Quantcast
Channel: L.Corrado – Trucioli
Viewing all 722 articles
Browse latest View live

Cosio d’Arroscia dal dire al fare. L’ex vice sindaco e presidente Pro Loco apre il ristorante Cadò nei locali ex albergo Ilva

$
0
0

Quante volte sentiamo ripetere, soprattutto dal ‘megafono’ di Imperia Tv e sui mass media liguri: “Bisogna tirarsi su le maniche, serve coraggio, occorre rilanciare il turismo, la montagna offre tante opportunità…”. Insomma tanti buoni propositi a parole viene da dire. A Cosio d’Arroscia c’è chi mette in pratica i fatti, in questo caso decidendo di investire, rischiare, aprire inizialmente il ristorante e in un secondo tempo le camere. L’immobile è quello che ospitava l’albergo – ristorante Ilva, un’insegna conosciuta ed apprezzata per anni. Meta di buongustai dal palato nostrano. E nella stagione estiva i clienti ospitati in 17 camere e 22 posti letto. Ora a ricevere gli ospiti, a pranzo e cena, c’è Antonio Galante, cosiese doc, geometra e consulente di un’importante società immobiliare con sede a Milano e uffici a Imperia. 

Antonio Galante con il suo team di cucina: Giuliano Tommasini 28 anni di esperienza al Royal Vittoria di Pisa e diventato cittadino di Cosio, con la compaesana Mariella che da anno e mamma ha imparato l’arte della buona tavola e specialità nostrane

Una  scelta davvero inattesa, a sorpresa, si direbbe quella di Galante. E’ stato vice sindaco e presidente della attivissima Pro Loco, ora consigliere comunale. “Per dedicare tutto il tempo necessario – esordisce –  a un’attività per me abbastanza estranea, ma che grazie all’impegno di pubblico amministratore e nell’ente turistico, hanno fatto sbocciare in amore per realizzare nel mio paese qualcosa di concreto e spero duraturo. Credo di aver vissuto e girato il mondo, da Londra a Parigi,  ad altri continenti, Africa compresa. Non mi sono montato la testa, non credo nell’onnipotenza, semmai nel viscerale amore che si può nutrire per la propria terra. Si, perdutamente innamorato, devoto di tutti ciò che ci hanno lasciato i nostri cari. A partire da mio nonno, mia nonna, mio padre, mia  madre, gli zii. Il 2017 è stato un anno funestò, ho perso il papà, i nonni, uno zio. In compenso è maturato un proposito, quasi un voto. Devo assolutamente mettermi in gioco anche da operatore turistico, ristoratore. Ho due figlie piccole, Gaia e Giada, non vorrei mai fossero costrette a lasciare Cosio in cerca di lavoro, di un futuro migliore”.

E’ quanto hanno fatto tanti residenti durante gli ultimi decenni. Oggi poco più di 200 anime, secondo paese con la popolazione più anziana della provincia di Imperia. Parecchie decine di case vuote, molti cartelli ‘vendesi’ e qualche ‘affittasi’. Il reddito medio dichiarato meno di 12 mila € l’anno. Nel 1991 il paese aveva toccato il record dei 1096 abitanti con il picco decrescente del 20,7 % nel 1991 quando i residenti erano 350.

E la sfida, la lotta, la terapia dell’entusiasmo di Antonio Galante, 45 anni, è quella non solo controcorrente, ma lottare per la rinascita e il coraggio di mettersi alla prova. Cosio che, nonostante la perdurante crisi dello spopolamento montano, può contare su un bar – tabaccheria, negozio di alimentari, un agriturismo, un ristorante molto frequentato in particolare la domenica (ora sono due) e nei fine settimana, un apicoltore con decennale tradizione famigliare, stessa cosa per un mobilificio e due attività pastorizia con produzione di formaggi e specialità lattiere. Una mandria di mucche ed un gregge di capre. Insomma si potrebbe concludere che rispetto ad altre realtà (vedi la vicina Mendatica) Cosio non è fanalino di coda nelle valli ponentine.

Abbiamo ricchezze e risorse naturali, ambientali – osserva Galanteche vanno assolutamente recuperate, troppi terreni in totale abbandono, poche opportunità di sviluppo, dunque di lavoro. La mia soluzione, ma non mi ritengo un mago, è far tesoro degli errori compiuti in passato. La cementificazione ha senz’altro deturpato e mortificato la fascia costiera, anche se in Riviera se la passano molto meglio di noi montanari; ma le sue malefiche conseguenze hanno coinvolto i nostri paesi. Basterebbe girare alcune zone oltre confine, per rendersi conto che da noi sono stati perpetrati veri e propri scempi al patrimonio architettonico, le cui caratteristiche andavano conservate, valorizzate  ed avrebbero creato un giro d’affari virtuoso. Sappiamo, ad esempio, quale sia l’interesse di stranieri verso tutto ciò che è antico, tradizionale. Qui purtroppo, con rare eccezione, si è passati da un bruttura all’altra, è mancata insomma la cultura per conservare intatta storia, tradizione, accoglienza che significa proprio sfruttare tutto ciò che sa di antico”.

E’ rimasto, aggiunge Galante, il collante umano, la coesione, tutti per uno e uno per tutti. “A Cosio non si resta mai soli, trovi sempre qualcuno che ti da una mano…la dimostrazione è lo slancio in cui si organizzano alcuni eventi dove tutti si mettono in gioco, si collabora, si è orgogliosi di far bella figura, di promuovere il territorio”.

E’ la scommessa, vorremmo dire assai più difficile, che l’ex vice sindaco, ha deciso di fare aprendo un ristorante e successivamente dare ospitalità nelle camere. I primi lavori di ristrutturazione, dopo l’acquisto dello stabile, all’insegna della semplicità e della linearità del colore, il bianco candido dei muri, l’accenno ai tetti di ciappe per ricavare il locale destinato ai servizi igienici, a norma anche per handicappati, una dozzina di tavoli, un arredamento comodo, un servizio famigliare. L’oste, si diceva un tempo, che fa da cameriere, da cicerone, da sommelier (‘Ho frequentato il primo corso’), se il caso assaggiatore. Dietro i fornelli l’esperienza pluriennale di uno chef toscano. Giuliano Tommasini, maritato a Cosio (‘Ho conosciuto mia moglie mentre lavoravo a Pisa nell’hotel Royal Vittoria, in pieno centro, e dove sono rimasto 28 anni’). Un cuoco che non stravede per le mode culinarie moderne (‘Molta teoria, molta filosofia e poco pratica’). Suo braccio destro una signora del paese, Mariella, che ha imparato l’arte della cucina semplice e genuina dalla nonna e dalla mamma. E tra le animatrici delle specialità cosiesi alla Festa delle Erbe ed altri appuntamenti culinari in paese. E’ lei che si occupa di fare il pane, lasciando lievitare da sera a mattina, farina uno, niente miglioratori come è uso fare nelle panetterie. E pochi lo sanno, sono ben 74 gli ingredienti che possono essere utilizzati per pane, grissini, focaccia, pizze, dolci. In parte naturali ed in parte chimici.  Chiamati anche additivi. Alcuni non propri salutari.

In cucina invece si può fare uso di insaporitori e difficilmente il cliente si accorge. Possono essere usati per cucinare le carni, il pesce, i sughi, i ripieni, offrendo un sapore gradevole se utilizzati con sapienza. Chef Tommasini è categorico: “Nelle mie pentole i miglioratori sono proibiti”. Sostanze, va detto, lecite, ammesse, non sappiamo, almeno noi profani, quali potrebbe essere le conseguenze nel tempo per la nostra salute. Del resto è quanto accade anche nell’agricoltura moderna, nella frutta, nella concimazione dei terreni,  nelle coltivazioni idropiniche, basti pensare alle fragole. Ci sono diserbanti come glifosato di largo uso per non compromettere il raccolto nei campi.

Il mio impegno – conclude Galante ristoratore da luglio 2018 – è di rispettare e privilegiare tutto il bagaglio culinario dei nostri monti, le specialità che si gustavano a Cosio, con l’innesto di qualche innovazione, ma materia prima locale, a km zero ogni qualvolta è possibile. Ad esempio ho scelto di servire solo vini della Valle Arroscia, poche etichette, si va dai 6 ai 15 € a bottiglia. Stesso discorso per l’olio extravergine. E poi lo stesso nome scelto è la prova del nove: ‘Cadò‘ in dialetto significa lavanda e la lavanda è un nostro vessillo”.

Escursione culinaria da Cosio d’Arroscia ad un menù di pesce a prezzo popolare

Cucinare per gli altri, per la ristorazione, stare dietro il fornelli, è uno dei mestieri più difficili ed impegnativi. Purtroppo con le nuove generazioni si è smarrita la valorizzazione dei gusti e dei sapori, il piatto rigorosamente nostrano, anche quello della ‘cucina povera’ e hanno concorso molti fattori. Fino agli anni ’60, gli anziani ricorderanno che c’erano ristoranti delle nostre valli e di montagna dove si faceva la coda, i clienti partivano dalle città, da lontano per assaporare vere e proprie prelibatezze del gusto e tornavano, il passaparola era più efficace di qualsiasi pubblicità. Oggi capita di ascoltare, soprattutto nelle emittenti televisive locali, leggere sui media, il termine eccellenza, inflazionato, assegnato in ogni dove da giornalisti anche popolari, affermati. Per poi scoprire che il cliente viene una volta e non si vede più.

La speranza è che il ‘Cadò‘ faccia tesoro del rodaggio iniziale, non tenga troppo conto delle lusinghe e dei complimenti, meglio una critica, un suggerimento, il consiglio di un intenditore’, anche se ripetiamo ormai non si può far molto affidamento su chi si siede a tavola. Forse l’unico indice è il ‘cliente affezionato’. Se lavori bene, pratichi un corretto rapporto qualità prezzo, se il pranzo o la cena si digerisce senza un ‘peso’ sullo stomaco o l’acidità, se alle parole fai seguire i fatti, possiamo dire di essere a metà dell’opera. Perché alla fin fine occorre saper perseverare sempre nella massima umiltà ed ospitalità. (l.cor.)


‘La mia gioventù tra partigiani e tedeschi sui monti di Cosio d’Arroscia. Il mio primo lavoro a Torino dai conti Calvi Di Bergolo’

$
0
0

Classe 1928, 90 anni compiuti, forse l’ultima memoria storica rimasta in Alta Valle Arroscia che ha vissuto gli orrori  dell’ultima guerra mondiale. Lui, Giovanni Gastaldi, natali a Cosio d’Arroscia e, dopo il matrimonio, a Pogli di Ortovero dove è rimasto vedovo e simbolo alla veneranda età: accudisce, con le forze rimaste, la terra, raccoglie la frutta, sale sugli alberi con la scala a pioli. “Anche se da un paio d’anni devo stare molto attento a non cadere, perdere l’equilibrio”. Un figlio, sottufficiale delle Guardie Forestali ora confluite nell’Arma dei carabinieri, una figlia pensionata dell’ospedale San Martino di Genova, una nipote medico chirurgo, con specializzazione, un nipote geometra.

Giovanni Gastaldi, 90 anni, è nato a Cosio d’Arroscia, memoria storica della guerra partigiana, dopo gli anni ’50 si è sposato e vive a Pogli di Ortovero

Chissà quante migliaia di persone transitate lungo la statale Albenga – Pieve di Teco, all’ingresso di Pogli, hanno notato seduto all’esterno di un capannone di lamiere il signor Gastaldi accanto al cartello ‘Vendesi aglio di Vessalico e frutta’. Nella vita ha fatto il garzone, il pastore, autista e cameriere dei conti Calvi Di Bergolo e ha conosciuto le famiglie nobili del Piemonte, l’avvocato Gianni Agnelli giovane e aitante.

Forse pochi immaginano che questo campagnolo vecchio stampo custodisce con la memoria di un giovanotto molte pagine della storia partigiana e di guerra sui monti mai finite sul taccuino del giornalista che non è un esperto di storia locale. Alla Resistenza e ai partigiani liguri sono stati dedicati  libri, frutto di meticolose ricerche. “Una signora me ne aveva lasciato uno, c’erano tanti nomi…non ho più voglia di leggere e dopo qualche mese l’ho restituito, raccontava di partigiani…..”

Gastaldi, cognome assai comune in Valle Arroscia. Uno zio prete a Nava: “Era il fratello di mio papà ed ha avuto l’iniziativa di erigere il monumento agli alpini con l’attigua chiesetta… a Cosio d’Arroscia sono 18 gli alpini Caduti in Russia e in loro ricordo avevamo piantato 18 alberelli che poi sono cresciuti….nella  mia borgata, San Rocco, vivevano quattro famiglie Gastaldi, ora non c’è nessuno con questo cognome. In paese ci sono altri Gastaldi, ma non siamo parenti….della mia leva che sappia viveva  ancora un altro paesano, non so se in vita e lucido. Io non mi posso lamentare, ho qualche problemino ad una gamba, solo da pochi mesi in casa ho il saltuario aiuto di una brava badante dopo averne mandato via un’altra che non faceva per me….dopo la morte di mia moglie che aveva cinque zie, mi sono sempre arrangiato …ora vado più spesso, almeno a pranzo, al ristorante da un compaesano”.

Giovanni Gastaldi nonostante la veneranda età e qualche acciacco ad una gamba cura la terra e vende

Giovanni Gastaldi, dopo il matrimonio, per 40 anni ha fatto l’autotrasportatore in proprio: “Ho comprato un ’42 Fiat nuovo  ed ho sempre portavo ogni bel di Dio. Dai laterizi alla terra, dal fieno, alla paglia, al letame, alle patate. Per tre anni impegnato con chi realizzava il campo da golf di Garlenda…ricordo la ditta Migliorini di Millesimo, pagavano come un banco, 30-40 dipendenti, ma non volevano meridionali per una brutta esperienza  con una banda della camorra…”.

Gastaldi ha lasciato Cosio nel 1950 all’età di 22 anni. Destinazione Torino. Alle dipendenze  dei conti Calvi Di Bergolo.  Proprietari  del Castello di Montemagno (Asti), di tenute agricole in provincie di Salerno (olive) e Lecce (vigne). Un’esperienza di vita, di lavoro, di testimonianze significative. “Ricordo come fosse ieri – continua il racconto di Gastaldi –  quando la contessa Patrizia Calvi diede incarico ad un avvocato di recarsi nelle due proprietà, da laggiù arrivavano notizie strane…l’avvocato tornò e diede un consiglio ” lasciate perdere tutto, rinunciate a quei terreni perchè ormai sono in mano a mafiosi e rischiate davvero la pelle….così è stato, i conti Calvi non ci hanno più messo piede, almeno fino a quando io sono rimasto con loro e credo anche dopo. Per me è stato un periodo davvero intenso e ricco di soddisfazioni, la contessa Calvi mi voleva un bene dell’anima, ero sempre presente alle feste nella villa di Torino e nel Castello…incontravo tanti nobili, gente importante anche del mondo politico di allora….ricordo benissimo l’avvocato Agnelli quando ancora non abitava in collina…un giro di bella gente…e tutta la servitù  dei conti era soddisfatta”.

Gastaldi da giovanotto ha conosciuto personalmente anche l’avv. Gianni Agnelli

Cosa è rimasto impresso della guerra al ‘giovanissimo’ Gastaldi ? “Avevo si e no 14 anni, una sera sono arrivati tedeschi  e alcuni siamo fuggiti verso Mendatica, percorrendo la strada. Ad un certo punto ci siamo resi conto che ci avevano quasi raggiunto, ci siamo salvati perchè loro erano usi avanzare sparando anche quando non vedevano nessuno; un modo per farsi strada…Un’altra volta sono rimasto due ore con il fucile puntato alla gola, nel ‘casone’ dei Boschetti i partigiani avevano nascosto una pila di armi ricoperta da una coltre di fine…Forse qualcuno aveva fatto la spia ed i soldati tedeschi erano convinti di trovare uomini e bottino…credo che se avessero sorpreso sia partigiani e trovato armi ci avrebbero ucciso come hanno sempre fatto…”.

Signor Gastaldi che idea si è fatto, con il senno dei poi, della lotta partigiana, dei fascisti, dei nazisti. “Non voglio giudicare, a 12 anni facevo il garzone a Nava da Settimo Roassino, un figlio camionista per Latte Alberti, pascolavo poche mucche e qualche capra da solo, il padrone si dedicava  al commercio di legname ed era un ottimo cacciatore di lepri. …Un giorno mi trovavo nei tecci di Cosio in località Fontana Fredda, accudivo tre mucche. Dopo l’8 settembre giravano  tanti sbandati. Sono arrivati quattro o cinque partigiani…. Ho capito che la loro intenzione era di prendersi una bestia, ucciderla e mangiare. Si è fatto avanti uno e l’ho sfidato ‘ prenditi la bestia se hai il coraggio…lui aveva la mano sul grilletto….ebbene il destino della vita ha voluto che l’ho incontrato 40 – 42 anni dopo a Sanremo. L’ho riconosciuto…mi ha dato cena e da bere”.

In giro, nei paesi di montagna, c’erano partigiani, anche fascisti e manco a dirlo soldati tedeschi. Un episodio l’ha scosso: “A Fontanafredda si cucinava patate e castagne. Si sono presentati dei militari tedeschi e cercavano i nemici…non ho esitato ad offrire latte e patate, in buone maniere ha cercato di fargli capire che non aveva nulla da dire o da nascondere…e quella volta la passai liscia.

Gastaldi e i suoi ricordi di vita: per 40 anni camionista in proprio

Un’altra volta invece a Fontanafredda eravamo rimasti in tre, io,  Giuse e Attilio. Ci siamo trovati circondati da decine e decine di tedeschi, anche in quella occasione erano certi di trovare quelli che loro chiamavano ‘banditi, banditi’. E volevano sapere dove si nascondevano e se li avevamo visti. Per fortuna i partigiani si erano accorti del pericolo e si erano allontanati, forse lasciando qualche traccia. Sta di fatto che  i tedeschi hanno preso Giusi e Attilio, legati e portati via. Poi ho saputo che li avevano rinchiusi nella prigione di Oneglia dove si trovavano un’ottantina di reclusi. E’ accaduto che, travestiti da fascisti, cinque partigiani  sono penetrati in carcere, hanno eliminato, non so bene in che modo, le guardie  e liberato tutti. Mi raccontò l’episodio il coetaneo e compaesano Giuse Scarato.”

Ricorda la Resistenza partigiana ? “Tanti i ricordi, sono ancora vivo posso dire di essere nato sotto la buona stella. Ho incontrato partigiani liguri e piemontesi. Sia prima, sia dopo l’8 settembre. Ho in mente la cappelletta di Dova, in località Creste di Dova, raggiungibile dalla località di Isole con mulattiera. Si erano fermati a dormire parecchi partigiani, al comando del tenente Martinengo…un aereo a  bassa quota ha lanciato banconote…anche in quella circostanza non tardò l’arrivo dei tedeschi, ma funzionò benissimo la vedetta e dopo aver circondato l’area convinti di trovare qualcuno restarono con un pugno di mosche in mano. Successivamente seppi che in quella chiesetta si erano riuniti molti capi partigiani liguri e piemontese”. Un summit si direbbe oggi.

Gastaldi testimone di uccisioni ? “ Io ? Credo di no….a Nava mi trovavo con uno dei fratelli Fiorello, erano parecchi, non so se sia in vita qualcuno della famiglia, i tedeschi lo presero e lo portarono via gli uccisero subito il cavallo…allora giravano molte spie….Io sono stato risparmiato dai partigiani pur avendo lavorato con altri uomini del paese al servizio dei tedeschi. Una giorno alla settimana eravamo costretti a lavorare per loro, si scavano fosse in alcune altipiani di Cosio… servivano ai soldati per ripararsi, nascondersi”.

Oltre all’episodio della baionetta puntata alla gola, un altro momento che non si dimentica ? Gastaldi: Gli americani, o forse gli inglesi, bombardavano con gli arei, mitragliavano per colpire i tedeschi. Li osservavo  scendere in picchiata, a motore spento su Nava, zona del forte centrale, poi riprendevano quota verso Ponti di Nava, Viozene, quindi tornavano sulla piana di Nava. Ho avuto la bella idea di imbracciare un fucile, allora di armi e munizioni nascoste ce n’erano tantissime, e sparare ad un areo, credendo di non colpirlo. Invece il colpo è andato a segno, non ha provocato danni gravi. Sta di fatto che si è messo a virare sempre più basso e mitragliare a lungo. Ho fatto in tempo a ripararmi sotto un grande albero, sono scampato, ma quanta paura!”.

Come ricorda l’agricoltura quando è venuto ad abitare a Pogli di Ortovero ? GastaldiTutti o quasi lavoravano la terra, io ho iniziato molto più tardi, quando ho deciso di vendere il camion. Comunque ricordo benissimo le piantagioni di pesche,  albicocche, cachi, patate, ma anche tante, tante fragole. Con mia moglie si coltivava terreni con 400 – 500 piante da frutto, c’era chi ne aveva più di mille. Ora ho sono rimaste  due o tre famiglie, coltivano soprattutto piantine in vaso. Di pesche, nonostante la sagra, non ce ne sono quasi più. C’era la famiglia Rinaldi, brava gente, se ne sono andati dal padreterno uno dopo l’altro, lavoratori e onesti. Io passo il tempo, mio figlio mi da una mano quando può, un nipote è geometra. C’è ancora chi pianta zucchine e pomodori, come primizie, a prezzi remunerativi. Io ho la patente e guido. Da giovane andavo a dorso di mulo o del cavallo, si impiegava tre ore da Cosio alla cappelletta di Dova, cavalcava anche mio zio prete quando c’era di dire Messa….Che tempi !…..Se i giovani sapessero….se avessero vissuto come noi…la guerra e la fame non avrebbero tanti grilli in testa”.

Luciano Corrado

Albenga, perché accanirsi con Vazio, pensiamo al decoro della ‘Città del Vino’.E ad Alassio si brinda con Marchesi di Barolo

$
0
0

Che ha fatto di male l’on. Franco Vazio da finire spesso nel mirino dei colleghi parlamentari ed esponenti leghisti ingauni e savonesi ? C’è chi sostiene, sibillino e ironico, che vogliono dargli un mano, viste le condizioni del Pd nazionale, regionale e provinciale: isolamento, impotenza, accerchiato dalle critiche per ‘incapacità di fare opposizione’. Così le volpi leghisti pensano: meglio ci sia un Vazio bri-bri o fru – fru che qualche esponente che mette in pericolo la nostra leadership politica. Perché si arriva a deriderlo politicamente ? “Povero Vazio, lottava in aula tutta la notte per la Liguria….e lottava per difendere la povera Boschi e le banche….andava pure a scuola di recitazione….è come Totò….”. Intanto Albenga può fregiarsi di un ‘francobollo postale’. Leggi anche la serata con Marchesi di Barolo (vini prestigiosi) al ristorante dell’hotel Regina di Alassio.  Leggi anche a Campochiesa, domenica, la prima castagnata della Liguria al Rossese, con tanto di Miss: dopo sagre a gò gò, avremo, in provincia di Savona, 156 (una più, una meno) tappe della castagna, solo 11 di meno nell’imperiese. E poi si dice che non facciamo abbastanza promozione turistica ! Gli amici giornalisti, esperti di settore, confermano. Dunque viva la castagna, manco a dirlo tutte rigorosamente del territorio.

Riprendiamo con la ‘Vazio story‘. Il cugino avv. Giorgio Cangiano, pidiessino, origini paterne fede Pci, avrebbe dimostrato, ad ascoltare gli anti vaziani, di avere più talento e capacita di conquistare visibilità, coesione, a destra e a sinistra, moderazione e pragmatismo, se si escludono i bulldozer o panzer alla Ciangherotti. Trucioli ha raccolto le ultime mitragliate a Vazio, ma illustra con la fotocronaca, le immagini vere, quanto cammino ci sia ancora da fare nella ‘Albenga Città del Vino’. Il primo comandamento è la pulizia e soprattutto il decoro, prima cartolina di una città a vocazione turistica e non solo ?

Le fotografie documentano che nel centro storico e nei luoghi, vie e piazze più frequentate, i tazebao dominano e fanno brutta mostra.

