più o meno elitarie’ è spinoso non da oggi, con un ristrettissimo gruppo di potere consolidato, riconoscente con i fedelissimi e riesce persino a tenere lontano (con siluri trasversali) possibili avversari ‘forti’ a sindaco di Loano.

Due elezioni fa, l’omaggio arrivò dai candidati Paolo Tosi e Dino Sandre (quest’ultimo persona preparata, piuttosto ingenua nelle illusioni e previsioni dello scacchiere locale), tenendo lontano il giudice loanese Filippo Maffeo (operazione in verità affidata all’allora emergente Nino Miceli). Nelle ultime comunali il piatto è stato servito grazie alla mancata coesione tra il gruppo del Pd (ciò che resta con una dozzina di iscritti, abbiamo letto che neppure il candidato sindaco Gianni Siccardi ha la tessera, pur tifoso renziano) e i cosiddetti ‘indipendenti’, capeggiati dal commercialista Paolo Gervasi e dal ferroviere sindacalista (‘grillino’) Michele Pellegrini, settimo in graduatoria con 63 preferenze ma oggi in collisione avanzata con Gervasi e C.

Nell’ultima tornata ha funzionato l’entrata, all’atto di elaborazione delle liste, del duo Alessandro Garassini (avvocato, ex presidente Dc della provincia, ex candidato….) e Pierluigi Pesce, da parrucchiere, a dipendente e sindacalista del S. Corona, a socialista, a vice sindaco, ad assessore Provinciale, amministratore pubblico di lunghissimo corso, ora al servizio della giunta di Boissano, con la pidiessina rieletta (non c’è due senza il tre…) ing. Rita Olivari.

Il ‘giochino’ politico è consistito nel depotenziare l’iniziale candidatura del cav. Stefano Ferrari, ex presidente del Simone Stella, già brigadiere a Loano,  comandante la Stazione di Badalucco e di Andora, infine del Nucleo Operativo della Compagnia di Alassio. Garassini prima si disse disposto a ‘sacrificarsi’, con riserva, a sindaco del gruppo di indipendenti, spalleggiato da Pesce. Scattata la silenziosa rinuncia (senza polemiche) di Ferrari, l’ex presidente della provincia, dopo qualche riunione, ha ringraziato per la fiducia, ma i ‘doveri in famiglia’ e nello studio legale avevano la priorità.

Con Ferrari si vinceva ? Nessuno può dirlo, molte chance invece se andava in porto una lista unitaria in contrapposizione al fedele delfino di Vaccarezza. In fin dei conti i loanesi saranno conservatori ed innamorati della Vaccarezza dinasty, dei suoi eminenti seguaci, un po’ di alternanza non avrebbe fatto male, come accade nelle civiltà democratiche più evolute e progressiste. Acqua passata, utile solo non dimenticare le lezioni. Con una prospettiva di un prossimo rinnovamento targato leghista e un Rossi  candidato sindaco.  Cosa che non era stata possibile a nonno avvocato Tarcisio, poco ossequioso e che aveva le idee chiare sul futuro realistico di Loano. L’avvocato che da pensionato, negli ultimi anni, fu assiduo frequentatore della parrocchia, membro del Consiglio parrocchiale e un periodo da consulente del Consiglio diocesano per gli affari economici. Compito molto delicato e ‘riservato’.

Loano, città delle 15 processioni, che ha accolto con spirito cristiano un gruppo di extracomunitari nell’ex convento di Sant’Agostino, contrariamente ad Alassio, e rimane difficile immaginare la condivisione – convivenza con lo slogan salviniano “Lotta senza quartiere ai migranti irregolari….espulsioni a tamburo battente, aiutiamoli a casa loro, basta buonismo….non mi interessa cosa ne pensa la chiesa o il papa, i vescovi, mi preoccupano semmai gli italiani…”. Da condividere, invece, quando la Lega di Salvini si dice sempre e comunque dalla parte della legalità e della giustizia fiscale. Ce ne tanto bisogno, anche a Loano. (l.c.)

ARTICOLO PUBBLICATO CON COPIA E INCOLLA SU IVG E SAVONA NEWS –

Grande soddisfazione da parte della sezione della Lega di Loano per l’evento del 14 luglio che ha visto i militanti loanesi, i parlamentari savonesi e il coordinatore federale dei giovani incontrare la cittadinanza.

Ospite d’eccezione è stato Andrea Crippa, già consigliere comunale, assistente di Matteo Salvini e ora deputato della Lega oltre che responsabile dei giovani. L’onorevole ha subito espresso “soddisfazione e stupore per il locale completamente pieno di persone nonostante fosse un sabato sera di metà estate, chiaro segnale che le persone, anche grazie alla Lega, si sono riavvicinate alla politica e credono nel progetto di Matteo Salvini”. Chiusura dei centri sociali, centralità delle feste cattoliche e necessità di salari giusti e dignitosi per i giovani sono la ricetta dell’onorevole Crippa.

“Il successo della Lega è dovuto all’impegno sul territorio dei tanti amministratori e dal continuo rapporto che viene coltivato dalle sezioni con i cittadini e le associazioni” questo il messaggio dei parlamentari savonesi Sara Foscolo, Francesco Bruzzone e Paolo Ripamonti che si sono succeduti nella serata.

“A Loano le elezioni del 4 marzo hanno incoronato la Lega come primo partito in assoluto, l’evento di sabato è anche un modo per dire grazie alla città. Un grazie particolare va a tutti gli amministratori comunali presenti sia della Lega che non, oltre che un ringraziamento a tutti i partecipanti” ha detto il segretario provinciale della Lega Roberto Sasso Del Verme. “Gli impegni della sezione locale non sono finiti e presto torneremo con i nostri gazebi per il tesseramento: la serata di sabato è il punto di partenza per una Lega forte e presente a Loano come ci chiedono i cittadini” chiosano gli organizzatori della serata, Tarcisio Rossi, Francesco Gandolfi e Demis Aghittino.

Bolkestein, Ripamonti (Lega): bene le parole del ministro Centinaio

al lavoro per tutelare le imprese balneari

Il neo senatore leghista eletto nel ponente ligure esibisce al Senato della Repubblica la cravatta ‘no Bolkestein’

COMUNICATO STAMPA – Roma, 25 lug. “Un plauso al ministro delle politiche agricole e del turismo Gian Marco Centinaio, il quale, nell’audizione di fronte alle commissioni congiunte di Camera e Senato, ha affermato nuovamente la sua posizione a difesa del demanio marittimo e sull’interpretazione autentica della direttiva Bolkestein: le concessioni demaniali sono beni e non servizi, come ha dichiarato in prima persona il dott. Bolkestein. Di conseguenza, non possono essere soggette alla direttiva europea. Questa è da sempre la posizione della Lega, che si batte in favore delle imprese balneari e degli oltre 30 mila concessionari che rappresentano una parte importantissima dell’economia nazionale e, in particolare, della Liguria. Come ha annunciato il ministro, pronti a intervenire a livello normativo, in pieno accordo con le Regioni”.

Così Paolo Ripamonti, Senatore della Lega e vice presidente commissione Industria, commercio, turismo del Senato, commenta le affermazioni del ministro Centinaio in merito alle linee guida sul turismo.

LOANO, CI HA LASCIATI GIACOMO MORELLI

PER 39 ANNI DIPENDENTE COMUNALE

Se n’è andato un altro testimone, il decano, della storia a cavallo tra due secoli del Comune di Loano. Giacomo Morelli ha raggiunto la veneranda età di 93 anni quasi fino all’ultimo in buona forma, lo si incontrava in sella al suo ciclomotore, nel viaggio di andata a ritorno, in via Pista e via Bulasce, dalla figlia Elisabetta in Guglieri.  Si incontrava quando usciva a far spesa dalla sua abitazione sull’Aurelia, nel palazzo che ospita la banca Unicredit. Un gentiluomo vecchio stampo, rigoroso e rispettoso, che per oltre tre decenni era stato al servizio del prossimo, dei cittadini. Una servitore che ci teneva all’onorabilità ed al buon nome. Così quando accade che si trovo, da impiegato pubblico coinvolto in una vicenda giudiziaria non si dette pace fino al proscioglimento. “Non è tanto un problema di assoluzione o di condanna – redarguiva l’allora giovane cronista di giudiziaria, quanto l’onorabilità a cui tengo di più di fronte ai cittadini, alla mia famiglia. Con lui era finito nei guai il mitico medico condotto, compianto dr. Rinaldo Ghini“.

Il papa e nonno Morelli, vedovo, lascia i figli Carlo, Nicola ed Elisabetta, i nipoti  Silvia, Gabriele ed Elena.

Ripubblichiamo un brano dell’articolo del 15 gennaio 2012, dal titolo:

Ricordo di un medico generoso e del buon umore
La scomparsa di Rinaldo Ghini e il legame a Loano

“….Tra i suoi più longevi e fidati collaboratori, il dr. Ghini – che oltre ad ufficiale sanitario, ha svolto per un certo tempo il ruolo di medico condotto – poteva contare su Giacomo Morelli, dipendente comunale dal 1952, nel 1966 distaccato all’Ufficio Igiene (aveva sede dove si trova la Croce Rossa), andato in pensione dopo 39 anni di diligente servizio, nel 1989.  Morelli è stato anche segretario Ipab, la Fondazione Simone Stella,  quando era presidente il compianto dr. Felice Bosisio,  negli anni della realizzazione della nuovo struttura.

Oggi il pensionato comunale Morelli ricorda Ghini con queste significative parole: “Una persona, un medico eccezionale, generoso ed altruista. Sempre di buon umore, anche nei momenti difficili sapeva creare un clima disteso nell’ambito del nostro lavoro. Allora ci occupavamo di tante pratiche, dalle vaccinazioni, alle tessere sanitarie, alle visite per la patente di guida. Nel suo ruolo era anche componente della commissione edilizia e nel rilascio delle certificazioni di abitabilità”.

Loano, sul lungomare la “Sagra del pesce fritto” della Croce Rossa

Venerdì 27 e sabato 28 luglio, nei pressi della Casetta dei Lavoratori del Mare, sulla passeggiata di Loano  “Sagra del pesce fritto” organizzata dal comitato loanese della Croce Rossa Italiana con il patrocinio dell’assessorato a turismo, cultura e sport del Comune di Loano. Nella due giorni di manifestazione si potranno gustare acciughe e totani fritti accompagnati da buonissimo “cundigiun”. Gli stand saranno aperti dalle 17.30 alle 23.

Tutto l’incasso andrà a finanziare la raccolta fondi per l’acquisto di una nuova ambulanza che vede impegnato il comitato loanese da oltre un anno. La manifestazione è stata organizzata con la collaborazione dell’Associazione Pescatori Sportivi “La Bussola”, l’Associazione Pescatori Professionisti di Loano, Pro Loco Loano e delle aziende Gibin e Gallo. Per informazioni è possibile rivolgersi alla sede della Cri di Loano in piazza Aicardi al numero 019.677560.

 

SAGRA DELLA TRENETTA DAI PADRI CAPPUCCINI

Dall’1 al 3 agosto nel cortile dei padri Cappuccini in via dei Gazzi a Loano si svolgerà la 39^ edizione della “Sagra della Trenetta”. La manifestazione è organizzata dalla parrocchia di Santa Maria Immacolata con il patrocinio dell’assessorato a turismo, cultura e sport del Comune di Loano.

 

 

 

 


Don Renato Rosso condannato (ammanchi Caritas), Diocesi parte lesa, tiene conferenze di catechesi alle Opere Parrocchiali di Loano

$
0
0

Il 16 agosto nell’ambito delle iniziative “Gli incontri dell’Eremo’ – si tengono ogni giovedì, nelle Opere Parrocchiali di San Giovanni Battista di Loano, dalle 8,45 alla 16,30, con l’obiettivo di “una opportunità di incontro, di preghiera e di catechesi” – terrà una conferenza don Renato Rosso del Centro d’Ascolto Intervicariale ‘L’Incontro’. Il tema: ‘Combattimento, Vigilanza e Discermimento’. Lo stesso sacerdote condannato, il 4 luglio scorso, a 3 anni e 8 mesi di reclusione per appropriazione indebita (2011 – 2013), malversazione e truffa ai danni dello Stato, con interdizione dai Pubblici uffici per 5 anni, rifusione del danno alla Diocesi per 561 mila €. Assolto invece per ammanchi delle adozioni a distanza. Una volta depositate le motivazioni è assai probabile l’appello, dunque sentenza non esecutiva. Resta la gravissima ferita inflitta alla Caritas Diocesana di cui don Rosso è stato direttore dispensando ai cronisti emergenze povertà in Riviera, tra gli italiani soprattutto. Don Rosso una delle tante, troppe ferite (non la più sconvolgente) che ha sconvolto, per oltre un decennio, una tra le più estese ed importanti diocesi in Liguria e in Italia; sconvolta dal susseguirsi di scandali, arresti, condanne, migliaia di articoli sui quotidiani regionali, nazionali, in qualche caso  a livello planetario, oltre ai social. Un dramma per il ‘popolo dei praticanti’, soprattutto per la stragrande maggioranza di apostoli di Cristo che esercitano la loro missione con coerenza, limpidezza, rettitudine, spirito di sacrificio; quasi sempre in sordina, lontano dai riflettori. Si pensi all’aiuto ai più deboli, ai bisognosi, a chi chiede un pasto, una piccola somma di denaro, o un posto di lavoro anche umile e precario.

E’ stato definito il ‘ciclone Oliveri’ da nome del vescovo, oggi emerito, che trascorre la pensione in un alloggio ricavato nel Seminario Vescovile di Albenga. Oliveri era stato interrogato in Procura come testimone, alla pari del successore Gugliemo Borghetti che sul solco della trasparenza ha pubblicato la sentenza Rosso – Licciardello, con un comunicato stampa, sul sito ufficiale della Diocesi. Borghetti inviato da papa Francesco a gestire una delle situazioni più difficili, esplosive che si era venuta a creare e nonostante pressione contrapposte della Curia romana. In particolare dopo che don Filippo Bardini  (a sua volta direttore della Caritas dopo Rosso ) era stato protagonista di un interrogatorio ‘fiume’ in Procura durante il quale avrebbe vuotato il sacco, al punto che il vescovo Oliveri, di fronte accusa infamanti (pare si trattasse dei rapporti, nella sede dell’episcopato, con cittadini stranieri che si recavano per chiedere un aiuto economico), con un sintetico comunicato, via il successore Borghetti, annunciava iniziative civili e penali a tutela della sua immagine di fronte ad anticipazioni stampa dirompenti e squallide.

Si è poi appreso che il vescovo Oliveri aveva rinunciato a tutelarsi con la giustizia italiana, rivolgendosi al tribunale ecclesiastico e invocando il Diritto Canonico.Con l’implacabile accusatore  a rischio sospensione a Divinis e riduzione  allo stato laicale. Si ignora se l’iter sia stato avviato, se in considerazione delle precarie condizioni di salute di Bardini ( dalla Caritas a Cappellano del Santa Corona, allontanato con provvedimento di sfratto  ad opera dell’Asl 2) abbia prevalso il perdono, la pietas.

Don Bardini, ordinato sacerdote il 12 giugno 2010, oggi in cura presso un sorella suora nel torinese, ha mantenuto l’incarico all’Ufficio per la Pastorale della Salute, sede nel palazzo vescovile. Don Bardini che nel marzo – aprile 2015  non aveva esitato a cacciare la cooperativa Jobel (fa capo alla diocesi (vescovo di Ventimiglia) retta da  mons. Antonio Suetta, originario di Loano, già parroco di Borgio Verezzi, ex economo diocesano che ha sostituito il lungo ‘regno’ di mons. Fiorenza Gerini che negli anni ’80 fu vittima di un misterioso furto. Ignoti penetrati, in pieno giorno, nella sua dimora (villetta a Ceriale), si erano impadroniti della cassaforte (smurata) di alcuni quintali contenente rogiti notarili e testamentari, monili antichi, preeziosi. Fu ritrovata, vuota, parecchi anni dopo nell’entroterra di Ventimiglia.

La Jobel si occupava della gestione della Caritas – struttura di accoglienza -, aveva 14 dipendenti.  Una cacciata che fece rumore (titoloni e locandine davanti alle edicole) e pare non fosse condiva dal vescovo Oliveri, anche perchè il contratto sarebbe scaduto un anno dopo (2016). Bardini determinato quanto mai aveva inviato una raccomandata al presidente della cooperativa sociale (all’epoca gestiva anche una spiaggia comunale nel levante di Alassio) comunicando la recessione del contratto stipulato nel 2011 dal predecessore don Rosso.  Motivazione: “gravi inadempienze”, tenuto conto che i costi si aggiravano a 30- 35 mila euro al mese, uniti all’affitto dei locali  assorbivano quasi del tutto i bilanci Caritas. Per i responsabili della Jobel, invece, don Bardini non aveva poteri di revoca che spettavano, a loro dire, solo al vescovo. In quella circostanza i quotidiani titolavano: “Albenga, carabinieri alla Caritas, il direttore caccia la Jobel che non se ne va e impedisce ai volontari di lavorare”.

Don Renato Rosso in una foto d’archivio del 2012, era facile incontrarlo al tavolo del ristorante pizzeria La Borghesina di Borghetto quando era gestito da Mirella e Marco Oliva, fratello e sorella, che la primavera scorso hanno ceduto dopo 46 anni di lavoro

LA STORIA A TAPPE DI DON ROSSO – A tutta pagina il 16 gennaio 2011, una domenica, Il Secolo XIX, a firma di Luca Rebagliati, esperto ed informatissimo corrispondente del ponente savonese sulla realtà ecclesiastica ed episcopale, pubblicava: “Albenga, chiude il dormitorio, rimarrà solo un centro di prima emergenza, i senzatetto dirottati a Imperia. Il direttore Caritas Diocesanz, don Rosso, dice l’obiettivo è ottimizzare le risorse, ma non abbandoniamo nessuno “. E aggiungeva: “Concentrando tutte le risorse su un’unica sede riusciremo ad ottimizzare le nostre risorse, non solo economiche ma anche umane, per dare risposte migliori ai problemi e per offrire servizi in più”.

Il 14 maggio 2012, altra paginata del Secolo XIX sempre a firma di Rebagliati e dell’allora corrispondente per il comprensorio loanese, Luca Berto, poi passato alla redazione di Ivg (Il Vostro Giornale) e ora distaccato all’Ufficio Stampa del Comune dopo che la società Edinet Srl di Matteo Rainisio e C. si è aggiudicata una regolare gara d’appalto, per 12  mila € netti l’anno, per tre anni, rinnovabili.  Titolo: “Assalto alla Caritas: i nuovi poveri sono tutti italiani. A domandare aiuto ora sono le famiglie in difficoltà.  864 le persone  che si sono rivolte al centro di ascolto diocesano per chiedere aiuto. 500 le persone di nazionalità italiana che si sono rivolte alla Caritas”. Da Loano si dava notizia di “richieste in aumento  alla Caritas, tra chi chiede sostegno ci sono anche gli occupati, cresce il numero delle famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese”.

Don Rosso, ordinato sacerdote il 19 settembre 1999, non è più in servizio attivo, è ‘quiescente‘, quindi beneficia della previdenza integrativa; è domiciliato nel Centro Riabilitativo Mons. Pogliani di via Carducci 14, a Loano. Don Rosso attivo, come emerge dal periodico il Cupolino (edizione minore de il Cupolone), nel Centro d’Ascolto Intervicariale l’Incontro che sede nell’ex convento dei padri Agostiniani dove sono  ospitati e gestiti da una cooperativa sociale di Genova ,un piccolo gruppo di migranti. Don Rosso per il quale la pubblica accusa, con il Pm Chiara Venturi, aveva chiesto sei anni di carcere, mentre due anni di reclusioni erano stati chiesti per il coimputato don  Carmelo Licciardello – ordinazione sacerdotale il 23 maggio 2009 – parroco di  Dolcedo dopo un periodo da curato a Ceriale. Il collegio giudicante (pres. Marco Canepa, a latere Lungaro e Pistone) ha inflitto a don Carmelo 1 anno e 10 mesi, 700 mila lire di multa, per appropriazione indebita, col beneficio della sospensione della pena e condizionale, risarcimento di 3 mila euro alla Diocesi, assolto da altri capi d’accusa. Anche per lui la presunzione di innocenza fino a sentenza in giudicato

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Savona, verteva sull’accertamento dell’esistenza (presunta) di un sistema illecito con la sottrazione di un milione e 200 mila euro dai fondi della diocesi. Più avanti vedremo la probabile ‘destinazione’. Tra i soldi “spariti” donazioni di fedeli, contribuiti dagli enti pubblici destinati ad iniziative benefiche e progetti sociali. Nel giugno 2015 la notizia dell’arresto di Ciccio Madoni, fermato all’aeroporto di Fiumicino con destinazione Tenerife.  Sarebbero uno degli organizzatori della maxi truffa scoperta dalla Procura di Savona dietro presunte transazioni immobiliari e che ha coinvolto don Rosso. Madonia, per l’accusa, si faceva consegnare denaro attraverso invii dall’Italia con Paypol e Western Union per il riscatto di unità immobiliari precedentemente acquistate e mese sul mercato. A dare il via all’indagine proprio la denuncia di don Rosso che per aiutare un coppia di amici in difficoltà e finita al centro della truffa, avrebbe svuotato le casse della Caritas.

COMUNICATO STAMPA DELLA DIOCESI

Nel comunicato stampa diocesano si da atto che la signora “Antonella Bellissimo, che svolge le mansioni di segretaria nell’ufficio della Caritas Diocesana, è stata assolta dall’accusa di appropriazione indebita in concorso con Don Renato Rosso, perché il fatto non costituisce reato. La Diocesi prende atto di tale sentenza; attendiamo i futuri sviluppi poiché si tratta di un primo grado di giudizio. Mentre riaffermiamo fiducia nell’opera della Magistratura, esprimiamo la nostra vicinanza ai due sacerdoti coinvolti e manifestiamo altresì stima nell’impegno della nostra Caritas Diocesana al servizio specialmente degli ultimi e incoraggiamo i fedeli e l’opinione pubblica a continuare a sostenere la sua benemerita e preziosa missione.”

NOTIZIE DIVULGATE DALLE AGENZIA DI STAMPA  – “Ascoltato il vescovo della Diocesi di Albenga Imperia Mario Oliveri come persona informata dei fatti dal sostituto procuratore Chiara Venturi nell’ambito dell’inchiesta sugli ammanchi nelle casse della diocesi di Albenga-Imperia della guardia di finanza. Per due ore il presule ha raccontato quasi dieci anni di gestione delle casse della Diocesi e della Caritas albenganese. Nelle settimane scorse la Gdf aveva compiuto perquisizioni in Liguria e in Piemonte e in particolare negli uffici della Caritas Diocesana di Albenga, in associazioni collegate e nelle abitazioni di indagati. Nell’hinterland torinese, effettuate perquisizioni in associazioni che si occupano di adozioni a distanza. …Dalle indagini sarebbe emerso un sistema illecito attraverso il quale un milione e 200 mila euro sarebbe stato sottratto dai fondi della diocesi, soldi destinati a iniziative benefiche. Dopo Oliveri è stato ascoltato anche il vescovo coadiutore, Guglielmo Borghetti. Il presule, pochi mesi dopo il suo insediamento, aveva cambiato i vertici della Caritas nominando direttore don Alessio Roggero, attualmente anche parroco di Tovo San Giacomo, e, suo vice, don Edmondo Bianco, attuale parroco a Loano.”

DON LICCIARDELLO – (Recentemente condannato a 2 anni di carcere per aver sottratto 70 mila euro a un’anziana), presunzione di innocenza per appello pendente, con l’accusa di concorso in appropriazione indebita di soldi destinati alla Onlus Rishilpi per le adozioni a distanza. L’imputato, difeso dall’avvocato Graziano Aschero, è dunque alle prese con due condanne, la seconda per l’accusa di appropriazione indebita di decine di migliaia di euro destinati alle adozioni a distanza (2011 –  2013). Dagli atti processuali e dalla requisitoria del Pm Chiara Venturi, oltre al milione sottratto alla Caritas, la malversazione di fondi pubblici per 32 mila € concessi dalla Regione tramite l’Asl.  La truffa scaturisce dalla concessione di altri fondi pubblici per 170 mila € per un progetto con la Fondazione Color Your Life (sede ex convento Sant’Agostino) estranea ai reati contestati.

IL CENTRO DI ASCOLTO A LOANO – Il Centro di Ascolto è uno strumento finalizzato a contribuire alla diffusione di una cultura di solidarietà. E’ uno strumento pastorale per l’ascolto attivo: Dio ci interpella nei poveri. E’ uno strumento operativo che aiuta a capire che la funzione pedagogica della Caritas non è solo questione teorica ma deve realizzarsi in una pratica coerente e credibile di servizio.