Siamo nel cuore del centro storico: via Medaglie d’Oro

Manifesti affissi a portoni, muri, cartelli stradali, cabine telefoniche. Affissioni abusive e abituali, impunite, al punto che trovano sempre nuovi proseliti e nuovi spazi. Non ci sono soltanto i graffettari. Un vigile urbano,  alla richiesta del cittadino di strada, ammette: “Ci manca ancora che ci mettiamo a dare la caccia agli abusivi delle affissioni, siamo già oppressi da altre priorità: la micro criminalità che fa assai più clamore e notizia…sui giornali”. Degrado e decoro ?  Risposta bonaria e sincera: “Ci pensi qualcheduno che ha più tempo di noi, immaginate se dovessimo multare Pro Loco, i manifesti di sagre, feste paesane, feste patronali…“.

Chissà perchè il decoro urbano nella ‘Città del Vino’ sembra interessi solo a trucioli.it piccolo e nero. Un optional. Messo all’indice quale disturbatore. Non disturba, invece, il biglietto da visita e la cartolina di Albenga anche se all’ombra delle torri e agli ingressi della città, lungo i percorsi più frequentati verso il casello autostradale, il benvenuto arriva con aiuole disadorne o peggio infestate da erbacce, affissioni e cartelli in ogni dove, tracce di rumentaio.

Nella pianura dei fiori in vaso qualcuno si sarà mai chiesto perchè i floricoltori, piuttosto di buttare nella spazzatura l’invenduto, non lo donino al Comune. Ma serve che qualcuno promuova l’iniziativa ed organizzi. Albenga dove si grida al ‘problema migranti‘,  agli extracomunitari che delinquono. Non si è pensato che i migranti onesti, in maggioranza, potrebbero essere utilizzati, come accade in altre città, proprio per la pulizia e il decoro. Iniziando con le aiuole che dovrebbero essere 360 giorni all’anno in fiore. Andate solo nell’italica Merano, lungo Passiria, dove anche Silvio Berlusconi va in vacanza curativa al Grand Hotel; ebbene è tutto un tributo di fioritura multicolore. Da ammirare e

E’ il giorno di Ferragosto con la folla balneare che di sera invade la ‘vecchia Albenga’

fotografare come accade di vedere ogni giorno.

Una commerciante ingauna di lunga data che tratta anche prodotti per l’agricoltura e giardinaggio, pochi giorni, fa lamentava dal banco di vendita con una cliente: “Abbiamo Antonio Ricci che ha un paradiso terrestre in quel di Alassio, ad Abenga c’è di casa, con gli onori che merita. Peccato che non si sia degnato, almeno in pubblico, di puntare l’indice contro le migliaia di terrazzi e balconi dove, anzichè vasi fioriti, spunta e si vede ogni bruttura. Dai terrazzi – aggiungeva – alle aiuole, alle aree verdi. Siamo la terra dei produttori di fiori con l’invenduto nella spazzatura. Non parliamo della scelta di mettere certi alberi poco consoni alla nostra storia e al selciato dei marciapiedi. Se lo incontrassi vorrei dirgli, caro Antonio prova a fare un giro a piedi, con calma, senza codazzo, per Albenga, dal centro storico alla prima periferia. Io sono un’albenganese da sempre, ho un’attività, non leggo più i giornali, sono davvero delusa….”.

Delusa anche con Striscia la Notizia, i suoi coraggiosi inviati? “Certo – aggiunge – ricordiamo la sacrosanta battaglia contro la speculazione edilizia che rischiava di farla franca a ridosso delle torri; da allora, sono anni, Albenga è quasi scomparsa se non per le buone notizie. Certe sono utili e necessarie. Ma si dovrebbe fare una battaglia e cultura ambientale  per il decoro ed il bello proprio perché siamo la capitale della floricoltura in Liguria . Non dobbiamo dimenticarlo !? Ricci, il big, incluso “. Anche se fanno sapere i veri amici, non ha tempo per leggere anche trucciolini. A noi basta l’incoraggiamento di Natalino Bruzzone,  giornalista, critico cinematografico, albenganese Doc, umile e schivo, di grandi talenti e, a sua volta, perfettamente ignorato dall’amministrazione comunale di oggi e di ieri. Ma dobbiamo ammettere che i loro signori sono esseri superiori. E non hanno bisogno di lacchè. Auguri ! (l.cor.)

Annullo filatelico della tartaruga Emys il 6 e 7 ottobre

COMUNICATO STAMPA – L’assessorato al turismo del Comune insieme a Poste Italiane e al Circolo Filatelico di Albenga presentano sabato 6 e domenica 7 ottobre l’annullo filatelico della tartaruga Emys, marchio di eccellenza presentato a residenti e turisti  venerdì 10 agosto sul palco dell’Emys Aword, quale  lancio del nuovo marchio turistico. Il sigillo di qualità Emys  prossimamente avrà l’onore di una piastrella a lei dedicata sul celebre muretto della cantina dei Fieui dei caruggi. L’appuntamento per l’iniziativa di annullo filatelico è per sabato 6 ottobre dalle ore 10 alle 13 in piazza San Michele, per l’occasione l’atrio del comune ospiterà una piccola  mostra di cartoline. Altro appuntamento è previsto per  domenica 7 ottobre dalle ore 15.30 a Campochiesa e  in occasione della riapertura dell’ex casa comunale  al primo piano sarà esposta una collezione di cartoline.

CASTAGNE E ROSSESE A CAMPOCHIESA + MISS ROSSESE 2018
Torna anche quest’anno la Castagnata di Campochiesa con le sue miss e le sue cantine piene di bontà!

PROGRAMMA
ORE 15.00 Inizio castagne e dolci
ORE 16.00 Apertura cantine
ORE 18.00 Cena e inizio concorso
ORE 20.00 FINALI MISS ROSSESE 2018 con pigiatura dell’uva
ORE 22.00 Chiusura manifestazione

Presenta il concorso di Miss Rossese, giunto quest’anno alla sua 7° edizione, Katia Orengo, speaker di Radio Savona Sound

Sicurezza, Lega Albenga, Vazio e il PD sempre più distanti dalla realtà

L’on Franco Vazio ospite di Porta a Porta la prestigiosa trasmissione in seconda serata di Bruno Vespa

Albenga, 25 set.”Il Partito Democratico è sempre più distante dalla realtà. Leggendo le dichiarazioni dell’on. Franco Vazio, ci chiediamo in quale città viva. Davvero abita ad Albenga? Oppure, da quando è nei palazzi romani a occuparsi di banche e di fare video sulla porchetta, si è dimenticato del proprio territorio? È incredibile che si accorga solo oggi delle criticità legate alla sicurezza ad Albenga, che noi come Lega denunciamo da anni. Di fronte alle politiche inefficaci messe in campo dall’amministrazione in materia di sicurezza, scende in campo lui, ma non potendo difendere l’indifendibile, lancia un appello a volersi bene, prendendosela poi con la Lega. Peccato che la Lega sia al Governo del Paese solo da qualche mese, dopo anni di disastri targati PD, lo stesso PD di Renzi, Gentiloni, Vazio che tanti danni ha fatto a livello nazionale, in Liguria e, da quasi cinque anni, anche ad Albenga. Da loro, non accettiamo lezioni di politiche sulla sicurezza e sull’immigrazione. A rispondere all’on. Vazio non serve un comunicato stampa: a rispondergli per le rime ci penseranno gli elettori albenganesi alle prossime elezioni comunali”. Lo dichiara Cristina Porro, Segretario della Lega Albenga e Valli Ingaune.

Periferie, sen. Ripamonti e on. Foscolo, Vazio e Renzi come Totò con la fontana di Trevi – Roma, 20 set. “Franco Vazio, colui che ha lottato più per difendere Banca Etruria che per tenere aperto il Tribunale di Albenga, è come Totò quando voleva vendere la Fontana di Trevi. Con il cosiddetto bando periferie, lui, Renzi e tutto il PD avevano promesso ai sindaci di una novantina di città in Italia dei fondi che non c’erano. Andavano contro la Costituzione, ma la cosa non ci stupisce perché è la stessa carta costituzionale che lui, Renzi e il PD la volevano stravolgere con il referendum che li ha mandati a casa. Con grande senso di responsabilità, l’attuale maggioranza è dovuta intervenire per correggere il pasticcio da loro portato avanti, non cancellando i finanziamenti, ma prorogandoli al 2020, in attesa di recuperare fondi per finanziare progetti che abbiano un cronoprogramma. Non sono in discussione i primi 24 Comuni della graduatoria, mentre per le altre situazioni dove ci sono progetti firmati se ne sta occupando direttamente il Governo. A differenza di Vazio e del Partito Democratico, per noi non esistono Comuni di Serie A e di Serie B e per questo abbiamo sbloccato fondi per tutti gli enti locali d’Italia, che finalmente possono utilizzare l’avanzo di bilancio per investimenti per il loro territorio. Tutto il resto è squallida propaganda di un partito agonizzante, che non dà più risposte ai cittadini e ai territori, a cui non restano altro che video ridicoli su Internet”.

Lo dichiarano, in una nota congiunta, il sen. Paolo Ripamonti e l’on. Sara Foscolo, parlamentari savonesi della Lega, in risposta all’on. Franco Vazio.

Milleproroghe, Sasso (Lega), il Pd completamente slegato dalla realtà
“Abbiamo letto con un po’ di stupore l’intervento dei due rappresentanti del PD, che forse si accorgono solo oggi dell’esistenza de territorio. Vigliercio dichiara che Vazio lottava in aula tutta la notte per la Liguria’, ci chiediamo che film abbia visto: forse quando Vazio lottava in aula giorno e notte per difendere la Boschi, Renzi e le banche. O forse il suo recente siparietto video su Internet per il quale è stato preso in giro da tutto il web.
Mentre Vazio era troppo impegnato alla scuola di recitazione e Vigliercio tentava di capire come spendersi per far perdere al Pd ulteriori consensi, i nostri parlamentari l’on. Foscolo, il sen. Ripamonti, il sen. Bruzzone e tutta la Lega lavoravano con serietà per cambiare questo paese e per porre rimedio ai tantissimi disastri portati avanti dai governi sostenuti dal Partito Democratico, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni. Parlano del bando periferie? Si informino meglio: Vigliercio chiami i senatori del PD, che hanno votato tutti in favore dell’emendamento, approvato all’unanimità dall’aula; mentre Vazio, che è anche uomo di legge, vada a studiare la sentenza della Corte Costituzionale sull’argomento. Inoltre, se si fossero informati adeguatamente prima di parlare, magari ascoltando le affermazioni del presidente ANCI Decaro – non certo della Lega – dopo l’incontro con il presidente del consiglio Conte, si sarebbero accorti che i fondi del bando periferie non sono stati cancellati, ma semplicemente posticipati. Renzi e il PD avevano promesso finanziamenti che non esistevano, l’attuale maggioranza ha dovuto risolvere la situazione, sbloccando contestualmente risorse vitali per comuni di tutta Italia, Liguria compresa.
Con un’uscita decisamente infelice, Vigliercio definisce ‘una vergogna’ i parlamentari della Lega del territorio e afferma che Savona “non si meritava” questi rappresentanti. Dichiarazioni che non solo mancano di rispetto verso il Sen. Ripamonti e l’On. Foscolo, ma che soprattutto insultano le decine di migliaia di elettori che, alle ultime elezioni politiche, hanno scelto il cambiamento rispetto alla vecchia politica del PD. È sempre la solita sinistra scollegata della realtà e che disprezza i cittadini”.
Lo dichiara Roberto Sasso del Verme, segretario provinciale della Lega.

Il sindaco Cangiano per una sera cameriere impeccabile e professionale, ha di fronte una big del foto e della comunità locale, l’avv. Nicoletta Mantica che è stata assessore, consigliere comunale e figlia del mitico avv. mantica che fu dinamico presidente della Pro Loco

Aiuole fiorite all’ingresso di ponente della città su una delle strade che porta al Golf di Garlenda

Pubblicità immacolata, promozione garantita direbbe l’autorevolissimo Ivg.it il ‘castigamatti’ specializzato in inchieste ed approfondimenti da far tremare polsi e portafogli

QUANDO LA CITTA’ DEL VINO ATTRAE VISITATORI DALL’ITALIA E DALL’ESTERO

SERATA E CENA CON I MARCHESI DI BAROLO, CANTINA PRESTIGIOSA

CHE AL RISTORANTE DELL’HOTEL REGINA DI ALASSIO HA PROPOSTO I SUOI VINI

Garessio: riaperto l’unico hotel del paese, un successo. Alassio vende azioni autostrada (Albenga-Ceva) fantasma da 51 anni. E Borghetto S.S.-Predosa stop da 30 anni ma spesi 220 milioni per studi di fattibilità

$
0
0

Garessio era un rinomato centro termale. Oggi le terme vendono acqua ‘curativa’ in caraffe, d’estate pomeriggi di liscio e serate da discoteca all’aperto. Garessio da località turistica della Val Tanaro, si è ritrovata in caduta libera demografica, seconde case vuote o sfitte, attività industriali depotenziate. Resta l’eccellenza dello stabilimento dell’Acqua San Bernardo ed altre tre solide industrie (una farmaceutica). Settembre 2018 con la buona novella: la riapertura della Locanda Ponte Rosa con un team famigliare di quattro persone, uno chef d’esperienza. I primi risultati, dopo il mese di rodaggio, sono all’insegna del successo, sia nel trend di occupazione della camere, sia del ristorante. Anzi nei fine settimana e week end il tutto esaurito è costante. Per Garessio l’augurio di un nuovo inizio di una lunga stagione di prosperità.

La famiglia Salvatico il giorno del taglio del nastro della Locanda Ponte Rosa

Un ambiente caratteristico – riporta uno dei tanti post su facebook – dove si può apprezzare e gustare le prelibatezze nostrane, preparate con arte e genuinità, accompagnati dalla gentilezza e dalla professionalità dei proprietari”.

Inaugurato con il simbolico taglio del nastro e brindisi il 31 agosto scorso, di venerdì (qui non sono superstiziosi), in realtà l’apertura è stata sabato primo settembre, la Locanda Ponte Rosa si trova a fare il testimone augurale di un’inversione di marcia. Finora, uno dopo l’altro, avevano cessato l’attività la decina di alberghi che negli anni rappresentavano il patrimonio ricettivo del paese. Da ultimo, nel 2010, risultavano ancora presenti nella guida ‘ospitalità’  dell’ATL (Azienda turistica locale del Cuneese) il Giardino, 3 stelle,  e Italia, 2 stelle. Garessio rimasta con due ‘Casa Vacanze, di cui una TSA, l’agriturismo (senza ristorante) La Vecchia Cascina e il Rifugio Alpino Savona del Cai.

La Locanda Ponte Rosa esordisce con buone basi e ottime credenziali. Intanto non si tratta di un’attività presa in gestione, ma in proprietà. L’immobile è stato acquistato dalla famiglia Salvatico, composta da papà Giancarlo, garessino doc, 58 anni, dalla moglie Susanna (Susy), dal figlio Davide, 25 anni, da Massimo, 48 anni, cognato della coppia  e dalla compagna che saltuariamente collabora. I coniugi Salvatico con esperienza ventennale in un bar enoteca (Kaverna)  del paese. E prima ancora, con i genitori, gestivano l’albergo Paradiso.

Più che una scommessa – dice Giancarlo Salvaticoè frutto di una scelta ragionata. Abbiamo pensato al futuro del figlio, alla sua passione e alle prospettive di vita. Poi certo si è riflettuto a lungo sulla realtà di Garessio, sull’impegno a tirarsi su le maniche, si suole dire, per noi invece si è trattato di dare una svolta. Qualcuno deve pur iniziare, mandare una segnale di lotta contro la rassegnazione. Ci siamo messi in gioco confidando nelle nostre forze attraverso un percorso virtuoso del fare sistema. Ognuno con il suo contributo concreto. Abbiamo scelto una struttura gestibile a livello famigliare, abbiamo presente sia l’impegno che ci attende, sia le potenzialità che Garessio può sfruttare anche con il nostro lavoro”.

Il primo mese è stato un susseguirsi di soddisfazioni per la Locanda Ponte Rossa. Le camere sono occupate da tecnici e dirigenti delle fabbriche del paese, una, due, tre notti, i turisti del fine settimana, i bikers, enduro, italiani e stranieri. Svizzeri, tedeschi, francesi in prevalenza. Il ristorante, con il richiamo e la professionalità dello chef Paolo Pavarino (vedi in basso il curriculum), con la priorità di esaltare la cucina semplice e del territorio, sta dando risultati di gran lunga superiori alle aspettative. C’è la clientela locale, il passaparola, il buongustaio della Riviera Ligure, della città, che apprezza il corretto rapporto qualità – prezzo e può fare utili confronti .  “Purtroppo l’unico neo, se così possiamo definirlo – ammette Giancarlo è non poter sempre rispondere che c’è ancora un tavolo libero. Di sabato e domenica l’esaurito è costante, il telefono squilla: “….ci spiace, non c’è più posto, tutto esaurito”. Sicuramente non vogliamo farci illusioni, cantare subito vittoria, però credo che con l’impegno, la serietà, la dedizione e passione, con il cliente soddisfatto e che ritorna, ci sia davvero un avvenire. Sia l’inizio di nuove opportunità turistiche per Garessio”.

E con settembre, alle spalle, il nome di Garessio fa ‘promozione’ per l’annuncio del disimpegno di Alassio, regina del turismo balneare del ponente ligure, dall’Autostrada Albenga – Garessio- Ceva Spa, fantasma da record mondiale. A 51 anni dalla fondazione e dalle ipotesi di tracciato, resta solo un Cda che si rinnova (?) ogni 3 anni, un collegio sindacale, ufficio e segretaria. I 52 soci iniziali scesi a una trentina. I dividendi pare non siano più remunerativi. Da qui l’uscita, motivata, di Alassio. E che dire dell’alternativa Albenga – Predosa o Borghetto S. Spirito – Predosa costata 220 milioni in studi di fattibilità ? E che compie, a sua volta, 30 anni e sempre palo ? (L. Cor.)

A GARESSIO UN CURRICULUM  DA INCORNICIARE –  Paolo Pavarino ha frequentato le scuole elementari

Paolo Pavarino chef nostrano del ristorante Ponte Rosa

nella frazione Mursecco, le scuole medie a Garessio, nel 1985 la scuola alberghiera a Mondovì dove si è diplomato nel 1988 con la qualifica di addetto ai servizi alberghieri di cucina. A partire dal 1990 lavora all’Hotel San Michele di Celle Ligure, Hotel Les Jumeaux di Courmayeur (AO), Hotel Villa Camilla di Varazze, Hotel Ligure di Spotorno, Hotel Villargia di Rimini, Baita Monte Pigna di Lurisia, Ristorante La Borsarella di Mondovì. Nel 1997 viene premiato con la medaglia d’oro al concorso “Tartufo d’oro”. Ha frequentato corsi di specializzazione alla scuola superiore di cucina “Etoile” di Sottomarina di Chioggia. Dal 2001 membro del Team Cuochi Piemonte partecipando a concorsi internazionali di Basilea, Salisburgo, Erfurt e in Lussemburgo. Nel 2008 agli internazionali d’Italia di Marina di Carrara è campione nazionale assoluto con il Team Cuochi Piemonte. Nel 2010 si qualifica Campione Nazionale al concorso “Cucina delle Regioni” a Varazze. E’ Campione Nazionale di cucina calda con il Team Cuochi Piemonte nel 2013 agli Internazionali d’Italia a Marina di Carrara. E’ Campione Nazionale di cucina calda nel 2014 con il Team Cuochi Piemonte nella competizione “Sapienze e sapori della cucina regionale” agli internazionali d’Italia a Marina di Carrara . Dal 2003 è  stato contitolare del Ristorante Italia di Ceva.

COMMENTO

COME FRENARE ECONOMIA E SVILUPPO NEL PONENTE LIGURE E  BASSO PIEMONTE

Albenga – Garessio – Ceva esemplare storia all’italiana che non nasconde lotte di potere, né l’ombra di interessi occulti. Semmai specchio fedele dell’incapacità o della mediocrità di un Made in Italy che ha fatto di lentocrazia, burocrazia, del fallimento dei suoi partiti politici storici nati dopo la Liberazione (Dc, Pci, Psi, Pri, Pli) una pandemia inguaribile. E una buona parte di responsabilità non è del governo centrale. Liguria e Piemonte che non hanno saputo fare squadra, si sono autoflagellate, autopunite, autodepresse.  In altri tempi si sarebbe invocato l’uomo forte, capace di decidere. Meglio il ‘governo del popolo’  giallo verde, in vita da pochi mesi, si direbbe,  che produce populismo, esibizionismo anche goffo, esasperazione, toni forti, con risultati tutti da dimostrare.

Certamente la ‘base’ del popolo: Comuni, Province, Regioni, movimenti non hanno brillato in coesione, in una visione dove ci si confronta e poi occorre decidere subito. Invece prevalgono le ‘convenienze’ elettorali dietro l’angolo, il nanismo culturale degli eletti almeno in stragrande maggioranza. Il rinvio delle decisioni, mai verità scomode, primo carburante. A farne le spese è proprio il cittadino, il comparto produttivo che dovrebbe offrire lavoro e posti di lavoro, creare un’economia solida, capace di competere.

Le fabbriche sono pressoché scomparse come la classe operaia, un tempo quasi maggioritaria. Il turismo ‘piegato’ dall’urbanizzazione immobiliare selvaggia (pochissime comunità sono scampate): dal mare, alla prima collina, alla montagna. E tanta massa, invasione da week end. Il turismo del Mittel Europa che aveva fatto la fortuna economica e sociale della Riviera Ligure e non solo (vedi i benefici e lo sviluppo vissuto anni ’70 e ’80 nell’entroterra), ormai in prevalenza sceglie altre mete.

Oggi, in corner, c’è la corsa dal mare ai paesi montani, per cavalcare il cliente dell’outdoor, e- bike, enduro, footingjogging, maratona. Ma come ignorare la ‘palla al piede’, il nostro spaventoso divario, di infrastrutture viarie e ferroviarie con il resto dell’Europa occidentale. Il danno o i mancati benefici che il gap produce, genera in termini di crescita e posti di lavoro. Altro che locomotiva veloce ! (L.Cor.)

MELGRATI, ARCHITETTO, SINDACO DI ALASSIO: VENDIAMO PERCHE’ LE AZIONI ALBENGA – GARESSIO – CEVA SPA NON PRODUCONO PIU’ NE’ UTILI, NE’ DIVIDENDI

Il logo ufficiale dell’Albenga – Garessio – Ceva

COMUNICATO STAMPA DEL COMUNE – 390 mila Euro euro esentasse è il frutto della vendita delle azioni della Albenga-Garessio Ceva di proprietà del Comune di Alassio.

L’operazione, eseguita dalla dirigente della Ragioneria Gabriella Gandino nei giorni scorsi ha portato nelle casse comunali la somma che consentirà l’avvio del primo lotto dei lavori su Passeggiata Baracca.

Si tratta di azioni che da tempo né producevano utili né dividendi – dichiara il sindaco di Alassio, Marco Melgratie di fronte a un deposito infruttifero e bloccato, abbiamo preferito investire in un’opera certa, importantissima per la riqualificazione della nostra città piuttosto che tenere immobilizzate risorse importanti per un’opera certo strategica, ma che con ogni probabilità non riuscirà a vedere la luce, quantomeno in tempi ragionevoli”.

A pochi giorni dall’affidamento dei lavori di Passeggiata Graf – prosegue il primo cittadino di Alassio – stiamo lavorando perché anche l’altra passeggiata a levante possa godere del medesimo restyling: una nuova pavimentazione in basole, illuminazione artistica e un arredo urbano consono e in linea con quello delle passeggiate già rinnovate per dare un’unità di immagine e di stile”. L’intervento riguarderà la piazzetta sul mare a ridosso della chiesa di San Francesco, il tratto verso il Torrione e quello dal Torrione fino al vicolo Morteo”.