Dall’assistenzialismo alla promozione umana. Il Centro di Ascolto è una realtà promossa dalle Parrocchie dei Vicariati di Loano e di Pietra Ligure (comprensorio, entroterra incluso), dove le persone in difficoltà possono incontrare dei volontari preparati per ascoltarle e accompagnarle nella ricerca di soluzioni ai propri problemi. Valutata la situazione gli operatori cercano di definire con la persona ascoltata un progetto di aiuto specifico, sostenibile e rispettoso delle potenzialità e della dignità di ciascuno. L’azione di accoglienza e ascolto incondizionato della persona nella sua integrità senza distinzione di razza, sesso e religione (valore che ha profonde radici evangeliche). L’azione di orientamento attraverso una rilettura delle reali esigenze delle persone, le cui storie di sofferenza sono segnate sempre più spesso da un insieme complesso di problemi, all’individuazione delle soluzioni più indicate e dei servizi (pubblici e privati) maggiormente rispondenti alle loro necessità presenti sul territorio. L’azione di presa in carico e accompagnamento di chi, nella difficoltà, sperimenta la mancanza di punti di riferimento e di interlocutori che restituiscano la speranza di un cambiamento, mettendo in contatto la persona con i servizi presenti sul territorio e attivando tutte le risorse possibili a cominciare da quelle della persona accolta. La promozione di reti solidali. La comunità è una risorsa fondamentale spesso trascurata nei percorsi di soluzione al disagio. Il territorio diventa luogo di promozione di reti di solidarietà che accompagnano le persone alla ricerca di risposte. Il CdA si rapporta costantemente con i servizi sociali del territorio in termini di sussidiarietà, cercando di evitare di porsi con uno stile di supplenza. E’ qua nto si può leggere anche sulla ‘guida’ del Comune di Loano.

E ancora: “Il CdA Intervicariale  assolve fino in fondo il suo compito se coinvolge tutti, se riesce a coinvolgere tutto il territorio. L’efficacia non si misura infatti nel numero delle situazioni “risolte” ma nell’apporto fornito alla costruzione di un territorio capace di condividere i bisogni per restituire dignità alle persone. E’ un luogo fisico, concreto, visibile, facilmente individuabile, conosciuto dalla comunità; la sua presenza dovrebbe essere percepita come risorsa nell’ambito del territorio. E’ uno “spazio personale e personalizzato”, uno spazio affettivo, intenzionale, relazionale, reciprocamente offerto, per conoscere, per valorizzare, per ricevere e dare speranza. E’ un ambito dove mediare e incarnare, nella concretezza quotidiana, lo stile evangelico fatto di attenzione, condivisione e sollecitudine per l’uomo, soprattutto quello in difficoltà.”. E conclude la nota illustrativa del Centro: “Individua le tendenze dei bisogni con lo scopo di fornire degli orientamenti pastorali, offrendo anche un contributo alle Istituzioni Civili. Non è semplicemente un segretariato sociale, né un ente che gestisce servizi, né il luogo della delega. Non è figlio di alcuni … ma della Comunità cristiana”.

L’attività di Don Rosso nel Centro, nonostante la condanna, la storia di pizzini e bonifici,  assegni intestati a se stessi, soldi finiti chissà dove (Tenerife ?), ma resta l’anima sana della chiesa che non può essere offuscata dallo stillicidio di inchieste (non è stata da meno la Diocesi di Savona e Noli, tra vicende di pedofilia e preti ribelli). Anzi esiste ed opera una maggioranza silenziosa che sarebbe ingiusto umiliare con certe notizie. Il perdono non si nega facilmente, neppure il buonismo può essere il salvacondotto. Il tempo cancella ed aiuta a dimenticare, resta il rispetto della legge canonica e la legge dello Stato. Non siamo qui a sindacare se fosse opportuno o meno offrire lo scranno della catechesi ad un condannato nell’ambito della sua vita sacerdotale e pastorale. Don Bianco resta uno dei simboli di quanto di buono e utile può esprimere la chiesa cattolica. La sua rettitudine, il suo impegno, le sue fatiche, non meritano zone d’ombra pur di fronte a scelte pur discutibili. (l.cor.)

Il 31 maggio 2012 don Renato Rosso era ancora un ‘personaggio pubblico’ irreprensibile, direttore della Caritas diocesana. I primi guai non tarderanno, da ultimo problemi di salute, la necessità di muoversi in carrozzella. Allora, il don, spiegava a Luca Berto per Il Secolo XIX cosa significa la povertà. Quello che emergerà con l’inchiesta giudiziaria testimonia una delle tante scelte sbagliate del vescovo Mario Oliveri. oggi emerito e che ha a lungo resistito agli inviti di papa Francesco di farsi da parte. Per oltre dieci anni una diocesi scolvolta da scandali, arresti, una campagna mediatica senza precedenti nella storia di vescovi e diocesi d’Italia.

 

 

 

 

 

E’ l’ora del marchio qualità: esplosione di sagre e feste. La clamorosa protesta del ‘Raviolificio San Giorgio’ e il ‘Michettin’

$
0
0

Un’intera pagina del Secolo XIX (edizioni di Savona e Imperia). Con una protesta inedita, clamorosa, qualificata, quella dello storico ‘Raviolificio San Giorgio’ (produzione artigianale di tutto il segmento della pasta fresca) di Ceriale. Non ha avuto echi di stampa che meritava, neppure da notizia in breve, silenzio dal big Ivg (Il Vostro Giornale) con migliaia di lettori e che può competere con la ‘palestra dell’informazione’ di Facebook. Un sasso lanciato nello ‘stagno’ nel mare magnum delle sagre a go go ? Una struggente contraddizione, scrive Paolo Moroni in altro articolo del blog, di un viaggio gastronomico nel Ponente Ligure tra profumi, tradizioni e ricordi. Il proliferare di sagre, ma anche ristoranti cinesi, giapponesi, kebab, paninoteche,  Hamburgher, start -up pseudo culinarie gestiste da donne. Non è questione di scandali o scandalismo, di chi potrebbe farci la ‘cresta’, di un marciume sociale che avanza, semmai mettere finalmente mano e ordine all’esplosione di eventi festaioli all’insegna dell’enogastronomia. Dove può accadere che in una sagra di montagna di prepari ‘pesce fritto e alla griglia’ e al mare, con il solleone, porcellino allo spiedo, oppure trote di allevamento.

Le sagre antesignane sono nate negli anni ’50 e valorizzavano una specialità storica, rigorosamente territoriale e soprattutto da mono prodotto. Oggi sono diventate pseudo ristoranti, osterie, trattorie, rosticcerie, frigittorie, quasi sempre all’aperto, sottraendo milioni di € a chi svolge annualmente o  stagionalmente l’attività di ristorazione, anche ai bar e panetterie peraltro irrazionalmente inflazionati. Sottraggono preziosi posti di lavoro ad attività famigliari. Non discutiamo il fine di sagre e feste culinarie i cui proventi sono destinati ad attività di volontariato e onlus. Puntiamo l’indice del nostro dissenso (forse non siamo soli e comunque in minoranza, a quanto pare) sull’incredibile moltiplicazione degli eventi (chiamateli pure enogastronomici ?), sulle ormai rarissime presenze di vere specialità locali, ora si suole dire a km 0 (termine abusato, anche nei negozi alcuni con l’insegna Il Contadine, una bufala ). Si corrode, si demolisce lo stesso principio ispiratore con cui le prime sagre era organizzate con successo crescente.

E si ignora persino la storia delle sagre. Anche a noi, ultimo dei miniblog di volontari (ci differenzia solo l’assenza totale di pubblicità a

Stefano Picasso, volto noto di Rai 3 Regione e vice capo redattore

pagamento, l’uso di redazionali promozionali, link sponsorizzati e pagati  250 € cadauno), capita che nel fare informazione sbagliamo. Ma se dall’autorevole pulpito della Rai (nel caso Tg3 Regione), nella presentazione della Sagra del Michettin  2018, in diretta, dal vice capo redattore Stefano Picasso, cittadino cellese, si ascolta: “Con la 44 esima edizione….è la sagra più antica della provincia, forse della Liguria…”, qualcuno l’ha informato male, altri sobbalzano dalla sedia. Ad esempio, gli anziani loanesi, le memorie storiche. Cittadina che detiene la palma, con la Sagra del Crostolo nata nel 1959 e che ha compiuto 59 anni a luglio. Perchè Il ‘crostolo‘ ?

L’iniziativa in occasione dei 350 anni dall’inaugurazione del monastero- convento – complesso di Monte Carmelo (1609). Il ‘crostolo’  era una ricetta – specialità povera della cucina dei frati. Per renderla più accattivante un gruppo di amici di Borgo Castello (l’abitato più antico e vicino al convento) erano soliti raccontare che si trattava di una ricetta segreta tramandata nei secoli. In realtà era un sapiente impasto a base di farina e che era impreziosito dall’olio d’oliva, acqua di sorgente, lievito naturale, opera di un mitico panettiere del Borgo stesso (Checchin Tassara) che inizialmente si avvaleva della collaborazione di alcune massaie, di Pippo De Francesco, fungeva da cassiere il comandante Ratto, da infaticabile promoter e presentatore Cencin De Francesco (personaggio unico nella storia loanese del secolo scorso, solito a non perdere mai un funerale, dai ricchi agli umili).

L’esordio reso ancora più spettacolare da una macchina impastatrice all’aperto, e per ‘fare la sflogia di parecchi metri si erano ‘inventati’ una serie di rulli e poi il mega pentolone. I profumi raggiungevano il lungomare e le zone periferiche. L’affluenza soprattutto di abitanti del comprensorio e non solo di anno in anno aveva persino imposto la chiusura di Viale Rimembranza e l’intera via Bulaxe, oltre le stradine laterali. Nolti adulti, di oggi, hanno ricordi d’infanzia. Il ‘crostolo’ a Loano oggi si è modernizzato, ha assunto la veste ‘commerciale’, pur sempre ad opera del volontariato, organizzato dalla Pro Loco e da anni ha lasciato il caratteristico Borgo Castello proprio per motivi di capienza, essendo rivolto soprattutto ai turisti. Un’altra sagra, poi cessata, dedicata esclusivamente alla melanzana, tra le produzioni tipiche, con le pesche, era in calendario a Borghetto S. Spirito, allora agricola (il cemento ha distrutto economia ed immagine….). L’organizzatore era la famiglia Batan, con Guido giovanissimo, ai Prigliani. All’esordio la preparazione avveniva in casa Batan. Un’altra sagra, primi anni ’60, si teneva a Pietra Ligure e coinvolgeva tutto il paese. Oggi la Sagra di Ranzi, esordita con il tipico ‘Nostralino’ è davvero un fiore all’occhiello, un’eccellenza, sia quanto a qualità dei menù, sia perchè il Comitato, con mutui, ha provveduto dapprima a realizzare spazi adeguati all’aperto, poi ha investito, provveduto a dotarsi di un’attrezzatura da cucina di prim’ordine, da far invidia ad un ristorante degno di questo nome. Anche in questo caso c’è chi ricorda quanto le serata della sagra vedeva appese all’albero la damigiana di Nostralino. Chi è dimestichezza del mestiere (parliamo di addetti professionalmente ai lavori della gastronomia) non ha dubbi nell’indicarla come la più qualificata.

Bisogna pure rimarcare che anche la Sagra del Michetin, per anni, ha avuto ‘massaie’ e figure davvero caratteristiche. Tutto era di fatto ‘casalingo’, a cominciare dai ravioli, alle tagliatelle, al coniglio alla ligure. Pochi piatti, ottimi quanto ad ingredienti e sapienza di preparazione, gusti e profumi, digeribilità; dal produttore, al cuoco ‘di casa’, al consumatore. Col tempo, con le nuove normative sui ‘prodotti freschi’ (solo a Millesimo si continuano a preparare 3- 4 quintali di ravioli, rigorosamente a mano, uno per unno, vengono solamente surgelati, vista la quantità), con la necessità di acquistare dai grossisti tutte le derrate alimentari, la ‘matrice originaria’ è mutata. Non vogliamo ergerci a giudici, non è il caso. Purtroppo è cambiato, certamente in peggio, anche il bagaglio ‘culinario culturale’ del consumatore. Il ‘piatto della nonna’ è ormai un lontano ricordo, la preparazione all’antica anche in famiglia è un’eccezione, non parliamo delle nuove generazioni.

E poi le sagre assomigliano sempre più ad un grande catering a cielo aperto o sotto teloni improvvisati. Le ‘cucine’, piuttosto al passo con i tempi, assomigliano alle batterie dei militari quando si trasferivano, nella stagione estiva, per le esercitazioni. Lo scopo, diciamocelo senza ipocrisie, non è tanto quello di valorizzare la produzione locale, semmai ‘vendere’ un menù più o meno ligure, per far cassa, a scopo benefico, per associazioni, realtà sportive, pubbliche assistenze, da ultimo le parrocchie, gli enti non profit. Però si sta correndo un grave rischio, Anzi prima o poi si vedranno gli effetti deleteri.

La signora Cornali alla cassa del negozio al dettaglio del Raviolificio San Giorgio, sulla via Aurelia, a ponente di Ceriale

L’annuncio a tutta pagina del Raviolificio San Giorgio va interpretato più che una protesta plateale, un grido d’allarme di un operatore – non l’unico beninteso – che ha scelto la qualità come filosofia commerciale. Avremmo voluto che Marino Cornali, contitolare con la moglie, spiegasse perché ha reagito alla scelta del comitato della sagra di escluderlo dopo 25 anni.  Ha preferito evitare altre polemiche che poi di polemico non c’è nulla. Semmai una presa d’atto. Vale a dire ? A noi risulta che il nuovo parroco ed i suoi stretti collaboratori (dal settembre 2017 ha fatto il suo ingresso in parrocchia don Mattia Bettinelli proveniente da Stellanello) hanno messo a confronto il prezzo a chilo (parecchi quintali) dei ravioli di borragine e e ravioli di carne. Quelli di Cornali erano più cari, da qui l’irrevocabile decisione all’insegna del risparmio. Non sappiamo se si sia tenuto conto del rapporto qualità – prezzo, ovvero degli ingredienti utilizzati. La farina che, a seconda del tipo, del mulino, della provenienza, delle caratteriste varia anche di molto nel prezzo all’ingrosso, non parliamo della carne, dell’olio e così via.  Abbiamo cercato di contattare, ma invano, don Bettinelli, risponde la segreteria telefonica e lasciato un messaggio. La frase: “Ci spiace per tutti coloro che manao la nostra pasta e che non potranno gustarla come la tradizione”.

Il  Raviolificio San Giorgio di Ceriale, onimo, tra l’altro, della frazione San Giorgio dove da 44 anni si svolge la sagra del Michettin, è molto frequentato da residenti e vacanzieri che fanno  la scorta al ritorno nelle città

Per noi il ‘caso’ va assai oltre, Lo scriviamo e lo documentiamo da almeno un decennio, quando ci siamo resi conto, dati alla mano, che le ‘sagre’ stavano letteralmente esplodendo e sfuggendo di mano. Quando avevamo le prime notizie che ormai tutto si basa sulla quantità, sul numero di presenze, sul ricorso sempre più frequente ad acquistare ‘offerte – sconto’ dai grossisti, in qualche caso anche acquistando i cosiddetti ‘fondi di magazzino’. Sagre dove di ‘promozione gastronomica locale’ c’era poco o nulla. Spacciare come avviene troppo spesso ‘piatti tipici’ che ‘produzione propria’ o artigianale è una presa in giro al limite dell’inganno. Basta sfogliare la rassegna stampa – ma il giornalismo dei nostri giorni ha perso la buona abitudine – per leggere già un decennio fa le proposte, sempre cadute nel vuoto, di una regolamentazione regionale. Anche i comuni avevano ‘abbaiato’ convenendo  sulla necessità di mettere ordine. Ogni tanto si legge, e non da oggi, di questa o quella protesta della Confcommercio, Confesercenti, Pubblici esercizi. Non è cambiato nulla. Anzi, se i nostri conti sono pressapoco esatti, siamo passati nelle due province del ponente ligure, in un decennio da 317 sagre o feste gastronomiche alle 800 e passa del 2017 e quest’anno si supera ancora.

Andando avanti di questo passo finiremo per ‘uccidere’ molte attività famigliari commerciali, le stesse sagre cominceranno a perdere nomea e clienti. Forse non è casuale che le Sagre, in Liguria, hanno raggiunto dei guinnes da primato, calpestando le autentiche tradizioni culinarie del territorio. Le feste gastronomiche sono di ‘moda’ anche in altri paesi europei, dove però se ne tiene una al massimo due all’anno, a seconda della stagione e dei prodotti (accade anche per la birra, il vino), concentrate soprattutto in ambito comprensoriale. Sono motivo di attrazione e di promozione alla conoscenza di identità di una zona, sviluppo economico e commerciale.

Nei giorni scorsi i media imperiese hanno dato notizia ” Un unico marchio di Riviera per le sagre di alta qualità”.  Da estendere nelle province liguri e piemontesi confinanti. Sagre rigorosamente legate a prodotti tipici e di vera eccellenza.  Saranno contraddistinte dal marchio – slogan:  ‘U descu de chi’. Iniziativa portata avanti dal consorzio In Riviera che riunisce i comuni dell’estremo Ponente, da Ospedaletti al confine di Ventimiglia.  Il via operativo, il 2 agosto con i ‘basolli’ di Seborga e il 4 i ‘pignurin’ di Ospedaletti.  Stessa data i ravioli a Pigna e il 5 agosto la ‘porchetta’ a Rocchetta, sempre il 5 a Castelvittorio il ‘trutun’, il 9 il ‘gran pistau’a Pigna.  E ancora i ‘crusetti’  a Rocchetta, ‘castagnola’ a Ventimiglia, ‘birra artigianale’ a Bordighera, ‘pansarola’ ad Apricale, i ‘barbagiuai’ a Camporosso.

Il turismo sempre più ‘passa per la gola’ ma non bisogna abusarne ci stanno affacciando i ‘Deco’ (denominazione comunale) ed è importantissima la promozione che va di pari passo con la produzione autentica. E come dar torto al giovane sindaco di Ventimiglia quando invita “a fare sistema e promuovere non una singola località, ma l’intero comprensorio”. Signor sindaco, sapesse quante volte abbia letto, da un angola all’altro della Liguria, l’esigenza di ‘fare sistema’, anche con le sagre. Purtroppo non ci crede più nessuno, o quasi. A giugno si è votato per un governo di cambiamento del paese. Se non si riesce a cambiare neppure per le sagre…Speriamo sia la volta buona. Ma se il buon giorno si vede dal mattino, con la cappa di silenzio, dei media cartacei e on line, che ha avvolto la protesta, sacrosanta (?), di un produttore serio e solitamente riservato, non siamo neppure a metà dell’opera.

Luciano Corrado

Il terzo mondo? Noi pastori delle Alpi Liguri La storia di Lo Manto: rimasto senza mucche (55), né cavalli, con mille pecore e 150 capre

$
0
0

Per i lettori di trucioli.it Aldo Lo Manto, 56 anni, siculo albenganese, pastore da bambino col papà, da 15 anni sulle Alpi Liguri, d’inverno stalla a Bastia d’Albenga, non è sicuramente ‘ignoto’. L’abbiamo scoperto (anni ’80) da giovani cronisti del Secolo XIX. Poi raccontato a intervalli. Si può perdere la notizia (inedita) che, per la prima volta, Lo Manto ha rinunciato a quella che era diventata transumanza partecipata e spettacolare. Al punto da attirare una troupe della BBC inglese, giornali e web. Si può ignorare che l’estate 2018, sugli alpeggi, vede Lo Manto senza la sua mandria di 55 mucche e tre cavalli (“Ho deciso di vendere….”). E’ rimasto pur sempre con il gregge più numeroso della Liguria: un migliaio di pecore brigasche e 160 capre. A Bastia ha tenuto due mucche.

Aldo Lo Manto pastore di Bastia d’Albenga e della transumanza sulle Alpi Marittime

Il presidente Giovanni Toti non si stanca di ripetere, sostenuto da assessori e consiglieri di maggioranza: “Il nostro primo impegno è portare la cultura dell’entroterra in Riviera, nelle città”. A quanto pare, però, c’è chi vive un altro ‘film’.

“Ascolto, spesso, parlare di ‘terzo mondo’. Oppure ‘ prima gli italiani’. Benissimo ! – parla Lo Manto al quale non manca lo spirito ironico – E se a qualcuno venisse in mente lo slogan ‘prima i nostri pastori.…!?’. E se la politica, la stampa, la televisione, i web, scoprissero e raccontassero in che condizioni siamo costretti a vivere, lavorare, un sacrificio senza fine e senza prospettive proprio da terzo mondo ? Quassù, sulle Alpi Marittime, ai confini tra Liguria occidentale e Basso Piemonte, siamo al pascolo come i primitivi che almeno potevano ripararsi nei ciabotti di pietra. Con i collaboratori, ormai solo più stranieri, dobbiamo aggiustarci con  tende di fortuna, a volte nelle vicinanze portiamo una roulotte che non è certo da vacanze al mare o in montagna. Si vive senza luce, senza acqua corrente, senza servizi e ora con il dramma delle frane a Monesi, da due anni, anche con difficoltà a raggiungere i pascoli. Il paese più vicino e di approvvigionamento resta Upega, prima c’era Piaggia di Briga Alta dove da tempo ha chiuso l’unico bar – negozio, oppure si scendeva a Nava, a Mendatica dove non c’è più neppure un bar”.

A leggere i comunicati stampa dell’assessore Stefano Mai, leghista, commissario straordinario del partito in alcune zone del ponente, ex sindaco di Zuccarello, ex dipendente della stazione di Servizio sull’Autofiori a Ceriale, agevolazioni e finanziamenti non sono all’insegna dei risparmi per la pastorizia, rispetto ad altre categorie pure svantaggiate. Lo Manto: “Non mi intendo di politica, so soltanto che io ed i colleghi pastori che conosco, hanno un’esistenza lavorativa da ‘condannati’. I sussidi sono bloccati da un paio d’anni, per la maggior parte dei pastori liguri. Nel momento in cui non risulta che il pascolo sia continuativo, perchè c’è il lasso di tempo tra il periodo estivo e quello invernale, con un distacco magari di un paio di mesi, si perde il diritto al contributo. Se non sbaglio si tratta di indennità compensativa”.

L’offerta prodotti del pastore Aldo Lo Manto è sempre varia, lui sulle Alpi Marittime a pascolare, allo stand manda una fedele collaboratrice

Su indicazione di altri pastori della Valle Arroscia che si erano rivolti alla Coldiretti di Albenga, abbiamo cercato di verificare l’accaduto, la situazione pastori. C’è la conferma che in effetti se risulta dal fascicolo aziendale la mancata continuità di pascolo, il contributo di 200 euro a ettaro resta incagliato. Perchè non succedeva in passato prima del 2016 ?  La giunta Toti ha varato una normativa  nel Piano di sviluppo rurale che modifica l’anno solare. Di conseguenza c’è il rischio, come accade, di perdere l’indennità compensativa. Accade soprattutto quando il contratto d’affitto, perlopiù si tratta di aree montane dei comuni o soggette ad usi civici, non hanno continuità oppure dei ‘buchi’ di uno, due mesi, come detto. Con la nuova normativa regionale non si parte più dal primo gennaio al 31 dicembre, ma dal 15 maggio al 14 di maggio dell’anno successivo. Un periodo che a metà dell’anno crea difficoltà a tutti a quanto pare e visto i risultati.

Possibile che nessuno abbia fatto presente, abbia previsto prima che la giunta regionale modificasse il Piano Rurale. Impossibile saperne di più dalla Coldiretti, pare però che gli uffici periferici abbiano fatto presente, invano,  che si finiva per creare un danno ai pastori.  L’unica persona titolare a parlare, per la Coldiretti, è il dr. Fabio Rota che si occupa delle normative e tiene i contatti con l’esterno dalla sede di Genova.

“Stanno tutti zitti – dice un allevatore di Cosio d’Arroscia – , eppure i penalizzati sarebbero molte decine, noi non abbiamo megafoni, come diceva un collega tutti elogiano pastori ed ammirano la pastorizia, ma siamo davvero pochi a praticarla, con crescenti problemi di natura burocratica e non solo. Il nostro voto conta poco e nei fatti siamo degli indifesi.”

L’unica notizia, diciamo positiva, è che i 50 bovini venduti a Lo Manto (acquistati da un allevatore di Montezemolo) si trovino sulle montagne di Conio (IM) e i cavalli in Val Lerrone. Se al mare c’è chi si ricorda  e si preoccupa sempre della sorte dei Bagni Marini (rischiano la povertà ?!), l’assessore Marco Scajola – ora con l’appoggio del neo parlamentare leghista, Attilio Ripamonti (114.589 voti), agente immobiliare di Alassio, con residenza a Garlenda – è prodigo di interventi, dichiarazioni, prese di posizione, decine di comunicati stampa. La giornata dei pastori sulle Alpi Liguri, è assai meno gratificante che condurre uno stabilimento balneare, anche in tempi di crisi e dove la folla porta bene.

Lo Manto ha in concessione, dai Comuni di Mendatica e Triora, l’alpeggio di Fascia Pornassina (in Comune di Briga Alta, ma di proprietà di Mendatica) e di Colle Rosso. Due ore di viaggio da Casa, poi il tratto sterrato. Non vede bikini, né ha problemi con i ‘vu cumprà’, semmai avrebbe bisogno di più serenità per il suo futuro e dei suoi tre figli.

Peggio di lui, in alta Valle Arroscia, se la passa Walter Gandolfo, maestro di scii e titolare dello storico albergo – ristorante ‘Settimia’ (ai tempi della nonna si faceva la coda, arrivavano da ogni parte della Liguria e del Piemonte). Da due anni alle prese con ‘Monesi chiusa’,  con la ‘sterrata’ che porta a Passo del Garezzo, sempre chiusa per frane, da cui si poteva proseguire verso Triora o Colla Melosa, o ancora scendere a Montegrosso  attraverso una varietà incredibile di paesaggi. Chi vuole raggiungere i tecci ristrutturati in località a la ‘Penna’ di Mendatica deve lasciare l’auto e andare a piedi, portarsi le provviste in spalla. La provincia di Imperia non ha i soldi per intervenire su due frane piuttosto serie. Gandolfo dopo le stagioni senza neve, dopo Monesi mutilata, non può più contare neppure sui passanti (outdoor, trekking, enduro, fuori strada) che nella stagione estiva ma anche primaverile ed autunnale, erano  numerosi. Gli davano l’ossigeno per resistere, al di là delle immancabili pacche sulle spalle e delle riprese televisive, con Marco Anelli, che inneggiavano  all’albergatore che ‘accetta gli animali’ e porta bene.

Gandolfo a commentare “spesso sono migliori degli uomini’.  Forse gli stessi essere umani del suo perdurante isolamento. Stesse facce che appaiono a ripetizione a Imperia Tv, sui mass media imperiesi, per distribuire annunci di risveglio, rilancio. Impotenti di fronte al dramma, nonostante il loro impegno e tanta buona volontà, tanta dedizione, a creare un indotto capace di generare fiducia e speranza.

Luciano Corrado

Borghetto S. Spirito, chiusa la Banca di Novara. E fallito ‘golpe’ al DepuratoreMa la città festeggia i ‘ turisti a 4 zampe ‘

$
0
0

La Banca Popolare di Novara ha chiuso i battenti. Era stata la seconda banca, dopo il San Paolo che teneva aperto (anni ’50) solo nella stagione estiva. Successivamente la Carisa – gruppo Carige. Tutte e tre sull’Aurelia, le prime due in zona centrale, non lontano dalla sede dell’ex Municipio e dalla storica piazza Indipendenza dove, a sorpresa, ha ‘cessato’ pure una panetteria aperta solo lo scorso anno. Borghetto che ha lasciato passare nell’indifferenza dei più, la ‘morte’ della Pro Loco (anni ’60) sull’altare della ‘crisi'(?) di bilancio del Comune. Quel Comune che per decenni un gran coro ha difeso e noi in solitudine ed in minoranza abbiamo continuato a ‘martellare’. Non per inimicizie o lotte partitiche, il dovere della libera informazione ci imponeva di ‘non fare sconti a nessuno’, mettere in guardia come sarebbe finita. Non è per avanzare meriti che lo ricordiamo, per evitare che i responsabili e corresponsabili (alcuni passati a miglior vita si suole dire), chi ha retto le sorti della città negli ultimi decenni, pur senza  essere accomunati al ‘sono tutti uguali’ possa andare fiero del suo operato. Buona volontà scontata !

Borghetto piange….”avevamo titolato in evidenza, sulla copertina, con l’immagine di palazzoni sul mare, su La Settimana Ligure, nel lontano 1967. Fummo coperti da insulti, improperi, larvate minacce, qualcuno in Municipio, allora, ci tolse il saluto, ci fecero convocare pure dal capo di gabinetto della questura.”Denigrate una città, la sua economia, il suo sviluppo….siete disfattisti….estremisti….”. Quale sia  stato il radioso ed armonioso sviluppo non sta solo a noi giudicarlo. Eppure allora si era ancora in tempo, la rapallizzazione poteva risparmiare almeno il territorio scampato al San cemento. Dare un nuovo indirizzo dello sviluppo e dell’economia cittadina. Ma il diavolo del cemento consentiva di lucrare su aree edificabili, progetti, progettisti, artigiani, imprenditori che da nulla potevano vantare affari miliardari anche in assenza di un piano regolatore  – che arrivò tardi con la giunta Reale, Piccinini, Sarà pur tra resistenze, azioni intimidatorie, raccolta di firma, un giovane cronista messo al bando da certi ambienti, indicato su volantini come ‘venduto‘.

Il tempo e la memoria  fanno da ramazza, da scopa. Ma i nodi sono via via arrivati al pettine, senza che la cittadina fosse in grado darsi una classe dirigente libera da condizionamenti, ora di partito, ora di lobby, o mire e favori elettorali. Non c’è più stato un sindaco – non ce ne vogliano i viventi – che abbia avuto la forza ed il coraggio di crearsi una coalizione capace di dare davvero una svolta, un rinnovamento, correre ai ripari prima che fosse troppo tardi.

Oggi come si fa a gridare ‘al lupo’ se chiude anche una banca ? Se passa quasi inosservata prima l’agonia, poi il decesso dell’ente turistico, se la cittadina – assai più tranquilla in tema di ordine pubblico – non ha vigili urbani per coprire i servizi, mentre in passato arrivavano d’estate da altre città del Nord Italia. Che dire sfogliando la storia del dopoguerra di una Borghetto capace di eventi ed iniziative che Loano e altre città della Riviera si sognavano. Nel salone dell’Ortofrutticola si sono esibiti più volte Claudio VillaDomenico Modugno, Gino Latilla e Carla Boni, Nilla Pizzi, Tagliani, Gino Bramieri (che aveva a Loano l’amico Gelmo). Nel 1961  Il Premio Suocera d’Italia presentato nel Salone delle Feste da Enzo Tortora, presente una troupe di Rai Uno.

Borghetto dove si esibiva  l’Orchestra Angelini. Trovarsi sul podio della buona nomea provinciale e regionale. Qualche sindaco si è ritrovato ricco, suo malgrado; qualche famiglia si è ritrovata proprietaria di decine e decine di appartamenti, persino interi palazzi, magazzini perlopiù destinati a negozio (il 90 per cento dei quali ora sono chiusi), qualche piccolo artigiano si è arricchito con calce e cemento, con vocazione in politica, nella pubblica amministrazione.

Certo di errori tutti ne possono commettere, maggioranza al governo e minoranza all’opposizione. Ciò che stupisce è la mancanza di una presa di coscienza. Quando trucioli.it ha proposto una amministrazione, una giunta di salute pubblica, uniti sull’esempio di Laigueglia (passata giunta), è stato persino deriso, nonostante le tante emergenze, finanziarie e sociali. Perché stupirsi se alla fin fine anche una banca lascia ? Quella banca che era stata pure al centro di fatti di cronaca. Un direttore sotto processo e licenziato. Un altro interrogato per 9-10 ore in Procura di Genova in quanto risultava che i carabinieri del Ros si erano accordati, col direttore, in un’operazione che coinvolgeva il bos dei boss della ‘ndrangheta di allora Giuseppe (Peppino) Piromalli. Il funzionario era all’oscuro dei retroscena, gli fu chiesto solo di non creare problemi ad un’operazione di polizia giudiziaria e di non allarmarsi di un furgone parcheggiato nelle vicinanze perchè era la postazione dei carabinieri per filmare o fotografare Piromalli e complici. Di mettere a disposizione dello ‘sconosciuto’ una cassetta di sicurezza. Il tutto si concluse senza arresti, ma anni dopo, quando alcuni degli ufficiali e sottufficiali furono arrestati e finirono sotto processo, emerse anche  il ‘caso Banca di Novara’ e mister Piromalli.

Borghetto che è sede della Servizi Ambientali Spa, ospita il depuratore consortile, la principale e più ‘ghiotta’ società pubblica del comprensorio loanese. Abbiamo avuto solo indiscrezioni – nulla si è letto – di una recente riunione (ignoriamo di quale natura) in cui si sarebbe dovuto mettere in difficoltà, forse ko, il neo presidente avv.Bonifacino di Cairo Montenotte, a quanto pare poco in sintonia con l’uomo forte (direttore generale, Paolo Giovanni Paganelli) voluto e sostenuto, fin dalla costituzione della società, da un altro big  più potente (Angelo Vaccarezza).  Le voci, tutte da confermare, sostengono che sarebbe stato il sindaco di Loano, Luigi Pignocca (vaccarezziano della prima ora), a farsi promotore di una strategia che avrebbe dovuto portare Bonifacino a farsi da parte. Risultato ? Per una volta, se le fonti sono affidabili, ha avuto la meglio la coalizione che ha scelto il giovane legale della Valbormida. Uscito indenne dallo ‘scontro’. Impossibile leggere qualche documento.

Possiamo solo ripetere quanto abbiamo scritto nel lontano e recente passato. Paganelli ha l’appoggio (lo stesso Nino Roveraro presidente dimissionario per pochi mesi pare ne abbia fatto le spese) di Vaccarezza e di una obbedienza massonica, a sua volta Bonifacino, al di là della sua competenza come è stato scritto in atti ufficiali, può contare su altri  sostenitori e fratelli massoni che non sono stati sopraffatti.

Una Spa pubblica intercomunale, da Borgio a Ceriale (in futuro anche Albenga con parte dei suoi liquami), con entroterra, con un capitale sociale di 2 milioni 242.260 €. suddiviso in 224.266, 021 azioni da 0,01 con parità di diritto al voto. Che lo scorso anno ha modificato parzialmente lo Statuto.  Una Spa che dovrebbe essere la casa di vetro, invece grazie alle normative sulle società per azioni può coprirsi con un cappa a prova di intrusione di giornalisti scomodi. Dove non si è mai saputo come vengono gestiti gli acquisti, dove peraltro è stato pubblicizzato l’avanzatissimo (da pionieri) sistema di  depurazione delle acque e dei fanghi. Dove, per inciso, non mancano le professionalità interne. Dove può accadere che la rappresentante del consiglio del Comune di Pietra Ligure risultava (oggi non lo sappiamo) sempre assente e sui giornali, da Ivg.it (letto ormai in tutte le famiglie, dunque con una forza educativa, informativa importante) non è mai trapelato alcunché, alla stregua di un’assenza di una Spa privata. Come non fa più notizia che da luglio una banca abbia lasciato.

Ma agosto è il mese della ‘politica’  in vacanza, e anche Borghetto si anima, pure con un consiglio comunale e ripetendo la serata  della ‘Cena in Bianco’, in piazza della Pace, dove l’ordinanza sindacale scatta dalle ore 17. Sarà una serata molto partecipata e diversa per una cittadina che è solita riversarsi a Loano per trovare divertimento e spettacoli e per fare shopping.(L.Cor.)

TURISTI a 4 ZAMPE 

Sfilata Canina Benefica in favore del canile territoriale di Albenga dell’ ENPA

Dopo la manifestazione “BAS IN TOUR”, svoltasi domenica 22 Luglio che ha visto la partecipazione di numerosi animali, Borghetto Santo Spirito propone un nuovo evento che riguarda il mondo animale con la “TURISTI a 4 ZAMPE – sfilata canina benefica“, il cui ricavato verrà interamente devoluto al canile di Albenga.

La manifestazione si terrà Sabato 4 Agosto 2018 sul molo di P.za Marinai d’Italia a partire dalle ore 21.00. A partire dalle ore 18.00 si apriranno le iscrizioni dal costo di € 8,00. Nel corso della manifestazione verranno premiate diverse categorie di cani meticci e ……. non solo quelli.

In palio tantissimi premi offerti dagli sponsors della serata che verrà presentata da Viviana Saviero.

La manifestazione prevede, nel suo programma, alcuni momenti di divertimento  grazie alla partecipazione di Stefan Oz concorrente di Italia’s Got Talent, all’ esibizione di Agility di MONDO CANE 360 °Centro Cinofilo Border Collie Rescue Italia e all’esibizione di Dog Dance a cura di Liliana Ferrari Bruno. L’iniziativa è organizzata da E.N.P.A., dal canile di Albenga, dal Comune di Borghetto Santo Spirito, dall’azienda Vivai Michelini di  Borghetto Santo Spirito e da numerosi sostenitori che hanno reso possibile l’effettuazione della sfilata.

L’invito di partecipazione è rivolto sia a possessori di animali che non in considerazione dello scopo che si sono prefissati gli organizzatori, sperando con ciò di attirare più appassionati possibile sul Lungomare, con i loro amici a 4 zampe, aiutando così economicamente il canile “Ingauno”, che versa in gravi difficoltà economiche, e far scoprire a quanti più possibili turisti appassionati di cani Borghetto Santo Spirito, sempre di più cittadina Dog-Friendly !!!

Michele MANERA – ufficio di Staff del Sindaco

Bardineto, addio Egidio Frascheri, pioniere dell’omonima centrale del latte. Si è ucciso

$
0
0

Bardineto, l’alta Valbormida, da questa mattina alle 8 (sabato), orfane del suo storico pioniere – imprenditore del latte. Egidio Frascheri, 96 anni, il personaggio più popolare del paese e non solo, ha scelto di andarsene in silenzio, in solitudine, in gran segreto. Una decisione irrevocabile, come nel suo carattere deciso, determinato. Con l’amico di sempre, Pier Luigi Corrado, albergatore dell’ormai ex Piccolo Ranch (destinato a Casa di Riposo), ex vice sindaco, 24 ore prima, si erano salutati. Frascheri: “Domani non venire, io non ci sarò più….”. Appariva un momento di sconforto, uno dei tanti che nella vita, soprattutto da anziani e sofferenti ( Egidio poteva muoversi solo sulla sedia a rotelle), possono accadere. Pierluigi si è raccomandato, quasi a farsi promettere. E lui: “Va bene, vai, vai…”. Invece il dramma, la fine delle sofferenze umane e forse morali. Con un cruccio, non si dava pace per un certa situazione famigliare. Si sentiva, forse ingiustamente (?), trascurato. Le ultime volontà pare per iscritto: nessun funerale, portatemi subito nella mia tomba. Leggi anche: inaugurato il nuovo ponte (era crollata) sul Bormida in località Brigneta. Presenti l’assessore regionale Giampedrone e il capogruppo di FI, Angelo Vaccarezza.

Si sconfina spesso nella retorica quando si parla di una persona che ci lascia. Poco importa il modo e se siamo di fronte a veneranda età. Egidio Frascheri era un esempio di uomo e di imprenditore che merita di passare alla storia di Bardineto, della provincia di Savona. Grazie al suo straordinario talento, alle intuizioni, al coraggio, determinato e battagliero, ha creato un’azienda non solida, solidissima. Venduta (maggioranza di quote) e ricomprata più forte di prima, tre generazioni. L’umana soddisfazione di vederla progredire, valorizzata, ingrandirsi, estendersi sul mercato; fino ai nostri giorni leader in Provincia di Savona (unico caseificio industriale, ma con la sapienza artigianale), primario concorrente del latte fresco e derivati nel ponente ligure e Basso Piemonte. Il merito di aver intrapreso innovazione, rilancio, la durissima sfida dei tempi e dei supermercati. E’ fuori dubbio sia merito del figlio Fiorenzo e dei quattro nipoti, alcuni laureati.

La figlia primogenita, Nadia, per problemi di salute, si era ritirata, così pure il marito Bruno Peretti, appartenente a nota e stimata famiglia di Millesimo. Uno zio produce botti di ultima generazione, in passato erano di legno pregiato. Nadia che ha continuato ad assistere al meglio papà, anche se dai primi segni della malattia (difficoltà di deambulazione), Egidio era accudito giorno e notte dalla badante. Anche il genero Bruno si è sempre prodigato, non gli ha fatto mancare il conforto, l’assistenza. Finché è stato possibile fargli fare un giro in auto in paese e oltre, dove Egidio era felice tornare.

Fiorenzo Frascheri e i figli (due maschi e due femmine)  presi dal lavoro, dagli impegni, senza risparmio di energie; una nipote, intervistata dal Tg3 Liguria, aveva espresso tutto il disagio di un’azienda importante costretta a subire le conseguenze, i disagi, i maggiori costi, della chiusura della strada provinciale per Borghetto S. Spirito, dopo il disastroso alluvione del 24-25 novembre 2016.  E’ forse quel distacco di non vedersi abbastanza vicino il figlio Fiorenzo e soprattutto dei cari nipoti, creava ad Egidio un senso di amarezza, abbandono. Ma, è abbastanza normale, ad una certa età della vita, pur vigili, pur con una memoria di ferro,  il tormento interiore, ingigantire le piccole cose, sentirsi ‘inutili’.

Ora che Egidio se n’è andato, ora che Bardineto ha perso una delle sue figure di riferimento nella vita economica e diciamo  sociale (posti di lavoro, ieri come oggi,  la filosofia aziendale di dare comunque la precedenza ai concittadini), non resta che far tesoro dell’esempio, della forza d’animo, dell’impegno ‘a costruire’, progredire, combattere se necessario, che ha sempre contraddistinto il bardinetese Doc. Egidio, a suo modo, ‘ambasciatore’ e ‘bandiera’. Forse i più giovani non sanno e non possono ricordare, con Frascheri senior non c’era prefetto, questore, comandante provinciale dei carabinieri, onorevoli, con i quali non avesse un rapporto diretto, e non gli facessero visita.

Forse, e accade in ogni comunità, a volte Egidio era su posizioni divergenti con i sindaci, l’amministrazione comunale, la politica nazionale (non era un simpatizzante della sinistra). Alla fine però prevaleva il confronto, la dialettica, all’insegna della lealtà, della collaborazione e del parlar chiaro come era solito fare. La franchezza, manifestare le sue idee senza nascondersi dietro il dito. Ciò che aveva da dire, non lo mandava a dire.  Il bagaglio della sua forte personalità, di un dialogo che doveva concludersi con decisioni. Insomma quella che oggi viene definita  ‘politica del fare’, lui la metteva in pratica nel lavoro quotidiano, nella gioia di vedere crescere l’azienda che compie 54 anni dal giorno in cui si è trasferita nella sede attuale di via Cesare Battisti, all’ingresso di levante del paese.

Una storia era iniziata 60 anni fa, con la costituzione  della Cooperativa Sociale (1955) di 64 soci. Bardineto, più di altre realtà montane della provincia, vedeva una nutrita presenza di pastori, qualche centinaio di mucche, praticamente non c’era famiglia – pochissime escluse – che non possedesse una vacca da latte, per il vitello, fonte economica e sostenimento di vita. Oltre al latte, il formaggio, il burro, la ricotta, la carne.

Poi è il boom turistico – immobiliare, con decine di ville, villette e qualche palazzo.  Anni ’60 e ’70, con Secondo Olimpio, sindaco, capo ufficio stampa e braccio destro (l’altro era il romano Paccagnini) del ministro Paolo Emilio Taviani, soprattutto quando occupava il ministero dell’Interno ed era capo della corrente ‘tavianea’ (i Pontieri della Dc, allora partito di governo e di maggioranza). Gli anni in cui a Bardineto arrivavano gli inviati speciali di quotidiani a diffusione nazionale e settimanali. Con titoli: “Bardineto,  la piccola montana Svizzera della Liguria“. “Bardineto, il boom della graziosa località dell’entroterra ligure”. “Bardineto, la montagna con il mare a portata di mano”. Narravano che la prima lottizzazione dei terreni del demanio comunale, al prezzo di 50 lire il  mq. risaliva  al 1954. Terreni che non valevano nulla, dato il loro scarso reddito agricolo. Ora, il terreno (eravamo nel luglio 1970)  si paga oltre mille lire il mq.  E a rimorchio della lottizzazione comunale è arrivata  quella privata.

Bardineto, scriveva Nino Giglio, inviato speciale della Gazzetta del Popolo,  che si accinge alla annuale sagra con il decimo raduno nazionale delle auto storiche, con sfilate di moda e con una specie di  controcantagiro. E aggiungeva che il raduno di auto è venuto ad assumere  una particolare importanza perchè proprio Bardineto, primo centro in Italia,  ne celebra il decennale.  E Egidio Frascheri era tra gli amici, i ‘tifosi’ dell’amministrazione del sindaco Olimpio, pur senza mancare in certi casi la diversità di scelte, di strategie. Frascheri, come Olimpio, cercava di guardare avanti, senza dimenticare il passato. Dare un futuro (cosa che non è avvenuto sul fronte turistico, salvo qualche coraggiosa e benemerita presenza) ai 920 abitanti di allora e che possedevano 140 automobili, abitanti già in calo di un centinaio rispetto a dieci anni prima, quando di vetture ce n’erano solo 15. E l’auto si sa, ieri come oggi, è un po lo status simbol di una società. Allora la pensione completa in alberghi variava da 4.500 a 3.000 mila lire al giorno.  Non solo, gli albergatori ammettevano di non essere in grado di aver camere a sufficienza a soddisfare tutte le richieste di soggiorno.

“Bardineto, una perla della montagna” titolava l’allora popolarissimo settimanale Oggi.  La mitica Val Badia  ha una degna, anche se meno conosciuta, competitrice. Con la differenza, non da poco, che Bardineto si può raggiungere in 20 minuti d’auto dal mare. Il prestigioso, allora, settimanale L’Europeo: “Bardineto vive il miracolo del suo sfruttamento turistico, è arrivato in pochi anni, dal 1954, sfruttando quanto madre natura da sempre le aveva dato. E successivamente con un ‘sindaco’ capace di vedere lontano…”.

Ecco, Egidio Frascheri, che lascia pur sempre tanti ricordi e  un vuoto nella comunità locale, era stato uno dei primattori. La rassegna stampa  anni ’70 lo vede impegnato e battagliero perchè lo Stato  gli doveva 80 milioni di rimborsi Iva: si pagava  il 12 per cento su imballaggi e  sei  sul latte lavorato, recuperando solo l’1 per cento di Iva sul prodotto finito. La differenza che non si può scaricare. “Dall’entrata in vigore dell’Iva – lamentava  Egidio Frascheri –  non ho ancora percepito una lira.  Un mio collega di Imperia vanta addirittura 200 milioni. Non posso indebitarmi per far credito allo Stato, se va avanti così sospendo la produzione, io posso vivere lo stesso, ma è uno scandalo che non si può più tacere. Bisogna fare le barricate”. Significava un danno collaterale per i pastori, le stalle della Val Bormida e diversi paesi del Basso Piemonte.

Sempre la rassegna stampa ci ricorda “Divampa in Valbormida la ‘guerra‘ del latte. 44 produttori e il caseificio di Bardineto. Frascheri aveva inviato un circolare in cui annunciava  che a partire dal primo marzo (1976)  non sarà più effettuata la raccolta del prodotto  presso le stalle. Frascheri: Fino a pochi anni fa raccoglievo 14- 15 quintali di latte al giorno, oggi si arriva, in valle,  a 4- 5 quintali, una media di 6- 7 liti per stalla. La raccolta comporta l’impegno di un uomo ed un automezzo il cui costo non solo non è più remunerativo,  c’è la concorrenza sempre più agguerrita. Che devo fare, soccombere ?”.

Siamo al febbraio 1979. Il giovane sindaco – insegnante, Ico Mozzoni, ha già sostituito il popolare e galantuomo Giuseppe Balbis. In paese gli agricoltori ormai conferiscono solo 326 litri di latte al caseificio Frascheri, il prezzo pagato ai produttori è di 250 che salirà a 270 da febbraio.  Egidio non le manda a dire, fa presente “purtroppo mi sono reso conto  che alcuni ci portano del latte scadente, a volte pure annacquato…”. Ed ecco la dialettica, pur tra amici. Mozzoni ed il vice sindaco Pierluigi Corrado definiscono la “presa di posizione e le accuse di Frascheri un ricatto che si è ripetuto altre volte, non è con i ricatti che si va incontro alle esigenze di Bardineto e della sua economia. Siamo di fronte ad una situazione difficile perchè anche la Centrale del Latte di Savona  e quella di Albenga rifiutano  il latte di Bardineto.  Da noi il latte viene pagato in stalla  270 lire, le stesse centrali preferiscono acquistarlo altrove a  287 e poi si parla di aiutare la montagna”.

‘Patron’ Frascheri, il sindaco, il vice, di lotte a Bardineto ne hanno vissute parecchie. Eppure se l’industria turistica è crollata, il mercato immobiliare ai minimi termini, i cartelli ‘vendesi’ a decine, il caseificio Frascheri resta un fiore all’occhiello, sia quanto a tecnologia, sia a fette di mercato, sia sul fronte della qualità e del successo nella commercializzazione che raggiunge città, Riviera, piccoli e sperduti paesi delle valli di Imperia, Savona, Genova e Basso Piemonte. Una linea di sei qualità di latte, 4 di panna, burro, Un sito internet illustrato e informazioni in tre lingue (anche tedesco e inglese). Le nuove leve Frascheri, con indiscusse capacità manageriali, mai arrendevoli verso le continue sfide. Caseificio nel paese, negozio di vendita al minuto, una sede logistica tra Borghetto e Toirano sulla provinciale, autobotti di grossa portata (anche per l’importazione di latte) e una decine di automezzi refrigerati per la distribuzione, continui investimenti per stare al passo con i tempi.