COMPIE 51 ANNI LA ALBENGA GARESSIO CEVA

AUTOSTRADA FANTASMA MA CON TANTI SOCI PUBBLICI E PRIVATI

COMPOSIZIONE ORGANI SOCIALI PER IL TRIENNIO 2016-2018

Consiglio di Amministrazione

Luigi SAPPA – Presidente – Giovanni BALOCCO – Consigliere d’Amministrazione – Amelia CELIA – Consigliere d’Amministrazione

Collegio sindacale (Scadenza: approvazione Bilancio al 31 dicembre 2018)

Giuseppe MURATORE – Presidente –
Giorgio MARZIANO – Sindaco Effettivo –
Nicola GAIERO – Sindaco Effettivo –
Daniela TOSCANO – Sindaco Supplente –
Fabio CIGNA – Sindaco Supplente –

Si legge nell’ultimo bilancio postato sul sito della società: “Compensi amministratori €. 5.347; Compentii Collegio Sindacale (a cui è affidata la revisione legale) €. 21.434. Al 31/12/2016 vi era n. 1 dipendente (segreteria) in carico alla Società. Non sono state realizzate operazioni con parte correlate ad eccezione dei Dividendi incassati nel corso del 2016 da Autostrada dei fiori S.p.a. per €. 447.931 e Autostrada Torino-Milano S.p.a. per €. 26.495. Nel sottoporre alla Vostra approvazione il Bilancio dell’esercizio 2015, Vi proponiamo, di deliberare in merito alla destinazione dell’utile dell’esercizio ammontante ad €. 196.631″

LA STORIA IN SINTESI –  La costituzione della Società è datata 11 maggio 1967 con l’adesione di 52 Enti pubblici delle Province di Torino, Imperia, Savona e Cuneo. Sorta come ente propulsore per la realizzazione della tratta autostradale ALBENGA GARESSIO CEVA e il relativo miglioramento della viabilità esistente tra il basso Piemonte e la Regione Liguria. La Società ha sempre operato con azione strettamente sinergica al proprio ruolo istituzionale. In questi anni ha promosso Studi di fattibilità, analisi dei traffici, indagini e ricerche per addivenire al proprio scopo. Continua l’azione promozionale per la realizzazione dei collegamenti viari tra il basso Piemonte e la Regione Liguria e al tempo stesso il miglioramento della S.S. n. 28 e della S.P. n. 582.

Il dottor Luigi Sappa, presidente dell’Autostrada Albenga-Garessio-Ceva è un esperto di ponti e arcate. Dentali, perché fa il dentista.  La storia della Albenga-Garessio-Ceva (Agc) è tutta da raccontare, scriveva Il Fatto Quotidiano con Ferruccio Sansa il 6 maggio 2011. Dopo dopo 51 anni non ha messo giù un centimetro di asfalto. Pensare che il progetto era ambizioso (e discusso): un’autostrada che portasse rapidamente milioni di piemontesi nel Ponente ligure. Senza badare troppo all’impatto nel delicatissimo (e integro) entroterra ligure ? Gli ambientalisti troppo talebani?

Ricordava il presidente Sappa: “Il bello è che all’inizio la società aveva comprato azioni Autofiori. Per questo oggi, senza stipendi né gettoni a presidenti e consiglieri, abbiamo bilanci in attivo grazie ai dividendi reinvestiti. Abbiamo comprato altre azioni di autostrade come Torino-Milano, Atap, Sias. In fondo siamo una società di promozione. Organizziamo convegni e studi. Mica tanti, uno ogni 4 o 5 anni. Così abbiamo un capitale di quasi 4 milioni liquidi, con dividendi annuali di 3/400 mila euro”.

LA CAUSA CON LA CITTA’ METROPOLITANA DI TORINO

Tra gli altri debiti è stato inserito l’importo di €. 780.000 relativo a quanto dovuto alla Città Metropolitana
di Torino per la liquidazione della partecipazione cessata a seguito della comunicazione della medesima
Città Metropolitana di Torino del 4 dicembre 2015.  Inoltre la Città Metropolitana di Torino, ritenendo non congrua la valutazione determinata dal Consiglio di Amministrazione della Società, con atto di citazione del 7 ottobre 2016, ha instaurato un giudizio volto ad ottenere il riconoscimento dell’importo di Euro 1.008.051 per la liquidazione della propria partecipazione e la concessione dell’ordinanza anticipatoria di pagamento. La Società Autostrada Albenga Garessio Ceva Spa si è costituita in giudizio in data 23 dicembre 2016, chiedendo il rigetto della domanda e opponendosi alla concessione dell’ordinanza anticipatoria di pagamento. In particolare, secondo la ricostruzione della Società, le pretese dell’attrice non sarebbero meritevoli di accoglimento, in quanto il valore della partecipazione cessata si sarebbe cristallizzato al 20/27 maggio 2015, allorché gli amministratori hanno determinato e comunicato tale valore, mai contestato dalla Città Metropolitana di Torino. La Società ha inoltre eccepito l’erroneità dei criteri utilizzati per la
determinazione del maggior importo richiesto dalla Città Metropolitana di Torino preannunciando, allo
scopo, il deposito di una perizia di parte. Successivamente alla prima udienza, tenutasi in data 18 gennaio 2017, in data 17 febbraio 2017, il giudice ha emesso ordinanza anticipatoria di pagamento per l’importo di Euro 780.000,00, oltre agli interessi con decorrenza dal 20 maggio 2015.

ELENCO SOCI AL 31 DICEMBRE 2017 . Si legge  ancora sul sito dell’ Albenga Garessio Ceva S.p.a. :” E’ una Società che conta attualmente quarantuno soci che comprendono enti pubblici e privati (SPA ed SRL). Un gruppo solido e affidabile, all’altezza degli obiettivi che la società si è prefissata”.

E L’ALBENGA – PREDOSA E’ SEMPRE IN ITINERE ? NO ! NEL DIMENTICATOIO

Si legge su Wikipedia: “L’autostrada Predosa-Albenga è un’opera infrastrutturale il cui iter autorizzativo è ancora in corso. Ottenuto il via libera sul progetto definitivo, avrà inizio la costruzione del nuovo asse autostradale. Finora è stato approvato un ordine del giorno per lo studio di fattibilità dalla Regione Liguria per il tratto AlbengaCevaMillesimo. La storia di questa autostrada in progetto comincia quando nasce l’11 maggio 1967 la società Albenga-Garessio-Ceva (Agc) con sede a Cuneo dove avevano (e hanno tuttora) azioni alcuni enti pubblici (comuni, province) e anche camere di commercio.

La provincia di Savona prevede questi risultati, una volta completata l’autostrada[1]:

  • 19.000 veicoli / giorno Albenga-Millesimo, 12.000 veicoli / giorno Millesimo-Predosa.
  • riduzione del 44% del traffico totale sulla tratta attuale Albenga – Savona
  • riduzione del 32% del traffico totale sulla tratta attuale Savona – Millesimo
  • riduzione del 22% del traffico totale sulla tratta attuale Savona – Genova

Il costo dell’autostrada solo fino a Ceva per 119 km di cui 77 in galleria, 23 su viadotto e 19 in superficie dovrebbe essere di 6 miliardi di euro[2]. Inoltre nel 2010 si sono dimostrati favorevoli al progetto l’assessore ai Trasporti della Regione Piemonte Daniele Borioli, l’assessore regionale ligure ed ex sindaco di Savona, Carlo Ruggeri coinvolgendo nel progetto anche la Lombardia[3].

MA C’E’ CHI HA PROPOSTO IL TRACCIATO BORGHETTO S. SPIRITO – PREDOSA . Le ipotesi di tracciati, le obiezioni e le idee alternative si sono susseguite più volte nel tentativo di individuare la migliore soluzione. C’è chi ha teorizzato una Albenga-Garessio-Ceva, chi ha disegnato un percorso che tocca Calizzano o Bardineto, ma la più gettonata è appunto la Borghetto-Predosa: il tracciato costeggerebbe Verzi (Loano), attraverserebbe borgata San Lorenzo (Giustenice), raggiungerebbe la Val Pora e (con una galleria) passerebbe sotto il Colle di San Giacomo. Da lì interesserebbe Ponte sul Passo (Orco Feglino), Pallare, Mallare, Carcare e Millesimo. Sarebbero necessari 66 km di gallerie, per una spesa presunta che oscillerebbe tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro (di cui 220 milioni già spesi per lo studio di fattibilità).

Borghetto dossier. Il consulente Servizi Ambientali Spa, 140 mila € l’anno. Affitto della farmacia comunale, 4 mila € al mese

$
0
0

Un dossier monstre nella storia di Borghetto. Un consiglio comunale ignorato dai media. Non è più buona abitudine informare i propri lettori ? Fa eccezione l’insediamento del sindaco e quando suonano le trombe. Era il 20 luglio, tempo di bagni, vacanze, afa da sol leone. A leggere il dettagliato verbale vengono i brividi al vecchio cronista di provincia. Una seduta su temi ‘scottanti’ che coinvolge migliaia di cittadini – utenti. Si tratta della Servizi Ambientali Spa (con audizione del neo presidente avv. Bonifacino di Carcare). Altro argomento spinoso: Farmacia Comunale – Sael (neo presidente avv. Aschero di Borghetto). Quasi tre mesi di silenzio perfetto. Una frase celebre di Giulio Andreotti: A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. (Vedi il clamoroso verbale del consiglio comunale e l’audizione degli avvocati Alessandro Aschero e  Alberto Bonifacino…..). E poi c’è l’Ato unico, in itinere. Siamo, parrebbe, nella confusione più totale, ognuno tira l’acqua al suo mulino. Ne parleremo nel prossimo numero. Le informazione che abbiamo sono sconcertanti.

LA SERVIZI AMBIENTALI SPA STORY-  Non siamo a caccia di reati, non vogliamo sostituirci ai pubblici ministeri, semmai svolgere il ruolo professionale: ‘cani da guardia’ del palazzo e delle istituzioni, far sapere come viene amministrato il denaro pubblico, da chi e con quali risultati. Il secondo presupposto: sbagliato fare di ogni erba un fascio. Anche se la mela buona è sempre più un’eccezione. Il terzo aspetto: 10 anni fa con trucioli savonesi (lasciato per dare vita a trucioli.it) abbiamo cercato di approfondire l’attività della Servizi Ambientali Spa. Società interamente a capitale pubblico formata dai Comuni del comprensorio, da Ceriale a Borgio Verezzi ultimi arrivati. Porsi interrogativi, riferire fatti, circostanze, nomi, forse suonare un campanello d’allarme.  Visto che di cifre e conti reali non ci è mai stato possibile riportare dettagliatamente. Altro che casa di vetro ! Dando conto di rare iniziative di consiglieri comunali volte a dissipare dubbi, presunte zone grigie, potenziali conflitti di interesse, necessità che pur con la ‘disciplina’ di una società per azioni prevalesse la trasparenza. Dalle consulenze, agli acquisti, alle forniture, alle nomine, alle professionalità e meritocrazia, lotta agli sprechi. Bisogna ammetterlo siamo stati sconfitti da un’indifferenza generalizzata, persino emarginati, nulla di nuovo nella nostra umile carriera e sempre più isolati, invisi da potere. Ma nessuna lacrima, non desistiamo finché la salute regge.

E’ rimasto pochi mesi presidente della Servizi Ambientali Spa, Nino Roveraro, storica famiglia borghettina, imprenditore in pensione

Oggi cosa veniamo a sapere leggendo atti ufficiali del consiglio comunale di Borghetto S. Spirito ? Che “... il rapporto assolutamente regolare  del nostro consulente fiscale e societario….che risale al 2008…..è molto impegnativo economicamente – testo dell’audizione del neo presidente avv. Alberto Bonifacino classe 1985 -,  noi in base chiaramente alle attività che sono state svolte e quindi al lavoro che è stato fatto, siamo arrivati a versare  allo studio per la consulenza fiscale e societaria anche oltre 140 mila euro in un anno, quindi capirete bene, ben sopra le soglie. Ecco ora siamo in grado di  poter rinegoziare questo rapporto e soprattutto poter  invitare un numero di soggetti superiore anche a dieci, eventualmente perchè la scelta è tutta nostra per cercare di efficentare questo costo e tutto questo lo dobbiamo fare grazie a quello che il mio predecessore (Nino Roveraro ndr) ha messo in campo ed ha fatto approvare in consiglio di amministrazione”. La Servizi Ambientali Spa, nata Consorzio, trasformata in Spa, dal 19 dicembre 2002, e che ora  vede l’avv. Alessandro Vignola amministratore delegato (in quota Forza Italia e del Comune di Loano), Pietro Oliva vice presidente, Eleonora Bertolotto (Toirano), Maria Angela Palazzo (Pietra Ligure) consiglieri. Direttore generale, con ampi poteri,  Giovanni Paolo Paganelli, classe 1955, già consulente informatico analista programmatore, entrato nel 2002 da presidente del Consiglio di Amministrazione, designato da Loano (quando era sindaco Angelo Vaccarezza), carica ricoperta fino al 2006, per assumere il ruolo di  amministratore delegato (fino al 2008); dal 2007 al 2012 membro del Consiglio di amministrazione e dal 2009 pure nella veste di direttore generale, da ultimo anche ai vertici di Ponente Acque (vedi il curriculum Paganelli….).

Un’eminenza grigia, si direbbe, a cui va dato atto di non essere mai finito nella cronaca giudiziaria, se non in quella civile fallimentare prima di essere chiamato ad amministrare l’azienda pubblica. Un figlio, Francesco Paganelli, eletto con 220 preferenze alle comunali di giugno 2016, capogruppo consiliare di FI; per dare un’idea del seguito elettorale, il dr. Gianluigi Bocchio, veterano, medico di famiglia, presidente del consiglio comunale, ha ottenuto solo 6 preferenze in più. Paganelli junior che opera nello studio di amministratore condominiale di Giacomo (Gimmy) Piccinini, ex assessore loanese Dc, poi esponente Udc, forse futuro candidato sindaco con buone probabilità di successo.

Nel verbale e nella discussione che ne segue (l’audizione era stata richiesta dai consiglieri di minoranza dr. Maritano e Villa) quando si affronta il delicato caso del consulente, i due capigruppo non intervengono per chiarire di chi si tratti, Poco importa. Quasi quasi timorosi del nome di Giampaolo Provaggi ? (vedi curriculum…..) loanese Doc (Provaggi – Polla)  che in Liguria ha raggiunto importanti traguardi nella professione e molti incarichi importanti: studio a Loano e Genova. Del commercialista Provaggi ha scritto, come riferiamo a fondo articolo, il redattore de la Repubblica edizione ligure Marco Preve. Poco o nulla offre invece la rassegna stampa del primo quotidiano ligure, Il Secolo XIX. In compenso c’era una direzione (non quella attuale) forse affascinata da lobby, alcune in particolare assai attive nel contesto socio economico e nelle ‘opere di bene’.

L’AUDIZIONE DI BONIFACINO –  ” …Sono stato nominato dal Consiglio di amministrazione della Servizi

L’avv. Alberto Bonifacino di Carcare presidente della Servizi Ambientali Spa

Ambientali quale presidente il 14 maggio scorso, in questo paio di mesi mi sono dedicato essenzialmente allo sviluppo delle mie due (sic !) deleghe, vale a dire relazioni istituzionali e controllo interno e stante il momento intenso delle relazioni istituzionali a seguito  dei notissimi eventi relativi all’ex terzo ambito idrico, alla necessità di costituire un nuovo soggetto giuridico per la gestione unitaria del servizio idrico integrato in quello che è l’attuale Ato Idrico come ridisegnato dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2017, che va da Varazze a Laigueglia. Ho avuto la necessità di rapportarmi in maniera intensiva  con le amministrazioni socie della Servizi Ambientali e anche con altri soggetti di altre società partecipate, nello specifico la Sca di Alassio, Laigueglia e Villanova, il Consorzio depuratore acque di Savona che ricomprende  tutti i comuni da Finale Ligure a Varazze. Al fine di sviluppare  un progetto.  Un obiettivo determinante per garantire il perseguimento della gestione pubblica del servizio idrico integrato. …E Borghetto ha votato l’acqua pubblica…dunque in piena sintonia con l’Amministrazione del sindaco Canepa e posso dirlo anche  con i gruppi di minoranza… perché sia garantita la gestione pubblica….Gli sviluppi credo siano positivi almeno in questi due mesi, con la confluenza in una fase iniziale in una struttura consortile e la prospettiva  di arrivare  a una fuzione di tre società partecipate che operano da tempo sul territorio. ….La Servizi Ambientali che per un periodo forse  non ha proceduto speditamente verso il percorso dell’aggregazione (chi era nel Cda ? ndr) quanto le altre due  società partecipate. Le perplessità che sussistevano (nessuno si è mai accorto, né si è dato conto nei consiglio comunali interessati ndr),  ora speditamente  si va verso l’aggregazione… Recentemente, una decina di giorni fa, insieme agli altri due presidenti, l’avv. Preve di Alassio e l’ing. Ferro di Savona, abbiamo avviato quattro gruppi di lavoro… in sintonia e con il consenso di indirizzo dei principali azionisti…il Comune Loano, Alassio, Savona.  E questo per arrivare al più tardi entro  la fine di quest’anno a costituire formalmente con atto notarile il Consorzio che si proporrà di ottenere  l’affidamento in hous e quindi gestione pubblica del servizio idrico integrato nell’ATO. L’altra funzione…delle mie deleghe,  tenendo conto che le maggiori attribuzione gestionali sono riservate dalla Servizi Ambientali all’amministratore delegato ed al direttore generale, è di continuare nella meritoria  attività del mio predecessore Nino Roveraro…in carica solo pochi mesi …si è occupato in virtù delle sue competenze tecniche  e professionali di agire  sugli aspetti gestionali più rilevanti, con la collaborazione del CDA e della struttura, ha fatto regolamentare  in maniera più rigida gli affidamenti diretti di servizi, forniture e lavori…ci sono soglie oltre le quali  è necessario procedere a gare anche a livello comunitario, ci sono soglie per procedure di evidenza pubblica...ci sono soldi al di sotto dei quali si può procedere per affidamento diretto anche senza dar prova di aver chiesto più di un preventivo. Roveraro  ha creato due ulteriori sotto scaglioni parliamo della soglia dei 40 mila euro per affidamenti diretti ed in maniera più trasparente ed efficiente tutti gli affidamenti superiori a 20 mila euro… Chiaramente il tutto improntato alla trasparenza, all’efficienza e ciò nel breve periodo, entro il 2018 e 2019, ci permetterà di ottenere sensibili risparmi. Io mi sono dedicato ad analizzare una serie di rapporti contrattuali basandomi su dati di amministrazione trasparente, dove il nostro ufficio di controllo interno ed ufficio legale pubblica  tutti i dati  degli affidamenti diretti… con la collaborazione della dr.ssa Leale ho analizzato un po’ questi rapporti, ho verificato che alcuni  non rispettano le norme del nuovo regolamento interno, alcuni erano datati, …chiarisco non ci troviamo di fronte a cattiva gestione o errori, semplicemente siamo di fronte  a normative antecedenti e che ora sono state superate grazie al progetto realizzato dal mio predecessore Roveraro. Tanto per citarvi un esempio il consulente fiscale e societario….”.

Per dovere di cronaca si tratta di rilievi, non proprio cosi tecnici e precisi, che avevamo avanzato dieci anni fa, anche alla luce di ‘confidenze’ ricevute, miranti ad una più cristallina amministrazione e nell’ottica dei risparmi possibili. Chissà perché eravamo isolati e dove erano certi fustigatori, curavano troppo i loro affari, la loro attività o professione, non avevano il tempo, neppure da cittadini, di leggere, informarsi, aggiornarsi. Da che pulpito arrivano certe prediche. Il passato ci serve per accendere un faro più luminoso sul presente. Sul comportamento settario di consiglieri comunali di opposizione e di maggioranza. Alcuni anche con pratiche vendicative, vedi un piccolo esempio. Trucioli esclusa da comunicati e prese di posizione. Non accade solo a Borghetto e a Loano (con le minoranza), a Pietra ed Albenga con le maggioranze, la lista può continuare. Poverini, di che hanno paura ? Siamo i nemici da battere o da ignorare per far terra bruciata. Poveri illusi, cerchiamo di fare informazione, senza ubbidire ad interessi pubblicitari o personali.

Alessandro Aschero, avvocato civilista, borghettino, è presidente di Sael che gestisce la farmacia comunale

IL BUBBONE FARMACIA – Nell’audizione dell’avv. Aschero emerge uno spaccato politicamente squallido. I 4 mila euro che la Sael comunale paga di affitto per i locali, in piccola parte subaffittato ad uno studio medico per 800 € e come non bastasse era già intervenuto il commissario prefettizio Santanastaso per una sforbiciata. Noi eravamo rimasti alla proprietà Boschetti, ex artigiano con laboratorio sull’Aurelia tra Ceriale ed Albenga. L’affittuario ha fatto solo il suo interesse. Il Comune e chi lo rappresentava ha ‘pagato’ con il denaro dei cittadini contribuenti.  Altra piccola curiosità dei ‘ballerini’  e gladiatori in quel di Borghetto: tra le tantissime polemiche sulla farmacia nessuno aveva mai tirato in ballo il salasso affitto. Chi è il legale ed il commercialista del proprietario dei muri ? Era davvero così secondaria nella gestione pubblica la questione affitto ? Che dire di una farmacia, ad ascoltare certi cittadini,  che non è difficile sentirsi rispondere che il medicinale non c’è….oppure le chiusure….Non si dica, per favore, che questo sia un razionale esempio di gestione pubblica…

Interviene il dr. Giancarlo Maritano medico dell’Asl, veterano della politica locale: “…Un discorso che ho già fatto altre volte, intendo ripeterlo in quanto l’avv. Aschero è neofita della situazione, magari certe informazioni non le ha.  Si è deciso di alienare la farmacia – si è letto dell’inchiesta penale e dei due avvisi di garanzia ndr –  in una condizione non brillante…, gli incassi continuano a scendere, obiettivamente è un problema. …Si doveva pagare  dei premi di produzione  e spero che l’avv. Aschero non li paghi più…con una situazione del genere….e poi non l’hanno ricevuto, il premio,  i dipendenti comunali, credo non lo debbano ricevere neppure quelli della farmacia. … il rappresentante legale della farmacia  non è il presidente ma il direttore per cui chiedo di modificare il regolamento. Altre criticità: un debito  fuori bilancio e non si è mai capito dove sia nato… e uno dei motivi  per cui è stato poi sollevato dall’incarico il revisore dei conti che non ha voluto certificare …non ha dato le dimissioni… e da poco tempo è stato nominato il dr. Montaldo con cui l’avv. Aschero si  dovrà confrontare…; c’è la questione  di chi si è avvicendato nella Sael  ed hanno percepito uno stipendio anzichè il gettone di presenza.  C’è chi l’ha restituito e chi no….Sono comunque contrario a vendere la farmacia…e lo dico a titolo personale…altri invece ha scelto di vendere….vorrei che si rimettesse un po’ di pulizia in una situazione che tanto pulita non è ..”

IL MOSTRO DELL’AFFITTO –  Maritano: “….un affitto  veramente oneroso, 4 mila euro al mese…mai capito il motivo di una cifra del genere (chi l’aveva pattuita ? ndr) e perchè non sia stato acceso a suo tempo un mutuo per l’acquisto… non solo per tanto tempo si è pagato anche di più……il commissario ha fatto fare  una modifica in minus…affitto che contempla  la parte anteriore  che è quello dei locali della farmacia e la parte posteriore che è quella dei locali dell’ambulatorio che è sub affittato  a dei medici….non è  consentito proprio…dai medici la farmacia riceve 900 euro…una situazione delicata ancora più impellente alla luce della decisione di vendere…”.  Maritano ha poi evidenziato il calo delle vendite in farmacia  stante una situazione ottimale dal punto di vista della posizione che è strategica, al confine con Loano e la zona più popolosa, dove sono presenti diversi studi medici e dunque con la possibilità di incrementare  anziché diminuire le vendite.