Il ‘vulcanico’ Egidio Frascheri, padre e nonno generoso, fiero di una ‘creatura’ ormai industriale. Ma si sa, nella vita, non conta solo successo, denaro; c’è il cuore, l’affetto, le sensibilità, le piccole attenzioni che hanno la loro parte. Egidio che avrebbe lasciato, tra le sue ultime volontà, di essere sepolto senza cerimonia religiosa e portato direttamente nella tomba di famiglia, a Bardineto. Non può essere considerato uno ‘schiaffo’ da parte di chi non era certo bigotto. Semmai un suo modo di essere, di lasciare il suo lungo e brillante cammino, anche nei momenti difficili, come sciogliere il matrimonio coniugale con la mamma dei suoi figli.

In altre realtà sociali sarebbe stata una scelta normale, per lui e la famiglia sicuramente una decisione sofferta. Ma Egidio non era uomo da mezze misure. Coerente con la sua filosofia di vita, incurante dei giudizi altrui. Forte fino agli ultimi giorni nei suoi propositi. Con lucidità e determinazione aveva tenuto nascosta a tutti, quella piccola pistola, calibro 22, che ha impugnato per porre fine alla sua gloriosa  e longeva esistenza. Tra la stima, l’affetto, i ricordi di tanti amici, conoscenti, in ogni parte di Liguria e Piemonte, anche nel mondo della caccia – sua passione e hobby come quello dei cavalli -, dei cacciatori e persino in vacanza in giro per il mondo. Sincero il dolore dei suoi cari e ti quanti gli hanno sempre voluto bene, gli sono rimasti vicino. L’eredità, materiale e morale continuerà nel ricordo del capostipite. Grazie Egidio, ti ricorderemo anche nell’aldilà.

Luciano Corrado

P.S.  Notizia diffusa alle 11.10 sul web dal quotidiano online Ivg.it(Il Vostro Giornale), autorevole e diffusissimo organo di informazione  provinciale che ha ottenuto dal Provveditorato agli Studi della Provincia, la ‘formazione’ al giornalismo dei giovani, con l’editore Matteo Rainisio e C. (Edinet srl) e del direttore responsabile Andrea Chiovelli : “…..Egidio Frascheri  è stato trovato senza vita nella propria abitazione….”. Morte naturale, dunque, viene da pensare. Autocensura di un cliente pubblicitari ? Non si capisce cosa ci sia di infamante nella decisione di una persona che non aveva nulla di cui vergognarsi, semmai il contrario. Se questo è giornalismo da insegnare ai giovani, modello di informazione del 2018… Eppure pare apprezzato dai più…..!!!! Chissà cosa penseranno chi si è trovato a transitare sulla provinciale, davanti al caseificio, già nella prima mattinata, ha visto auto di carabinieri, ambulanza, l’arrivo del medico legale, la notizia diffusa in un baleno in paese e nelle vicina Calizzano. In questo periodo di calura estiva, Bardineto con qualche migliaia di vacanzieri, anche se siamo lontano ai 5- 6 mila degli anni 60 – ’70. Il Secolo XIX e La Stampa on line hanno dato correttamente conto del suicidio con la pistola. Savona News cita l’ipotesi del suicidio.

LA STORIA DEL CASEIFICIO FRASCHERI DAL SITO DELL’AZIENDA

Dall’album storico dei Caseificio Frascheri

“Il latte fresco ogni giorno” è il motto di un’Azienda presente sul mercato da oltre 60 anni: la famiglia Frascheri ha dato origine ad una tradizione lattiero-casearia che, giorno dopo giorno e sempre con rinnovato entusiasmo, ha condotto l’azienda a diventare l’importante realtà che è oggi. Un dinamismo ed una continuità sottolineati da ben tre generazioni Frascheri, che lavorano fianco a fianco, per portare il marchio di famiglia sempre più lontano.
Tutto è iniziato nel 1955, con la nascita di una Cooperativa Sociale ad opera di 64 soci. Egidio Frascheri ne diventa uno dei principali azionisti e, dopo due anni, quando la cooperativa chiude i battenti, assume il pieno controllo dell’attività.
Nel 1964, Egidio Frascheri trasferisce l’azienda, ormai di sua esclusiva proprietà, in Via Cesare Battisti 29, Bardineto (Savona), attuale sede dello stabilimento di produzione e degli uffici della direzione. Da allora, ha preso avvio un continuo lavoro di crescita ed ammodernamento che è culminato, all’inizio degli anni ‘90, in un intenso programma di automazione degli impianti e di gestione informatizzata dei processi produttivi, che ha consentito all’azienda di disporre di tecnologie all’avanguardia per la lavorazione del latte e della panna.
Recentemente la direzione ha sostenuto nuovi importanti investimenti finalizzati al rinnovamento globale del reparto UHT, per la produzione di latte e panna a lunga conservazione, dotandosi di impianti di ultima generazione che hanno consentito di innalzare in modo sostanziale il livello complessivo della qualità del prodotto finito. Basandosi sulla preminente importanza del latte fresco pastorizzato, che si impone quale prodotto di punta nell’ambito dell’assortimento, il marchio Frascheri ha conquistato posizioni sempre più importanti nel mercato nazionale (principalmente Liguria e Basso Piemonte) e internazionale. Lo sviluppo di una capillare rete distributiva, assistita dai Centri Distributivi dislocati sul territorio, consente inoltre di servire con puntualità tutti i punti vendita del dettaglio e della grande distribuzione.

COSI’ BARDINETO CON IL SUO PRIMO DEPLIANT PRIMI ANNI 60

Il primo depliant di Bardineto – 5 mila copie, copertina del mitico pittore di Albenga e turista alla Locanda  delle Corriere (famiglia Manfrino) Vittorio Fiori,  testo di Secondo Olimpio, stampa nello stabilimento STEC di piazza Indipendenza a Roma, come le foto di Pasquale Venuti e bozzetti  di Elvi Maccari. I primi abitanti di Bardineto erano certamente liguri, ignota pero di  quale estrazione. Secondo Platone veniva da Occidente, da un’isola  che si trovava oltre le colonne d’Ercole, nell’oceano atlantico.  Platone ci presenta i primi liguri come gente forte e audace, pronta alla battaglia e amante delle avventure. I primi progenitori dei bardinetesi furono  gli Epanteri, come dimostrato da scavi eseguiti e dal materiale speleologicLocanda Co  raccolto.  Si tratta di diecimila anni fa, abitavano nelle grotte di Rocca Barbena, nella ‘tana’ della Paglierina, nelle grotte della Madonna  nei pressi del Buranco. Dagli Epanteri agli Ingauni, tra Consciente di Cisano e Peagna di Ceriale, e a Bardineto e Garessio.  Epanteri dediti a caccia, pastorizia, molto tradizionalisti e forti guerrieri.

4 AGOSTO 2018 , INAUGURATO IL NUOVO PONTE SUL BORMIDA A BARDINETO (LOC. BRIGNATA), CROLLATO NELL’ALLUVIONE DEL 2016. GIAMPEDRONE: “DA REGIONE LIGURIA QUASI TRE MILIONI PER I DANNI DEL SAVONESE” .

Comunicato stampa – È stato inaugurato ieri pomeriggio, dall’assessore alle Infrastrutture e Protezione Civile Giacomo Giampedrone, insieme al consigliere regionale Angelo Vaccarezza e alle autorità cittadine, il nuovo ponte sul Bormida in località Brigneta nel comune di Bardineto (SV), interamente finanziato da Regione, che va a sostituire quello crollato nell’alluvione del 2016. La giornata è stata anche occasione per fare un sopralluogo ad altri interventi su cantieri appena conclusi che hanno interessato la viabilità provinciale savonese, che come il ponte di Brigneta hanno trovato finanziamento nei quasi tre milioni di euro deliberati dalla Giunta nelle settimane immediatamente successive al maltempo del novembre 2016 e interamente destinati ai danni della provincia di Savona. “Abbiamo visto tanti interventi nella giornata di oggi in queste valli che sono state duramente colpite dagli eventi calamitosi. Ci tengo a sottolineare l’efficacia nei tempi per aver restituito a questo territorio la normale funzionalità della vita”, ha commentato l’assessore Giampedrone. “Sono particolarmente soddisfatto che a fronte della rapidità con cui abbiamo deliberato le risorse, Comuni e Provincia abbiano risposto con altrettanta sollecitudine completando le opere nei tempi prestabiliti”. NUOVO PONTE SUL BORMIDA A BARDINETO –  Durante l’alluvione del 24 novembre 2016, lungo il corso del Torrente Bormida, in corrispondenza dell’attraversamento della strada comunale in località Brigneta, il ponte a doppia arcata è crollato a seguito dello scalzamento della pila centrale. Con la DGR n. 1361 del 30/12/2016 è stata impegnata a favore del Comune di Bardineto la somma di € 270.000. Il nuovo ponte, lungo 18 metri, insiste su un’unica campata. Con il ribasso d’asta è stato possibile completare i lavori con l’installazione di un parapetto in acciaio e intervenire sul corso d’acqua sottostante realizzando una scogliera in massi in sponda sinistra e riprofilando l’alveo e l’imbocco del Rio Brigneta. FRANA SULLA SP60 A TOIRANO  – Al km. 9+000 della provinciale che unisce Borghetto Santo Spirito e Bardineto, un tratto di strada era crollato a valle, restringendo l’alveo del Rio Lavagin. Nella DGR n. 1179 del 20/12/2016 sono stati stanziati i 300mila Euro necessari a rimettere in sicurezza la viabilità: l’intervento è consistito nel disgaggio del corpo di frana e nella costruzione di una scogliera cementata sull’argine del torrente, con fondazioni speciali quali micropali e tiranti.

FRANA SULLA SP 52 A CASTELVECCHIO DI ROCCA BARBENA  – A causa delle forti piogge del 24 e 25 novembre 2016, al chilometro 18+000 si sono riversati sulla carreggiata diversi metri cubi di terra e sassi, che hanno causato l’interruzione della circolazione. Con DGR n. 1179 del 20/12/2016 è stata impegnata a favore della Provincia di Savona la somma di € 200.000. Il materiale franato è stato rimosso e il versante consolidato con un muro di sostegno in cemento armato.

FRANA SULLA SP 15 FRA I COMUNI DI PALLARE E BORMIDA –  Sempre a causa del maltempo di fine novembre 2016, al chilometro 7+700 sono franati sulla provinciale che da Bormida sale al Colle del Melogno diversi metri cubi di materiale, interrompendo la circolazione. Con DGR n. 1179 del 20/12/2016 è stata impegnata a favore della Provincia di Savona la somma di € 430.000. Oltre al disgaggio del corpo di frana, i lavori hanno visto l’installazione di reti para-massi e l’utilizzo di geostuoie a semina diffusa per la protezione superficiale delle scarpate. Le acque sono state convogliate a valle attraverso il ripristino di un attraversamento della sede stradale afferente al fiume sottostante.

Quel Palio a Garessio (Carrera Saracena) coinvolge adulti e bambini, tradizione da mezzo secolo nel paese rimasto senza hotel

$
0
0

Era culla turistica ed industriale, gareggiava con Ormea, nell’alta Val Tanaro. Oggi paese con i piedi sul precipizio di una crisi spietata. Arriva da lontano, ma con una buona dose di responsabilità degli amministratori locali. Non tutti a pari merito. Si può immaginare una località a vocazione turistica – sede della rinata ‘Acqua San Bernardo Spa’, l’unica azienda industriale in salute come l’ammirevole spirito di volontariato giovanile e non –  senza neppure un hotel, in passato alberghi, pensione, locande. Garessio che presenta il depliant 2018 delle manifestazioni, ma se c’è qualche ospite (vedi gara nazionale di pesca) si deve ricorrere alla ricettività di Ormea che pure non gronda di salute. Garessio con le sue ‘Fonti’, non gestiste dalla Spa San Bernardo, che distribuiscono l’acqua della salute (si paga a bicchierone), ma si presentano con un pugno nello stomaco al decoro, al biglietto da visita turistico, al buon gusto, al buon senso di civiltà in cui viviamo. Garessio che si ritrova con un mercato immobiliare ‘immobile’, case sempre più vuote rispetto a quelle occupate, sul copione della Riviera d’inverno, ci raccontava una ‘nonnina’ solo un paio d’anni fa. Con la differenza che qui restano ‘libere’ tutto l’anno. Non ci sono neanche più i due mesi di luglio e agosto. Garessio una storia di ricettività (oltre una decina di alberghi) e che ancora nella guida della Provincia 2010, ne contava due:  Giardino, tre stelle, Italia, due stelle. Una TSA di via Borghetto, Casa Vacanza e  Casa affitto vacanze di viale Marro. Indicava un B&B:  Pietra Ardena  di Borgo Poggiolo. Un agriturismo: La vecchia cascina di regione Campi. Infine il rifugio alpino Savona.

Garessio che è letteralmente ‘scomparsa’ dalle guide culinarie nazionali e regionali, eccezione per una trattoria di Trappa. E un debole segno di speranza alla notizia che potrebbe riaprire il Ponte Rosa, come hotel ristrutturato, di Giancarlo Salvatico. Mentre Stefano Averame, dopo la chiusura dell’albergo di famiglia (Italia), si è ‘rigenerato’ puntando su bike e bici elettriche (sarà il futuro exploit mondiale sostengono gli esperti del settore e le proiezioni studi di ricerca).  L’outdoor volano allo sviluppo turistico al mare (dove le città stanno investendo con progetti ambiziosi anche a livello mondiale, vedi Loano pare primo caso in Italia, documenta la rassegna stampa), in collina, in montagna.  Dal mare alle Alpi, su strade e sentieri, in bicicletta.

Chi si trovava a Garessio domenica 5 agosto, pochi ‘vacanzieri, qualcuno in più tra i fedeli del ballo liscio su una pista delle Fonti  – manto erboso trascurato,  così come la cura di fiori, inesistenti e decoro al minimo – e non conosceva l’usanza delle gare con la Carrera, restava ammirato, oltre che incuriosito. Folto numero di concorrenti, di ogni età e ceto si direbbe, gran tifo e partecipazione agonistica. Non parliamo certo di folla per un ‘palio’  che ha superato la soglia dei 50 anni. Non ha l’attrazione e la tradizione secolare del Mortorio (nata nel 1433). Nulla di religioso, semmai un segno tangibile di coesione nella comunità, giovanile soprattutto. La partenza, i cronometristi, la sfilata attraverso le borgate: da Piazza Marconi a Piazza Carrara. Alle 15, prova di velocità. Quest’anno nuovo percorso nel Borgo Maggiore. Alle 17 prova di abilità col ‘Trofeo Roberto Canavese‘  da Borgorotto a Piazza Tornatore.

Il depliant Garessio 2018 vede  uniti Comune, Pro Loco, Ufficio turistico. Lo slogan: ‘color verde vacanza’. Palio Carrera che se promozionato, per la sua originalità, potrebbe essere un potenziale richiamo di turisti, per una giornata, dalla Riviera, dalle città, dai paesi.  Contrariamente al sito della Pro Loco che definisce Carrera ‘manifestazione moderna’, contrariamente all’antico carnevale dei Magnin.

Carrera ha una storia ed un ‘fondatore’, il compianto maestro Corrado. Nacque da una sua idea quando era presidente dell’Azienda Autonoma di Soggiorno (abolite). I primi esemplari realizzati in legno, cuscinetti a sfera, si sono evoluti in meccanica, pure sempre fai da te, carrozzeria inclusa. Un esemplare può costare fino a 2 mila euro. La competizione vede divisi ragazzi ed adulti. Si è puntato alla valorizzazione del ‘prodotto folkloristico’. Si è copiato anche dalla bicicletta.

A Garessio sarebbe ingeneroso non citare un ‘figlio diletto‘: Giorgetto Giugiaro che per i suoi 80 anni ha donato un magnifico quadro al suo paese. E senza l’ausilio di pagine promozionali, La Stampa edizione nazionale, in ‘storie del territorio’, ha ricordato il grande designer: “Ho lasciato una testimonianza al luogo in cui sono più legato“. L’opera raffigura una scena del Mortorio, rievocazione storica della Passione di Cristo. La cerimonia, raccontata da Paola Scola e Muriel Bria, si è conclusa con lo spettacolo in piazza di Teo Teocoli.

Garessio, Giugiaro alla festa pubblica di compleanno (foto Costanza Bono)

In Val Tanaro il mitico Giorgetto, fama a livello mondiale, ha vissuto fino a 14 anni. Lui, cavaliere ‘Medaglia d’oro dei Benemeriti della Cultura e dell’Arte, ha fatto omaggio a San Giovanni, alla piccola chiesa  che si affaccia in piazzetta dove si trova la ‘casa di famiglia’. Un gioiello di decoro urbano nel centro storico. Il garessino Doc che  ama rifugiarsi nel suo chalet a Valdinferno, paesino dell’eremita (compianto) Armando Sereno che a 85 anni non temeva gelo e solitudine. Protagonista di un toccante film documentario in bianco e nero del cuneese Bianco Schellino. Un titolo calzante: “Perchè non te ne vai anche tu ?”  Viveva in un vecchio seccatoio rinnovato pietra su pietra. Profumava di fumo e formaggio. Sereno aveva conosciuto in gioventù il campo di concentramento, rischiato la fucilazione, visto la morte in faccia.

La casa di famiglia di Giugiaro con la vicina cappella di San Giovanni dove sarà sistemato il quadro donato alla comunità garessina

E perchè quel ‘nascondiglio‘ assai meno spartano ? Giugiaro alle giornaliste: “Situato tra montagne e boschi, si arriva solo in moto e nessuno viene a disturbare, tranne 4- 5 amici rimasti e che sono come fratelli”. Le due ruote ? Una grande passione, forse più inedita, del personaggio. Moto da alpinismo, senza sellino “su cui viaggio in piedi come se cavalcassi un cavallo”. Libertà assoluta, in giro per le montagne: dal Colle di Nava al Saccarello, sulla vecchia strada militare per Limome Piemonte.

Chissa se il ‘Cavaliere’ che ha sempre prediletto Garessio per esibire i suoi prototipi,  riuscirà anche nel miracolo di dare al paese un’amministrazione lungimirante, idee innovative, capaci di scongiurare altre sciagure  da Garessio 2000. Saper cogliere e mettere a frutto le proposte di chi vorrebbe ancora investire nel prodotto turistico. Ma pare frenato, scoraggiato, proprio da chi governa il Municipio che non è più al passo con i tempi, incapace di un colpo d’ala e  ‘volare alto’.

Storie famigliari che meritano di essere conosciute e sviscerate: nomi, cognomi, date. Garessio alle prese da troppo anni con un’implacabile (inarrestabile?) decadenza. Lo specchio sconsolante della comunale ‘Fonte della Salute’, gestione a due società famigliari in guerra tra loro. Una da Montecarlo, l’altra da Garessio. Non è un discorso di buoni e cattivi, tra litigiosi ed incompatibili. E’ un tema di preminente interesse sociale che viene colposamente lasciato languire. La cura messa in pratica non ha sortito finora effetti pratici. Ci vorrebbe uno mossa, una strategia alla Giugiaro.

Garessio, i suoi giovani non possono più attendere.  Gentile Giugiaro, almeno lei batta un colpo, forte, fortissimo. Anche nelle  nostre vene corre sangue garessino. Lo dobbiamo ai nostri avi, a chi ha combattuto guerre, conosciuto fame e privazioni, povertà vera. Ha lottato per un futuro migliore delle generazioni a venire.

Luciano Corrado

E  GAREXPO 2018

 

 

Pietra Ligure, chi era Maxin Amandola quando il Buongiorno scrisse: Tutti gli uomini di Teardo. E il dr. Mario Robutti ?

$
0
0

Ai funerali di Maxin Amandola (trucioli.it ha pubblicato il fotoservizio di Silvio Fasano) due assenze hanno meravigliato: Alberto Teardo e il dr. Paolo Caviglia, ex presidente Camera di Commercio, ex vice sindaco di Savona, ex deputato nell’VIII legislatura. Presenti, invece, due compagni socialisti della vecchia guardia che con Maxin uscirono ‘immacolati’ del ciclone giudiziario del giugno 1983: Lorenzo Ivaldo e Riccardo Borgo neppure convocati tra i 153 testimoni. L’ex presidente della Regione pare non si sia neppure fatto vivo per le condoglianze ai famigliari di chi era stato vice segretario regionale del partito, segretario della Federazione Provinciale, assessore anziano a Pietra Ligure con il sindaco dr. Nicolò Tortarolo. Storia e personalità diverse quella del socialista dr. Mario Robutti, ex sindaco, ex presidente della Provincia, ex arbitro di calcio, deceduto a 73 anni nei giorni scorsi dopo una folgorante malattia.

Un’immagine dell’archivio di trucioli.it. alle due estremista il dr. Tortarolo che diventerà sindaco ed era direttore amministrativo del Santa Corona ed il dr. Spotorno all’epoca presidente dell’azienda autonoma di soggiorno, al suo fianco il dottor Bruno Bonicatto, psicologo già consigliere PCI, quindi in primo piano Mario Robutti e Tomaso Amandola, si intravvede anche l’allora segretario comunale Dante Olio. Ci scusiamo per non essere riusciti a dare un nome a chi si trova a fianco di Tortarolo, ha la sigaretta in bocca ed applaude, sperando in una segnalazione di chi lo riconosce. Stesso discorso per la persona che si trova tra Bonicatto e  Robutti.

Il giorno che Amandola (1983) testimoniò nell’aula bunker a Savona durante le udienze del maxi processo Teardo

Maxin Amandola e Mario Robutti, esponenti di spicco della storia politico – amministrativa pietrese, a cui si dovrebbe aggiungere quella del dr. Andrea Robutti che è stato cardiologo al Santa Corona, assessore e consigliere comunale negli anni del cav. Salvatore Caltavituro sindaco democristiano. I Robutti origini piemontesi da parte paterna. I genitori di Andrea e Mario, entrambi medici e della sorella Angela, gestivano un’avviata macelleria nella centralissima via Garibaldi. Il cognome Robutti si intreccia, attraverso parentele, con la famiglia dell’ex sindaco Luigi De Vincenzi, come gli Amandola con l’ex sindaco geom. Paolo Palmarini e uno zio monsignor Nicolò Palmarini che fu Vicario generale della diocesi, docente di Sacra Scrittura e Teologia nel Seminario Vescovile di Albenga, studioso, quattro lingue parlate e scritte, oltre latino, greco e aramaico parlato da Gesù Cristo, lingua di ceppo semitico, come l’ebraico, al tempo molto diffuso in tutta la Palestina, ancora usato soltanto in alcuni villaggi della Siria.

TOMASO AMANDOLA NEI RICORDI DEL VECCHIO CRONISTA – Breve premessa, nel corso degli anni c’è chi scriveva Tomaso con una sola  ‘m’, altri con due, in particolare negli articoli

Una classica battuta di Maxi durante un congresso provinciale del Psi con a fianco Angelo Benazzo, autista ufficiale di Teardo, presidente della Chimor Calcio, nessuno l’ha più visto e risulta una richiesta di residenza, da Savona a Gamalero, in provincia di Alessandria. Tra i ‘anta savonesi’ del calcio è ricordato come persona gentile e appassionato del pallone, poi Roberto Bordero, non più in vita, fu il primo dei non eletti del consiglio regionale ed Alberto Teardo che fu candidato alla Camera e se eletto avrebbe lasciato il posto proprio a Bordero.

di giornale, in documenti ufficiali, verbali di interrogatorio. Tra le notizie inedite la vena e la passione giornalistica che lo animava prima ancora del suo esordio – carriera nell’agone della politica. Nel 1967 scrisse alcuni articoli su La Settimana Ligure (oggi compare sulla testatina di trucioli.it al settimo anno di vita), dopo la scissione da “Risveglio” (primo numero l’8 dicembre 1963) che vedeva direttore il giovane avvocato Giorgio Finocchio di Borgio Verezzi, redattore capo Gianni Traverso, Cencin Manfredi per le notizie da Loano, al quale si aggiunsero Gilberto Costanza e Aldo Dompè; da Albenga Romano Strizioli, Aldo Ghidetti, Giampiero Mentil, Giancarlo Lupini, Nico Sgarlato. Poi la scissione e la nascita della Settimana Ligure con Strizioli, Costanza, Dompè (quali soci editori).

Amandola discute, al termine di una ricorrenza funebre, a Savona, con Nofroni della Compagnia portuale e comunista e Ceroni allora vice sindaco di Savona con la giunta di Bruno Marengo

Seguì la Nuova Liguria. 

La cronaca savonese riporta notizie su Tomaso Amandola agli albori della vita pubblica, assessore comunale. Un carattere battagliero, per nulla remissivo, fermo e tenace, persino altezzoso quando si trattava di difendere il suo operato e la sua onorabilità. Per alcuni riusciva  ad apparire persino prepotente. In realtà aveva il suo bagaglio socio – culturale, si era diplomato Capitano di Lungo Corso al Nautico di Savona. Si racconta viaggiasse in treno con il concittadino e liceale Mario Robutti, l’operatore turistico di Ranzi e studioso di storia locale, Renato Rembado tra le ‘memorie’ viventi e scrittore, così come l’ing. Pino Josi, Mario Forni, il prof. Stefano Monti Bragadin (docenza al dipartimento di Scienze Politiche e Sociali).

Tomaso Amandola che fu inquisito e  scagionato, durante indagini preliminari e istruttoria del maxi processo a Teardo ed altri 17 imputati detenuti. E dire che dopo i primi articoli del Secolo XIX (ottobre – novembre 1981), a firma di Luciano Corrado, il presidente della Regione reagiva con comunicati trancianti: “Contro di me solo calunnie, con l’avv. Silvio Romanelli ho già presentato querela contro il giornale, il suo direttore e l’estensore degli articoli diffamatori…”. Negli stessi giorni la notizia che il big politico risultava iscritto alla P 2 di Licio Gelli, affiliazione sempre negata, mentre emergeva, sempre dagli articoli di Corrado, l’iscrizione di Teardo a due logge massoniche savonesi: una all’obbedienza di Piazza del Gesù, l’altra di Palazzo Giustiniani.  Annotazione interessante: né Maxin Amandola, né Riccardo Borgo per oltre un ventennio sindaco di Bergeggi, presidente provinciale, regionale e nazionale dei Bagni Marini, incarico a cui ha rinunciato pochi mesi fa, risultavano iscritti alla massoneria o in sonno. Neppure ad Cad 2 di Savona, la cui esistenza fu portata alla ribalta, con una lettera aperta al Secolo XIX, da Carlo Trivelloni, laurea in giurisprudenza, consigliere comunale indipendente a Savona, componente del Cda della Carisa; Trivelloni interrogato dall’allora giovane Pm, Filippo Maffeo, ex consigliere comunale eletto nella lista Dc a Loano e il primo ad indagare sulla rete di logge (una dozzina) operanti nel savonese,;successivamente l’indagine, con la presenza anche di personaggi di spicco, si estese nelle provincie di Imperia, Genova e La Spezia. Il magistrato fu subito oggetto, a tamburo battente con indagini in corso, di un esposto denuncia al Procuratore generale della Repubblica di Genova, incolpato di un sfilza di presunti abusi commessi nella sua attività investigativa, tra cui aver utilizzato agenti armati di mitra per irrompere nelle sede di logge, con interrogatori da ‘inquisizione’.

Amandola che nel servizio sul settimanale Il Buongiorno – vicino ad ambienti socialisti liguri – veniva così descritto dal giornalista pubblicista Maurizio Parodi (il fratello Alberto è redattore al Secolo XIX edizione della provincia di Savona ed ha scritto un documentato ricordo alla morte di Mario Robutti): “….Attuale vice segretario regionale, già segretario delle Federazione, risiede a Pietra Ligure, sposato, quattro figli…Tifoso del Genova. E’ capitano di lungo corso, ha navigato per tre anni. Infaticabile organizzatore e accanito fumatori di sigari. Fra gli hobby la bicicletta, accompagna nel momenti liberi il figlio Francesco che è già un piccolo campione “. Francesco assessore ai Lavori Pubblici, dopo aver rinunciato all’Edilizia privata e all’Urbanistica, laurea in Scienze geologiche, iscritto all’albo degli esperti in Bellezze Naturali e dei consulenti tecnici del Tribunale di Savona. Ha fatto parte della Commissione edilizia integrata o del Paesaggio a Savona, Bergeggi,  Borgio Verezzi, Borghetto S. Spirito, Boissano, Toirano, Magliolo e dal 2011 a Loano.

Il primo interrogatorio del papà nell’ambito dell’inchiesta Teardo 1 (seguirà la Teardo bis, ma con risultati irrilevanti e con altri magistrati inquirenti) porta la data del 11 marzo 1982, il blitz con gli arresti  (18)in tre tempi, a giugno 2013. Maxin, pochi lo ricordano, due volte interrogato come teste (la seconda volta il 25 settembre 1982); due volte nella veste di imputato, reati minori e collaterali  all’indagine principale: il 5 febbraio 1983, il 9 marzo 1984, nell’udienza del  mega processo in un’aula blindatissima. Maxin scagionato con formule diverse. Nove, invece, gli interrogatori cui fu sottoposto Teardo, il primo il 5 giugno 1982, l’8 novembre 1982, il 22 maggio 1983 ( 20 giorni dopo il diluvio di manette), primo interrogatorio da arrestato il 2 luglio 1983, il 28 luglio, il 6 agosto, il 13 dicembre, al dibattimento il 13 marzo ed il 16 aprile. Altri interrogatori – dichiarazioni spontanee in appello a Genova e con la Teardo bis (Depuratore Consortile, Palazzo di Giustizia, consulenze, progetti, operazioni edilizie anche fuori la provincia, rapporti di denaro con la famiglia Marcianò calabro – imperiese. Giovanni e Francesco Marcianò interrogati come testi rispettivamente il 5 marzo ed il 24 febbraio 1984, durante le udienze processuali.

COSA DICHIARO’ TEARDO SUL RUOLO DI AMANDOLA – Chi seguì  o ricorda quelle vicende lontane  e dimenticate sa che fu scoperta una baracca sulle alture di Spotorno, a disposizione di Leo Capello (cassiere del clan secondo accuse e condanna passata in giudicato), dove era nascosta la ‘contabilità segreta’, incassi e pagamenti. Il giudice Michele Del Gaudio chiese in un interrogatorio: “….Risulta…funerale papà Mirella, 700 mila lire….”. Risposta di Teardo: ” Senza dubbio si tratta delle spese per il funerale del papà di mia moglie Mirella Schmid, anticipate da Capello con i fondi comuni e da me restituiti….”. Il giudice:…” E le somme a nome di Amandola ‘…..Teardo: ” Era funzionario del Psi e prendeva uno stipendio ufficiale. Non so però se aveva un secondo stipendio da Capello per il partito o per la nostra corrente….lui doveva anche spostarsi quasi ogni giorno da Pietra Ligure a Savona, spesso a Genova….”.

Maxin tra i savonesi che poteva contare su ‘porte aperte’ a casa Pertini e al Quirinale quando era presidente prima della Camera e poi della Repubblica e che per primo ‘chiuse’ ogni rapporto con il ‘gran capo di Liguria e suoi adepti’ con un annuncio stampa. E che doveva apprendere dai verbali di interrogatorio (finì in carcere pure un suo stretto collaboratore) di Teardo notizie stravaganti. Damanda dei giudici:…“Cosa risponde  a chi l’accusa di aver strumentalizzato la figura di Pertini ?.” Risposta: ” Falso, io solo a Savona prendevo più voti di quanti lui ne raccoglieva in tutta la provincia. E questa mia forza dava fastidio. Alle elezioni europee del 1979 uscirono 40 mila schede con il mio nome…a Calizzano, a Loano avevo un largo seguito, così come a Alassio, Ceriale, Albenga, Albisola….Dopo sei anni di mio impegno politico in provincia di Savona abbiamo raggiunto 400 amministratori pubblici, mentre prima ce n’erano una sessantina. Un partito in piena salute con tre mila iscritti e 41 sezioni. Avevo creato le condizioni di sviluppo a questa provincia, c’erano molti progetti importanti all’orizzonte….mi hanno voluto colpire con la complicità di certi giornali e qualche giornalista….”.

Teardo intervistato nell’agosto 1985, mentre era in attesa del giudizio d’appello, a Franco Manzitti rispose: “Aspetto la sentenza con serenità. Sono sospeso dal partito ed è giusto che il Psi si cauteli. Dovrò decidere cosa fare nella vita, la politica per me è solo un ricordo. Ma ho pazienza e tanta voglia di fare. I giudici lavorano con la Teardo bis, una nuova montatura, io non mi arrendo perché sono innocente e ne vedrete delle belle…”. Si poteva ancora essere socialisti alla Pietro Nenni ?  Alla Bettino Craxi, alla Gianni De Michelis, altro big del partito e del potere, ritenuti molto vicini a Teardo ?

Maxin, con il quale ci siamo confrontati più di una volta, anche duramente, riteneva che non era l’unico nel Psi savonese a camminare a testa alta: ‘Io non debbo abbassare gli occhi davanti a nessuno, semmai dovrebbero dirmi dove prendono i soldi i compagni comunisti di via Paleocapa (sede della Federazione allora ben introdotta, con una ventina e più di dipendenti) e chi finanziano in campagna elettorale i vari imprenditori della Riviera e della Vabormida….”. Leggi esponenti parlamentari della Dc.

Maxin che si sarebbe poi avvicinato al partito democratico.  Negò al cronista di essere stato lui l’ideatore di rimuovere dalla parete della Federazione il ritratto del presidente Pertini (lo documentava una foto pubblicata dal Secolo XIX) ed il premio internazionale di disegno infantile “Sandro Pertini“, giunto all’11 esima edizione, e ribattezzato  ‘Premio Edmondo De Amicis’.  Invano avevamo cercato di capire chi furono i ‘coraggiosi’.

Solo successivamente si seppe che quando i giudici Francantonio Granero e Michele Del Gaudio finirono per chiedere il trasferimento, uno dei loro primi obiettivi vanificati, tenuti nascosti forse non a tutti, era  di scoperchiare il pentolone del ‘malaffare’ di via Del Corso a Roma (sede nazionale del partito), assai prima dell’esplosione della stagione di ‘Mani Pulite’. Del resto, come accade per le ‘Bombe di Savona’, mai elencate quando si parla della strategia della tensione e delle stragi in Italia, ben presto il ‘ caso Savona – Teardo ‘ finì nel dimenticatoio della stampa nazionale e della Tv. Nonostante si trattasse della prima associazione a delinquere di stampo mafioso (accusa che poi cadde perchè non era ancora stata varata la legge) formata da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Del Gaudio, incolpato dall’avvocato e senatore socialista Gaetano Scamarcio di ‘fare politica giudiziaria per aiutare il compaesano Ciriaco De Mita‘, ma anche da un massone socialista di Savona (Aldo Chiarle) di ‘essersi comprato un attico da un dirigente del Pci’.

Una città capoluogo dove era nato il Cad 1 (poi Cad 2), con tanto di certificato notarile (Mario Zanobini) sottoscritto da Teardo, Giovanni Carega, Angelo Benazzo (per un periodo autista del presidente), Luigi Leo Capello, Roberto Bordero, Marcello Borghi, Giovanni Pozzo.

IL GIALLO DI TELETRILL: DA CERIALE  A SAVONA – Si era accertato, con la polizia giudiziaria e le dichiarazioni rese da Pietro (Nanni) Patrone che è stato assessore e consigliere comunale a Pietra Ligure  in una lista indipendente, che l’operazione consisteva  nella concessione in uso di una parte di un immobile delle Opere Sociali all’emittente privata Teletrill per un canone mensile di 700 mila lire, contro le 200 mila corrisposte alle Opere Sociali.

Il dr. Mario Robutti è stato sindaco di Pietra Ligure e presidente della Provincia in quota Psi. Se ne è andato a 73 anni lasciando vedova Patrizia e gli adorati figli Sara, Luca e Paolo

Non erano fatti di ‘questa pasta’ Amandola, Mario Robutti e tanti altri socialisti, pietresi e non. Non si sono arricchiti, non hanno fatto carriera per ‘grazia ricevuta’. Maxin aveva abbandonato la militanza attiva quando  Mario Robutti arrivò alla presidenza della Provincia per un biennio (1989 -1990). Il Secolo XIX, con Alberto Parodi, ricorda che  nella Seconda Repubblica si avvicinò  a Forza Italia del presidente Berlusconi, impegnandosi nel ‘Movimento per Pietra‘ di cui fu artefice con Rasavio Bellasio, già esponente della sinistra democristiana, ex assessore regionale e consigliere comunale, ricandidato alle regionale con Il Popolo della Libertà – Berlusconi per Biasotti presidente. Il motto: ” c’è voglia di cambiare”. Da ultimo, nel 2009, Robutti ha fatto parte della lista che sosteneva la candidatura di Angelo Vaccarezza presidente della Provincia.

Maxin e Mario uniti nell’ultimo viaggio per riposare accanto ai propri cari. Gli annali di storia ricordano che  per il cristiano del primo secolo dopo Cristo, la morte non suscitava alcun turbamento, ma era anzi attesa nell’anelito e nelle certezza serena di passare dall’effimero all’eterno.

Luciano Corrado

 

 


Monesi, la vittima che mancava. Luca, 32 anni, figlio unico. Folla e strazio ai funerali a Piobesi d’Alba. La famiglia si affida al legale e al perito di cinematica: vogliamo risposte

$
0
0

I quotidiani locali hanno titolato: “Luca Zanovello, 32 anni, muore nel burrone, a Monesi, mentre percorreva una strada franata e vietata (zona rossa) dopo l’alluvione del 2016.” Fatalità, tragico e ingrato destino, oppure siamo di fronte ad un concorso di concause da accertare ? I media imperiesi e cuneesi hanno descritto l’incidente in modo abbastanza simile. Dando subito credito a quella che appare una colposa negligenza, un azzardo, da motociclista enduro, pagato con la vita. L’avvocato Roberto Ponzio, del foro di Asti, assiste la famiglia Zanovello, osserva: “Riteniamo di poter contestare una certa versione dei fatti, a nostro avviso, invece, ancora tutta da accertare da parte dell’autorità giudiziaria. Abbiamo dato incarico per una perizia cinematica all’ing. Luciano Di Virgilio, CTU del Tribunale di Imperia ed esperto di infortunistica stradale. Gli interrogativi sull’accaduto sono molteplici e forse inquietanti. E’ un affronto sostenere la tesi che lo sfortunato Luca abbia sfidato la morte violando un percorso invalicabile ed interdetto. Intanto occorre stabilire lo stato di fatto dei luoghi prima e post dramma. “

I FUNERALI A PIOBESI D’ALBA  – Nel paese di 1360 abitanti, nella zona geografica del Roero, martedì pomeriggio, l’ultimo addio, l’immenso abbraccio a Luca, con una gran folla, preceduto da centinaia di messaggi su web e social. “Grazie per i chilometri che hai percorso con noi, ciao Zano ! ” Il Roero Speed Bike, squadra ciclistica alla quale era tesserato la vittima. Operaio modello alla Ferrero di Alba. Il papà, Carlo, tecnico Fiat, la mamma, Mariangela, commessa.  La fidanzata Valentina. La nonna Giuseppina. Il sogno di una vita spezzato, quella creatura che non potrà più essere di aiuto, conforto nella loro vecchia; avevano riversato tutte le loro speranze e sacrifici. “Proviamo un immenso dolore e smarrimento – ha detto il parroco durante l’omelia funebre -, tutti sgomenti per un evento luttuoso, inaspettato. E le domande sul perché è successo mentre accompagniamo verso l’eternità un giovane sportivo, generoso, sempre disponibile e che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare. La Madonna consoli e protegga i suoi adorati famigliari”.  Don Giancarlo

La mamma ed il papà di Luca, accanto a parenti ed amici, all’ingresso della chiesa parrocchiale dove si è celebrata la Santa Messa

Gallo, 71 anni, di cui 33 trascorsi nella comunità roerina, dal primo settembre co-parroco di Cortemilia, suo paese d’origine e la decadenza di vicario generale della Diocesi d’Alba, sostituito da don Marco Mellino. Sei corone di fiori sulla bara color nocciola, avvolta dalla fascia della società sportiva. Diego Artusi segretario Roero Speed: “ Luca veniva con noi in bicicletta, ma aveva anche altri interessi, come sci e moto enduro…”. Increduli i colleghi di lavoro presenti con una corona. Taciturni, visibilmente scossi, occhi lucidi, mani congiunte o strette al viso. “Luca perché ci hai lasciati…..no, non lo meritavi, non doveva accadere, eri troppo importante per tutti noi, un amico sincero…non possiamo dimenticarti…”. Le sequenze del dramma rivissute, riavvolte come un film. I due amici che, in moto, seguivano Luca a non molti metri di distanza. La loro testimonianza potrebbe avere un ruolo importante per le conclusioni dell’inchiesta. Archiviazione degli atti relativi per la morte di Luca Zanovello o avviso di reato nei confronti di presunti responsabili (omicidio colposo in concorso?), con conseguenze sia sul piano penale, sia civile.

LE IPOTESI DEL DRAMMA –  Il Secolo XIX  e La Stampa, con l’edizione di Imperia e Cuneo, preceduti dal lancio di notiziari on line imperiesi e cuneesi, a quanto si legge, non lasciano dubbi sulla dinamica e sulle cause. Scrivono che Luca “….è entrato, con altri due amici appassionati di enduro, nella zona interdetta a Monesi di Mendatica ed è precipitato nel burrone formatosi dopo il cedimento della strada causa l’alluvione …”.  Non si pongono alcun interrogativo. Una prima palese deformazione della realtà, non si tratta di un burrone, semmai, come documentano le foto, di un avvallamento, cedimento di terrapieno profondo due metri. Tenuto conto della presenza di massi, è probabile che la rovinosa caduta sia stata fatale. Non è comunque deceduto sul colpo. Nessuno ha scritto quanto tempo è trascorso dall’arrivo dell’ambulanza che viene comunque definito tempestivo.

Abbiamo chiesto, dopo aver partecipato ai funerali – unico giornalista presente, natali a Mendatica, infanzia da pastori a Monesi e ormai vecchi cronisti e testimoni dei tempi – informazioni a chi frequenta e conosce quei luoghi. Abbiamo parlato con un habitué delle due Monesi (c’è quella più ‘turistica’, confinante e che ricade nel Comune di Triora) e di Piaggia (Briga Alta) la cui sede comunale si trova per l’emergenza frane ad Ormea. “Quel giorno non ero in zona – afferma -, conosco abbastanza bene dove è avvenuta la tragedia, ma non sono ancora riuscito a darmi una risposta. Non è chiara la dinamica. Le segnalazioni stradali sono ben visibili e l’ultimo mio ricordo è della presenza di una prima barriera (cancellata) per superare la quale occorre fermarsi, poi  una prima rete del cantiere e qualche metro dopo una seconda. Ammesso che una o due delimitazioni siano state in precedenza spostate, resta il punto fermo che  l’accesso alla zona rossa non poteva avvenire senza fermarsi o al massimo rallentare parecchio”. Bisogna tenere pure conto, altro aspetto da accertare, se in quel frangente era già iniziato il temporale.

Domanda: se c’era il cancello, qualcuno per passare l’ha aperto. E non può essere stato Luca Zanovello, visto che proprio lui è finito nella frana, sulla sua sinistra, proveniente da Monesi di Triora, da Limone Piemonte. Chi può confermare che gli accessi fossero bloccati ? ” Posso dire – è la risposta – di non aver mai visto mezzi motorizzati in quel preciso tratto”.  Eppure ci sono testimonianze, anche recenti, di chi ha osservato transitare pedoni, bike, moto. “E’ vero, l’ordinanza sindacale è stata cambiata pochi mesi fa, da off limits per tutti, si è dato il libero transito, escludendo moto ed ovviamente auto”. E’ verosimile che il povero Luca si sia trovato di fronte una ‘cancellata’ provvisoria attraverso la quale accedevano pedoni e bici, lui abbia si rallentato, ma tirato dritto, incurante pure delle altre due recinzioni da cantiere ? Si tratterebbe di una vera e propria sfida al pericolo e chi lo conosceva dice che non faceva parte della sua indole.  Non era neppure in corso una gara dove sono in palio i primi posti. Per Luca e i due amici era una delle tante escursioni.

Un momento dei drammatici e interminabili minuti in cui si tenta la rianimazione di Luca Zanovello accanto alla sua moto da enduro (foto Il Secolo XIX)

Accade a Monesi che sta attraversando da un paio di decenni una tormentata esistenza socio economica. Non parliamo di residenti (sono un paio tra i due Comuni), bensì dell’unica risorsa, il turismo estivo e con la neve la stagione dello scii. Una concatenazione di crisi, di  vani tentativi di ripresa (nuova seggiovia)  ha ‘svuotato’ l’economia locale, con riflessi devastanti, a catena: nell’Alta Valle Arroscia, sconfinando pure nell’Alto Tanaro della provincia Granda che in quest’area è assai sofferente.

Alluvione e frane del 2016 hanno assestato il colpo di grazia, aggravato dalla lentezza della macchina burocratica e decisionale. Qui non c’è stato spazio per una ‘legge speciale’, basta e avanza l’emergenza calamità che non assicura, peraltro, la ripresa della produttività turistica. Resta il richiamo delle seconde case, di chi nei decenni ha acquistato i ‘tecci‘ dei pastori ristrutturandoli, ampliandoli,  qualche nuovo palazzo, senza una visione urbanistica. E senza attuare un progetto di difesa e prevenzione idrogeologica. Una nota dolente che chiama in causa la classe politica nazionale, regionale e provinciale della prima e seconda Repubblica, pur senza fare di ogni erba un fascio. In Italia, del resto, siamo di fronte ad un elettorato abbastanza strano, ci si innamora più spesso dei clown, dell’apparenza, della percezione, piuttosto dei politici e amministratori  impegnati a mettere il bene comune al di sopra di ogni interesse personale, di partito o di casta.

E non può essere solo un funerale, un giovane laborioso e serio, strappato crudelmente alla vita, agli affetti, a farci ricordare dove siamo finiti. Monesi che negli anni ’60 era stata colpita da una slavina di neve, in località Ragioso, lungo la

Luca Zanovello in un momento felice ed orgoglioso della sua attività agonistica

provinciale per San Bernardo di Mendatica, travolte e uccise due giovanissime amiche imperiesi.  Un’altra tragedia, in località Ciappea, sempre sullo stesso tragitto. Un automobilista era sceso dall’auto per fare pipì, non aveva messo il freno a mano e la vettura, con la moglie sul sedile anteriore, finita nella scarpata con un volo di una ventina di metri.

Monesi e Piaggia (isola del cuneese in quel di Imperia) che si sono sviluppate quasi in simbiosi. Anche qui uno smottamento, molto più limitato rispetto alla frazione di Mendatica, ha imposto un’iniziale ordinanza di evacuazione e sgombero, con una quindicina di residenti costretti a lasciare. I lavori sono proceduti a ritmo serrato. Demoliti alcuni edifici (con sette-otto alloggi) senza possibilità di recupero. Poi il ‘cedimento’ del ponte sul Rio Bavera, che unisce Piaggia a Monesi di Triora, l’opera di consolidamento dovrebbe essere ultimata entro ottobre. Una curiosità – testimonianza da l’idea di cosa possa accadere di fronte ad un  pericolo latente.  Il ponte è ‘controllato’ da due impianti semafori alle due estremità. Racconta un commerciante di Loano con diverse proprietà in quella zona: “Domenica scorsa – 26 agosto –  abbiamo raggiunto Monesi attraverso Viozene e Upega, affollatissime, impossibile fare una sosta, un’interminabile colonna di auto lungo la strada principale ed in ogni angolo libero.  Superato l’abitato di Piaggia, ci siamo trovati con il semaforo rosso acceso sul ponte.  Al che dopo essersi resi conto che il rosso era permanente,  abbiamo raggiunto Monesi di Triora a piedi, ma eravamo solitari perchè tutti gli altri, in auto ed in moto, procedevano incuranti del divieto e zero controlli.” Una ‘soluzione’ all’italiana, si direbbe, semaforo rosso starebbero a significare “passi a tuo rischio e pericolo”.  Anzi, commetti una violazione da decurtazione di punti sulla patente. E se ci lasci la pelle peggio per te. Eppure per chi frequenta la zona non è un tabù. La stessa testimonianza riferisce di aver visto in distanza “nella zona di Monesi di Mendatica transitare moto, bike, pedoni “, ignari di quanto era successo giovedì.

Le lacrime di un padre, acconto il fratello, lo sguardo truce di una mamma, lo sgomento di un amico

TRAVERSIE DI UN PADRE CON IL FIGLIO ALL’OBITORIO – Tra gli amici, i conoscenti, della famiglia Zanovello, presenti alle esequie funebri, abbiamo appreso cosa può accadere ad un padre, di 63 anni, che corre all’obitorio di Imperia con il cuore in gola dopo aver appreso della morte del figlio. Il magistrato di turno della Procura della Repubblica di Imperia, Lorenzo Fornace, come di prassi, con l’informativa dei carabinieri, aveva disposto l’autopsia. In primis accertare le cause e le circostanze che hanno concorso nel decesso. Papà Zanovello aveva dato il proprio consenso, convinto di poter vedere per l’ultima volta il suo ‘Luca’. Era arrivato apposta da Piobesi d’Alba. Possibilità negata, anche solo per il riconoscimento. Era venerdì, 24 agosto. Davanti alle edicole le locandine sulla tragedia di Monesi. Nello stesso giorno il magistrato ha disposto l’esame autoptico affidato al dr. Leoncini, con alcuni quesiti tra cui verificare eventuale  tasso alcolico e sostanze stupefacenti.  Essendoci di mezzo sabato e domenica l’autopsia rinviata, pare, alle 9 di lunedì 27 agosto.Poi altro rinvio a martedì,

Una foto d’archivio della zona in cui si è schiantato Luca con una moto da enduro

mentre papa Carlo prima ha sperato e poi ha implorato: lasciatemi vedere la salma anche per pochi istanti. Rifiuto categorico del necroforo. Senza autorizzazione accesso vietato a tutti. Nessuna eccezione era possibile, solo il magistrato poteva autorizzare. E’ pure emerso che, all’interno della Camera mortuaria del camposanto di Oneglia, il condizionatore d’aria era fuori uso ed il caldo non può certo ‘giovare’ ai cadaveri. In che mondo viviamo ?! Sta di fatto che Carlo Zanovello ha potuto vedere per pochi istanti il figliolo e all’ultimo momento utile. Crudele il suo lamento: “Mi è stato impedito, pure in malo modo, di vedere mio figlio prima dell’autopsia, esterrefatto. E quando l’ho visto.. no, non posso descrivere…”.  Tempi burocratici con i rinvii, corsa al Comune di Mendatica per i documenti. I funerali  già fissati per martedì alle 16, con parenti, amici e conoscenti provenienti anche da lontano. E si è arrivati giusto in tempo, sul filo dei minuti. Un’esperienza che non si augura a nessuno. Un trattamento (‘società civile’?) che non si dimentica in fretta. Nel mezzo la morte della persona più cara e per la quale daresti la vita, qualsiasi somma.