Aschero osserva che ha preso possesso della carica solo dieci giorni fa. Deve avere il tempo di approfondire. Una situazione molto complessa. “Mi risulta che il premio di produzione sia stato sensibilmente ridotto da chi mi ha preceduto (avv. Bonifacino ndr), un premio che deve essere riparametrato a degli obiettivi fissi e precedentemente  concordati al raggiungimento degli obiettivi…. In assoluto non può essere negato a priori…anche se in questo momento inopportuno…potrebbe essere incentivo ad una maggiore produttività della farmacia….ora siamo di fronte ad una palese contraddizione…., intavolerò un dialogo con i dipendenti e le rappresentanze sindacali…e tener conto di tutte le osservazioni.  Valuterò la situazione dell’affitto in essere. Sul legale rappresentante dell’azienda ho letto lo Statuto è una questione che andrà affrontata con riferimento alla rappresentanza  dell’azienda speciale nei giudizi, è un punto non interpretabile. …Una difficoltà soprattutto nell’ipotesi che ci sia un contenzioso tra l’azienda ed il direttore per esempio…”.

Luciano Corrado

DA LA REPUBBLICA A FIRMA DI MARCO PREVE 7 OTTOBRE 2015

…..Poche settimane fa tra Banca Carige ed Abitcoop si è chiusa una trattativa per la ristrutturazione del debito di un gruppo di cooperative e società del settore edile. Quattro sono state salvate, una, la Mario Valle, storica impresa di Arenzano, è stata posta in liquidazione ad agosto. Soddisfazione da ambo le parti per i posti di lavoro salvati (si sta cercando una soluzione per i 33 lavoratori della Valle che potrebbe concretizzarsi con la cessione di un ramo d’azienda) e i crediti che non si trasformeranno in un buco nero.

Valore complessivo dell’operazione, circa 300 milioni di euro. A gestirla, da ambo le parti, professionisti Carige o molto vicini a Carige. Il gruppo Abitcoop (Lega cooperative) è stato, infatti, assistito nella trattativa dallo studio legale De Andrè di cui è uno dei soci l’avvocato Paolo Momigliano, presidente di Fondazione Carige, l’ente che della Banca è azionista. Mentre dal punto di vista finanziario Abitcoop ha potuto contare sul commercialista Giampaolo Provaggi. Quest’ultimo ha affiancato il presidente Momigliano nelle pratiche degli aumenti di capitale, negli incontri con il Mef e Mediobanca ed è stato estensore della ormai celebre “due diligence” alla base della decisione del Consiglio di Indirizzo della Fondazione di non procedere ad un’azione di responsabilità nei confronti dell’ex presidente Flavio Repetto. A fine maggio, mentre si stavano concludendo le trattative per le società della galassia Abitcoop, Provaggi entrava nel consiglio di amministrazione di Banca Carige.

A completare questo tableau , composto invero da assai pochi personaggi, va ricordato come Banca Carige e Abitcoop condividano anche un componente del collegio sindacale, Vittorio Rocchetti, altro commercialista molto gettonato, tra i consulenti prediletti della Procura nonché consigliere dell’università dell’Opus Dei. Evidentemente, un mancato accordo tra le parti avrebbe comportato anche dolorose lacerazioni personali e professionali. Invece, la ristrutturazione è andata fortunatamente in porto invece che in tribunale.

«Con la Mario Valle abbiamo dovuto separare le strade – racconta Antonio Isnardi, neo presidente di Abitcoop da pochi giorni al posto di Mattia Rossi, che aveva seguito la trattativa -. La messa in liquidazione è stata una scelta obbligata ( creditori soddisfatti con un accordo sul 70%, ndr ). Per le altre quattro società, “Primo maggio, Due Dicembre, Urbanistica Nuova e Dipendenti Fiat” il ritorno in bonis permette di garantire la continuità aziendale. Un risultato che abbiamo raggiunto grazie anche alle capacità dello studio legale De Andrè e del dottor Provaggi.

E IL 6 NOVEMBRE 2015

….Ancora acque agitate in Fondazione Carige e di nuovo oggetto di una battaglia interna è l’incarico affidato ad un consulente. Quello al professor Giovanni Domenichini al quale chiede un passo indietro Roberto Rommelli, imperiese, vicepresidente della Fondazione. Insomma, dopo il caso, rivelato da Repubblica , di Giampaolo Provaggi il commercialista dimessosi dall’incarico di consulente dell’ente presieduto da Paolo Momigliano, ecco un altro nome di peso del mondo delle professioni a livello nazionale: quello di Giovanni Domenichini, avvocato, docente universitario, nonché fondatore dello studio Bonelli-Erede-Pappalardo.

Una situazione già vissuta, con addirittura un numero di incroci ancor più numeroso, pochi giorni fa. In quel caso il consulente era Giampaolo Provaggi, che Momigliano aveva voluto al suo fianco per gestire gli aumenti di capitale, i rapporti con il Mef e per la “due diligence” alla base della decisione del Consiglio di Indirizzo della Fondazione di non procedere ad un’azione di responsabilità nei confronti dell’ex presidente Flavio Repetto. Momigliano aveva la massima fiducia in Provaggi anche perché lo stesso commercialista, ingaggiato dallo studio legale De Andrè di cui Momigliano fa parte, aveva seguito la ristrutturazione del debito da quasi 300 milioni per conto di Abitcoop con Banca Carige. E a fine maggio, mentre si stavano concludendo le trattative per le società della galassia Abitcoop, Provaggi entrava nel consiglio di amministrazione di Banca Carige. Venti giorni fa, dopo l’articolo di Repubblica , Provaggi si è dimesso da consulente della Fondazione.

Il cda di Banca Carige, primo dell’era Malacalza e sotto la presidenza di Giuseppe Tesauro, ha approvato con voto unanime alcune delibere inerenti la composizione del Consiglio stesso. In particolare è stato nominato Guido Bastianini quale nuovo amministratore delegato ed è stato costituito il Comitato Esecutivo, composto oltre che dall’ad dai consiglieri Beniamino Anselmi, con indicazione ad assumere la carica di presidente, Sara ArmellaRemo Angelo Checconi e Giampaolo Provaggi, con durata della carica fino all’Assemblea di approvazione del bilancio al 31 dicembre 2018. Nominati anche i comitati Rischi, Nomine e Remunerazione.

IL SOLE 24 ORE DEL 8 GIUGNO 2017

…I primi a dimettersi sono stati il banchiere Beniamino Anselmi e il commercialista Giampaolo Provaggi, dopo solo un semestre circa in cda…..

 

Loano, Babbo Natale e il supermercato Arimondo di 450 mq nel centro storicoDa Imperia la famiglia con 227 anni di storia ha trasformato lo stabile del Cinema Loanese

$
0
0

Nessuno scrive o ne parla da tempo. Neppure il glorioso e fortunatissimo Ivg.it (Il Vostro Giornale) l’organo della libera stampa e cacciatore anche di notizie di cani e gatti feriti o abbandonati. Che con un valido cronista segue la vita pubblica con comunicati stampa da dentro Palazzo Doria. A Loano, nel centro storico, salotto della città, si sta lavorando alacremente per ristrutturare l’ex Cinema Loanese e trasformarlo in un moderno supermercato di alimentari all’insegna “dal 1971, fare bene con passione”. Non beneficerà dell’ingresso nella frequentatissima via Garibaldi, ma da Via dell’Orto e dai Giardini Donatori di Sangue. Un Babbo Natale per la gioia dei cittadini, turisti e, a quanto pare, dei commercianti ed esercenti. Più lavoro e più affari, più convenienza per tutti ? Esempio di collaborazione e coesione ? Arriva il Gruppo Arimondo che a Imperia è pure capofila nel supermercato pensato per aiutare chi è più in difficoltà. I media locali hanno titolato: apre il ‘supermercato dei poveri’ grazie al Rotary.

Luciano Arimondo, a sn, riceve il premio dalle mani del presidente della Camera di Commercio di Imperia, notaio Franco Amadeo, con la madrina Vip della manifestazione Maria Grazia Cucinotta

I maggiori protagonisti del business sono personalità di successo. Luciano Arimondo, 69 anni, natali in quel di San Bartolomeo al Mare e un’avvincente storia lunga 227 anni. La raccontiamo copiando le loro parole: “Lavoriamo con passione e amore per fornire alle persone prodotti e servizi di qualità. Gestiamo 3 insegne di supermercati: EUROSPIN, PUNTO SIMPLY e SIMPLY MARKET e tutti i punti vendita gestiti da noi si distinguono per gentilezza del personale, prodotti artigianali, materie prime di alta qualità a prezzi convenienti – si legge nel ‘curriculum’. Sono presenti con punti di vendita in Liguria e nel Nord Italia, ovviamente a Imperia, Savona e in molte località della Riviera”. A Loano solo il fiuto, la sagacia e la tempra di un imprenditore della scuola di Arimondo hanno potuto superare tante difficoltà e montagne russe. Intanto far accettare ai commercianti di ogni colore ed appartenenza un concorrente

C’è ancora l’insegna del cinema loanese su via Garibaldi veduta verso levante

capace di dare filo da torcere persino ai colossi internazionali. Poi i lacci e laccioli, il percorso accidentato, tra Comune e Regione, dell’iter burocratico. Non sappiamo quanti siano in Liguria i ‘grandi magazzini alimentari’ che sono in attività nel cuore storico e se presenti, con quali conseguenze per il tessuto commerciale preesistente, la difesa di quelle botteghe che è la bandiera sventolata dalla Lega e non solo. Non parliamo della sinistra indicata amica, vicina e solidale, con Coop, cugini e affini. A Loano esiste ancora ? Parrebbe di sì anche se il loro rappresentante in consiglio comunale non è mai stato iscritto al Pd. Colpa di Renzi ?

Trucioli aveva già dato conto delle prime mosse, avanti  e indietro, nella trasformazione dell’unica sala cinematografica, adibita anche a teatro, rimasto in città con la demolizione del cinema Perla, opera tutto sommato di riqualificazione urbana. Questa volta, invece,

Veduta verso ponente di Via Garibaldi centro storico e salotto della città

possiamo parlare di una nuova pianificazione commerciale targata centro destra ? A danno di chi o a favore di chi ? Il tempo solitamente è galantuomo. Il sindaco Pignocca e il suo angelo custode Angelo Vaccarezza spesso armato di potere che conta e decide, non hanno da temere. Sono forti e preparati a qualsiasi invasione di campo. Avranno modo di dimostrare che l’arrivo del  Gruppo Arimondo, nella loro ottica e nei loro auspici, sarà tutto di guadagnato per la città. La tentacolare industria turistica delle seconde case e dei Bagni Marini tifa: più gente c’è e meglio è. Nessuno crede più all’illusione del turismo di qualità e dei Vip che spendono e spandono, ci restano i mega yacht nel mega porto turistico. Forse milionari o miliardari e saranno i primi ad apprezzare le scelte di ampliare l’offerta commerciale con generi popolari.

Quanta fatica comunque per Luciano Arimondo. Il primo Dia presentato il 4 novembre 2016, un Scia nel 2017, poi nel 2018, l’ultimo in ordine di

Il vicolo di accesso all’ingresso principale che da su via Garibaldi e corso Europa

date il 19 aprile scorso. E forse ce ne vorrà ancora. L’istanza al Comune è di “ristrutturazione edilizia cambio d’uso da pubblico esercizio (cinema- teatro ndr) ad attività commerciale sita in via Garibaldi 80-84″. Il progetto e direttore lavori dell’architettonica affidato al principe delle progettazioni, anche le più complesse e tortuose: Studio Angelo e Davide De Francesco. Un tecnico che ha buon ragione non teme rivali o l’arrivo di concorrenti progettisti sulla piazza. Anzi più ce n’è, maggiore è la concorrenza. Stesso discorso, pare di capire, per quanti hanno accolto a braccia aperte la nuova grandiosa attività commerciale. Altro progettista  e direttore lavori di opere in cemento armato, l’ing. Carlo Traverso. De Francesco e Traverso due famiglie note e pare  benemerite per la città.

I lavori sono iniziati il 31 luglio e la presunta ultimazione era prevista il 31

Il tunnel di via All’Orto passaggio pedonale all’ingresso sud del supermercato Arimondo

luglio scorso. Si sa quando si inizia, ma la fine è quasi una roulette. Una delle maggiori novità del progetto, quella che impediva il semaforo verde all’operazione commerciale, era la mancanza di parcheggio nell’ambito della stessa struttura. Con inventiva ed ingegno hanno estratto dal cilindro una soluzione originale ed imprevista. I posti auto richiesti ospitati in un silos aereo all’aperto che si affaccia su corso Europa e sul palazzo a monte (in parte ospita l’hotel Milano), sui tetti che si affacciano sul lungomare. Recupero e valorizzazione, una mano lava l’altra. L’appalto lavori, strutture in cemento armato e opere edili, a Castiglia Costruzioni Srl di Carcare, responsabile lavori lo stesso Luciano Arimondo di San Bartolomeo al Mare, committente Arimondo Srl con sede in via Aurelia a Savona. In un momento di crisi, ma a Loano santa Edilizia non si è mai fermata, nonostante il Puc sia irremovibile (meglio saturare l’esistente e non far crollare i prezzi al mq.), sono interessate dai lavori: Giribone Asfalti di Mauro Antonio Boragno, Mr Costruzioni di Roberto Margone, Roby e Alma Ponteggi, BGS Impianti Sas di Franco Santo E C. FRT di Alessio Fiorito e Giuseppe Sas Siglabile Sas, Impresa Cerruti, Paolo Ottonello, Expertagli Liguria Srl, Fratelli Zanti Srl.

Responsabile dell’impresa esecutrice Fabio Carlini e importo complessivo stimato 700 mila euro, quasi il costo di un appartamento di 100 mq richiesti nei nuovi ‘palazzi di vetro’ sorti sull’Aurelia negli ultimi anni e che pur con metrature inferiori sono andati a ruba, una media di 370 mila € per un bilocale e trilocale a seconda se vista a mare o vista collina.

Con lo sbarco del Gruppo Arimondo, Loano è tra le località  turistiche della costa che offre più opportunità di supermercati alimentari (esclusa Albenga, più popolosa, meno turistica che però ha le vallate). Loano con un importante ed ampia attività (non alimentari ), che si trova in centro, sull’Aurelia, in un nodo strategico e di passaggio, con un assortimento e prezzi imbattibili. Gestito da una solida e seria famiglia cinese e dove si riceve puntualmente ed inesorabilmente lo scontrino per una spesa di 20 centesimi. Loano dove sono già presenti una

L’ingresso a nord visto da corso Europa

trentina i locali commerciali ad opera di extracomunitari e si ripete il cliché di altre località rivierasche. Dove il commerciante italiano non riusciva a pagare affitti, tasse e spese, ci riescono gli stranieri, specializzati nei prezzi per tutte le tasche, prodotti made oltre Oceano. Ci sono poi i rivenditori extracomunitari di frutta e verdura capaci di praticare orari non stop, dalle 8 alle 23- 24 in estate, non sarà merce a km zero. Si risparmia e resistono. Loano con la presenza dell’unica famiglia coinvolta nei supermercati (dunque gli utili restano in loco) e nell’attività alberghiera, compresa quella di levante in attesa da 30 anni, non per colpa dei Del Balzo, di chi non ha interesse a realizzare alberghi, né residence. Resiste la vocazione al mattone che qui ha tanti benevoli seguaci a scacchiera. Loano che, in centro, può contare su Coop Liguria, e altre 10 (dieci) presenze importanti quali Conad (2, via Aurelia e strada per Verzi), Crai (2 via Garibaldi e via Aurelia), Eurospin, Del Balzo (3), MD Discount, sull’Aurelia, mentre in via Stella, dietro le banche, c’è SIMPLY.

Luciano Corrado

COSA RAPPRESENTA IL GRUPPO ARIMONDO NEL PONENTE LIGURE

 COSA SI LEGGE E SI SCOPRE NELL’ARCHIVIO STAMPA, WEB E CARTACEO

A 150 imprese fra le più longeve d’Italia selezionate, su tutto il territorio nazionale dalle Camere di commercio, è stato conferito un riconoscimento simbolico per aver contribuito con i loro meriti imprenditoriali alla costruzione del sistema economico italiano in questi ultimi 150

Il cantiere nord che si affaccia sulla piazzetta Donatori di Sangue

anni della nostra storia. Tra queste c’è l’impresa di Luciano Arimondo a San Bartolomeo al Mare, premiato dal presidente della Camera di Commercio di Imperia,  notaio Franco Amadeo e da una madrina d’eccezione, la bellissima Maria Grazia Cucinotta. La cerimonia si è svolta a Roma presso Palazzo Colonna nell’ambito della festa promossa da Unioncamere per i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Nell’ambito del progetto ‘Arimondo Sviluppo‘ l’azienda ha avuto accesso a ‘finanziamenti ed aiuti per investimenti in macchinari, impianti e beni intangibili ed accompagnamento dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale’.

LA STAMPA: ARIMONDO E ROTARY  IMPERIA IN AIUTO DEI POVERI

Per venire incontro alle sempre più pressanti richieste dei bisognosi, che faticano a trovare i soldi per mangiare o per soddisfare i bisogni

Lavori in corso per la costruzione del solettone destinato al parcheggio sopraelevato per i clienti del supermercato

primari, è in arrivo a Imperia una sorta di «supermercato per i poveri», che dovrebbe aprire i battenti a inizio 2018. L’idea nasce da Paola Muratorio, past president del Rotary imperiese, che ha l’appoggio dei Servizi sociali del Comune e l’aiuto della grande distribuzione: a farsi avanti è stato Luciano Arimondo, che nel capoluogo gestisce Simply ed Eurospin. Come locali è stata individuata una struttura di 80 metri quadrati lungo l’Aurelia a Porto Maurizio, concessa in uso gratuito dalla parrocchia di S. Maurizio.

Spiega Paola Muratorio: «Con la distribuzione locale stiamo parlando di questo progetto da due anni. Come Rotary abbiamo ristrutturato i locali che si trovano in corso Garibaldi. Stiamo predisponendo lo stato dell’associazione che dovrà gestire questo

L’accesso da corso Europa sulla piazzetta

polo, basandosi sul volontariato. Il “supermercato” sarà a disposizione di indigenti segnalati dal Comune o dalle parrocchie. Non circolerà denaro: gli utilizzatori ricorreranno a carte di credito prepagate, sulla scorta di quelle a suo tempo distribuite dall’Amministrazione comunale. Saranno fissati tetti per l’acquisto, in modo da evitare che le persone facciano incetta di materiale. Si tratterà per lo più di alimentari, ma anche di prodotti per l’infanzia. Uno dei nostri soci, Luciano Arimondo, garantirà canali di rifornimento fornendo prodotti in scadenza ma anche beni a prezzi di favore». Prosegue: «Lo schema di statuto in preparazione terrà conto delle indicazioni fornite della nuova legge per il Terzo settore. L’inaugurazione della struttura è

Addio caro vecchio Cinema Loanese della famiglia Del Balzo, non quella dei supermercati commerciali a Loano ed Albenga

prevista all’avvio dell’anno nuovo e farà parte delle iniziative che coincidono con il sessantesimo anniversario delle fondazione del Rotary. Per la gestione di cassa e magazzino verranno impiegati a rotazione 6 volontari, scelti tra chi svolge questo tipo di attività. Dovranno anche seguire appositi corsi di formazione».

IMPERIA POST – Il «supermercato dei poveri» non resterà aperto tutti i giorni e forse avrà un orario limitato alle ore mattutine. Aprirà entro l’estate 2018. Purtroppo non ha potuto rispettare la tabella di marcia.

Un supermercato pensato per aiutare chi è più in difficoltà. È questa l’idea nata da Paola Muratorio, ex presidente del Rotary imperiese, al fine di dare una mano a coloro che faticano a fare la spesa e a comprare i beni di prima necessità. Il progetto ha l’appoggio dei servizi sociali del Comune di Imperia e degli imprenditori Luciano e Roberto Arimondo. Il “supermercato” sorgerà nei locali messi a disposizione in comodato d’uso dalle Opere Parrocchiali di San Maurizio, in corso Garibaldi, e venderà i prodotti a prezzi molto convenienti. “Ho ideato il progetto insieme al Rotary due anni fa, quando era presidente Paolo Riello – spiega Paola Muratorio– e ho portato avanti l’idea durante la mia presidenza. Adesso è in carica Giuseppe Fossati, ma continuo ad occuparmi del progetto, che è in via di ultimazione.

È l’evoluzione di ciò che portava già avanti il Rotary – continua – ossia il pacco alimentare, con la creazione di pacchi donati alle famiglie. In questo modo si sostituiscono i pacchi in una forma evoluta per aiutare le persone con scarsa disponibilità finanziaria durante tutto l’arco dell’anno. Verranno venduti prodotti a prezzi molto concorrenziali, senza utile – aggiunge – in locali messi a disposizione dalla parrocchia di San Maurizio. Dato che non erano in stato ottimale, come Rotary abbiamo avviato dei lavori di ristrutturazione, ultimati a giugno. A breve verranno installati gli scaffali. A fare la spesa saranno persone già seguite dal Comune e pensiamo di far adoperare della carte di credito prepagate. Nel frattempo è uscita la nuova legge per il terzo settore quindi dobbiamo aspettare i decreti per sapere come gestirlo. Vorremmo ovviamente gestirlo come associazione senza scopo di lucro, con volontari che dovranno rispettare i canoni necessari per la vendita di prodotti alimentari. L’auspicio – conclude – è di aprirlo entro fine anno o a inizio del nuovo anno”.

IL LUNGO CAMMINO DI UN’AZIENDA LEADER
Dal 1791 lavoriamo con passione e amore per fornire alle persone prodotti e servizi di qualità. Gestiamo 3 insegne di supermercati: EUROSPIN, PUNTO SIMPLY e SIMPLY MARKET e tutti i punti vendita gestiti da noi si distinguono per: gentilezza del personale, prodotti artigianali, materie prime di alta qualità a prezzi convenienti.
Nei punti vendita gestiti è possibile trovare il banco gastronomia, panetteria e pasticceria dove acquistare prodotti artigianali realizzati nei laboratori per assicurare al cliente un servizio ulteriore che spesso non si trova nei discount.
Ci basiamo su precisi principi: integrità, valore delle persone, rispetto e responsabilità che cerchiamo di mettere in pratica tutti i giorni in tutti i punti vendita. Prima di essere un’azienda siamo una grande famiglia e questo si sente e si vede nella qualità del servizio che offriamo. La nostra mission è di garantire la qualità delle materie prime: verdure e frutta di stagione e a km0, prodotti di pasticceria e panetteria senza conservanti, carni di prima scelta. Vi aspettiamo nei nostri prodotti vendita, a braccia aperte!

ORIGINI STORICHE DEGLI ARIMONDO

Le origini dell’impresa risalgono al 1791 per iniziativa di Giovanni Arimondo commerciante di generi alimentari e non. Nel tempo alla guida dell’azienda si sono alternati i membri di questa famiglia originaria del Ponente ligure. Intorno alla metà del Novecento un altro Giovanni Arimondo ricevette dalla Camera di commercio di Imperia “il premio al lavoro e al progresso economico” per la sua attività commerciale comprendente anche un moderno impianto di panificazione. Nel 1976 Luciano Arimondo iscrisse la sua ditta individuale operante a Diano Marina nel commercio, così come recita la visura camerale, di “commestibili”. Negli anni seguenti l’imprenditore originario di San Bartolomeo al Mare acquisì diversi punti vendita sempre a Diano Marina, compreso un laboratorio di gastronomia e pasta fresca. Nel 1992 l’impresa veniva trasformata nell’Arimondo Srl, primo passo per uno sviluppo dell’attività assai rapido che avrebbe portato, nel giro di una quindicina d’anni, alla creazione di un vasto patrimonio commerciale. Ai negozi di Diano Marina, infatti, si sarebbero aggiunti quelli di San Bartolomeo al Mare (compreso lo stabilimento balneare con pizzeria, bar e ristorante) e i diversi punti vendita a marchio “Eurospin” (due a Imperia e uno a San Bartolomeo al Mare, Vallecrosia, Albenga e Alassio) e quelli a marchio “Sma” di Finale Ligure, Toirano, Villanova, Vado Ligure, Cervo, Stella e Prino. Attualmente la società è amministrata da Luciano Arimomdo e dal figlio Roberto.