La parte dell’abitato di Monesi di Mendatica franato visto da Piaggia

I FUNERALI –  Un paese in lutto, scosso, partecipazione sincera, commozione e lacrime sul volto di tantissima gente: giovani e meno giovani, ragazzi e ragazze. Amici e amiche con i quali Luca ha trascorso la sua infanzia, l’adolescenza, gli anni da uomo maturo, ricco di entusiasmo, altruismo, con tante sensibilità, gli hobby, i progetti per l’avvenire. Tra le premure, le raccomandazioni e perchè no, le ansie dei genitori soprattutto quando si tarda a rincasare. Luca non sfidava il pericolo, era uno sportivo con la S maiuscola. Piombesi d’Alba si è stretto in chiesa, nel sagrato, al rosario, attorno ai genitori. Neppure il tempo riuscirà a rimarginare una ferita che ti porti fino alla tomba. Forse in quel tratto di strada, a Monesi, sarà sistemata una croce, per non dimenticare, per onorare chi è rimasto vittima del ‘mostro’. Mentre dall’inchiesta della magistratura sono attese le risposte agli interrogativi. Il legale della famiglia fa sapere di aver ricevuto mandato a contestare chi attribuisce la colpa dell’infortunio all’imprudenza della vittima. Sarà utilissimo ascoltare i due amici di viaggio, a quanto pare non ancora interrogati dai carabinieri di Nava, competenti per territorio ed intervenuti nei momenti immediatamente

Questo ero lo sbarramento, nel 2017, sul percorso dove dove ha trovato la morte Luca

successivi, così come i militi della Croce Bianca di Nava, il Soccorso Alpino di Pieve di Teco -Ventimiglia, i vigili del fuoco di Imperia. Si era alzato in volo un elicottero, quasi subito tornato alla base dopo aver ricevuto, via radio, l’annuncio del decesso. Inutile il massaggio cardiaco.

Si tenga conto che da Nava a Monesi c’è almeno una mezzora di strada, a sirena spiegata, 10 – 15 in più da Pieve di Teco. Il sindaco di Mendatica, Piero Pelassa, al giornalista Maurizio Vezzaro ha fatto presente che con la seconda ordinanza, nella zona rossa, si è lasciato il passaggio pedonale e ciclabile “ma resta in vigore il divieto di transito ai veicoli a motore”. Ed ha aggiunto: “Impossibile essere sempre presenti per far rispettare i divieti, ci affidiamo al rispetto che bisogna avere per le disposizioni comunali e soprattutto il buon senso. Resta lo scoramento per la perdita di una vita, una tragedia che fa male. Non vorremmo mai che queste cose succedessero, né commentarle”.

Ora c’è un padre ed una madre, assistiti dall’avv. Roberto Ponzio, che chiedono di sapere perchè il loro figliolo sia finito dentro quella frana, se abbia concorso o meno il temporale in atto, la visibilità con pericolo in agguato e comunque come sia stato possibile superare ben tre ‘recinzioni’ che avrebbero dovuto impedire l’accesso, il salto nel vuoto. Da qui l’importanza delle testimonianze e della perizia di parte. Oltre a quella che potrebbe essere disposta dal magistrato inquirente. Oltre all’esito dell’autopsia, nel fascicolo finirà l’indagine ed il rapporto giudiziario dei carabinieri. E non appaia una beffa. Incombe la spada di Damocle: i verbali, come atto d’ufficio, per contestare la violazione all’ordinanza sindacale. Nonostante tutto, l’edizione podistica Monesi – Rendentore 2018 ha visto la partecipazione di 97 camminatori (percorso di 8.7 km). Erano stati 54 lo scorso anno.

Luciano Corrado

 

 

Porto di Loano, viaggio attorno al mondo Medico e moglie in barca vela (miniospedale) per 4 anni. Missione umanitaria con farmaci, strumentario chirurgico. Gocce in un mare di bisogni con Croce Rossa e alcuni sponsor

$
0
0

L’annuncio nel salone di lettura  Yacht Club Marina di Loano. L’occasione, la presenza nello scalo portuale di Roberto Soldatini, direttore d’orchestra, compositore, violoncellista (uno ‘Stradi’ di proprietà di un magnate greco e assicurato per milioni di €) e scrittore di talento (già tre libri). Ad una platea non certo da stadio o concerti pop ha presentato ‘Denecia’. La prima autobiografia al mondo scritta da una barca. In veste di presentatore e conduttore dell’incontro con l’autore, il dr. Massimo Vecchietti, medico, specializzato in Anestesiologia, Rianimazione e Terapia del Dolore, oltre che in Fisiopatologia Respiratoria. Già direttore del Servizio di Anestesia e Rianimazione al S. Paolo di Savona e Direttore del Dipartimento di Emergenza della 2° ASL Savonese. “Colgo l’occasione per parlare del progetto che mi accingo ad intraprendere con la nostra barca a vela. Un grande viaggio attorno al mondo, ma non solo. Partenza ad aprile, durata prevista 4 anni, con tappe e mission umanitaria, scolastica, chirurgica, ambulatoriale. Sotto l’egida della Croce Rossa Internazionale. Il porto di Loano sarà il punto di riferimento, inviando servizi fotografici e il diario di bordo”.

Un progetto di navigazione a vela senza precedenti, oppure ci sono già state esperienze analoghe,  ‘via mare’, in campo sociale e medico.

Il dr. Massimo Vecchietti e la moglie Paola, ad aprire inizieranno un giro del mondo in barca a vela. Durata quattro anni. Un’esperienza senza precedenti in Italia anche per gli scopi umanitari che si prefigge

Vecchietti: Non mi risultano precedenti simili. E’ un progetto “Drops in the sea”, (E.T.S.). Una goccia nell’Oceano. Dopo molti anni ( 1990-2017) di navigazione nel Mar Mediterraneo, da Istanbul al Mediterraneo Occidentale, abbiamo deciso di intraprendere con la nostra barca a vela, un grande viaggio attorno mondo …ma non solo…

In quanti siete…

Skipper e Armatore sono io. Ho compiuto 72 anni il 13 agosto. La passione per il mare nasce negli anni della gioventù, con un “470” Nautivela, con cui regatavo sui laghi del Nord Italia. Nel 1995 ho acquistato la mia prima imbarcazione da crociera, un Grand Soleil 34 ( Gi&Gi), è seguita l’Orca 43 (Dieci) poi l’AMEL Maramu (Patchouli). Ora navigo con Supermaramu AMEL (Ketch) di 16 M (Patchouli II).

Supermaramu AMEL (Ketch) di 16 M (Patchouli II) dell’armatore e skipper  di Massimo Vecchietti


E l’esperienza ?

Almeno 50000 miglia in oltre 30 anni,  quasi sempre con equipaggio ridotto ( 2 unità) nel Mediterraneo, da Istanbul al Mare Egeo, alle Baleari, alla costa del Nord Africa, solcando pure i mari attorno alla penisola italiana ed alle sue isole.

Ha sempre e solo svolto la professione di medico ospedaliero ?

Si,  specializzato in Anestesiologia ,Rianimazione e Terapia del Dolore oltre che in Fisiopatologia Respiratoria. Ho diretto il Servizio di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale S. Paolo di Savona e Direttore del Dipartimento di Emergenza della 2° ASL Savonese.

Quando ha scoperto anche la vocazione al sociale ?

Direi da sempre, da maggiorenne. Sono presidente della Associazione di Volontariato “DROPS IN THE SEA” ; da anni faccio parte e supporto la Croce Rossa Italiana come medico volontario. Sono stato designato per alcuni anni a Commissario del Comitato  CRI di Loano e di Ventimiglia.

E la sua collaborazione con La Marina di Loano.

Ha collaborato per attività pubblicitaria attraverso le  imbarcazioni, dal 2010 al 2013. Dal 2015 sono direttore ed organizzatore del corso : “Come affrontare le emergenze mediche in alto mare”, che si svolge 2 /3 volte all’anno, presso lo Yacht Club Marina di Loano. Collaboro, inoltre, all’organizzazione di corsi dedicati all’ottenimento delle certificazioni SRC e LRC.

Può svelare chi sarà la compagna di viaggio.

Nessun segreto. Armatrice è Paola Broggi, 71 anni il 15 luglio. Felicemente sposati navighiamo insieme dal 1985. Oltre a collaborare nelle manovre in navigazione, lei si occupa della parte burocratica della barca e della sua organizzazione funzionale. Ha sviluppato, con ottimi risultati, un esperienza sanitaria al mio fianco, soprattutto negli anni 70′ , come borsista, lavorando al Centro per la diagnosi e il trattamento dell’Emofilia e delle malattie Emorragiche e Tromboemboliche dell’Università di Milano ( Centro Bianchi Bonomi).

Il programma della ‘spedizione’ è già stato definito, quali  gli aspetti salienti.

Il navigatore medico Massimo Vecchietti, un circumnavigazione lunga 4 anni anche per filantropia

Ha un nome: “DROPS IN THE SEA” – ETS. Una forte volontà di circumnavigare la terra da Est verso Ovest, seguendo la fascia dei venti Alisei. Questa non è certamente una impresa titanica, ma noi vorremmo caratterizzarla, al di là dell’esperienza di navigazione, anche e soprattutto, con finalità umanitaria, portando ai bambini e alle popolazioni disagiate degli arcipelaghi lontani materiale scolastico, farmaci e assistenza medica. Abbiamo ottenuto il riconoscimento internazionale della Croce Rossa Italiana.

Patchouli II avrà a bordo, alla partenza, materiale scolastico ( quaderni, matite, penne stilografiche ecc.), una notevole quantità di farmaci salvavita e di base; uno strumentario chirurgico completo ed un elettrocardiografo. Le scorte di bordo verranno progressivamente reintegrate durante il viaggio. Questi aiuti verranno portati pure nelle isole che incontreremo, sulla rotta, in Oceano Atlantico, nel Pacifico e Oceano Indiano. Saranno interessate, se possibile, in base alla sicurezza di navigazione e al rientro in Mediterraneo, le aree costiere del Mar Rosso. In qualsiasi caso si porterà aiuto laddove se ne presentasse la necessità.

Siamo consci che questa iniziativa non potrà risolvere le numerose e gravi problematiche ancora presenti nei paesi in via di sviluppo e del terzo mondo; solo “gocce in un mare di bisogni”, ma potrà essere almeno un piccolo e concreto aiuto, una presenza qualificata. Durante  il viaggio verrà costantemente inviato un “Diario” che verrà pubblicato on line e speriamo ripreso da riviste del settore e media con cui ci teniamo in contatto.

Calendario e taccuino alla mano, inizio e durata.

L’ iniziativa è fiorita in questo afoso agosto 2018 con l’arrivo della barca (AMEL – Supermaramu di 16 m. Patchouli II) in Italia, a Loano ed il suo allestimento per la navigazione oceanica, col rinnovo della strumentazione elettronica dei sistemi radio per i contatti a breve, media, lunga distanza, degli apparati di propulsione e produzione di energia”pulita”, infine del rigging. La durata della circumnavigazione prevista è di almeno 4 anni, dalla primavera del 2019 a fine 2023.

A chi avete avanzato, proposto, richieste di sostegno.

L’egida della Croce Rossa Italiana, la sponsorizzazione del Comune di Loano e della Regione Liguria, l’ospitalità in porto della Marina di Loano fino alla primavera 2019. L’assistenza impiantistica elettronica a Simrad/B&G Italia, la fornitura di farmaci da diverse case farmaceutiche, la collaborazione di organi di stampa e TV. E lo sponsor  principale ? Impianto di desalinizzazione acqua di mare. I primi riscontri al progetto li avremo con una campagna stampa e televisiva nel periodo preparatorio e alla  Marina di Loano. Credo che al ‘nastro di partenza’ saranno presenti il sindaco della città, i rappresentanti delle istituzione e magari  il presidente della Regione Toti. Sono tutti benvenuti. L’imbarcazione, va da se, avrà in tutta evidenza marchi e loghi. Il report avverrà su www.lecrocieredipatchouli.net. Immagini ed articoli delle tappe su riviste nautiche e canali televisivi, con il ‘tifo’, spero, dei media locali e regionali in particolare.

Tutto definito, dunque, cosa vi resta ancora da fare ?

Il dr. Massimo Vecchietti allo Yacht Club Marina di Loano

La Associazione “Drops In The Sea” è in fase di registrazione in: ETS. Posso aggiungere che sosteremo dove ci saranno segnalate urgenze, grave stato di bisogno. Non solo sul fronte sanitario, laddove possiamo donare un sorriso a bambini, magari con quaderni, matite, biro. Un piccolo aiuto tra milioni di bisognosi.

Buon viaggio  anche da trucioli.it blog di soli volontari! E’ il minimo si possa augurare per un’esperienza ed una missione (non da missionari) con la potenzialità  a promuovere ed onorare anche Loano, il Savonese, la Liguria, il Bel Paese che almeno in questa circostanza riuscirà a brillare. Un lungometraggio di vita e di coraggio umano, con il sostegno dell’Ordine dei medici della provincia  di Savona che farà da tramite con le case farmaceutiche. Parte dell’attrezzatura dell’ambulatorio ‘galleggiante’ fa già parte del ‘bagaglio professionale del dr. Vecchietti e della sua scrupolosa, diligente assistente, compagna di vita e di mare, di sfide. Basti pensare all’elettrocardiografo, alla strumentazione per gli esami di base, al materiale per emergenza e rianimazione.  Nei preparativi sono previsti contatti con colleghi medici specializzati in malattie tropicali.

Un ultima annotazione. Per la coppia ‘giramondo via mare‘ non saranno quattro anni di navigazione e ‘fermate’ nei porti sulla terraferma. Ci saranno almeno quattro intervalli con ritorno. Uno all’anno, durata un mesetto, ritorno a casa in aereo possibilmente. La prima tappa verso le Baleari, poi lo stretto di Gibilterra, Canarie, Caraibi, Antille, stretto di Panama, Oceano Pacifico, la Nuova Zelanda, Borneo, Malesia del Nord e via verso l’Oceano Indiano, rientro attraverso il Mar Rosso. Non sarà una mega crociera per milionari e nababbi. Un’esperienza di vita destinata, quella si, agli annali della storia savonese e marinara.

In diebus illis...Paola e Massimo Ad multos anno ! Laber omnia vincit. Improbus. (Una fatica tenace supera tutte le difficoltà, da Virgilio, Georgiche)

Luciano Corrado

ROBERTO SOLDATINI, DIRETTORE D’ORCHESTRA, COMPOSITORE, VIOLONCELLISTA,

SINGLE, SCRITTORE DI LIBRI, ALLO YACHT CLUB MARINA DI LOANO

Roberto Soldatini, dopo aver venduto casa, ha comprato in Inghilterra un Mody 44 trasformato nella sua unica dimora, liberandosi di tutti gli orpelli che nella vita alla fine dei conti non servono a nulla, ha sostenuto presentando il suo ultimo libro nei locali dello Yacht Club Marina di Loano. Il suo ‘compagno’ fedele che lo segue anche in barca è un violoncello di 300 anni che ha una propria ‘stanza’ ed una storia quasi romanzata. Ha ricordato che navigando si impara a non smettere di dare una mano alle popolazioni più bisognose. Impressionato dallo stato di vita di popolazioni nei Caraibi ed in centro America, nel Pacifico. Navigare per fare esperienza e conoscenza. Per 40 anni è stato vegetariano, né carne, né pesce, ma dopo la vita in mare ha cambiato dieta. La sua meta prediletta è il Mediterraneo e soprattutto la Grecia che ha saputo mantenere il senso dell’estetica, non ha sconvolto la sua architettura storica, anche conservando i colori delle facciate, dei balconi. Incapaci di deturpare ciò che è bello ed affascina soprattutto i turisti. Cosa che non è quasi mai accaduta sulle coste italiane, alcune sconvolte da cemento selvaggio. Stare solo non gli pesa affatto (ha un compagno quando è in rada a Napoli), anche per molti mesi dell’anno. Gli affetti veri restano e durano nel tempo, dice. E quando suoni racconti un po’ di te stesso. C’è chi gira il mondo in camper e non sono pochi. Ho incontrato tantissime copie con figli che vivono sulla barca, in mare. Ha conosciuto il dr. Massimo Vecchietti e sua moglie, casualmente, in un porto greco: ‘Avevo bisogno di un medico ed ho saputo che vicino a me….’. Roberto Soldatini che nei suoi libri sfoggia tante metafore di vita sulla barca in vela.

Un momento della presentazione del libro intervallata dall’esibizione musicale: Roberto Soldatini ed il dr. Massimo Vecchietti

Dal paradiso le lacrime di Luca, figlio unico Potevo essere salvato? Difficoltà e ritardi a Monesi. Ora cruciale in attesa di Elisoccorso

$
0
0

“Vogliamo la verità…”. La ‘missione’ dell’avv. Roberto Ponzio, del foro di Asti, incaricato dalla famiglia di Luca Zanovello, 32 anni, morto  in moto finendo in una delle frane di Monesi, lungo la provinciale 100. Strada ‘vietata’ alla circolazione, ‘zona rossa’. Trucioli.it, blog di volontari, ha ripercorso l’ultima ora di vita dello sfortunato motociclista di Piobesi d’Alba (vedi servizio delle esequie funebri….). Sono trascorsi almeno 60 minuti dalla prima richiesta di aiuto (12,32) dei due amici, Andrea Cabrini ed Emiliano Secco, quando dall’Elisoccorso dei Vigili del Fuoco, decollato da Genova, si è calato il medico. Ha trovato il collega dell’automedica di Imperia, preceduto dai militi della Croce Bianca, sede a Nava (Pornassio), con percorso assai tortuoso di 15 km (in 27 minuti ?). Da ultimo i carabinieri (Nava), i vigili del Fuoco di Imperia. Il consulente dei Zanovello, ing. Luciano Di Virgilio (Sanremo), esperto di infortunistica stradale, incaricato di redigere una ‘perizia telematica’, è al lavoro per ricostruire dinamica e stato dei luoghi al momento del dramma. E in attesa del responso autoptico dispoto della Procura della Repubblica di Imperia sulle cause del decesso.

Il percorso ripreso da Google maps indica 15 km, dal Colle di Nava dove ha sede la Croce Bianca, all’abitato di Monesi di Mendatica. Stesso tempo di percorrenza indicato da altre guide stradali. La prima richiesta di soccorso è delle 12,32. Ipotizzando che l’ambulanza sia partita nel volgere di 10 minuti, i militi sono giunti  dopo 37 – 40 minuti.  Il povero Luca non dava già più segni di vita, non  ‘reagiva’ al defibrillatore.

L’ingresso a Monesi, sul versante di Mendatica, pedonale ed biciclette, autorizzato con ordinanza sindacale del 8 agosto scorso

Premessa e utile chiarimento. Smentita categorica alle voci, infondate, che l’autoambulanza avrebbe percorso il tragitto più lungo (35,7 km) attraverso Viozene, Upega, le strette curve, in salita e discesa, del Passo della Colletta (1622 msl), fino a Valcona, Piaggia, Monesi di Triora e Monesi di Mendatica. Dalla sede della ‘Bianca’, appena ricevuta la segnalazione, sono scattati soccorsi. A San Bernardo di Mendica è salito a bordo anche il direttore del servizi. Raggiunto l’abitato di Monesi di Mendatica, muniti di chiavi del lucchetto, hanno varcato il primo cancello di accesso alla ‘deviazione’ a monte (destinata ad essere trasformata in circonvallazione e in attesa dell’apertura del cantiere da parte della ditta aggiudicataria), poi il secondo cancello e raggiunto,  200 metri direzione Sud, la zona  dell’incidente fino a quel momento non precisamente localizzata.

Seconda premessa. Quando si telefona, per soccorso – emergenza, al 112 o 113, viene

Il secondo ingresso, con varco pedonale e biker, con blocchi di cemento per chi arriva dalla provinciale da Monesi di Triora

di prassi svolta una ‘intervista’ per  stabilire’ l’area dove far convergere uomini e mezzi. In presenza di frane e zone impervie o boschi,  la ‘chiamata’ viene ‘traslata’ ai Vigili del Fuoco di competenza. E’ quanto accaduto, a quanto pare, nella sciagura di Monesi del 23 agosto scorso. Il cronista Maurizio Vezzaro, 61 anni, gavetta a La Stampa di Imperia, ha scritto (dopo la fusione con Itedi spesso gli articoli vengono pubblicati, copia e incolla, anche sul Secolo XIX): “…Il prodigarsi dei soccorritori è stato commovente, ma vano. In quel momento era in corso un violento acquazzone che ha reso tutto più difficile e triste. Si è alzato in volo  anche l’Elisoccorso che però, dopo la notizia del decesso del motociclista, è tornato alla base. Su sono andati anche i ragazzi  del Soccorso Alpino di Pieve di Teco e Mendatica…”.

Nessuna indicazione sugli orari, sulla tempistica dei soccorritori. Che non è secondaria, come vedremo. Trucioli.it, dopo la presenza ai funerali di Luca (oltre un migliaio di persone, moltissimi giovani), ha raggiunto Monesi nella mattinata di

L’ing. Luciano Di Virgilio esperto di infortunista stradale e telematica ‘esamina’ lo stato del varco sulla provinciale dove si accede alla zona rossa. Oltre a pedoni e bici, lo spazio consente l’accesso a moto enduro

martedì 4 settembre. L’invito da parte di Mariangela e Carlo Zanovello, i genitori. Per loro era la prima volta nella ‘località’ alpina. L’umana curiosità di rendersi conto, con i propri occhi, dove ha perso la vita la loro creatura. Una coppia segnata dal dolore, ma riflessiva, pacata. L’animo, il cuore, la mente fissa  e tanti interrogativi in attesa di risposta. Perché è successo, colpa dell’imprudenza ? E comunque, Luca poteva essere salvato ? Nessuna sceneggiata ripercorrendo, come un film, il tragico e ingrato destino. Un’ammirevole compostezza, chiusi in una sofferenza destinata a durare, difficile da raccontare anche per il vecchio cronista che in oltre mezzo secolo di esperienza, di tragedie stradali ne ha viste, descritte, per i lettori, a centinaia.

Come cancellare dalla memoria quei tre bimbi torinesi decapitati sulla Savona – Torino (allora ‘autostrada della morte’ con oltre 800 vittime dalla sua inaugurazione) mentre tornavano dal mare. L’auto dello zio finita fuori strada, il vetro della portiera destra aperto, il loro corpicino, nello sbandamento a sinistra,  è rimasto esposto e il guard rail ha fatto da micidiale cesoia. Siamo arrivati per primi, sotto una pioggerellina, con la moto del mitico ed

Lo stesso varco da e per Monesi di Triora visto da Sud e con tracce del passaggio di animali a quattro zampe

indimenticato reporter del Secolo XIX, Salvatore Gallo.  Storie tristissime mai identiche, come quel padre che, giunto al Pronto Soccorso dell’allora vecchio San Paolo, alla notizia che il figlio era deceduto, prese a testate il muro del corridoio e finì in rianimazione.  O la famiglia di Savona, titolare di un’avviata falegnameria che, sempre sulla SV – TO, dal ritorno delle vacanze in montagna, fu sterminata. Perirono sul colpo i genitori ed i tre figli in età scolastica. Per mesi, per anni, per le strade di Savona, incontravamo il padre e nonno: un automa fino agli ultimi giorni della sua straziante esistenza.