Savona: il commiato da Nicolò Siri, dimenticato dalla città che ha ‘servito’ da giornalista rispettoso e schivo per decenni

$
0
0

Le cronache dei media savonesi hanno reso ‘onore’, all’unisono, a Nicolò Siri, 90 anni festeggiati in famiglia il 20 gennaio, giornalista professionista dal maggio 1978, una vita spesa nei giornali quotidiani e settimanali, al Gazzettino Rai Liguria, e fino all’ultimo, da pensionato, a Radio Savona Sound. “Per cortesia non scrivere nulla, non ci tengo”  rispondeva al collega quando chiedeva come trascorreva la giornata. Lo hanno descritto ‘decano dei cronisti’ e del giornalismo savonese. A loro volta cronisti poco attenti, se non altro perché il decano di anni e di iscrizione all’albo professionale, da pubblicista, è Remigio Vercellino, un’esistenza da corrispondente per quotidiani e settimanali dalla Valbormida e da ultimo cittadino di Savona. Classe 1925, tre anni più anziano di Siri, entrambi nati nel mese di gennaio. Vercellino iscritto all’albo dei giornalisti liguri dal 5 maggio 1959.

Nicolò Siri nel dicembre 2016 al tavolo, solitario ed abituale, del suo ristorante prediletto, FuoriDalleRighe di via Pia, dove ogni giorno si recava per pranzo, sempre in giacca e cravatta

Nicolò Siri che ci capitava di incontrare verso l’ora di pranzo in via Pia. Un fedelissimo del ristorante FuoriDalleRighe, cucina famigliare e genuina, a scelta vegetariana. Il locale prediletto: “Ci vado ogni giorno per pranzo da quando sono  vedovo, mi trovo bene, una cucina leggera, prodotti freschi, mai problemi di digestione, lo consiglio e non è caro”. Capitava di ritrovarci alcune volte, raggiunto anche dal giovane nipote. Nicolò che pensi della tua Savona, chiedevamo ? “Ormai mi sono ritagliato questi anni e soprattutto dopo che non mi posso più spostare come un tempo, ascoltando tanto musica classica, leggendo, ogni tanto incontro e sento qualche amico “. Nicolò, eppure hai avuto una parte diciamo importante nella tua città, negli anni in cui i savonesi leggevano numerosi gli articoli, ascoltavano Radio Rai Liguria (Il Gazzettino del mattino…) da Nicolò Siri…Forse meritavi di essere ricordato, ripeto sempre: è da vivi che bisogna essere rispettati. Nicolò: ” Ma perché parli di queste cose, io ho lavorato e

Il giornalista Siri in uno dei suoi frequenti atteggiamenti nel ristorante dovesi servono anche piatti vegetariani che lui apprezzava e niente vino

cercato di fare il mio dovere, mi pagavano e anche bene almeno quando sono stato assunto a La Stampa. Per il resto non ci tengo proprio ad apparire, lascio agli altri, magari più bravi e meritevoli di me….lo sai che non mi piace polemizzare. ” Nicolò, forse me ne potrei andare prima di te, ho un cuore da carrozzeria, come vorresti essere ricordato un giorno ? “….lascia perdere, non sono nessuno, penso di non aver mai avuto nemici, qualche dispiacere ed arrabbiatura, direi…scrivi che Nicolò vuole riposare in pace”.

C’è chi, come l’ex vice comandante dei vigili del fuoco di Savona, Michele Costantini, da pensionato collaboratore fisso a La Stampa (non contrattualizzato, pagato a notizia), nel suo ricordo scrive: ” “…Nic era

Nella foto d’archivio di trucioli, fine anni ’60, Nicolò Siri, con il prefetto di Savona dell’epoca, Aldo Princiotta, il giornalista Luciano Angelini, l’avv. Angelo Preve di Alassio, al suo fianco Mario De Michelis, presidente  Azienda di Soggiorno a Laigueglia, a ds il prof.  De Benedetti giornalista

soprattutto un cronista di bianca, la politica, il porto, la cronaca sindacale, la sanità…con passione, obiettività, scrupolo, evitando sempre il ruolo di giornalista schierato che i lettori avevano sempre apprezzato e riconosciuto. …tanto da poter dire che in tanti anni non aveva neppure ricevuto una querela….“. Forse Costantini non deve essere molto in sintonia con Travaglio che nella sua ‘carriera’ parla di almeno un’ottantina di querele e i nemici gli contestano solo una (piccola) condanna pecuniaria. Oppure Antonio Ricci con Striscia La Notizia. O ancora, lo scrittore Roberto Saviano. Oppure come il mitico capocronaca del Secolo XIX, Pietro Ferro, compianto, che solleva dire: “Se da cronista non becchi almeno cinque querele non sei nessuno…“. Una querela non va considerata un titolo di merito, ma neppure di demerito se si tiene conto della valanga di querele ed azioni civili anche temerarie che colpiscono decine di giornalisti spesso impegnati in inchieste, approfondimenti, denunce per smascherare i piani alti del potere che conta, dei colletti bianchi del terzo livello, del diffuso sistema di corruzione. E’ vero, Nicolò non era tagliato per combattere, faceva bene e con passione, dedizione, la sua parte. Insomma non apparteneva al giornalismo d’assalto che non  condivideva. A suo dire, ad ognuno il suo compito e toccava semmai alle istituzioni difendere onestà, legalità e democrazia.

Nicolò cattolico praticante, non bigotto, che era stato pure collaboratore de Il Cittadino di Genova, quotidiano  ligure della Curia di quella diocesi e soprattutto ha firmato molti articoli per il settimanale Il Letimbro della Diocesi di Savona – Noli. Chissà se qualcuno a Palazzo Sisto e dintorni, tra le associazioni culturali, dopo aver letto della scomparsa del giornalista Siri farà un piccolo esame di coscienza.

Che dire quando Costantini invoca la ‘credibilità che conta, che fa di un giornalista, un giornalista con la G maiuscola. E che nella sua lunga carriera (alcuni media come Ivg ed altri l’hanno addirittura promosso caporedattore a La Stampa ) Nicolò di credibilità né ha avuta tanta“. Chissà se Nic avrebbe omesso di scrivere il dolore dei famigliari. Oppure come avrebbe commentato che i colleghi di oggi e di ieri a La Stampa non sono riusciti a far pubblicare un doveroso necrologio come spesso si legge quando se ne va uno che apparteneva alla grande famiglia del quotidiano torinese e nazionale. Ecco la scuola giornalistica del gentiluomo Costantini, rotariano, ci riporta al tema del rispetto della verità, ma anche della completezza dell’informazione.

(L.Cor.)

 

 

Pietra Ligure: Antonio Viani da capitano del Nautico di Savona ad ‘ambasciatore’, in Germania con 60 dipendenti, dell’alta enograstronomia ligure e made in Italy

$
0
0

Antonio Viani un’eccezionale storia di vita per gli alunni delle scuole, per l’Università della ‘Terza Età’. La straordinaria avventura di un pietrese, da marinaio a migrante in Germania. Pagine da tramandare ai posteri per non essere dimenticate. Nato a Pietra Ligure, figlio di U Sciu Tugnin Bulla e da A Scia Rusetta, donna bellissima. Un nonno precursore in Liguria dell’import di frutta secca e gli avi armatori. Commerciavano, via mare, grano destinato agli ormai storici mulini ad acqua sorti lungo torrenti o il ‘beo’. Oggi Antonio ha cittadinanza e moglie tedesca, due figli, 4 nipoti. Lui turista nella sua città dove trascorre le vacanze un paio di volte all’anno nella dimora di famiglia. Villa Accame sul lungomare, in centro storico, schiacciata tra palazzi, vista sul ‘cantiere navale’.

Antonio Viani un giovanotto di 82 anni durante l’intervista a Villa Accame di Pietra Ligure

Herr Antonio ci accoglie una domenica mattina d’autunno, quando strade, piazze, passeggiata mare, non brulicano più di turisti alla ricerca di sole, bagni, relax; tornare a casa abbronzati, raccontare agli amici l’ultima vacanza sulla Riviera delle Palme (?). Ottobre non è più tempo di Stabilimenti balneari aperti, l’arenile, da ponente a levante, quasi deserto. Nei dehors, nei ristoranti, pizzerie, bar non si fa più ressa per trovare un tavolo libero. L’immagine di una città di provincia a misura d’uomo e qualità della vita. Senza la caccia al posto auto, senza il rombo di motori, senza respirare massicce dosi di polveri sottili da gas di scarico, causa traffico che risparmia solo pochi ‘fazzoletti’ del perimetro urbano.

Ora, invece, vacanza ideale antistress. Ma non bisogna farsi illusioni, nessuno pensa si possa vivere, crescere, lavorare, produrre in una sorte di paradiso terrestre. E’ il prezzo che si paga al progresso o meglio al consumismo e alla mondializzazione crescente. A Pietra Ligure, come in altre realtà costiere di vacanze, i risultati della diffusa opera di distruzione ambientale a suon di cemento e speculazione immobiliare, con rare eccezioni, ha fatto tutto il resto.

Eppure sono sempre più numerosi i cittadini di questo mondo, soprattutto della società opulenta, che si rifugiano dove madre natura accoglie con tutti i suoi tesori ambientali, sono le mete predilette per le classi sociali benestanti.

Herr Antonio, nel cuore e nell’animo, è rimasto pietrese, legato ai ricordi di famiglia, di infanzia, di un giovane che, dopo essersi diplomato all’Istituto Nautico di Savona, si guarda attorno, riflette, sceglie la vita di mare, lontano da casa, dagli affetti, dalle abitudini quotidiane. Il destino gli è amico, ma è anche la sua forza interiore, l’educazione ricevuta, orgoglio, ambizioni, spirito di sacrificio, serietà che finiscono per coronare uno straordinario successo. Un lunghissimo tour di esemplari esperienze, di impegno, coraggio. Un tassello dopo l’altro, da vincitore, primo in classifica. Al punto che il giovane migrante partito dalla storica Castrum Petrae può esibire, con quell’umiltà che lo accompagna, un invidiabile curriculum che ormai gli serve soltanto per rispondere alle domande del cronista. Tanti lucidi momenti da tramandare e valorizzare, far sapere finché  c’è salute e memoria. Al punto che potremmo definirlo uno sgarbo, prima che sia troppo tardi, non averlo ancora insignito nell’album dei ‘Pietrese dell’Anno’.

Herr Antonio si racconta, con una lucidità non comune: ” Dopo le medie a Pietra Ligure, ho scelto il Nautico a Savona, ogni mattina in treno con altri compagni della mia città, di Loano, Albenga, Alassio, Finale Ligure. Mi sono diplomato, senza perdere un anno, capitano. Era il 1957. Poi il primo imbarco sul mercantile Italterra del gruppo Italnavi. Caricavamo nel porto commerciale di Genova le auto della Fiat  destinate all’America del Nord, attraverso il Canale di Panama, uno spettacolo unico per me, Los Angeles, San Francisco. Si tornava carichi di altra merce. Una traversata e ritorno di tre mesi. Un’esperienza ripetuta quattro volte. Ovviamente non da comandante, allievo ufficiale e con il I° ufficiale in cambusa.

Il destino vuole che il giovane Antonio conosce a Pietra Ligure quella che poi diventerà la sua diletta moglie e mamma di due figli. “I miei genitori – continua – gestivano una pensione famigliare dove ci troviamo in questo momento, Villa Accame e tra gli ospiti c’era la famiglia della turista con la quale convoleremo a nozze. Decisi cosi di lasciare l’armatore italiano, feci domanda ad un armatore di Amburgo. Detto fatto, imbarcato, questa volta, come ufficiale. Un vecchio mercantile, 9 nodi all’ora, solcavo l’oceano tra Svezia, Norveglia, Inghilterra Argentina, Brasile, ancora America del Nord”.

Uno dei tanti ‘navigatori’ costretto a restare lontano da casa e dagli affetti. Una vita avventurosa si direbbe. Antonio: ” Era il 1959, il periodo Pasquale. Dalla nave inviai un telegramma: “Carissima Ingrid voglio fidanzarmi con te….“. Risposta, sono d’accordo e felice. Sceso a terra ci siamo fidanzati con lo scambio di anelli come vuole la tradizione germanica e sono tornato a navigare”.

Un fidanzamento abbastanza solitario ? ” Credo fosse il giorno di Pasqua o Pasquetta, da Pietra Ligure giunse mia mamma e mia sorella. Avevo 23 anni, l’entusiasmo non mancava. Ma quale futuro. La fidanzata dopo pochi mesi espresse un desiderio “Avrei piacere se cambi mestiere….”. Era il mese di ottobre del ’59, d’accordo. Ho presentato le dimissioni, iniziava per me un nuovo percorso di vita e qualche incognita…”.

Il sorriso di Herr Viani diventato cittadino tedesco, nazione di cui apprezza tante virtù

Il lavoro, un’occupazione, pare di capire. Antonio: ” Un po’ di fortuna non guasta. Iniziai con la rappresentanza di macchine fotografiche della Zeiss di cui si occupava già il papà di Ingrid. Nello stesso tempo mi guardavo attorno  e seppi che l’Olivetti era alla ricerca  di un venditore che parlasse il tedesco. Feci domanda, allegai il curriculum, fui convocato e in pochi giorni iniziai a fare pratica, a imparare, conoscere la nuova realtà commerciale. Mi assegnarono una piccola zona della città di Hannover, allora si vendevano macchine da scrivere e calcolatrici. Nonostante non potessi esprimermi al meglio nella lingua, in pochi mesi seppi che ero diventato il più ‘produttivo’ tra i venditori Olivetti della città. Il direttore della filiale volle conoscermi, fece i complimenti, proponendo la promozione a responsabile generale  dell’Olivetti nella città di Göttingen (Gottinga in Bassa Sassonia ndr). Incarico che assunsi dal primo luglio 1961″.

Difficoltà ? Un ruolo impegnativo per uno ‘straniero’ ? “In effetti la regione è conosciuta per la sua gente piuttosto riservata, non da facilmente confidenza o fiducia, non ti accoglie  di primo acchito, deve conoscerti. Anche in questo caso è stato molto di aiuto mio suocero, la clientela era soprattutto tra le aziende, il settore del commercio, uffici professionali. Iniziava l’era dei primi computer. Un’esperienza coinvolgente. 25 anni con l’Olivetti e uno staff, da titolare, di una ventina di persone, tra tecnici, venditori, addetti alla contabilità. Ero diventato insomma un datore di lavoro e con successo.  Tutti gli anni, noi dell’Olivetti, ci incontravamo alla Messe (fiera) di Hannover dove si invitavano oltre ai dipendenti, i clienti.  E’ in uno degli ultimi incontri che un altro titolare di filiale Olivetti, in Germania, mi chiese se volevo vendere l’attività. Risposi: devo farci un pensierino”.

Un quarto di secolo sulla rampa Olivetti, un crescendo continuo di fatturato. Antonio: ” In realtà succede che nel 1973, per una serie di circostanze, inizio a commerciare, con passione, il made in Italy della gastronomia, anzi tutto ciò che ha a che fare con i tartufi. Dando vita, nel volgere di poco tempo, alla seconda ditta di prodotti gastronomici italiani della zona dove vivevo. Era un mercato fiorente, i tedeschi erano attratti dai tartufi, tante ricette, persino salami e würstel  al tartufo, materia prima che arrivava dall’Umbria e vendevo  ad industrie alimentari, a negozi di gastronomia. Il prezzo si aggirava sui 300 marchi al kg.

Signor Antonio,  business col vento in poppa ! ” E’ vero, ho fatto un buon lavoro e riuscivo ad occuparmi, con profitto, di due aziende. Con la clientela che continuava a crescere di numero e volume d’affari,  utili di bilancio. Di pari passo ho esteso la gamma dei prodotti italiani importati e inseriti nella filiera di vendita. Tra i primi olio extravergine ed aceto, pesto, specialità in vasetti. Nell’87 mi è capitata l’occasione di cedere la rappresentanza Olivetti, con l’obiettivo di dedicarmi esclusivamente all’import di prodotti italiani. Con il provento della vendita ho investito in quello che si può definire un piccolo stabilimento, centro di stoccaggio, confezionamento. Anche in quel caso, nella nuova sede abbiamo iniziato in 3 – 4 persone”.

E ora ha deciso di fare il pensionato, staccare la spina ? ” Diciamo le cose come stanno. Oggi l’azienda ha una sessantina di dipendenti, ma il merito non è solo mio. Anzi, diciamo che è soprattutto di mio figlio Remo, classe 1968, diploma al ginnasio. E nato in Germania, parla perfettamente l’italiano, sposato, due figli. Prima di affidargli le redini ci siamo trovati d’accordo che solo parlando bene la lingua di papà non avrebbe incontrato difficoltà. Così è stato. Remo si è trasferito a Milano in una scuola di lingue, dopo sei mesi era già pronto. La seconda tappa che consigliai: prima devi ancora conoscere tutti i fornitori che abbiamo in Italia, dalla Sicilia al Trentino Alto Adige, alla mia Liguria. Ne visitava tre in settimana, a 360 gradi. Tutto ciò che si doveva sapere dal campo, alla lavorazione. Io avevo 59 anni. Ho scelto di farmi da parte, seppure gradualmente, comunque affidando a lui la responsabilità. ‘Remo fai tu, sono tranquillo....’. Era il 1995, con 25 dipendenti, ora sono oltre 60. …

Parliamo dei suoi ricordi d’infanzia, com’era Pietra Ligure….Antonio : “Diciamo un Bel paese e ha un posto tutto particolare nel mio cuore. Però…però….ormai da cittadino tedesco per scelta, devo aggiungere, è una città che continua a perdere colpi, posizioni, non si investe, non guarda al futuro e ogni volta che vengo la trovo peggiorata. Il cantiere…che pena, persino un edificio come Il Flora non merita neppure il decoro della pittura…mi si dirà perchè non dai il buon esempio ed inizi ad investire…a dire il vero mai pensato, non ho la forza finanziaria “. Lo interrompe l’amico di infanzia Renato Rembado, ranzino Doc, operatore turistico, scrittore e ricercatore di storia locale. “Amici per la pelle da giovani, per tornare ad incontrarci proprio in Germania”. Rembado: “Sai Antonio cosa si dice a proposito del cantiere ? Visto che Colaninno rinvia, non vede l’affare, tempi lunghissimi ormai. Ho ascoltato questa proposta. L’area a mare del cantiere potrebbe ospitare fino a dieci concessioni balneari, il prezzo si aggira sui due milioni a Stabilimento Balneare, ecco  trovati i soldi per finanziare l’opera”. Viani : “…. però anziché palazzi e palazzine, da migrante che ha visto un pochino il mondo, opterei per una soluzione di sicuro effetto e richiamo turistico, urbanistico, commerciale per l’intera città, i secoli a venire.  Una grande piazza, con tanto verde e giardini…..”.

Antonio e Renato amici da ragazzi, con don Luigi Rembado si andava a Calizzano, tutti a piedi fino al Colle del Melogno. Da giovanotti frequentavano la pista da ballo fuori dal cantiere navale, il Flora. E poi: “Al Capanno di Ranzi un giorno ci siamo ritrovati in tavoli diversi, con le rispettive mogli tedesche. Ci siamo abbracciati….”.

E’ il momento del saluto, della stretta di mano. Signor Viani è davvero interessante leggere il sito dell’azienda che lei ha fondato e di cui andare orgoglioso. Tra i prodotti molte eccellenze autentiche e riconosciute dell’enogastronomia italiana, in piccola parte ligure. Lo sa a quando offrite, via internet, nella carrello della spesa, l’Oliveno’l Extra in Tonkrug mit Streifen (in brocca di terracotta con strisce), bottiglia da 500 ml ? “No, no, dovrei vedere..“. Costa 39,90 pari a 79,80 al litro. Da primato ! Viani: “Davvero, è sicuro, se vendiamo a quel prezzo lo vale ed ha un mercato seppure selezionato….altrimenti che senso avrebbe proporlo ….. “. E il Parmigiano Reggiano Dop Riserva, 36 mesi ? Viani: ” Ormai dica lei,  non ho idea “. Una confezione da 350 g. 22,40 euro, 64 al chilo. Diciamo che sono le Ferrari, ma a tavola, che si possono permettere i buongustai tedeschi della prima potenza economica in Europa. Peccato, noi liguri siamo riusciti a perdere anche i turisti con i portafogli gonfi di marchi che animavano, negli anni ’60 e ’70, la  nostra Riviera, locali notturni, alberghi, bar, ristoranti, negozi del lusso.

Il commiato tra due amici di vecchia data: Renato Rembado e Antonio Viani

Come concludere l’incontro senza chiedere qualcosa sugli inquilini sindaci di Palazzo Golli. Viani: “Un bel ricordo dell’operosità del dr. Negro e del dr. De Vincenzi. Io del resto i primi soldini li ho guadagnati andato a pescare la ‘tremulisa’ (blocchi di terra forati dove si rifugiano i vermi) a 3- 4 metri di profondità nella zona del molo e che portavo al ‘sellaio’ che, a sua volta, li vendeva ai pescatori. Lirette per pagare l’ingresso al ballo”. E degli amici che rivede quando torna a Pietra: ” Renato Rembado, Borro l’elettrauto, ricordo sempre Tain, famiglia numerosa, alcuni emigrati in Argentina, lui era il meccanico delle nostre prime motorette”.

Un italiano, cittadino tedesco, cosa apprezza maggiormente della sua seconda Patria: “Intanto ringrazio per avermi dato l’opportunità di fare diciamo fortuna, ho avuto una bravo suocero e mia moglie  che mi hanno aiutato tantissimo. Lei è metà di Colonia e metà di Lena città che apparteneva alla Germania Est comunista. Della civiltà tedesca apprezzo la correttezza, puntualità, precisione, serietà, se danno una parola la mantengono, mi sono appropriato del loro modo di vivere”.

Un difetto ? “Non si può generalizzare, varia da Land a Land, ovvero regione. In Renania sono molto aperti, allegri, nella Bassa Sassonia ci vuole più tempo per farseli amici, ma poi la loro fiducia non la perdi più.”

A Pietra a Villa Accame vive la sorella  Rosangela che è stata assessore leghista col sindaco Giacomo Accame,  un fratello ha scelto di trascorre la vecchia all’estero, su un’isola. Villa Accame costruita nel  1903  dagli Accame del ceppo   di Tovo San Giacomo.  Nonno Antonio Viani è morto a 93 anni.

Villa Accame sul lungomare di ponente a Pietra, costruita nel 1903, abitata dai fratelli Viani

Se non rubiamo un segreto qual è la prima azienda italiana nella graduatoria dei vostri acquisti ? ” La Urbani, nel perugiano, produce tonnellate di tartufo nero ed esporta in tutto il mondo. In Liguria ci riforniamo dall’oleificio Roi di Badalucco di Franco Boeri, dalla ditta Siccardi (prodotti ittici) di Varigotti e da La Gallinara di Marco Natucci di Albenga. Complessivamente 130 fornitori, aziende famigliari, di vere eccellenze che ci consentono  di vendere a tremila gastronomie. Da pochi mesi mio figlio ha creando una seconda ditta per la commercializzazione diretta, via internet, chiunque può comprare. Direi che sono un papà, un nonno, un marito felice e fortunato. L’altro figlio, Stefano, ha un’attività nel mondo dei computer e dell’elaborazione dati. Io sono cattolico, i figli di religione evangelica protestante, l’unico mio hobby è la filatelia, da quando ero ragazzo. Il pezzo più raro stampato quando  il presidente della Repubblica Italiana fece visita in Perù, sbagliarono però il nome sulla stampa. La serie fu subito ritirata, un esemplare lo conservo come una reliquia”.

Luciano Corrado

 


Loano, le botteghe possono chiudere? Supermercato, lavoro, finanziamenti europei

$
0
0

Quante volte abbiamo letto ‘annunci’ del tipo: “Basta supermercati, dobbiamo tutelare soprattutto i centri storici dai supermercati e dall’invasione di bazar e spacci”. Chissenefrega dei proclami, magari martellanti negli appelli elettorali, anche nella docile Loano si può dimenticare o far finta di niente. L’11 ottobre scorso trucioli titolava: “Loano, Babbo Natale ed il supermercato Arimondo da 450 mq. nel centro storico” ( vedi…..).  Non avevamo dubbi, tutti taciturni dalla maggioranza consiliare alla minoranza finalmente coesa. Nessun ha fiatato neppure da Confcommercio e Confesercenti. Abbiamo fatto bene a non alzare barricate ? E dopo che il ‘piatto’ è servito. Chissà se qualche dotto loanese si sarà premurato di sapere cosa potrebbe accadere in una cittadina turistica quando nel centro storico e commerciale apre un ‘colosso’. L’abbiamo chiesto, da volontari, ad un centro studi e statistiche che opera anche in Liguria.

L’accesso al parcheggio multipiano del supermercato Arimondo da corso Europa e Giardini Donatori di Sangue

Una nostra prima considerazione e qualche interrogativo. Preferiamo da sempre ascoltare ed imparare. Nessuna supponenza da esibire. Responso tecnico e socio economico. In tutte le città, grandi e piccole che siano, nel perimetro più frequentato ed affollato, non è opportuna la presenza di supermercati o grandi magazzini . Sia per il traffico urbano che determinano (non parliamo ovvio di centri commerciali nelle metropoli), sia perché le località caratterizzate da centro storico rischiano di essere snaturate, perdere l’apple che li caratterizza, crea fascino, calore e richiamo, consente di tenere vivo il rapporto umano commerciante – consumatore. Sottrae, nel tempo, quella professionalità, punto di forza di molti piccoli imprenditori. Fa perdere spirito di iniziativa e presenze familiari che si tramandano l’attività di padre in figlio, a volte perfino generazioni. Ma anche tra gli acquirenti abituali: “In questo negozio veniva già mia mamma, mia nonna…..”. Altro aspetto, la possibilità che i ‘muri’ perdano valore e a rischio chiusure a catena. Se manca la richiesta, se chi azzarda o cerca di resistere non riesce a pagare affitto e spese, non bisogna essere esperti per trarre conclusioni. Ci sono esempi significativi, senza andare lontano. Borghetto e Ceriale pur nel loro  diversità e accomunate.

Seconda considerazione, ma a questo punto entrano in campo valutazioni personali anche se suffragate da altre realtà similari. E’ un gravissimo errore incentivare di fatto ulteriore traffico urbano sotto l’Aurelia, altro carico veicolare lungo corso Europa e le arterie sottostanti la statale. Già ora si verifica che a fronte di un tratto di Aurelia, di due, tre chilometri, tra i più intasati del ponente – 19 passaggi pedonali, 4 passaggi a livello centrali, il forte afflusso pedonale da monte verso lungomare e spiagge, il ‘salotto’ centro storico – ci sia un rallentamento mostruoso nei due sensi di marcia. Aggravato nel giorno del mercato settimanale e dall’obiettiva carenza di una costante e capillare prevenzione e repressione a sosta selvaggia. Con le fermate degli autobus sistematicamente occupate da veicoli, bus che  si bloccano in centro strada per far salire e scendere i passeggeri. Aurelia, ancora in zona centrale, su cui si scarica non solo la popolosa zona a monte,  anche Boissano ormai turistica e la frazione Verzi. E non può sfuggire neanche che quando la vecchia statale è intasata, si procede a passo di lumaca. E sia da levante, sia da ponente si percorre l’itinerario  alternativo che porta in corso Europa e viceversa si procede sul lungomare. Creando altro caos e paralisi soprattutto nei mesi estivi, week end più affollati, giorni festivi.

La nostra è una umile voce solitaria o minoritaria. Come già dai primi anni ’70, non ci siamo stancati di invocare l’Aurelia bis, inizialmente pareva prevista nello strumento urbanistico anche in considerazione che Borgio, Pietra, Borghetto avevano a loro volta previsto o realizzato parzialmente il tracciato e una zona di rispetto. Loano, nel silenzio tombale, ha voltato le spalle, ignorato (vedi la rassegna stampa) l’esigenza di dotare la città di un’alternativa capace di alleviare il volume veicolare sull’Aurelia ormai ridotta a via cittadina, tra parcheggi, passi carrai, spazi per dehor, rotatorie, incroci. Tutto sommato ci poteva stare, ma prevedendo la ‘deviazione’ , circonvallazione a monte, vedi Spotorno, Albenga.  E molti sapranno cosa succede quando per incidente chiude l’Autostrada, con il traffico deviato sull’Aurelia e quasi mai scatta la simultanea presenza di vigili urbani che un tempo avevano come primo compito di ‘presidiare’ traffico e semafori sulla statale, oggi si vedono solamente in servizio di postazione per controllare che il veicolo in transito sia in regola col bollo, assicurazione, revisione. Utile ovviamente, purché siano garantite altre priorità.

Terza considerazione di carattere ambientale, qualità di vita, turismo sostenibile. Nessuno potrà smentire che pur in presenza di vento o brezza di mare, senza foschia, senza industrie, le polveri sottili del traffico – in mancanza di centraline non conosciamo i dati –  sono un pericoloso o temibile inquinante. Se qualcuno conosce un medico specialista, degno di questo nome, chieda lumi.

Il nostro dovere di cronisti è informare i cittadini che ritengono di tenersi informati, ci ha portato in più casi ad ascoltare medici. Testimoni di ‘polveri’ nerastre, simili a caligine, sui terrazzi, davanzali. E’ la combustione dei motori che percorrono l’Aurelia, e non solo a Loano ovviamente, piuttosto che a Noli, Finale o Alassio. Una fonte inquinante causa di infezioni bronchiali, polmonari, prodromico ad enfisemi. Non ci azzardiamo a sostenere, da profani, il nesso di causalità per patologie più gravi. In particolare in soggetti deboli per età o già portatori di malattie cardiovascolari. Lascia basiti vedere proprio sull’Aurelia attività quali frutta e verdura esposta all’esterno (peraltro una legge nazionale lo vieta, come il dr. Luciano Locci, compianto collaboratore di questo blog, già presidente Usl e del San Paolo, andava scrivendo, persino con diffide al sindaco di Savona), ma ci sono pure tavoli di bar, dehor, gente seduta a fare lo spuntino o la colazione del mattino. Seduti e rilassati a respirare aria sprigionata da miglia di marmitte.

In che condizioni ? Leggiamo il responso della comunità scientifica:”….nel calcolo è possibile utilizzare i più recenti fattori d’emissione legati ai comuni macroinquinanti (NOx, CO, SO2, …), alle polveri fini (PM10, PM2.5), al benzene, agli IPA, ai metalli pesanti ed ai gas serra (CO2, CH4) emessi dal traffico veicolare”. Quanti veicoli transitano mediamente ogni giorno sull’Aurelia ? Un tempo Anas, Provincia, Comuni rendevano noti i dati, i confronti. Ora chi li conosce farebbe un’opera buona a renderli noti. E quanti veicoli attraversano giornalmente e mediamente il senso unico di corso Europa ? Cosa comporterà, nel volume di traffico cittadino, il nuovo supermercato Arimondo, appositamente dotato di ‘adeguati parcheggi’ richiesti peraltro dal Comune e dalla Regione Liguria ?

Il fatto che interrogativi e criticità, sia nel tessuto commerciale, sia ambientale e salutistico, fattore di vita e in un centro turistico, non abbiano sollevato dubbi e consapevolezza, potrebbe significare che siamo dei visionari, dalla parte sbagliata, maestri di allarmismo. E dal momento che i nostri amministratori promossi ed eletti dai cittadini, i rappresentanti di categoria, non sembrano affatto preoccupati. Non devono neanche disinnescare alcun malessere presente o potenziale. In sintonia di consenso con la politica di destra e sinistra, di ogni classe sociale.

La discarica o la fogna di Facebook, come indicano pure scrittori, giornalisti e sociologi, si scatena su topi, acqua ‘cattiva’ in certi periodi,  microcriminalità e verde pubblico, casetta dell’acqua, immondizia e Nimbalto, manifestazioni, tutti temi interessanti beninteso, ma non è il caso di occuparsi di supermercati, di redigere mappe di fattori inquinanti, prevenire, tutelare la salute ? Loano e il suo biglietto da visita. La distrazione di massa, ieri come oggi, funziona a dovere ? Peraltro fonti di Palazzo Doria assicurano che l’aspetto nuovo del  supermercato – traffico urbano è stato attentamente vagliato dal massimo esperto  di viabilità ed ufficio tecnico giungendo alla conclusione che non ci saranno ricadute significative  e saranno adottati tutti gli interventi utili. Meglio così, noi non abbiamo queste certezze, né preparazione del gatto che acchiappa il topo.

Per carità non ci sogniamo di invocare la manipolazione dell’opinione pubblica, forse si contano sulla dita di una mano, a Loano, chi ha stazza e dimestichezza da ‘santone’. Escludiamo, a priori, chi finora è stato capace di perdere tutte le competizioni elettorali comunali. E non vogliamo neppure sostenere che chi ha vinto sia dotato di capacità, intuizioni, sistemi di penetrazione social o potere stile Putin (personaggio benvisto anche dai politici leghisti nazionali, almeno ad ascoltare dichiarazioni in tv e sui media), oppure alla Erdogan, alla Orban, alla Pinochet, Castro, mentre dalle Americhe  dei diritti civili si fa strada il modello Donald John Trump. Populismo e sovranismo che affascina il popolo, il popolino.

Siamo davvero più modesti e ci limitiamo, nel nostro piccolo, a descrivere, svelare, ai pochi lettori quanto sosteniamo e documentiamo con tanti limiti. Ormai siamo allenati all’emarginazione al punto che non si ricevono rettifiche, smentite, menchemeno querele se il caso.

Ben vengano, a Loano, gli imprenditori ‘foresti’ capaci di mettere alla prova i nostri piccoli commercianti, o una famiglia saldamente loanese dei supermercati in città ed una presenza ad Albenga. Poco importa, parrebbe, se i loro guadagni restano in loco; i concorrenti offrono posti di lavoro ai giovani e forse nuovi impulsi di sviluppo per artigiani, professionisti (avvocati e commercialisti, ingegneri, architetti, geometri), tutti festosamente appagati dal miraggio di nuovo benessere. Ecco forse spiegato quel diffuso silenzio che paga. Perché non accennare a quella politica che ha creato le condizioni, l’humus della chiusura di decine di hotel, non solo piccole pensioni. Con alcune centinaia di posti di lavoro e ora l’alternativa sono delle agenzie immobiliari, seconde per numero solo a bar, pizzerie e ristoranti. Mediatori che hanno tutti i sacrosanti diritti di esistere e moltiplicarsi. Ognuno merita ciò che ha saputo creare. La trasformazione di decine alberghi in palazzi, da anni, non fa più notizia sui media locali più apprezzati e seguiti. Da tempo siamo rimasti in due gatti a considerare la perdita di ricettività e di concorrenza alberghiera una sciagura inquietante. A nostro avviso drammatica per le future generazioni di giovani e delle famiglie.

Fai un clik sull’immagine per ingrandire la lettura

E per i tanti o pochi nemici dell’Unione Europea dei nostri padri concludiamo riportando che il ‘Progetto Arimondo Sviluppo’ beneficia di cofinanziamento  dell’Europa – Fondo europeo di sviluppo regionale, obiettivo investimenti in favore della crescita e dell’occupazione. Programma operativo regionale 2014- 20020 asse 3 ‘competitività delle imprese‘. Aiuti per investimenti in macchinari, impianti e bene intangibili e accompagnamento dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale. “L’obiettivo del progetto – spiega il Gruppo Arimondo di Imperia – è aumentare la propria copertura del territorio mantenendo per ciascun punto di vendita i livelli di redditività degli attuali negozi. Per questo fi ne l’azienda pone particolare attenzione alla location dei punti di vendita, elemento chiave di ciascun nuovo progetto di apertura”.

L’assessore  Enrica Rocca commercialista

Potrebbe essere la chiave di lettura del ‘grande ombrello’ che avvolge il nuovo

Il capogruppo Paolo Gervasi commercialista

supermercato da 450 mq. in centro storico ? Nel parlamentino  loanese figurano eminenti commercialisti di esperienza, che più di noi hanno il polso della situazione commerciale della città, dal centro alla periferia: l’assessore dr.sa Enrica Rocca, delega a Politiche finanziarie, programmazione economica, patrimonio e polizia locale (in altre epoca si diceva  assessore al Commercio); il dr.Paolo Gervasi, capogruppo e candidato sindaco. E non si dica che a Loano non muove foglia senza che il ‘ grande fratello’ non voglia. Né lui, né gli altri hanno motivo di temere il piccolo e nero trucioli, orfano di protettori, finanziatori e santini. Il precedente servizio sull’Arimondo Group sbarcato Loano, da Babbo Natale, ha avuto, ad oggi, 550 lettori, parrebbe tutti imperiesi. Purtroppo ! Sogni d’oro a tutti.

Luciano Corrado

 

 

Savona: la giunta del cambiamento e del declino. In cerca di anticorpi per crescere, senza la banca del territorio. A Cuneo invece

$
0
0

Savona aveva la sua banca (Carisa) ed è finita alle ortiche. Negli anni ’70, invece, fu svenduta per una faida famigliare la Banca Galleani di Alassio. Una decennio dopo finì in un mare di debiti l’esordio di un ‘credito cooperativo’ ad Albenga. La provincia di Cuneo (590 mila abitanti, contro 280 mila della provincia di Savona) può contare su sei banche di credito cooperativo, altrettante Casse di risparmio, oltre al Banco di Credito Azzoaglio. Savona orfana di un istituto di credito che faccia ripartire e crescere la città e la provincia ? Sempre in cerca di amministratori pubblici in grado di dare del loro meglio per capacità, competenza ? onestà scontata. Intanto assistiamo a continue liti, divisioni, migrazioni da uno schieramento all’altro, rimpasti di giunta.

La pratica di ‘è colpa tua’, ‘tocca a me, non tocca a te’. Campa cavallo e corri, Savona, corri. “I leghisti padroni a palazzo Sisto’. ‘Il voto premia il nostro operato’. Titolavano i quotidiani all’indomani delle politiche del marzo 2018. E nel maggio 2017 nasceva Alpha, associazione della società civile per “migliorare  e rilanciare la città‘ e il suo sindaco ‘socia onoraria’. Gli altri fondatori l’arch. Maria Gilda Falco, il pianista e musicista Loris Orlando, il pediatra del San Paolo, Silvia Zecca. E ancora, componenti della giunta e della maggioranza consiliare: l’assessore Maurizio Scaramuzza, i consiglieri Elda Olin Verney, Andrea Sotgiu avvocato, Alessandro Venturelli insegnante, Giancarlo Dogliotti.

Il sindaco di Savona Ilaria Caprioglio e l’assessore  Maria Zunato, in quota Lega, allo Sviluppo Economico e Attività Produttive (Industria, Artigianato, Commercio), Politiche attive del Lavoro, Demanio, Progetti per l’Innovazione, Azioni per la Smart City e per l’Agenda Digitale, Personale

CON FEDERICO BERRUTI E LUCA MARTINO – Savona che ha votato e sognato un sindaco e governo del cambiamento. Invece resta in apnea. Solo colpa dei debiti e dei sciagurati derivati che  Federico Berruti sindaco e commercialista continua a difendere ? Colpa in vigilando di un ‘grande (o poco) esperto’ di bilancio e finanze pubbliche come tale Luca Martino assessore con Berruti ? Scriveva il grillino Manuel Meles: “…. il caro assessore, per gli amici “Sbiascico”, con l’ eccezionale  capacità di mangiarsi, durante l’esposizione delle pratiche o quant’altro, cifre, numeri, parole…., usare entrate da indebitamento per la spesa corrente, in modo da non tagliare servizi e non aumentare tasse, ma oggi si ritrova a dover spostare circa 5 milioni di euro (ma non chiamatelo buco di bilancio), dagli avanzi di amministrazione, per coprire l’errore tecnico-contabile…..Nel bilancio i 350 mila euro annui per mantenere la staff del Sindaco…. e oltre 400 mila euro pro Rari Nantes per il mantenimento della piscina….. Il Savona Calcio è fallito e lui da consigliere di amministrazione non si è accorto di nulla e a sua insaputa…”.

LA PRIMAVERA DELLA CAPRIOGLIO E I DEBITI PREGRESSI DEL COMUNE – Doveva essere la ‘primavera’ di Ilaria Caprioglio e dei ‘rivoluzionari’ leghisti. Nelle attese, auspici, promesse: il sindaco e la giunta comunale della svolta. Forti, vento in poppa, con la sfida del porto e della piattaforma, della ripresa edilizia con i grandiosi progetti di riqualificazione. Peccato che continuino a mancare strade adeguate e ferrovia. Non è poco. E il politologo Franco Astengo a ricordare: “.…Com’è noto il Comune di Savona ha perso la causa intentata alla Deutsche Bank sulla tragica questione dei derivati ed è stato condannato a pagare 25 milioni di euro. ....Il colosso bancario tedesco è entrato in scena in un secondo tempo per la ristrutturazione dell’investimento che in origine (amministrazione del sindaco Carlo Ruggeri) era stato effettuato con Merryl Linch. L’errore dell’amministrazione Caprioglio è stato quello di andare a giudizio (ci saranno anche le parcelle da pagare ad uno studio specializzato di Londra) invece di transare una fuoriuscita come molto opportunamente, ma nel 2011, aveva fatto la  giunta Vincenzi a Genova”. E ancora Astengo: “ La notizia del giorno però è questa: interrogato nel merito l’ex sindaco Federico Berruti, uno dei principali responsabili di questo disastro (non da solo beninteso, e non si tratta del solo disastro di una gestione dissennata durata dal 1998 al 2016: gestione poi sostituita da un’altra che davvero è difficile da giudicare data-almeno – l’inconsistenza de non peggio) dichiara: “Rifarei tutto: sono stato tradito dai mercati”.

L’ANALISI NELL’AREA DI CRISI DI SERGIO DEL SANTO – Recentemente il giornalista Sergio Del Santo, tra le memorie storiche della mondo economico e sindacale savonese, già collaboratore di Luciano Pasquale, per anni deus ex macchina di un certo potere, ha rivelato che, nel 2017, ben 21 comuni, inseriti nell’area di crisi, avevano presentato progetti per 1.5 milioni, con i benefici della legge 181 per la riqualificazione industriale. 33 imprese, una spesa di totale di 255 milioni, 700 nuovi posti di lavoro. Come è finita ? Alla chiusura del bando le domande sono scese a 15 con 107 milioni di investimento e 440 addetti.

Savona dove un migliaio di bisognosi hanno presentato domanda all’Inps per accedere al ‘reddito di inclusione‘. C’è chi ipotizza una città con 5 mila poveri e grazie che la Caritas c’è, ci sono le parrocchie, i parroci, le comunità religiose che si prodigano nella carità.  Con servizi sociali del Comune costretti ad una gran mole enorme di lavoro, ma l’organico dell’ufficio è ridotto all’osso per pensionamenti. Il predisse-sesto ed il piano di riequilibrio impediscono inoltre nuove assunzioni. Eppure a Savona è passata inosservata, o quasi, la notizia che sei consiglieri ed un assessore avevano dimenticato di rendere note le proprie dichiarazioni dei redditi secondo la normativa sulla trasparenza. Consiglieri di maggioranza e minoranza ‘ritardatari’: Karunaratne, Ghiso, Roosi, Spivak, Venturino, Saccone, Apicella, Romagnoli.

Giovanni Toti, giornalista e presidente forzista della Regione Liguria

IL PRESIDENTE TOTI: I CITTADINI ASPETTANO RISPOSTE AGLI IMPEGNI – La stessa Savona che in un appello del presidente della Regione, Giovanni Toti, riportato dai media l’8 luglio, invitava i savonesi a porre fine la stagione delle liti e delle divisioni: “I cittadini aspettano risposte agli impegni presi…”. Altro che zuffe quotidiane. Savona, incalzava Toti, ha urgenza di mettere in sicurezza l’Ata, il ciclo dei rifiuti da affrontare con priorità. “Alla città arriveranno 11 milioni tra fondi regionali e governativi, permetteranno di cambiare  finalmente il volto  della città….” . E invece ? Gli ex fedelissimi scrivono alla sindaca: “....mi hai deluso…“. E lei  bolla i contestatori: ‘traditori ‘, strumento di lotte politiche e faide personali. “Chi siete voi per accusarmi….? Delegittimarmi…“.

Savona dove le strumentalizzazioni portano pure alla ribalta minoranze ed estremisti, gruppuscoli e facinorosi. Il confronto dialettico si trasforma in incendio, coinvolgendo fascisti (?) ed antifascisti (?) in una gara a chi spara di più. Tutta gente che si preoccupa di accelerare i progetti di sviluppo e di crescita ? Opere pubbliche, temi di edilizia privata in attesa di una scelta definitiva, coraggiosa ed utile alla città, senza  le armi dei talebani contro chi investe e deve avere il suo tornaconto diciamo pure non speculativo. Dall’urbanistica ai lavori pubblici ? Alla legalità diffusa, perfino lotta ai mendicanti, terra bruciata venne annunciato a titoloni. Finalmente una città ‘pulita e ripulita‘ osannava la Lega.

I confronti – scontri nella maggioranza di centro destra che aveva beneficiato del ‘regalo’  M5S (leggi candidato sindaco) spesso all’ordine del giorno. E quale sorte ha avuto il ‘tagliando‘, a due anni e qualche mese, della giunta Caprioglio ? Chi lascia ed abbandona la sindaca è animato da un sincero e pragmatico spirito di resistenza che non teme i revisionismi. Conosce i fatti e la stagnazione in cui si dibatte la città, al di là della buona volontà e dei buoni propositi. E’ saggio abbandonare nel momento in cui la prima sindaca donna di Savona non è mai stata così debole ed accerchiata da dissenso e malessere, delusione, che parte dal basso ? Una sindaca capace di ‘perdere’ l’addetto stampa a Palazzo Sisto, giornalista a modo, preparato, corretto, trait d’ union con l’informazione e la comunità. Proprio oggi che la politica è soprattutto comunicazione. Lega di Salvini e M5S di Di Maio docet.  L’ha capito Alassio, Albenga, Loano con ufficio stampa e prossimamente altre cittadine.

QUANDO IL CAPOLUOGO E LA PROVINCIA ERANO ALLE STELLE  – Savona con sviluppo al palo e vede crescere disuguaglianze economiche, sgretolarsi parti significative dello stato sociale. Dove è finita la propaganda elettorale del centro destra (quando era unito) che predicava l’indispensabile ‘spinta propulsiva e innovativa‘ di una città prossima al ‘disarmo‘ nonostante gli annunci. Dove si assiste ad linguaggio poco consono alla prudenza e alla cautela, con metafore che producono danni piuttosto di benefici. E si spacciano obiettivi che restano tali confidando nei senza memoria, nell’oblio e nella disinformazione.

I savonesi che nel ‘primo rapporto‘ anni ’70 della Provincia, testo di Giannello Beniscelli, potevano leggere:  “Senza clamori reclamizzati, senza improvvisazioni (anzi sfruttando le esperienze lungamente acquisite); forse con un riserbo eccessivo e con quell’orgoglioso puntiglio di chi aspirando al successo, lo conquista prima ancora dei proclamarlo ai quattro venti. Le imprese e le aziende sono nate così: come sviluppo di promettenti mestieri, graduali investimenti in attività produttive, caute realizzazioni di idee abbastanza ardite al momento della loro enunciazione e poi condotte con criteri di praticità e vivace spirito di iniziativa. I nomi  dei ‘pionieri’, degli imprenditori di questa provincia sono noti a tutti ed ancora vivi, nel ricordo,  poichè hanno costruito  una parte di storia civica. Hanno creato l’industria del Savonese; nelle città e nei paesi dove esisteva soltanto il lavoro artigiano, dove operavano pochi cantieri, si trascinavano  stancamente  le attività pescherecce ed agricole e la risorsa del turismo iniziava a dare i primi frutti.  L’industria nostrana  ha rappresentato, sempre, un essenziale  complemento del lavoro portuale. E grazie ai programmatori di ieri e di oggi l’evoluzione industriale  del Savonese rappresenta  la continuazione di imprese più antiche, con dimensioni artigianali e che utilizzavano i capitali offerti dalla natura ed in certi ambienti. C’era abbondanza di boschi e legna, di corsi d’acqua…Poi gli anni dell’industria chimica, anche più di quella metallurgica rappresenta la struttura portante dell’economia savonese…”.