Tornando al viaggio a Monesi nell’attesa dell’arrivo dell’ing. Di Virgilio, sull’area di sosta davanti all’albergo Settimia, scambio di idee e informazioni con papà e mamma Zanovello. Una tragedia che non avremmo mai voluto scrivere. Domanda, Luca era mai stato sanzionato per eccesso di velocità, punti sulla patente decurtati ?  Risposta: “Mai…, non era  uno scapestrato…non era uso eccedere negli alcolici, tanto meno assuntore di  stupefacenti….”. Chi vi ha informato della disgrazia ? La

Superato l’ingresso ‘fortificato’ versante Monesi di Triora, la prima barriera in jersey; al lato gli amici di Luca hanno deposto un mazzo di fiori

mamma: “Non eravamo a casa…la prima a saperlo Valentina, la fidanzata…. Poi l’attesa, snervante, dell’autopsia. Abbiamo dato, senza esitare, il consenso, anche nella speranza che avremmo potuto rivedere già nella mattinata di venerdì il nostro Luca.…invece….di rinvio in rinvio….il medico ha preso tempo o perlomeno abbiamo dovuto attendere fino a martedì mattina…l’ha visto per pochi attimi mio marito….sono ancora a chiedermi perchè la lunga attesa….sul filo di lana con il giorno e l’orario, i manifesti, per le esequie funebri. Spero sia successo solo a noi…è stato terribile… non ho parole…..”

Con i coniugi Zanovello, a Monesi, la giovanissima Valentina e Andrea Cabrini, coetaneo di Luca e testimone di alcune circostanze dell’evento, l’ing. Di Virgilio. Andrea: “….Avevamo affittato tre Jamaha V 3, 250….non era la prima volta…percorso senza problemi l’ex strada militare Limone – Monesi…mangiato un panino, bevuto acqua, neppure birra…ci saremmo fermati

Da Sinistra, Valentina, la fidanzata della vittima, la mamma Mariangela, l’amico Andrea e papà Carlo Zanovello

per pranzare, verso l’una, sulla strada del ritorno… “. Era la prima volta, per tutti e tre, lungo quel percorso, ricco di scorci suggestivi, attraverso le Alpi Marittime. Con la strada, quasi interamente sterrata, risistemata, a tratti le conseguenze dei movimenti franosi dell’alluvione del novembre 2016. Per due anni, una volta sistemata, era regolamentata negli accessi col pagamento di pedaggi. Ora, con qualche rattoppo provvisorio, libera al transito in attesa di ripristinare  viabilità e collegamenti sia verso Monesi e l’Alta Valle Arroscia, sia per Piaggia (Briga Alta), Upega, Viozene: Alto Tanaro verso Ormea e Garessio.

Ad Andrea Cabrini,  famiglia di artigiani e commercianti del legno, abbiamo ancora chiesto se ha visto Luca finire fuori strada. “No, no, ci precedeva di una manciata di minuti, pochissimi….ci siamo resi conto d’improvviso, con le moto a passo d’uomo…la strada infatti presentava alcuni  avvallamenti… . Lui riverso, all’inizio

Cartello  con l’ordinanza sindacale e illustrazione cartografica posta ai tre ingressi a Monesi di Mendatica

della scarpata, chiedeva aiuto, lamenti… Ma si è alzato, si è tolto il casco….parlava….non perdeva sangue… era dolorante, ma chi poteva immaginare il peggio…E’ stato cosciente a lungo….Il mio cellulare e quello di Emiliano (Secco, il terzo amico di gita ndr) non ricevano il segnale, quello di Luca si… Emiliano ha chiamato il 113…erano le 12,32…”. La sequenza di due, tre chiamate risulta dal cellulare che custodisce Valentina.  La prima brevissima, è seguita una seconda  (durata 5 minuti), una terza, alle 12,38 (durata 17 minuti, interlocutore un medico…). 

Chi è arrivato tra i primi soccorritori ?  Andrea: ” Un giovane del Soccorso alpino, però ha detto che non era in grado…non poteva esserci  di aiuto…. ; d’un tratto Luca si è accasciato…., ha perso conoscenza…, muto. Emiliano ha iniziato il massaggio cardiaco… momenti difficilissimi, allucinanti, frenetici, in contatto con un operatore sanitario…Ho appreso da amici che poche ore dopo la

Il primo smottamento che i tre motociclisti del Roero hanno superato dopo aver varcato l’ingresso delimitato arrivando da Monesi di Triora

disgrazia sui social c’erano già le foto, una mostrava mentre ci prodigavamo attorno a Luca, deve averla scattata un graduato e trasmessa….che tristezza !”.

E i militi della Croce Bianca ? Va da se che Andrea ed Emiliano non tenessero gli occhi sull’orologio. Si aggiunga che pur non essendo psicologi rimane difficile non credere ad uno stato di agitazione e choc. Impotenti hanno prima sperato col cuore in gola e poi visto morire Luca.

Andrea si sforza di far mente locale, forse non vorrebbe rivivere, non rispondere. Attende di essere interrogato dai carabinieri. Non l’hanno fatto nell’immediatezza del luttuoso evento. L’amico Emiliano, tra l’altro, è in partenza per l’Australia dove vive e lavora, da qualche anno, come enologo di successo. Nel loro ricordo i momenti concitati. Luca  che non reagisce più agli sforzi di Emiliano. C’è persino un temporale in corso. Ancora Andrea: “ Dalla prima telefonata direi che è trascorso meno di un’ora all’arrivo dei primi

La strada provinciale 100 vista dall’alto nel punto in cui è franata a valle e dove è finito Luca, altezza meno di un metro, urtando contro un pilastrino di cemento (ruderi franati)

soccorritori….” .  Forse meno. Quando i militi si sono avvicinati  hanno trovato cinque persone, Luca incluso. C’è il giovane del Soccorso Alpino, indossava la ‘pettorina’, ma senza abilitazione al soccorso. Resta da chiedersi se sia utile allertare, inviare una persona non esperta in ‘zona rossa’ e in presenza di feriti.

Riannodiamo le sequenze con la presenza dei militi, della barella, delle attrezzature di emergenza, del defibrillatore. “Siamo giunti  sul posto – è la versione – quando l’amico, quello più basso di statura (Emiliano ndr), parlava al telefono e riceveva istruzioni dalla centrale operativa sanitaria”. Dunque intorno alle 12, 50 ?  Non un secondo da perdere nel tentativo di salvezza. La segnalazione, ricevuta dalla ‘Bianca’ di Nava, indicava una persona in arresto cardiaco. Ma dopo tre ‘scariche’, il defibrillatore dava l’indicazione ‘non consentita’.

Seconda immagine, col teleobiettivo, del punto in cui Luca è stato soccorso ed è arrivata l’ambulanza a poche decine di metri

Ovvero nessuna reazione di ripresa, segno di vita. Il corpo portato sulla strada, adagiato sulla barella. In quel frangente arrivo della guardia medica e la constatazione che il cuore si era irreparabilmente fermato. E poco meno di un’ora e mezza dopo – ma solo il responso dell’indagine giudiziaria  lo potrà accertare – si è ‘presentato’ in bassa quota l’elicottero. Calato il medico, si è consultato con il collega e responso implacabile.

Il tema Elisoccorso – come riportiamo, su questo numero, con altro servizio di trucioli – è quanto mai dibattuto e tornato di attualità in vista del rinnovo o meno, nel 2019, della convenzione con i Vigili del Fuoco. La Liguria con un solo elicottero di stanza a Genova, limitato alle ore diurne, con obiettive difficoltà, e distanza, nelle zone montane del Ponente. Il Piemonte e Val d’Aosta hanno 5 velivoli, di cui uno ‘notturno’. La proposta di una Commissione medica (specialisti ospedalieri in rianimazione) propone, alla Regione Liguria, la convenzione con lo scalo di Levaldigi – Cuneo per il Ponente e l’estensione al servizio di notte.

Questa istantanea, pubblicata a tamburo battente da giornali e social, scattata dai primi soccorritori (militi Croce Bianca ?) riprende i due amici motociclisti, Andrea ed Emiliano, riversi sul corpo di Luca e mentre ci si prodiga nel massaggio cardiaco. Visibile il sedime stradale che testimonia la caduta banale e l’impossibilità di procedere veloci

Nel ‘dramma di Monesi‘ c’è chi fa notare le condizioni atmosferiche in cui si sono trovati gli operatori del ‘volo’. Impossibile raggiungere la squadra di soccorso, a terra, dal versante più vicino, cioè Nava, si è dovuto ‘ripiegare’ sull’ingresso dalla Valle Argentina e scendere dal versante del Saccarello per calare il medico a bordo.

Maurizio Vezzaro in un secondo articolo, del primo settembre, scrive invece: ” Le condizioni di Luca erano subito apparse disperate…, l’elicottero che si era alzato in volo l’hanno fatto rientrare alla base quasi subito “. I militi ricordano che il ferito presentava già il’ giallo’ nella pupilla bianca. Brutto presagio. Soltanto l’autopsia potrà certificare le cause o concause del decesso, i tempi, quale organo sia stato leso in modo letale. Sono ancora i militi a dare atto che il corpo di Luca presentava solo una lieve escoriazione all’addome. E di fronte all’invocazione di Andrea, visibilmente confuso ed Emiliano, ‘salvatelo, salvatelo.….’ piangeva loro il cuore ‘combattere’ contro l’impotenza. La fatalità ?

Mamma Mariangela, nel nostro commiato, accenna ad un piccolo sfogo: “Credo che se a morire fosse stato il figlio di qualche persona importante….come capita di ascoltare e leggere, gli interrogativi e la notizia avrebbe fatto molto più scalpore….nessuno ci restituirà Luca e nella disgrazia speriamo che almeno la giustizia ci sia di umano conforto…”.

In quel frangente sul ‘piazzale’ d’ingresso a ‘Monesino’ papà Carlo Zanovello

In primo piano i nuovi lucchetti che bloccano i cancelli di accesso a Monesi di Mendatica

documentano le nostre istantanee – quasi corre verso due giovani ciclisti. Hanno appena superato il ‘varco’ – staccionata, di traverso, sulla strada, posto di fronte alla vecchia casa che fu della pastorella Emilia Pelassa. “Dove andate…. tornate indietro, più avanti trovate un burrone, la strada è franata e pericolosa….”. I due bikers ascoltano, ringraziano, cambiano ingresso. Siamo stati testimoni che neppure una barriera, un mega tabellone color giallo con l’ordinanza che consente l’accesso in ‘zona rossa’ solo a pedoni e biciclette, potrebbe scongiurare il dramma. Diffusa imprudenza ? Il pericolo è dietro l’angolo si potrebbe concludere. Dopo il dramma di metà agosto, il Comune ha ‘fortificato’ gli accessi principali sulla strada e stradine, fatto ricorso a robusti lucchetti, ha esteso la protezione con centinaia di metri di jersey plastificata arancione, persino scavato un fosso orizzontale, creato una collinetta proprio nella direzione dove ha perso la vita il giovane di Piobesi d’Alba.

I genitori di Luca non hanno reagito bene ai media imperiesi e cuneesi che hanno tuttavia dato per scontata la violazione della ‘zona off limits’, ignorando  cancelli e cartelli di divieto per moto ed auto. Prima dell’8 agosto  2018 il divieto era totale e nell’abitato si poteva accedere soltanto se accompagnati o autorizzati dal Comune. “Comportamento

L’ordinanza sindacale dove sono indicati i divieti di accesso

avventato quello di Luca e dei due amici “- qualcuno ha pure scritto. L’avvocato Ponzio dice: “Versioni che contestiamo, conclusioni sommarie, deformanti della verità, con premurosa modifica dello stato dei luoghi della tragedia, ma anche poco rispettose della memoria della vittima “.

L’ingegnere Di Virgilio che ha trascorso quasi due ore a Monesi, scattando foto, verificando ‘cancelli’, lucchetti, e quanto altro ritenuto utile, non si sbilancia, è prudente. “Il mio ruolo per ora è marginale, riferirò al legale della famiglia e ogni conclusione mi pare azzardata. Credo che l’inchiesta giudiziaria (perizia medico legale, con quesiti, affidata dal Pm Lorenzo Fornace  ndr) fornirà utili

Mentre ci troviamo sul piazzale parcheggio all’ingresso Sud di Monesi per ripartire Carlo Zanovello scorse due biker entrare nella zona rossa sulla provinciale, stesso tragitto, dove è morto il figlio. Si avvicina subito senza indugi e chiedere loro di fermarsi: è pericoloso, tornate indietro…. ubbidiscono.

 

risposte. Le dichiarazioni degli amici della vittima che escludono alcuni dati di fatto dovranno essere suffragate da ulteriori elementi di prova. Non ultimo, speriamo, le riprese dall’alto dell’Elisoccorso. E un approfondimento di eventuale materiale fotografico, meglio se recente. Pare, ovvio, e comprensibile, che in conseguenza dell’accaduto mortale, il Comune o chi per esso abbia rafforzato la fascia pericolosa, in modo più capillare e vistoso anche se sarebbe stato opportuno provvedere prima, ma da questo ad attribuire responsabilità ce ne passa. La questione può essere oggetto di giudizio in sede penale o civile, non sono certo io a decidere”.

Lo stesso sindaco, Piero Pelassa, a Imperia Tv, ha ricordato che, per le manomissioni dei cancelli di accesso alla ‘zona proibita’ di Monesi, aveva sporto denuncia ai carabinieri di Nava. Gli stessi che sono intervenuti nell’incidente e che dovranno relazionare al magistrato e prendere eventuali iniziative, se richiesti da PM, come le testimonianza ritenute utili. Restano sul tappeto due possibili

I biker raggiungono la deviazione sui prati salendo scalini e dove è già stata rimossa parte della rete in jersey, papà Zanovello si allontana pensieroso

percorsi, sbocchi: uno penale, un altro della giustizia civile qualora emergesse un nesso di causalità.

Luciano Corrado

 

 

 

 

 

 

 

Sulla provinciale, appena superato l’abitato di San Bernardo di Mendatica, un varco sistemato quando l’intera area di Monesi era inaccessibile

La scritta, con pittura, riporta a “morte a Carega” funzionario capo della Provincia di Imperia nel settore viabilità. Boero è presumibilmente la ditta che ha sistemato i blocchi di cemento

PROVINCIALE NAVA –  SAN BERNARDO DI MENDATICA TOTALE STATO DI INCURIA

Non è da nazione, paese, comunità civile lasciare in quelle condizioni una strada che, al di là dei proprietari di seconde case, dovrebbe essere percorsa a fini turistici. Dopo interventi provvisori è stato ripristinato il tragitto che conduce al Garezzo, a Colle Mimosa, a Triora o sulle Alpi francesi, oltre il confine. E’ transitabile, causa due movimenti franosi di un certo rilievo, solo da moto enduro, bikers e jepp. “Quest’anno – commenta Walter Gandolfo, maestro di sci, titolare e gestore dell’albergo ristorante Settimianonostante le conseguenze per la ‘chiusura’ di Monesi, c’è stato un movimento di escursionisti superiore al passato. Il problema vero è che tutti parlano, commentano, non manca mai chi promette, ma io ho raggiunto davvero il punto da non ritorno. Non si può solo osannare all’entroterra, alle bellezze naturali della montagna e poi trattarci alla stregua di chi lavora nella gran baraonda del turismo costiero “. Ha ragione da vendere l’albergatore che ha finora resistito, nonostante tutto. Purtroppo le sirene della politica e non solo, finiscono nei fatti per ‘dimenticare’ che ci sono aree super depresse da anni, dove dalla manutenzione delle strade (tutte del secolo scorso ed anche prima) è ridotta al punto che non si provvede neppure a quella ordinaria. Con la riforma delle Province mancano i fondi, ma neanche prima si facevano grossi investimenti a parte le emergenze per interruzioni da frane.

Abbiamo sempre sostenuto, nella nostra veste di giornalisti e osservatori, l’urgenza che l’entroterra più ‘bisognoso di cure’ sia risollevato con una legge speciale di programmazione, capace di far ripartire la crescita e lo sviluppo socio economico, paralizzato da fine anni ’80, primi anni ’90. Occorre dare priorità alle opere fondamentali di cui c’è bisogno, a cominciare da una rinnovata ed adeguata rete viabile che raggiunge i paesi. Crescita significa occasioni di lavoro per i giovani, ripresa dell’edilizia, senza mire speculative, iniziando una strategia di riqualificazione immobiliare che vede oggi centinaia di case abbandonate, sempre più fatiscenti e senza reali prospettive.

Eppure per questi argomenti si sprecano gli ‘oratori’ professionisti del potere e delle poltrone (esclusi gli enti locali montani) per impartire ricette, spargere illusioni che siamo prossimi alla ripresa. Elencano finanziamenti e capitoli di spesa. Se ricordiamo bene oltre sei milioni erano stati sbandierati, anche dal presidente dell’Unione dei Comuni dell’Alta Valle Arroscia, geom. Alessandro Alessandri, al terzo mandato da sindaco di Pieve di  Teco, per ‘piani di sviluppo intercomunali’.  Forse il primo cittadino, al quale non manca intelligenza, soprattutto dialettica, ospite fisso a Imperia Tv, diffusissima nell’entroterra, non ha più percorso certe strade. O da qualche anno non raggiunge la vicina montagna francese per rendersi conto dell’abisso, del divario, a pochi chilometri in linea d’aria. Il turismo va a gonfie vele.

Con l’illusionismo delle politica non si va da nessuna parte, almeno per la società civile, per chi resiste nelle vallate e presidia alcune aree montane. La prevenzione idrogeologica è senz’altro prioritaria, ma deve procedere di pari passo con interventi concreti di riqualificazione strutturale e programmazione. A Imperia TV abbiamo ascoltato da un sindaco (Montegrosso) e presidente del Parco Alpi Marittime e dal presidente di una cooperativa di giovani (Mendatica) che il futuro per la Valle Arroscia significa  ormai solo outdoor. Non c’è altra via di rilancio. Analisti in buona fede, diremmo, ma parziale, fuorviante. Dovrebbero sapere che sì l’outdoor è in gran sviluppo. Anzi, società specializzate a livello mondiale, hanno stimato che ‘sarà l’outdorr con bici elettrica a farla da padrona nei prossimi decenni‘, con un’impennata destinata a superare le più rosse previsioni.

In questa ottica, la parte del leone, la stanno facendo decine di località costiere, con retroterra montano alle spalle. Con investimenti notevoli ed altri destinati ad incrementare ulteriormente il budget promozionale negli anni a venire. Come è possibile competere ad armi pari, con le proprie forze, con l’attuale ricettività, quasi inesistente o limitata al periodo estivo ? E’ possibile parlare di outdoor  quando non disponiamo di una rete di rifugi di montagna rispetto ad altre regioni e paesi concorrenti. Bisogna andare in Alto Adige per confrontarsi con cognizione di causa.

Da anni si sente parlare, in Valle Arroscia, di circuiti ciclopedonali, escursionistici, a cavallo, ma l’Associazione  sorta ad hoc ha finito per ‘cessare’ sperando che l’unione di forze (cooperative e consorzi) possa avere più fortuna. E i mezzi finanziari per sostenere i progetti ? Non ci sono.

L’entroterra montano ha il patrimonio boschivo e naturale,  tutto da sfruttare, ma un progetto in questo senso dell’ex sindaco di Ormea, Gianfranco Benzo, è naufragato nel disinteresse dei più. La seconda ricchezza è l’enogastronomia che ha dato segni di ripresa, c’è però la necessità di sostenerla con una politica fiscale (finanziamenti mirati) capace di incoraggiare investimenti a chi non ha gettato la spugna. Si pensi che quando il secolare hotel – ristorante Lorenzina di Nava ha deciso di chiudere per 8 mesi l’anno, diversificare le potenzialità investendo a Porto Maurizio, rilevando le quote di due alberghi, due spiagge e relativi ristoranti, la notizia è stata inizialmente sottovalutata, quasi ignorata dai media imperiesi e liguri.

Non per vana gloria, trucioli l’ha anticipata col risalto che meritava. Un segnale grave, una perdita di fatto, per l’alta Valle Arroscia, un’iniezione di fiducia per la costa imperiese. Nava è rimasta un po’ il simbolo turistico della vallata, si era sviluppata procedendo di pochi anni, quasi in simbiosi, con Monesi turistica degli scii nella stagione invernale e la villeggiatura estiva. Si era creato un circuito, un tessuto produttivo e ricettivo virtuoso ed continua espansione.

Non si commetta oggi un altro tragico errore, con l’illusionismo outdoor elevato a panacea. Pianificare, programmare significa promuovere e varare interventi concertati, con priorità, creando le premesse  idonee ad attrarre investimenti. Con il ‘pubblico’ a fare da traino. Se qualcuno vuole togliersi la curiosità di dove siamo finiti percorra la provinciale Nava – San Bernardo. A parte lo stato del manto stradale, potrà ‘ammirare’ che cespugli, arbusti, alberi avanzano, arredano e ristringono il già stretto asse di percorso, ridotto a scenario abbandonato, desolante.

Non ha giovato il ‘populismo’ e chi vede nell’immigrazione dei disperati del pianeta, una maledizione. L’odio in molti casi. Eppure ci sono comuni, anche piccoli, che hanno utilizzato i migranti ospitati in comunità. Per pulire le strade, falciare erbacce, una manutenzione civile come si può vedere percorrendo la provincia di Cuneo. Neppure l’appello di papa Francesco ha fatto breccia tra i fedeli di quei paesi dove i ‘nemici’ da combattere sono i migranti e non già i felloni. Un errore madornale tenerli ad oziare, ecco perchè si è persa l’opportunità, con rare eccezioni come a Pornassio, con tre, quattro extracomunitari impiegati nel decoro urbano ed extraurbano delle nostre strade, delle scuole, persino cimiteri di cui si cura la pulizia solo nella ricorrenza dei Defunti.

Un semplice ‘biglietto da visita’ per i turisti, vale un tesoro in promozione. E non si dica che le procedure sono complesse. Spesso si fa ‘buona amministrazione’ anche iniziando dalle piccole cose. La trascuratezza, certe ‘cartoline’ poco invitanti che si possono vedere in località che aspirano a fare turismo, li possiamo tollerare, ignorare, non dare la giusta importanza, ma è difficile, con questa mentalità, prevedere un futuro, un’inversione di rotta a 360 gradi.

A due anni dall’alluvione Monesi (le due Monesi imperiesi restano paralizzate, in stato di degrado ed abbandono), di recente Rai 3 Liguria ha dato conto che per le frane nel Comune di Rezzo ci sono ancora sei famiglie sfollate, si attendono 120 mila € di contributi. Dopo i primi interventi, il sindaco, sempre molto cauto e guardingo, ha ricordato che dalla montagna, che si ‘muove’ , incombe un milione di mc. , rispetto ai 60 mila già terrazzati e arginati. Le indagini geognostiche in corso non sono tranquillizzanti. Lo scorso anno era stata intervistata, a Rezzo, una donna che aveva avuto la casa ‘trascinata’ dalla furia del torrente straripato e si erano sistemati in una casetta attigua; non avevano ancora ricevuto un centesimo di aiuto dalla Regione. La giornalista del Tg 3, forse, non ha chiesto al sindaco, se le sei famiglie hanno ottenuto i soldi promessi.

 

Non c’è pace per gli Scajola, figlia del sindaco accusata di diffamazione aggravata del cugino Marco. Veleni da campagna elettorale

$
0
0

Non bastavano inchieste, perquisizioni, processi (con assoluzioni) che hanno accompagnato negli anni Claudio Scajola. Va in scena un’indagine per diffamazione aggravata che vede indagata Lucia, figlia del neo sindaco, giornalista professionista dapprima al settimanale ‘Panorama’ (Mondadori – famiglia Berlusconi), ora a Rete 4 con  ‘Viva l’Italia’  trasmissione condotta dal Gerardo Greco, giornalista e conduttore televisivo, brillante carriera al Giornale Radio Rai, Tg2, Agorà (Rai 3), infine Mediaset come direttore del Tg4. Nei guai giudiziari anche il concittadino imperiese Paolo Petrucci già coordinatore della campagna elettorale dell’ex ministro. Entrambi accusati di aver creato un falso profilo Facebook, col nome fittizio di Sergio Gazzano, per attaccare Marco Scajola, assessore regionale, il coordinatore cittadino di Forza Italia Antonello Rainise e Piera Poillucci candidati alle comunali per FI. “Rainise striscia, è un traditore….”, “Marco Scajola non capisce niente, farà una brutta fine…”. In sintesi il contenuto ‘galeotto’ che aveva provocato le querele contro il ‘sedicente Gazzano’  presentate da Marco Scajola, Rainise e Poillucci. U ministru manda a dire: “Con la mia famiglia non siamo abituati a fare denunce…”.

Lucia Scajola, giornalista, una mela spaccata con mamma, è accusata di diffamazione aggravata, via social, anche del cugino Marco Scajola assessore regionale

Nel giorno fissato, dalla Procura della Repubblica, per la perizia su personal computer, tablet, telefonini cellulari acquisiti nel corso delle perquisizioni della Polizia postale, effettuate la settimana scorsa  su disposizione dell’autorità giudiziaria, mossa a sorpresa del difensore degli indagati, avv. Ermininio Annoni, penalista affermato, che ha imposto un rinvio e accertamenti sospesi. Il legale ha presentato istanza  per procedere  con la formula dell’incidente probatorio. Da qui il necessario rinvio delle perizie.