Purtroppo le cautele di ordine ecologico riservarono tragiche sorprese di inquinamento. E l’enorme realtà produttiva aveva una dimensione regionale e nazionale. Dovette fare i conti (spesso errati) con scelte politiche, di pianificatori che vedevano coinvolto anche  il ‘Comitato per lo sviluppo dell’industria chimica’. Il catasto industriale della provincia di Savona formato anche da industrie elettriche, estrattive, minerarie, olearie, cartarie, tipografiche, dei trasporti, del legno, degli alimentari e dei prodotti conservati, delle bevande, dell’abbigliamento, dei refrattari, dei pellami, dei saponi e dei farmaceutici non ha retto alle sfide, non ha potuto contare sulla programmazione e sulle infrastrutture, l’innovazione.

NEGLI ANNI ’70 L’INDUSTRIA SAVONESE DAVA LAVORO A 26 MILA PERSONE – Savona capoluogo, con i centri del suo circondario (Albissola, Vado e Quiliano) comprendeva nel 1975, anni in cui Beniscelli scrisse il libro, un centinaio di industrie di varia capacità, con 1900 impiegati e 11 mila operai. Il comprensorio di Varazze contava 16 industrie e mille operai, 140 impiegati. Il comprensorio di Cairo Montenotte totalizzava 58 stabilimenti con 7.182 operai e 1400 impiegati. Il comprensorio di Albenga  22 industrie con 400 operai e 73 impiegati. Quello di Finale Ligure riuniva 16 impianti con 1500 operai e 350 impiegati.  In tutta la provincia le aziende  oltre 200, senza contare le imprese edili e gli addetti ammontavano a 26 mila unità. Già allora si dibatteva il problema di fondo: l’adeguamento dei piani di organizzazione territoriale. Dei quali “si dovrà parlare in termini europei”.  Il turismo, all’ora, definito “capace di offrire un essenziale contributo al rafforzamento  dell’economia provinciale”. Gli ostacoli burocratici, l’assenza di sburocratizzazione, anzi, il contrario, si è fatta ancora più devastante. L’incapacità e l’inarrestabile china di una classe politica e sindacale molto mediocre, molto miope che ha finito per prevalere, creare la carovana perdente. Con un modo imprenditoriale che, a sua volta, si è fatto coinvolgere e trascinare nella disfatta.

Chi ha avuto la possibilità di viaggiare nella Germania riunificata, prima e dopo, in altri paesi del centro e Nord Europa, in Francia, in Spagna e Portogallo, potrà fare confronti. Dove sono arrivati loro e cosa è invece accaduto dalle nostre parti.

Savona che si mobilita, a leggere giornali e social, temendo per l’ordine pubblico, causa cortei e manifestazioni, qualche provocatore esperto di atti vandalici che ha però bisogno della cassa di risonanza. Parlatene male…., purché ne parliate. Si recrimina sui cortei antifascisti perché contestano sindaco e prefetto, come si trattasse o alla stregua di un’emergenza sociale. Che invece è drammatica sul fronte dell’occupazione lavorativa sempre più in ginocchio. La migrazione dei giovani laureati e diplomati, o comunque alla ricerca di un avvenire.

A SAVONA CI SONO DAVVERO I FASCISTI E GERMOGLIA IL FASCISMO  ? – E invece meglio gridare, urlare, imprecare,  fiumi di inchiostro, diluvi di dichiarazioni per: ‘ il fascismo che ritorna‘. Nacque il 28 ottobre del 1922. Fascista e fascismo, termini assai abusati nel definire certi comportamenti dei nostri giorni, ha di recente osservato Corrado Augias alla sua trasmissione  pomeridiana a Rai 3. Quanti, ha osservato,  durante il ventennio del regime, hanno convissuto col fascismo senza professare una dittatura tutta italiana ed unica in Europa. E Savona dove  un corteo antifascista (chi dice 1000, chi 1500 manifestanti), a leggere i media, ‘rischia di provocare la crisi a palazzo Sisto’. Motivo: la Lega attacca  la sindaca Caprioglio per la sua presenza tra i manifestanti che insultavano Salavini e tra i contestatori i centri sociali.

C’è invece chi parla di virata, a destra destra, della Lega di Salvini. Ricorda che lui, a differenza di Umberto Bossi,  non cita mai la Resistenza, né ‘ i leghisti nuovi partigiani’. Essere un sindaco, rimprovera alla Caprioglio il vice presidente della giunta regionale Sonia Viale, leghista da lunga data, ex sottosegretario di Stato nel governo Berlusconi – Maroni, “non significa solo amministrare, significa pure prendere posizioni politiche“. Per lo sviluppo della città, perché risorga o per distrarre l’opinione pubblica su tematiche assai poco coinvolgenti della società civile.

Già, oggi il vero dilemma di Savona è che nessuno, o forse solo i militanti e pochi loro fans, sembra rendersi conto che la ‘città’ è amministrata da troppi dilettanti. E urla, invettive, striscioni, titoloni, finiscono per ‘nascondere’ il vero dramma sociale ed economico in cui continua a precipitare Savona. Il voto degli elettori sognava la svolta, il rilancio, lavoro e sviluppo, opere pubbliche ed interventi strategici.

Altro che rimettersi in sella e pedalare. Mesi di attesa per il rimpasto in giunta, per sostituire un assessore importante della Lega eletto in parlamento. Siamo rimasti alla stagione degli annunci. E lo scenario provinciale non è certo tra i più incoraggianti come documentano statistiche e trend turistico, industriale, i numeri, fame di infrastrutture e dove si è iniziato (Aurelia bis) i tempi continuano a dilatarsi.

DALLA FRANCIA 32 MILIONI DI TONNELLATE SU STRADE E ROTAIE

E IL PONENTE LIGURE AFFAMATO  DI INFRASTRUTTURE  – Il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino Pd, dichiara ai media che 32 milioni di tonnellate di merce transitano dai valichi francesi verso l’Italia, Ventimiglia inclusa. Ma i no alla Tav (Lione – Torino) hanno preso vigore, la ferrovia  ligure è  sempre strozzata, tra Andora e Finale, naufragato il progetto del binario Bastia d’Albenga – Garessio, stazione intermedia a Erli.

L’Autofiori in panne ed inadeguata al traffico pesante. I progetti dell’autostrada Albenga – Garessio – Ceva o Borghetto Santo Spirito – Predosa sono al punto di partenza, anzi neppure considerati priorità. L’Aurelia bis, capace di alleggerire la vecchia statale ormai ‘soffocata’ e ridotta a strada urbana, in molte zone della Riviera vede l’ipotesi di tracciato ormai immolato al mercato immobiliare delle seconde case. L’autostrada Savona – Torino è ‘azzoppata’ da divieti di transito nel tratto savonese a certe tonnellate. E ora anche la sciagura del Ponte Morandi, le ripercussione a ponente.

L’articolo di Del Santo concludeva: “…Si rischia sempre di finire con gli accordi di programma  quando manca un’analisi chiara e condivisa  dei bisogni, quando non si scelgono delle priorità su cui puntare ma ci si limita  ad affidare la gestione di un piano a organismi come Invitalia che, conoscendo il territorio, si limiterà comunque a fare il suo mestiere, vale a dire a gestire in perfetto stile burocratico gli interventi raccolti dai soggetti più diversi”.

Savona e la sua provincia non possono neppure più puntare l’indice contro la banca di riferimento del territorio, quale era la Carisa, prima e subito dopo la sua acquisizione che doveva comunque salvaguardare autonomia ed incisività, vicinanza attiva al contesto socio economico locale, alle imprese. Invece il ‘vuoto’. Si sono insediati banche ed istituti di credito cuneesi, piemontesi e lombardi. E in previsione l’assorbimento Carige nell’area milanese della finanza.

La provincia di Savona che può leggere i valori economici ed umani del Gruppo Bancario Cassa Centrale Banca: 1518 filiali, 10.973 dipendenti, 72,7 mld di attivo, 44 mld di impieghi, 6,7 patrimonio netti 18,2 cet1 ratio. I valori economici e umani delle sei banche di credito cooperativo piemontesi è di oltre 50 mila soci, 115 filiali, 740 dipendenti oltre 3 mld di impieghi e 6 mld di Raccolta. “Questo consentirà – è scritto nel prospetto promozionale pubblicato a pagamento sui quotidiani –  di valorizzare, all’interno del Gruppo, un’area  territoriale  di fondamentale importanza per l’economia nazionale per uno sviluppo di un sistema della macroregione del Nord Ovest”.

Altro che galli e galletti, da cortile savonese, che litigano e si beccano 350 su 360 giorni l’anno. Ora si sono aggiunti i cortei, le lapidi, le contrapposizioni, gli immancabili sciacalli da vandalismo, a distrarre, farci dimenticare dove siamo rimasti o meglio sprofondati. Quel ponente ligure, compresa Imperia e la sua Riviera dei Fiori, che non può neppure più fregiarsi di una banca per il sano sviluppo del suo territorio. Il suo ultimo ‘banchiere’ di riferimento è stato messo alla porta, gentilmente, anche dalla Carige.

Luciano Corrado

 

 

Albenga ecco il supermercato del centro storico. Dopo Loano e Carcare, Arimondo srl di Imperia, alla conquista della RivieraE opzione di un’area verde a Borghetto S. S.

$
0
0

“Nuovo centro commerciale, i negozianti di Albenga adesso protestano, titolava La Stampa nel febbraio scorso.” Il vice sindaco Riccardo Tomatis, con delega al Commercio, alzava le braccia: ‘Abbiamo le mani legate dalla normativa regionale…la legge non l’abbiamo scritta noi…’ E potrebbe essere imminente la ‘notifica preliminare di cantiere’. Dunque un progetto utile da far conoscere ai cittadini anche per evitare il velo di riservatezza, il silenzio. Mettere in pratica il dovere di informare. E in cosa consisterà l’insediamento (e i dati tecnici) di un altro fiore all’occhiello del formidabile Gruppo Arimondo (padre e figlio) di Imperia che, con successo, si espande in Liguria e non solo. Un mese dopo, ancora La Stampa, a firma di Giò Barbera:”…Albenga, per sopravvivere ai supermercati, le piccole attività si consorziano”. Il progetto è firmato dall’arch. Silvia Odasso con studio  professionale a Loano. Non è un nome che ha mai fatto notizia se non aver partecipato ad un ‘concorso’ pubblico’, patrocinato dal Lions  Loano Doria, per la realizzazione di un parco a Villa Amica (struttura con finalità benefiche). Progetto denominato “Una goccia, tre gocce e vedo arcobaleno”. Undici i partecipanti, a vincere l’arch. Angela Bonfante di Firenze.

Larch. Silvia Odasso con studio a Loano e progettista del supermercato

Ad Albenga l’arch. Odasso  si trova invece impegnata in un elaborato proposto in deroga alla disciplina del piano urbanistico comunale vigente ed adottato. La nuova attività commerciale di 934,36 mq lordi, si sviluppa per 719,36 mq. in un nuovo manufatto. Per una larghezza massima di 17,30 ml in cui è ricompresa l’area di vendita e per 215,00 mq lordi al piano terra dell’edificio esistente, posto in aderenza e direttamente collegato. Edificio dove vengono ricavati, tra l’altro, i locali igienici e laboratori per la lavorazione dei prodotti freschi (carni e gastronomia) e surgelati (prodotti da forno, panificazione).

Una zona centralissima, appena a ridosso del centro storico e delle sue torri. Niente grattacieli, neppure architetti o urbanisti spagnoli a decantare, come era accaduto in passato, il pregio architettonico, il risanamento di una porzione del centro urbano. Con un hotel, manco a dirlo di lusso, e tanti alloggi per chi ha denaro da investire. Operazione naufragata, abortita, tra polemiche e la sollevazione dell’intellighenzia ingauna, capitanata dal concittadino del cuore, alassino di residenza, Antonio Ricci.

L’INAUGURAZIONE DEL MERCATO’ (EX AREA DIMAR)

DELLA FAMIGLIA REVELLO AI CONFINI DI CISANO SUL NEVA – Questa volta non c’entra la vocazione immobiliare (vedi Gruppo Nucera), bensì il ‘pianeta commercio’ trainato da una capillare espansione, penetrazione e soprattutto sfida tra i supermercati alimentari. Albenga – Cisano sul Neva dove è appena stato inaugurato il Mercatò, dove sorgeva la Dimar, fondata da Giuseppe Revello insieme al fratello Luciano, unica catena di supermercati “made in Granda” che, via via, si è estesa nel Torinese e in Liguria. E come vedremo nel Nord Italia con il Gruppo Selex che il 16 luglio scorso ha votato, all’unanimità, Alessandro Revello, classe 1973, terza generazione, il più giovane presidente nella storia che inizia nel 1996, quando nasce il primo negozio Famila a Mondovì.

Giuseppe Revello con il fratello Luciano titolari del Gruppo di supermercati Mercatò (ex Famila) e Selex

Il marchio Famila si diffonde in provincia di Cuneo, in provincia di Asti, in Liguria.  Nel 2007 a Torino viene aperto il primo Mercatò: la famiglia è la stessa, il marchio è differente per esigenze commerciali. Mercatò si radica rapidamente in provincia di Torino, di Imperia, di Savona e di Vercelli. Centinaia di posti di lavoro. Il Mercatò di Ceriale (ex Famila) occupa stabilmente oltre una sessantina di dipendenti, con rinforzi temporanei nel periodo estivo. Tutto era iniziato con il capostipite Mario Revello imprenditore nel campo della Torrefazione (Caffè Revello), mentre la moglie gestiva il negozio di pasticceria di famiglia in Alba. Negli anni ’60 il figlio Giuseppe, con il fratello Luciano, si occupavano di commercio di caffè e dolciumi. La pasticceria di famiglia venne chiusa e i Revello aprirono il primo grande magazzino alimentare in Alba la ‘capitale mondiale’ della famiglia Ferrero.

DA LOANO AD ALBENGA LA FAMIGLIA DEL BALZO – Ora a contendere la piazza di Albenga al colosso Coop (Le Serre), al nuovo supermercato della famiglia Del Balzo di Loano che si trova sulla statale Albenga – Garessio, al potente e popolare Lidl  (famiglia tedesca) nella zona residenziale di levante, a Conad – Margherita, Basko, Crai, Gulliver, Eutrospin, una decina in tutto, si presenta con tutta la sua forza già messa in campo in altre città, la famiglia  di Luciano Arimondo imperiese Doc. Da San Bartolomeo al Mare, a Diano Marina, a Imperia sede operativa.

LE MIRE DELLA FAMIGLIA ARIMONDO DI IMPERIA – Una mossa commercialmente strategica con la scelta di un’area sul confine tra la vecchia e la nuova Albenga. Quella del centro storico risorto e la città nuova ad Est. Il supermercato  Arimondo di Albenga che, almeno nella provincia di Savona, seguirà la imminente apertura a Loano, in pieno centro storico nello stabile che per anni ha ospitato l’ultimo cinema teatro privato della cittadina. Mentre è in itinere un mega centro commerciale a  Carcare dove la  Arimondo Srl vuole aprire un punto vendita su un’area di 8 mila mq in zona Cirietta, lungo la strada provinciale 28 bis, non lontano dalla struttura aperta da Lidl nel 2015. Carcare che detiene il record di supermercati per abitante (sarebbe il sesto): 5.546 residenti, non si vive di turismo e dove si è trasferito, con un moderno e tecnologico stabilimento, il Gruppo Noberasco di Albenga (leader nell’importazione e lavorazione della frutta secca in Italia ed Europa).

Contro l’operazione Arimondo è schierato il WWF. Sono state raccolte un migliaio di firme. Casus belli  la vicinanza del nuovo insediamento commerciale al sito di interesse comunitario della tenuta di Quassolo, sia per un presunto impatto paesaggistico, sia per la biodiversità, con particolare riguardo allo spazio di attraversamento dei volatili, alcuni  di specie rare.

A Borghetto Santo Spirito non ha avuto molta eco invece, sulla scia di quanto era inizialmente accaduto a Loano, il progetto di un supermercato Arimondo con aree opzionate per un periodo di 3 anni. Tra i proprietari dei terreni un consigliere comunale di minoranza, forse un ex sindaco. Qui siamo alla fase preliminare e, con la dovuta cautela, parrebbe sia in corso una trattativa con l’amministrazione comunale. C’è da dire che i commercianti del comprensorio si erano schierati contro l’apertura Conad a Toirano, sui confini con Borghetto, affidandosi ad uno studio legale genovese e causa persa al Tar. Lo stesso studio legale, ma con altro professionista, tutelava la Conad in un controversia sorta in Valbormida. Se così, solo coincidenze.

Non risultano ‘guerre’ in vista in quel di Albenga. Qualche avvisaglia, per la verità, c’era stata almeno a rileggere le dichiarazioni dei rappresentanti dei commercianti, preoccupati. Si annunciavano barricate in caso di semaforo verde da parte del Comune. Qualcosa di più concreto, stando a fonti bene informate, avrebbe tuttavia intrapreso un privato cittadino ingauno confinante dell’area Lamberti e che vedrebbe leso un diritto a proposito di distanze. Ma si tratta pur sempre di un’iniziativa solitaria, ispirata a presupposti di carattere edilizio. Vedremo.

IL PRIMO SUPERMERCATO TRA IL CENTRO STORICO

L’area del deposito di materiali edili Lamberti a ridosso del centro storico dove sorgerà il nuovo supermercato della famiglia Arimondo di Imperia (foto La Stampa)

E I NUOVI QUARTIERI RESIDENZIALI DI LEVANTE – L’area interessata appartiene a una società di Maria Rosa Guglieri, presidente del Consiglio di amministrazione, con il marito Piero Lamberti da cui prendeva il nome l’originario magazzino e rivendita di materiali per l’edilizia tra via Genova, via Papa Giovanni, Via Mazzini. Risultano i proponenti dell’intervento di demolizione e ricostruzione. Con incremento volumetrico di edifici a destinazione produttiva di consistenza inferiore a 10.000 metri cubi, “per la realizzazione di un edificio commerciale, nel rispetto delle disposizioni regionali contenute nella programmazione commerciale ed urbanistica in materia di commercio” si legge nel progetto.

E ancora: “L’intervento è previsto in deroga alla disciplina del Piano Urbanistico Vigente, nel rispetto della distanza minima di 10,00 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici frontistanti, e nel rispetto della dotazione di parcheggi pertinenziali calcolati ai sensi della L. 122/1989, Tognoli...”. E prosegue: “In conformità alle previsioni dei piano territoriale di coordinamento paesistico…e dei piani di bacino, nonché alle norme antisismiche ed alla normativa in materia di rendimento energetico…e della programmazione regionale per il commercio.”
II nuovo manufatto, rettangolare, prevede al piano terreno un’area commerciale di mq. 658,00 comprensiva … e superficie di Vendita pari a mq. 612,00. Tutti i servizi legati all’attività saranno invece posizionati al piano terra dell’edificio esistente e comunicante.

TUTTI I DATI TECNICI DEL PROGETTO – La superficie di riferimento è unicamente da considerare come superficie di distribuzione al dettaglio mq. 882,07 dei quali mq. 205,50 oggetto di cambio dì destinazione d’uso da artigianale. Nella struttura sarà svolta attività di commercio per esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, secondo la classificazione delle attività di commercio al dettaglio.
L’area esterna di competenza del progetto è di mq. 1.547, al netto del sedime dell’edificio. La sistemazione, in relazione alla nuova edificazione e della sua destinazione d’uso, è suddivisa per funzioni così distinte:
995,70 mq. nella zona antistante via E. De Amicis e via Mazzini destinati a parcheggio ad uso pubblico per 595,70 mq. e a parcheggio pertinenziale per 400,00 mq;
72,40 mq destinati a marciapiede pubblico di nuova realizzazione della larghezza di 1,50 ml. che costeggia il lotto di proprietà lungo via E. De Amicis e via Mazzini;
276,95 mq lato mare, antistanti il nuovo volume, destinati a viabilità interna pedonale e veicolare di collegamento tra l’ingresso su via Genova e il parcheggio ad uso pubblico e pertinenziale;
162,00 mq lato Sud, retro edificio, destinato ad un secondo parcheggio pertinenziale comprensivo della sua viabilità.
I parcheggi sono stati calcolati ai sensi della L. 12211989, Tognoli, in misura pari a 1/10 del volume virtuale del fabbricato in progetto, e ai sensi dell’ art. 20 N.d.A P.R,G. Commerciale, in misura pari al 600/o della S,L.U. in progetto e tenendo conto della peggiorativa fra le due.
Parcheggi pertinenziali ai sensi della L. 12211989 (Tognoli) =(3.608,61 x 1/10)=360,86 mq. Parcheggi pertinenziali Art. 20 N.d.A, P.R.G. commerciale: mq.((934,46 x 60)/100)=560,7C mq.  Per 562,00 mq. totali di parcheggi pertinenziali, a fronte dei 560,70 mq. necessari a soddisfare il valore calcolato ai sensi dell’art. 20 N.d.A P.R.G. Commerciale, localizzati in parte nell’area esterna al retro dell’immobile, lato Sud e in parte nel piazzale lato via E. De Amicis, orientato a Nord.

Non si prevede, a progetto, incremento del carico insediativo. Il volume esistente ai fini del calcolo, secondo la legge regionale, risulta di mc 2.110,29. Quello in previsione, calcolato analogamente con il metodo dell’altezza media ponderale dei fronti fuori terra, ammonta a mc. 2.810.46, minore di mc. 2.848,89, volume realizzabile.  Tutto nel rigoroso rispetto della norma.

ORTICELLO MIO NON TI CONOSCO – Forse non siamo abbastanza tecnici, ma a visionare gli elaborati  emerge una sorte di ‘diga‘ , ovvero un muro  di 5 metri e mezzo presumibilmente in aderenza al muro di confine. Chi sarebbe il più penalizzato ? Lo documenteremo in un prossimo servizio, meglio se fotografico. Si tratta dell’unica vittima: l’unico orto rimasto in zona, scampato al progresso civile, al benessere che oggi ci consiglia di coltivare gli ‘orticelli’ sui davanzali e sui terrazzi, leggiamo persino che va di moda l’orto – therapy.  Il solo fazzoletto di verde adiacente alla proprietà Lamberti può sacrificare un’operazione milionaria ? Non sia mai detto direbbero i benefattori della comunità ai quali bisogna pur riconoscere  che gli affari sono affari, non da fatebenefratelli.

Eppure orto o non orto, verde o asfalto e cemento, parrebbe non stare in piedi una sfacciata violazione alle leggi. Semmai una visuale, uno sforzo o un’interpretazione che tenga conto legittimamente di chi vuole vendere da una  parte ed investire dall’altra. In mezzo ci sta il povero orticello. E chi non si rassegna a chiudere gli occhi vedendolo privato di luce solare e aria di madre natura. E poi c’è la questione dei mc. Si possono realizzare 1800 mc o qualche centinaio in meno a seconda delle interpretazioni. Bisogna ammettere che il Comune di Albenga, salvo casi rari, non è mai stato avaro con chi vuole costruire. L’eccezione non fa la regola.

E poi quanto ha già speso il Comune di Albenga per il nuovo Puc (siamo a 1 milione di € ?). Un Puc, va aggiunto per la cronaca, che individua fortunatamente la zona compresa tra via Genova, via Papa Giovanni XXIII come : “Margine orientale  del centro storico”, zona satura e dalle volumetrie incongrue per cui è previsto l’abbattimento con premio del 20% con spostamento in altra zona.