Il procuratore aggiunto Grazia Pradella aveva  delegato alla ‘specialità telematica‘  della Polizia di Stato il compito di esaminare  il materiale. Il difensore di Lucia Scajola e Paolo Petrucci  avrebbe potuto nominare un perito già nella giornata di lunedì, ma cambia la strategia difensiva. Ora tutto slitterà di almeno una decina di giorni demandando al Gip del tribunale di Imperia la nomina del perito che si occuperà della delicata questione. Esperto di informatica che, a sua volta, opererà con altri consulenti eventualmente designati dalla Procura e dagli indagati. Un esito molto atteso e dalle conseguenze poco prevedibili. Non c’era proprio bisogno di questo scivolone, da qualsiasi parte si osservi. Denunciati e denuncianti. Con l’alone di un giallo e personaggi eccellenti.

Paolo Petrucci coindagato per diffamazione aggravata e già coordinatore della campagna elettorale di Claudio Scajola

Il punto focale da chiarire ai fini dell’accusa, della difesa, delle parti offese (che non si sono presentate), in particolare,  gli accessi da remoto al profilo ‘Gazzano‘ e la precisa cronologia dei Post. Individuato eventualmente il mezzo, serve dare un nome pure all’utilizzatore materiale, procedura non impossibile, ma piuttosto complessa.

Un caso mediatico che ha già scatenato alcuni media nazionali. Lucia Scajola è attualmente distaccata a ‘Viva Italia’ di Rete 4. Il direttore Greco è considerato un giornalista di sinistra e già in polemica con il Tg di La 7, diretto da Enrico Mentana, per aver  etichettato ‘populista‘ l’emittente che fa parte del Gruppo Cairo, editore del Corriere della Sera non proprio schierato con i ‘populisti’ del governo giallo – verde e presidente del Toro Calcio.

Difficili non immaginare, al di là degli aspetti giudiziari, delle sentenze, l’imbarazzo per ‘papà Scajola‘, per la sua strategia politica provinciale e regionale, che lo vede  contrapposto al presidente della Regione, Giovanni Toti.  Gli ‘stracci’, si fa per dire, erano già volati nel momento in cui il tandem Toti- Rixi aveva deciso di contrapporre a Claudio Scajola la candidatura a sindaco dell’ing. Luca Lanteri che dell’ex ministro fu tra i fedeli sostenitori fino a quando non arrivarono guai giudiziari. Lanteri pare dubitasse che ci fosse la manina o chi per essa, proprio di Scajola. Da allora rottura totale e rivalità senza giri di parole.

Un disagio ancora più eclatante se si pensa che parte offesa è pure il big Marco Scajola, figlio di Alessandro, ex parlamentare Dc, per anni vice presidente Carige rimasto estraneo ai terremoti giudiziari che hanno scosso la banca, quello che era il primo ‘forziere’ della Liguria, naufragata nella crisi più nera anche per i milioni di crediti, prestiti, mutui distribuiti con generosità e inesigibili. Ma anche facendo ‘tante vittime’ tra i risparmiatori e tra quei debitori (di cui non si parla mai) che erano ricorsi a Carige. Si sono trovati nel pieno della ‘bolla’ e della recessione mondiale, hanno cercato invano di rinegoziare il mutuo. Porte chiuse. Nessuna possibilità di transazione. I crediti ceduti a società specializzate (e di speculazione) che metteranno all’asta i beni. Poco importa con quali ripercussioni, soprattutto quando in ballo sono aziende turistiche, ricettive, alberghiere e non palazzinari, a lungo foraggiati da Carige.

Lucia Scajola che proprio nei giorni scorsi, felice per la nuova esperienza giornalistica che la proietta sul palcoscenico nazionale, aveva dichiarato: “Chi mi conosce ed ha seguito come ho lavorato nella mia vita di ‘comunicatrice politica dietro le quinte’ sicuramente sa che ho sempre  dogmaticamente sposato una linea orientata a parlare solo di progetti, ignorando polemiche ed eventuali attacchi”. E a chi le chiedeva della sua prima emozione rispondeva: “ Tanta emozione e gioia. Un bel po’ di ansia da prestazione. Sono una secchiona, dunque, con piena consapevolezza di dovermi applicare per assimilare le regole   di un mondo nuovo con logiche ed esigenze differenti rispetto alla carta stampata”.  Da Imperia, a Milano, a Roma…Lucia: “Io solo sola una piccola formica. E come le formiche sono sempre riuscita a darmi da fare senza dare troppo nell’occhio, vorrei continuare su questa strada. Imperia è una città tanto bella quanto  sconosciuta  e sono felice ogni volta che ho occasione di raccontarla ai miei amici lontani”.

Facile immaginare che la vicenda giudiziaria non sia destinata a sconvolgere la routine di chi deve rispondere non solo di diffamazione, ma di essere ricorso al vile mezzo dell’anonimato truffaldini per denigrare un ‘avversario’ politico. A chi non si adeguava alla determinazione di papà Scajola di tornare sindaco, riprendere quella visibilità e rapporti con i poteri locali di cui lui è stato nel tempo il massimo rappresentante. Non erano pochi (trucioli.it incluso) a tifare perché tutto sommato la ‘cura Scajola‘ appariva ed appare la più promettente per la ripresa, lo sviluppo, i posti di lavoro, di un capoluogo di provincia in costante declino. Non c’è solo il programma, c’è il curriculum dell’esperienza della macchina amministrativa e politica in sede locale e nazionale della caratura di Claudio.

Il secondogenito, di ClaudioPier Carlo Scajola ha, a sua volta, commentato: “Se uno che fa politica sporge querela perché qualcuno gli da dell’asino o dello scemunito, probabilmente non ha mai fatto politica per davvero.”

Marco Scajola, presunto diffamato, ha dichiarato ai media: “Ho appreso ieri con grande dolore e grande dispiacere che per Sergio Gazzano c’erano indagati Lucia Scajola e Paolo Petrucci. Per me è stato come ricevere un colpo al cuore perché mai mi sarei aspettato, pur sapendo di non essere nelle loro grazie e simpatie, che si potesse arrivare a tanto. Non voglio dire altro, ringrazio la Procura e la Polizia per il lavoro svolto e che stanno svolgendo. Tutta questa vicenda mi dà solo tanto dolore, ma mi auguro che serva da lezione, perché in una società civile non possono e non devono accadere”.

E il neo sindaco, ex ministro, dopo Pertini e Taviani il politico ligure che ha raggiunto i vertici delle istituzioni parlamentari, manda a dire: ““Non è un’indagine, è una denuncia fatta da Marco Scajola, Piera Poillucci Antonello Rainise. Come atto dovuto hanno indagato Lucia”. Alla domanda se fosse dispiaciuto ha risposto: ““Sì, perché è una querela fatta in quest’ordine: Marco Scajola, Poillucci Rainise. Non faccio commenti perché non sono stato abituato, io come la mia famiglia, a fare denunce“.

La tegola del falso profilo Facebook, degli attacchi anonimi e subdoli, proprio non ci voleva. A meno che dalle aule giudiziarie gli indagati non escano a testa alta. Non sono loro i colpevoli. O quanto meno non si possono raggiungere prove certe. O ancora eravamo tutti in clima elettorale ? (L.Cor.)

Savona, Lelio Speranza partigiano: né spia, né traditore, salvò suo padreLa Resistenza deve ringraziare i contadini, ci hanno sfamato e preti, ci hanno confortato

$
0
0

“Quando ho letto il titolo ‘ Lelio Speranza mitico presidente partigiano o doppiogiochista.. poi l’articolo (vedi…….)‘ ho riflettuto parecchio se querelare, non potevo accettare… ho deciso di approfondire, conoscere tutto ciò che era consultabile e dopo aver letto un precedente servizio su papà proprio su trucioli. Avrei preferito fosse l’ILSREC a fare chiarezza, ripristinare la verità storica, l’onorabilità di mio padre con la documentazione…”. Carlo Speranza jr non appartiene agli esagitati, parla con calma, pesa le parole. Così come aveva fatto in chiesa nell’ultimo saluto a papà Lelio: “… si impegnava  senza ricevere nulla in cambio. E’ stato un combattente, ma non ci ha mai imposto nulla, ci lasciava libera scelta. Un ribelle anche verso i compromessi, le ingiustizie. Nella lotta per la libertà  non si è mai sentito sconfitto. Ha formato generazioni di sportivi ed era orgoglioso di quello che fatto. Oggi gli rendete merito”. Ora è utile fare chiarezza, chiarire dubbi ed interrogativi.

Il vescovo Lupi benedice il feretro accanto a don Gino Peluffo. Il giorno dell’addio a Lelio Speranza, Al centro della foto, tra i celebranti, il figlio Carlo e la sorella Anna

“Se papà può aver lasciato delle ombre, seppure piccole, l’ha fatto unicamente per salvare mio nonno, suo padre che si trovava incarcerato a Savona. Per la polizia fascista erano sovversivi. Ci sono altri due aspetti che da figlio sento il dovere di ricordare. Il suo impegno a favore della comunità, disinteressatamente ed  buon messaggio, l’esempio rivolto al mondo giovanile”.

I funerali, il figlio Carlo e la sorella Anna, il prof. Quaglieni, l’arch. Arecco e il giornalista Pizzorno

Era il 31 maggio 2018. Trucioli pubblicava una ricerca – documentazione giornalistica che coinvolgeva Lelio Speranza, nel 1948 tra i fondatori  della  FIVL (Federazione italiana volontari della Libertà) con Taviani, Martini Mauro, Mattei, Cadorna. Speranza Stella d’oro del Coni. I documenti, in particolare nella sequenza delle date, gli elementi che scaturivano dall’Archivio di Stato e dalla banca dati del ‘partigianato ligure‘ inducevano non diciamo in errore (carta canta), semmai nascondevano la ragione vera di certe scelte del giovane Lelio,  seppure in un arco temporale molto ristretto.

Lelio Speranza


CHIAMATA ALLE ARMI –  Riguarda i giovani  delle classe 1923- 24- 25 (Lelio è nato il 18 ottobre 1926). Per chi non si presenta, così come i militari in forza l’8 settembre (Carmelo Speranza) è previsto: pena di morte e rappresaglie contro le famiglie. Per i disertori, cioè gli ex militari, c’è pure la pena di morte che in molti casi verrà eseguita.

PRIMO EPISODIO DI ANTIFASCISMO –  “Avevo 16 – 17 anni, nel ’40, – scrive Lelio – papà antifascista…”. La famiglia Schiapacasse (la moglie) di Savona erano noti commercianti, molto conosciuti.  Lelio ha vissuto momenti difficili anche nell’ambito scolastico, da figlio unico, a scuola dai Salesiani di Alassio, fiore all’occhiello degli istituti scolastici savonesi. Lelio, nelle sue memorie, ricorda  Andrea Voarino, caduto nella Langhe, compagno di scuola: “Ci siamo ritrovati insieme  nel gruppo dei Mauri, formazioni autonome comandante da Enrico Martini Mauri…”. E ancora: “...alcuni del gruppo di giovani non sapevano, Voarino sapeva, grande solidarietà, amicizia di don Sinestrero. Prete Olego (?) e don Bora, insegnante di Francese, don Legnetti, piemontese delle Langhe…non nascondevano i loro sentimenti nei confronti del fascismo“.

1940 NON TUTTI SONO FAVOREVOLI ALLA GUERRA – Il 25 luglio, ricorda Lelio, “noi giovani eravamo sempre insieme in piazza a manifestare, I poliziotti fascisti aveva fatto  delle foto al Bar Suria…qui incontro ‘Cicci’ Noberasco, poi medico psichiatra, che mi avverte. Ti hanno fotografato. Ti conviene nasconderti. I primi giorni dell’8 settembre  la gioia della libertà. L’avvio  dei rapporti tra studenti, tra giovani, l’orgoglio. Il confronto democratico, i partiti si sviluppano. Si andava  ai bagni Colombo, Diramare, Sirena, Sant’Antonio.  Ci si raggruppava, sempre nei ricordi di Lelio,  nelle attività sportive, nelle competizioni balneari, ricreative, nella maniera più spensierata. Ci sembrava che fosse tutto finito. “L’8 settembre avviene qualcosa di misterioso che oggi ci sembra un miracolo. Nessuno aver ordinato di raggrupparci in piazza…La notte dopo ci incontriamo al bar Suria e nessun ci aveva ordinato di incontrarci li, ma spontaneamente. I soldati che scappavano… Andiamo alla caserma dell’Aviazione al Prolungamento e la troviamo vuota. Raccogliamo armi e fucili…un amico aveva un magazzino vicino alla chiesa di San Pietro….li abbiamo trasportati in Vico dell’Ancora.  Siamo 8- 10 ragazzi, nascondiamo armi e munizioni. Il primo arsenale portato mesi dopo nella zona di San Bartolomeo di Montenotte…

Si ritorna da Corso Italia verso Piazza Mameli, è lì che il popolo savonese si è sempre ritrovato. Lelio: “Vediamo arrivare dalla stazione 3 jeep tedesche, vengono verso di noi, passano velocemente  e sparano. Ci nascondiamo dietro le colonne. Poi gli occupanti vanno nella sede della Federazione fascista in Piazza Saffi. ..E’ scaturito in noi un senso di odio, rancore….da allora tutti Volontari della Libertà. “.

Il primo impegno narrato da Lelio:  il Fronte della Gioventù, “io Pri, Pagnini Pli,  Franco Bruno Dc, Giacomo Frumento Psi, Vegliecca Pci, poi Morachioli…eravamo il Comitato Provinciale del Fronte della Gioventù…la mente, l’ispiratore, il coordinatore del Fronte della Gioventù era Stefano Peluffo (Penna) e con lui l’on. Noberasco che, individuato, si trasferisce a Genova con le SAP…. “Mio padre nel frattempo, rientrato dopo l’8 settembre, pur se di ispirazione repubblicana – mazziniana, viene delegato a rappresentare il Psi nel CLN provinciale, perchè il Pri è rappresentato da Francesco Bruzzone. …C’è stato un periodo in cui abitavamo in via Boselli, sopra il cinema Moderno. Le riunioni si facevano in casa nostra perchè ci si mischiava alla gente che usciva dal cinema. In modo da non essere individuati.” …Poi l’arresto di Carmelino Speranza, la cella, le sevizie, la condanna a morte del Tribunale Speciale di Torino, sentenza da eseguire entro il 30 aprile….

Lelio cambia tre volte il nome di battaglia:  Rossi nel Fronte della Gioventù, poi Ratto e in montagna Speranza. Segue la formazione  della Divisione Fumagalli.Io, Mimmo Astengo e Furio Sguerso veniamo in città…, durante l’ultimo venerdì di giugno hanno ucciso Furio. Con Astengo torniamo in città per metterci d’accordo su come raggruppare due formazioni in una. Seguono i rastrellamenti….Mi prendono alla periferia di Savona, mi portano al Sant’Agostino. Un certo ‘Ninc’, partigiano napoletano, è la spia fascista, quattro interrogatori, nervate da bue, chi parlava veniva fucilato…ero ben conscio…resto in carcere 20 giorni… poi nella caserma Sant’Agostino….Fino all’arrivo di un gruppo di partigiani….portano via tutto e lasciano la caserma vuota. …Alle 17 incontro con Ronzello in casa dell’avv. Pessano, era in divisa da repubblichino, insieme ad altri tre pure in divisa.  Pessano rappresentante  del Pri nel Comitato Provinciale Militare. C’era un piano per attaccare le carceri a colpi di bombe a mano e liberare i prigionieri. Ronzello: ” Basta spargimenti di sangue”….faccio un finto attacco  per evitare l’arresto dei San Marco….Dalle carceri non ho visto uscire mio padre….tanta era la pressione, la confusione, la tensione. …C’erano tre vicoli per arrivare alle carceri…una persona di guardia al vicolo, RSI con mitra Beretta fuggì….I fascisti per noi erano i nemici perchè tradivano i loro fratelli, li denunciavano, li facevano arrestare, c’era anche il fascista per denaro e più pericolosi dei tedeschi…dichiaratamente nemici e se ti prendevano armato ti uccidevano…i fascisti invece ti seviziavano, poi ti portavano dai tedeschi, morte assicurata.“.

Una confidenza, un’ammissione di Lelio: “ Abbiamo cercato alcune volte di metterci d’accordo con dei fascisti per evitare di combatterci, ma purtroppo gli eventi non ci hanno permesso di continuare le trattative…molti hanno subito il fascismo perchè pavidi, perché dovevano sopravvivere. Non possiamo considerarli fascisti. Molti hanno aderito per necessità, fame, posizione di lavoro. Dunque bisognerebbe fare dei distinguo. …Diciamo che i fascisti della Repubblica Sociale volontari, le Brigate Nere, la Guardia Repubblicana, i capi, erano  criminali al servizio del nemico e quindi da noi avversati e condannati senza riserve….Abbiamo subito le maggiori atrocità più fai fascisti che dai tedeschi…Il tedesco ti considerava un essere inferiore, un nemico, né odio, né rancore… con freddezza uccideva…Non vale sole per le SS, anche per la Wehrmacht….Allora ci riconoscevamo nella bandiera italiana, nel messaggio di Badoglio, ben sapendo che dall’altra parte  c’era l’esercito italiano. …italiani identificati nel tricolore con lo stemma dei Savoia, allora per noi non era concepibile pensare alla Repubblica. Non avevamo la cultura e l’esperienza  per considerarci tali. Ci riconoscevamo nel Capo dello Stato e nel Re, come nel capo della religione nel Papa…”.

Sempre Lelio: “ Credo che la prima sconfitta per il fascismo sia stato il fatto che noi giovani ci siamo ribellati. Porto l’esempio di Teresio Olivelli (vedi il libro di don Berto). E’ stato ‘ribelle  e patriota per amore’.  “Se la Resistenza è riuscita a sopravvivere e svilupparsi, espletare il ruolo che si era prefissa, singolarmente e collettivamente, lo dobbiamo solo ai contadini ed ai sacerdoti. I primi ci hanno dato da mangiare. Ci hanno sempre aiutato. Nelle montagne delle Langhe e dell’entroterra savonese dove non esisteva  gente filotedesca e filo fascista. L’aiuto spontaneo e cristiano che viene dall’educazione cristiano dell’agricoltore che non ci ha mai tradito….Il sacerdote ci ha confortato, è stato il nostro garante, ci ha considerato ed assistito sul piano spirituale e morale. Ci ha servito per fare degli scambi, per difendere noi e la popolazione”.

Carmelo Speranza comandante di nave e Capitano di lungo corso, antifascista

CHI ERA CARMELO SPERANZA –  Comandava  l’incrociatore ausiliario ‘Amsterdam’, la scorta dei convogli tra Italia e Africa. Una notte vengono affondate 20 navi, compresa la sua, colpita da aerosiluranti.  La scheda personale conferma una seconda incarcerazione dal 15 febbraio 1945 al 24 aprile dello stesso anno. La scheda del figlio Lelio attesta l’incarcerazione, da studente partigiano, Divisione Fumagalli, Brigata Valbormida, dal 31 gennaio 1945  al 18 febbraio dello stesso anno. Se ne deduce che per tre giorni padre e figlio furono reclusi. E dalla copia del Comitato di Liberazione Nazionale, comando 2 a Zona Ligure, Brigata Val Bormida, con dichiarazione personale, Lelio attesta di essere stato ‘comandante di plotone dal 24 agosto 1944 al 28 maggio 1945 e “se ha prestato servizio o collaborato con i nazifascisti”: risposta  si  (vedi scheda sotto…) per il periodo dal 28 febbraio  al 20 aprile 1945. Da chi è stato autorizzato: “Dal F.d.G.  di Savona e dal G.L.N. provinciale  di Savona”.  Attività politica precedente  all’8 settembre 1943: nessuna.

SINTESI CRONOLOGICA DEGLI EVENTI DI CARMELO E LELIO SPERANZA – Il padre (Carmelino) subisce il primo arresto il 16 novembre 1940. Per essere rilasciato il 29  novembre previa diffida  e nessun confino per decisione del maresciallo Graziani. I giorni cruciali di Lelio che spiegano il dramma di un figlio preoccupatissimo delle sorti del padre incarcerato. Un periodo temporale che spazia tra gennaio ed aprile 1945. Il 5 gennaio rastrellamento a Savona (l’arresto dichiarato da Lelio indica il 31 gennaio) Nello stesso giorno inoltra domanda di ingresso nella Polizia RS. E’ qui che nascono gli interrogativi e potenziali contraddizioni. Seguiamo dunque le date che acquistato importanza ai fini di fare chiarezza sul ruolo reale di Lelio, i suoi comportamenti. Il 31, dunque, entra in carcere. Il 15 febbraio uguale sorte tocca al padre. Il 17 febbraio viene rilasciato Lelio.  Tra il 18 febbraio ed il 20 febbraio 1945 risulta l’adesione alla RSI autorizzata da FDG e CLN.  Il 24 aprile ’45, Lelio partecipa nella notte con Emilio Venturelli (e un terzo)  ad incursioni e liberazioni  e fa parte del gruppo che libera le carceri  dove è detenuto il padre (Carmelino). Il registro delle carceri viene consegnato al CNL (24 aprile). La fonte è Giovanni Carlevarino. Testimonianza  di Bagetto  detenuto liberato  che rese  ad dr. Martinot.

Per concludere. Non c’è dubbio della richiesta di arruolamento di Lelio nella polizia fascista in seguito al Bando Graziani, ma autorizzata dal CLN per salvaguardare la vita di Carmelino Speranza , a sua volta, membro dello stesso CLN. Carmelino che muore a Savona nel 1953. “Mio padre – conclude il figlio Carlonon ha mai negato di aver presentato quella domanda  e la sua buona fede è certificata  dal CLN, con l’unico scopo di salvare la vita a mio nonno, non un doppiogiochista dunque. Tutto il resto non mi interessa e non ho approfondito“.

Il registro del carcere Sant’Agostino di Savona al n. 547 indica la presenza di Speranza Carmelino in data 15 febbraio 1945  e fino al 24 aprile 1945. L’Ufficio politico  della Guardia Nazionale Repubblicana il 24 febbraio 1945 denuncia: Speranza Carmelino,  classe 1894, Capitano di Lungo Corso,  via Boselli 4-5. E’ stato iscritto  al Partito Nazionale Fascista  dal 28  ottobre 1932, ma moroso da 4 anni, si legge  nelle informazioni della Guardia Repubblicana del 24 febbraio 1945 e nella denuncia  penale a carico di Speranza, Luigi Ruggeri (classe 1903), Aldo Tarozzi (1898) e Annibale Ferrari. Tutti residenti a Savona.  Rapporto giudiziario inviato alla Procura Generale  del Tribunale speciale dello Stato, per conoscenza al Comando generale  del G.E.R – servizio politico;  all’Ispettorato regionale  G.E.R. della Liguria, serv. pol. al Procuratore di Stato. Accusati di “continui atti delittuosi, come per esempio, aggressioni, sabotaggi, sequestri di persona, in special modo a danno di elementi appartenenti a bande ribelli aderenti al Comitato Segreto di Liberazione Nazionale  per la Liguria.  Una squadra volante al soldo del nemico, generalmente operanti mascherati commetteva atti delittuosi catturando elementi iscritti al P.F.R. ed appartenenti alle forse Armate Repubblicane e compiendo vari saccheggi. Delitti che avvenivano generalmente tra le 18,30 e le 19,30 provocando panico fra la laboriosa cittadinanza Savonese. …I sentimenti contrari alla Repubblica Sociale Italiana  dello stesso Speranza Carmelino erano già ben noti a questo Servizio Politico. Il 5 febbraio u.s. è stato fermato da elementi di questo nucleo  e ossia rilasciato per aver già regolarizzato la sua posizione militare il di lui figlio Delio perchè già militante in bande ribelli. “.

Prosegue il rapporto: ” Non vi è dubbio che lo speranza  sia uno dei maggiori  esponenti di Comitato di Liberazione Nazionale, ciò è convalidato dall’interrogatorio reso dal  Tarozzi e dal Ruggeri. E’ indubitato che l’interessato come i componenti e la di lui famiglia nutrino  sentimenti avversi alla Repubblica Sociale Italiana. Le indagini  per arrestare  Ferrari Annibale hanno dato fino ad oggi esito negativo inquantochè resosi latitante….tutti arrestati, ad eccezione del latitante dovendo rispondere  dei reati di cui agli articoli 241- 284-253-266-270-271.272 3 305 del CP e rinchiusi presso le locali Carceri Giudiziarie a disposizione di codesta Procura Generale.” Firmato : Il colonnello comandante provinciale,  Gaspare Boca, 13 gennaio 1945.”

Nell’interrogatorio il 14 gennaio, ad opera del ten col. Zafferino Gastaldo, comandante UPI,  Carmelino dichiara di conoscere  e frequentare Ruggeri (nel suo negozio), Tarozzi, Ferrari. E  all’ultima domanda: ” Dichiaro di essere sempre stato antitedesco, ma sono stato fascista fino alla dichiarazione  della guerra, e divenni antifascista per la chiamata di tedeschi in Africa. Non ho altro da aggiungere”.

Luciano Corrado

Viewing all 726 articles
Browse latest View live


<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>