IL ‘PIANO CASA’ INTERESSA ANCHE LE ATTIVITA’ COMMERCIALI ED ARTIGIANALI- La Regione Liguria si è messa la medaglia del ‘Piano Casa‘. Interrogativo: il ‘piano casa’ si applica anche agli immobili o ex commerciali e artigianali ? Se è così bastava estendere la dizione ‘piano casa’ e ‘piano edifici commerciali e artigianali‘ o è un corbelleria ?  Il discusso cantiere di Vadino vede pure un Lamberti (un’omonimia ?) cointeressato. Osserva un tecnico a cui abbiamo chiesto una sua valutazione disinteressata. L’amministrazione comunale aveva  sei mesi di tempo per individuare zone a cui il piano casa non fosse applicato (e con un Puc in approvazione avrebbe dovuto decidere  che non era applicabile all’intero territorio comunale). Non lo ha fatto nessuno della maggioranza e dell’opposizione, sinistra e destra, ed ora il tempo ‘è scaduto’. Con le mani legate, ricordava l’assessore competente della giunta ‘rossa’ dell’avv. Giorgio Cangiano, bisogna rispettare pedissequamente quanto permette la Regione Liguria. Ma per favore nessuno si azzardi a fare una raccolta di firme, lotta persa. Che farà la super battagliera opposizione ingauna ? Capeggiata dal rullo compressore Eraldo Ciangherotti e dal prossimo candidato sindaco del centro destra Gerolamo Calleri come ha scritto Luca Rebagliati (Secolo XIX) il 14 settembre scorso, aggiungendo  che “anche Ciangherotti è pronto a farsi da parte per far spazio all’ex presidente Coldiretti “.

Luciano Arimondo imprenditore di supermercati in Liguria

Albenga, primatista nella presenza di banche con il capoluogo Savona (che però di abitanti ne ha 60 mila contro il 24 e rotti della seconda), non può negare l’arrivo dell’imperiese Arimondo. L’unica arma per non deludere il commercio delle botteghe, alcune storiche del centro storico e delle zone limitrofe, potrebbe essere quello di interpretare le norme senza l’uso della manica larga. Nonostante alcune scelte urbanistiche proprio nell’area Lamberti inducono a qualche interrogativo. Ovvero la provvidenziale ‘manina‘ politica e tecnica. E non è reato.

Il primo progetto Lamberti risulta presentato nel maggio 2017 e non prevede di edificare sui confini, saggia cosa si direbbe  per evitare  strascichi, liti, sospetti. Eppure il Comune l’ha respinto. Non conosciamo le motivazioni. Nell’aprile 2018 progetto ripresentato e questa volta si costruisce sui confini con il privato o i privati. Ignoriamo se uno o più. Non è il numero che conta. Sta di fatto che dopo aver superato il placet dell’Urbanistica comunale, è in attesa della Conferenza dei Servizi presso il Suap, il clima fa presupporre semaforo verde. Sono state presentate osservazioni al progetto da parte di privati o categorie commerciali potenzialmente danneggiate ? Per ora ‘top secret’.

DAI TEMPI DELLE ‘MAGNOLIE’ DI VIVERI

NON SI MUOVE FOGLIA SE LA MASSONERIA … – Questo blog, non da oggi, e chi scrive dal lontano 1967, ha qualche dimestichezza e memoria storica con le logge massoniche che operavano ed operano nel ponente ligure, savonese in particolare. Sul Secolo XIX, agli esordi della Teardo story, avevamo pubblicato per la prima volta in Italia, gli elenchi di tutti i ‘fratelli muratori’ savonesi ed imperiesi divisi per obbedienze (quattro) e logge, una ventina.  Dopo un periodo di sbandamento tra chiusure, ‘riorganizzazione’, iscritti in ‘sonno’, la massoneria ha ripreso vigore, rappresentata anche in piazza San Michele. Errore fare di ogni erba un fascio. Resta il vincolo della solidarietà, il giuramento granitico, la capillare conoscenza e trasversalità.

Da cronisti che non ci accontentiamo del copia e incolla, senza entrature salottiere, da umili servitori dell’informazione, ricordiamo quando ad Albenga andava di moda il detto: ‘Non si muove foglia che non sia magnolia‘ e capitava di confrontarci con il coetaneo Angioletto Viveri. Lui che la massoneria la vedeva come il fumo negli occhi. Eppure ad Albenga….accadeva ed oggi sarà che i fratelli siano più forti e radicati di prima. Sono entrate in campo anche le quote rosa tra Albenga, Alassio e circondario. Una lista significativa era stata acquisita qualche anno fa nell’ambito di una perquisizione in quel di Alassio: un’indagine ‘spiaggia, chioschi e affari’ conclusasi  con il proscioglimento degli indagati. Non si tratta, è bene dirlo, di logge segrete, semmai riservate nei confronti del comuni mortali. Anche il gentil sesso ha trovato modo di collaborare alla diffusione degli ideali massonici e dei legami che scaturiscono con il giuramento.

Come dimenticare quando chiedevamo ad un magistrato o ad un giudice, a proposito della nomina di un perito, di un consulente, di un custode giudiziale, di un amministratore di sostegno, a suo avviso, quale giuramento avrebbero rispettato. Quello verso la giustizia, o  quello massonico dove è pure attiva la ‘giustizia massonica’ e Albenga ha sempre fatto la sua parte.

Luciano Corrado

 

 

Don Caviglia ora celebra Messa in cielo. Fu parroco a Ceriale (e vittima di un ladro in talare),Toirano e alla Madonna della Guardia

$
0
0

Ha chiuso gli occhi, a 80 anni, don Leandro Caviglia. Un altro sacerdote della ‘vecchia guardia’ del clero diocesano di Albenga – Imperia che se ne va. Un’altra figura di pastore di anime al servizio del suo ‘gregge’ e nel rispetto della ‘promessa’ e dei ‘voti’ del sacerdozio, con fede profonda e vissuta. Possono ormai contarsi i preti che hanno ricevuto l’ordinazione negli anni ’50 e quando le vocazioni ( 50 – 60 giovani), affollavano il Seminario Vescovile ingauno: dalla prima media alla teologia. Don Leandro che in Seminario è stato vice rettore ed insegnante di italiano nelle medie e ginnasio; educato e cresciuto nel rigore che caratterizzava la formazione dei ‘pastori’ di anime. Poi apostolo di vita e di coerenza.

Un’infanzia a Vessalico terra agreste, la famiglia ha gestito l’unico negozio di alimentari. Prima i genitori, poi la mamma e la sorella. Al paese natio è rimasto sempre legato. Don Leandro  che nel suo lungo cammino ha attraversato giorni, anni difficili, persino alle prese con un falso seminarista. Si era ‘conquistato’ con scaltrezza e perfidia la sua fiducia. L’ha derubato di oggetti e paramenti sacri di valore, denaro, addirittura indumenti sottratti in chiesa ed in canonica. Don Leandro che fu protagonista di un’azzardata e infelice sortita, in piazza, un 25 aprile festa nazionale della Liberazione. Gli costò una denuncia querela dell’Anpi. La vicenda si concluse con una pubblica ammenda: “Mi sono sbagliato, non è vero che Felice Cascione aveva profanato durante la Resistenza la chiesa di Vessalico….”.

Don Leandro Caviglia durante un incontro con i fedeli nei locali delle Opere parrocchiali di Ceriale

Il primo caso esplose quando da parroco di Ceriale – in precedenza era a Toirano – si ritrovò vittima di un esemplare imbroglione e lo ‘scandalo’ finì sul Secolo XIX tra interrogativi e maldicenze. Cosa era successo ? A don Leandro si presentò in un’estate, di fine anni ’80, un ‘seminarista‘ in talare ambrosiana…”. Disse di provenire da una diocesi lombarda (e solo qualche anno dopo si scoprirà, come vederemo, che era un gran mascalzone, dedito alle truffe e furti). L’errore, per alcuni aspetti clamoroso, è di essere stato un inconsapevole ‘credulone’. Di non aver verificato nella ‘diocesi di origine’. Dopo le prime due estati dove tutto andava diciamo liscio, si arrivò che la permanenza del ‘seminarista’, peraltro preparato nel rito delle celebrazioni liturgiche, nel ruolo di cerimoniere anche dei chierichetti, oltre alla passione per l’organo. Al punto che per qualche anno ha soggiornava in canonica. Insomma si era ‘guadagnato, con scaltrezza, fiducia e collaborazione, dedizione e rispetto, con reciproco aiuto. A Ceriale non c’era ancora il vice parroco.

Il colpo di scena o colpo di fulmine quando un bel giorno don Leandro si accorse di essere stato clamorosamente beffato. Dalla canonica, dalla chiesa, erano spariti soldi, preziosi, oggetti sacri, paramenti, pure un antica porta del tabernacolo. La conferma ai primi dubbi quando si accorse di ammanchi. Con una lista del maltolto difficile da elencare e che seminò sgomento, incredulità polemiche. La denuncia ai carabinieri, articoli di giornale che hanno accompagnato l’iter dell’inchiesta giudiziaria. Le locandine davanti alle edicole.

Una parte dello staff di insegnanti presenti in Seminario negli anni ’50: da sn, dal Sappa, il can. Damonte, l’omonimo don Damonte, padre spirituale, il rettore mons. Contestabile, don Doglio, don Gerini e don Caviglia, nella casa estiva del Seminario a Colle di Nava, nella ricorrenza del 15 agosto 1957 (foto archivio Trucioli)

La perquisizione, a Pandino (CR) nella casa del ‘truffatore – ladro’, accertamenti bancari e patrimoniali, controlli di ricettatori abituali di oggetti sacri antichi. Non solo, le dichiarazioni da vero farabutto dell’indagato (in quella veste non è neppure tenuto a dire la verità secondo il codice penale) gettarono ombre sull’onestà e sulla morale di don Leandro che non lo meritava. Erano falsità, tenativi di gettare fango e ombre. In pratica il mascalzone si difese sostenendo in parte di non essere responsabile di tutti gli ammanchi attribuiti e dove non poteva smentire, sosteneva che erano stati ‘regali’ per l’aiuto dato in parrocchia o gli erano stati ‘affidati’ in custodia, o ancora regalie per un legame particolare. Dopo il processo con la condanna di  A. M.  il giudice ha disposto la restituzione della refurtiva recuperata; fu lo don Leandro, con un parrocchiano, a recarsi in caserma a Pandino.

Non fu però l’ultimo ‘incidente’ nella vita del parroco come accennato. In due o tre circostante, compreso l’annuale incontro con i giornalisti nel giorno di San Francesco di Sales, don Caviglia pronunciò parole di polemica verso la Resistenza ed alcuni suoi esponenti di spicco. Si mosse, in via ‘riservata’, il sindaco anche perchè si era formato uno schieramento che incitava il parroco a resistere contro le nefandezze partigiane ed altri che lo invitavano alla prudenza, a non esporsi. Chi ha conosciuto don Leandro sa che la sua apparente timidezza, il suo distacco, la moderazione, in realtà celavano una carattere deciso, determinato. Si sentiva un uomo ed un sacerdote che non aveva nulla da nascondere o farsi perdonare  anche dai superiori (il vescovo).

Gli ultimi strascichi, il clamore sui media, hanno contribuito a deprimerlo e a cui si è aggiunta la decisione del vescovo Oliveri di sollevarlo dall’incarico (ufficialmente su richiesta dello stesso don Leandro, ma non fu così). Lui scelse di rimanere a Ceriale in un mini alloggio ammobiliato della parrocchia. Dopo qualche mese decise di prestare collaborazione alla Madonna della Guardia, a Ceranesi di Genova, il più importante santuario mariano della Liguria e d’Italia. Ogni mattina, alle 5,  anche con pioggia, inverno ed estate, prendeva un treno locale fino alla stazione Principe utilizzando poi la linea del bus. Sei ore di viaggio tra andata e ritorno (nel primo pomeriggio). Per diversi anni, fino a quando le forze e la vista hanno imposto riposo assoluto. E’ tornato a celebrare, la domenica e nei festivi, la Messa a Ceriale quasi in segno di riappacificazione. La persona che gli è rimasta più vicino era il compaesano don Gerini, in quel periodo parroco di Peagna.

L’ultima volta abbiamo incontrato, fatto visita a don Leandro ospite della Casa di Riposo (Opera Cuore Immacolata di Maria) di Borghetto d’Arroscia che fu di don Cha, ereditata da una suora e da ultimo affidata dalla religiosa (che non volle sentire ragione neppure di fronte alle insistenze del vescovo Oliveri di donarla alla Diocesi) a don Ruggero Badiale, oggi amministratore unico della struttura  ampliata ed ammodernata. Sacerdote in quiescenza, senza alcun impegno pastorale, di fatto celebrava la Messa domenicale in parrocchia, finito nei guai e nella cronaca giudiziaria per denunce prima da parte dei Nas e Asl Imperiese, successivamente per un presunto traffico di opere d’arte (maggio 2018). Don Badiale si è difeso negando, respingendo le accuse dopo che i carabinieri hanno trovato nella sua disponibilità 40 oggetti sacri. Compreso un reliquiario e un vassoio per l’incenso del XVIII Secolo. Tutti  di provenienza furtiva, dunque frutto di presunta ricettazione. L’indagine condotta dai carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio artistico di Roma, al comando del colonnello Nicola Candido e dai colleghi della Stazione di Pieve di Teco. Ora in attesa che la giustizia faccia il suo corso.  «Non lo conosco molto bene – disse il vescovo Borghetti ai cronisti a proposito di don Badiale -, i nostri sono stati rapporti molto rapidi. L’ho incontrato qualche volta in casa di riposo, a margine della visita ad alcuni preti anziani e so che è stato anche poco bene. Spero, comunque, che non sia vero e sia presto scagionato”.  (l.cor.)

Don Leandro Caviglia nella foto diffusa dall’archivio diocesano

COMUNICATO DELLA DIOCESI DI ALBENGA – IMPERIA – Nella tarda mattinata del 5 novembre 2018 è deceduto all’Ospedale Civile di Imperia, dove era ricoverato da alcune settimane, il Reverendo Sacerdote don Leandro Caviglia. Era nato a Vessalico (IM) il 4 luglio 1931 e nella locale chiesa parrocchiale dedicata a S. Maria Maddalena e battezzato il successivo 15 luglio, cresimato il 25 settembre 1938.

Fu alunno del Seminario Vescovile Diocesano, e nella Cappella del Seminario ricevette la Tonsura e gli Ordini Minori. Fu ordinato Diacono il 3 aprile 1954 e il 20 giugno 1954 conferito l’ordine del presbitorato , dall’allora vescovo mons. Raffaele De Giuli, nella chiesa parrocchiale di Vessalico, insieme al compaesano a don Fiorenzo Gerini (ancora in vita) e a don Umberto Costa che fu parroco di Stellanello.

Don Caviglia è stato Vice – Rettore del Seminario, e parroco di Montecalvo, incarichi ricoperti sino al 30 settembre 1966. Dal 10 ottobre 1966 sino al 15 settembre 1982 parroco di Toirano, e dal 15 giugno 1976 anche parroco di Carpe. Dal 15 settembre 1982 sino al 30 giugno 2007 ricoprì l’incarico di Arciprete di Ceriale. Pur continuando a risiedere a Ceriale iniziò una solerte ed infaticabile collaborazione con il Santuario della Madonna della Guardia a Genova, ove trascorreva molto tempo nel confessionale ed accogliendo i pellegrini.Quando iniziarono a diminuire le forze e la vista non gli permetteva più di muoversi con autonomia venne prima ricoverato presso la Casa di Riposo “Cuore Immacolato di Maria” in Borghetto d’Arroscia e quindi presso la Casa “Ardoino – Morelli” di Diano Marina.

Le Esequie celebrate dal vescovo, giovedì 8 novembre, nella chiesa parrocchiale di Vessalico, alle ore 15:30. Il Vescovo S.E. Mons. Guglielmo Borghetti, e il presbiterio, innalzano preghiere a suffragio della sua anima confidando nella Misericordia divina. La sua anima riposi tra le braccia amorose di Cristo nostro Redentore.

 

 

Ranzo orfana di Riccardo Bruna: rigoroso, caparbio, rivoluzionario precursore del Pigato. La comunità del vino in lutto

$
0
0

I viticoltori del Ponente ligure hanno perso uno dei loro ‘maestri’. Se n’è andato Riccardo Bruna, 81 anni, lasciando orfani Ranzo e la comunità del vino, in lutto i famigliari e tanti amici. Un artista che non dipingeva quadri, non realizzava sculture, ma di estrema professionalità, rigore, serietà. A modo suo caparbio, originale, rivoluzionario. Per la storia precursore in paese nell’imbottigliamento del Piagato nelle vigne storiche di famiglia. Riccardo che con estro geniale da un nome non casuale e dialettale ai suoi tesori in bottiglia: U Baccan, Bansigu, Pulin. Un professionista che conosceva i ‘ferri del mestiere’ e prima di lui l’enologia ligure perse uno dei suoi ‘figli migliori’, Piero Trevia, 71 anni, che abitava in una caratteristica casa in pietre di Andora, in via Castello.

Riccardo Bruna, fondatore dell’omonima Azienda agricola e viticoltore di Ranzo, si è spento a 81 anni, lasciando la moglie, due figlie e quattro nipoti. I media locali purtroppo non hanno ritenuto darne notizia

Se Trevia era un punto di riferimento, una guida per quei viticoltori liguri  che hanno fatto dell’impegno verso la qualità, la loro ‘pietra miliare’, Bruna è stato l’esempio vivente di un continuo e quasi maniacale percorso per offrire un prodotto capace di stupire e di competere. Orgoglioso dei traguardi via via raggiunti, ma non era un esaltato, non si montava la testa, non pensava di essere il migliore ed insuperabile. L’abbiamo conosciuto ed apprezzato quasi all’esordio della sua missione da viticoltore alle prime armi. Non si lamentava col cronista di provincia di non essere trattato alla pari degli altri viticoltori quando si affrontavano articoli sul tema cantine e produttori. Certo, come tanti altri suoi colleghi, si rendeva conto che c’erano ‘guide dei vini‘ con la vocazione a far fruttare inserzioni pubblicitarie o acquisto di copie. Anche la rassegna stampa sui ‘vini in Liguria‘, poteva anche non essere di parte, e magari con qualche problemino di conoscenza della materia. Il vino con il suo universo  sensoriale, profumi, aromi, bouquet, la natura dei profumi, il vigneto, la lavorazione  del terreno e il tipo di terra. Il vino ed il suo equilibrio, il vino e l’incidenza del clima, la capacità di far esaltare le singole caratteristiche: morbidezza, acidità, tannicità, la persistenza aromatica, il giusto equilibrio.

Viticoltore, un mestiere prima di tutto da amatore, ci ricordava Riccardo Bruna nei nostri incontri, nelle conversazioni telefoniche. Lui in cantina, nei vigneti. Noi alla scrivania di una redazione: la macchina da scrivere, la telescrivente, i dimafoni, il computer. Riccardo ha sempre cercato di seguire lo sviluppo che la tecnologia poteva offrire, tenersi al passo con i tempi, seguendo però la bussola di chi non si accontenta mai del traguardo raggiunto e se ne fa una ragione se la stragrande maggioranza dei vini liguri non può competere, o comunque non figura nel firmamento, nei top dei top riconosciuti a livello nazionale e soprattutto internazionale. Una delle sue peculiarità commerciali era di non rincorrere la politica né dei listini fuori dal rapporto qualità prezzo, né dei supersconti. Non ci teneva insomma che le sue bottiglie finissero negli scaffali dei supermercati.

Certo, Riccardo è stato accompagnato da una buona stella, peraltro meritata. Un campagnolo, si suole dire nella parlata dialettale da terza età, con la moglie che gestiva l’unico ‘alimentari’ di Ranzo e che hanno saputo crescere, mettere all’onore del mondo, due figlie. Una ha preso le redini dell’Azienda Agricola Bruna  di Francesca Bruna, laureata con lode in Ingegneria meccanica, l’altra Anna Maria, laurea in chimica farmaceutica. Nell’agosto 2000, dalle pagine del Secolo XIX, con un viaggio tra i viticoltori delle vallate e delle località di produzione, ricordavamo: …Francesca e Anna Maria che incoraggiano papà a proseguire la sua opera di rigogoso viticoltore di classe. Il suo primo gioielli di Piagato si chiamava ‘Le Russeghine‘, unico in Liguria ad essere citato  dall’autorevole rivista  ‘Civiltà del bere’ diffusa in Italia e all’estero. Tra i 16 vini d’Italia (allora) più conosciuti. Riccardo che alla notizia cascava dalle nuvole e non da ‘finto tonto’. Già allora il suo ‘segreto’ era la scrupolosa selezione nel vigneto e, sempre all’epoca, l’acquisto ‘salato‘ di una macchina che consente la spremitura soffice e la macerazione sulle bucce. Non solo, non era ancora obbligatorio la dizione europea della presenza di solfiti. Non si può commercializzare vino senza indicare se contiene o meno l’anidride bisolforosa utilizzata in basse dosi  nella pigiatura e nei successivi travasi e poi l’uso di lieviti naturali, prelevati dall’uva, creati in laboratorio e liofilizzati, utile per la fermentazione a temperatura fredda. Importante, ci raccontava Bruna,  che si tratti di lieviti selezionati, come ‘cervisia‘ e ‘bainano‘. Purtroppo, ci rivelava, sono in commercio altri lieviti killer. Hanno il potere di trasformare qualsiasi vino dandogli caratteristiche secondo le esigenze del mercato. E spesso si trae in inganno anche chi si ritiene un buon assaggiatore, degustatore.

Virgilio Pronzati, nato a Genova, da anni si interessa del pianeta vino: prima come Delegato regionale dell’AIS, poi dell’ONAV. Socio fondatore della Delegazione Ligure del “Conservatorio delle Cucine Mediterranee”. Consulente – CTU – del Tribunale di Genova. Autore e coautore di vari libri a carattere enogastronomico.

Allora Virgilio Pronzati giornalista specializzato in enogastronomia e già docente della stessa materia in diversi Istituti Professionali di Stato della Liguria, presidente regionale Onav (organizzazione nazionale di assaggiatori di vini)  sosteneva che se l’uva è sana “i lieviti non dovrebbero essere usati, in particolare dai produttori artigianali”. E che dire della parabola del ‘verderame’, con il zolfo, da due secoli unici prodotti utilizzati in vigna contro le ‘malattie’, gli ‘attacchi’ ed ora messo all’indice (verderame) in alcuni paesi europei importatori e in parte produttori di vino. Ci sono aziende commerciali tedesche, svizzere, per fare un esempio, che non accettano di importare prodotti (vale anche per frutta e verdura) che siano trattati con il ‘verderame’. Si intende genericamente un anticrittogamico a base di rame, cioè un fungicida rameico. La composizione cambia di volta in volta, in base al prodotto usato. In modo generico, in agricoltura, il termine verderame è utilizzato soprattutto per la composizione tipica della poltiglia bordolese (di colore azzurro intenso).

I vigneti, la loro cura maniacale, la cantina. Dopo la famiglia per Riccardo Bruna, persona riflessiva, gentiluomo nel modo di fare e di proporsi, esisteva un secondo amore. La dedizione e l’interesse per la ‘creatura in bottiglia’. Se Pietro Trevia, sepolto nella tomba di famiglia ad Andora, dopo aver rispettato il suo desiderio di rinuncia ai funerali, era stato il primo savonese a conseguire il diploma di enotecnico alla prestigiosa scuola di Alba; Bruna, oltre a pioniere del Pigato in bottiglia a Ranzo, ci ha lasciato orgoglioso del timone ereditato dalla figlia Francesca che dal papà ha avuto tanto ed ha imparato moltissimo.

Trevia che se ne andava, nel duemila (il papà fu anche il primo ad aprire un negozio di vini in via Carminati di Andora), lasciando al figlio Emanuele l’eredità del Vermentino più premiato in Liguria e prodotto dall’avvocato Maria Donata Bianchi Trevia. Marito e moglie titolari di una cantina laboratorio a Diano Castello.  E come dimenticare le dichiarazioni che il giorno dei funerali annotammo proprio da Riccardo Bruna. “Per 32 anni – ricordava – è stato una grande guida per i viticoltori, in molti abbiamo ricevuto le prime nozioni professionali proprio da lui. E chi l’ha seguito non è rimasto deluso, semmai poteva stancarsi della sua  meticolosità, il continuo impegno  per un vino sempre più affinato e anche a non cullarsi sugli allori”. Trevia tra i fondatori del Consorzio di promozione  e tutela dei dei vini del ponente per ottenere la Doc per i pigati, rossese, ormeasco e lumassina.

Riccardo Bruna concludeva: ” Forse ce ne renderemo conto con il passare degli anni, Piero è stato davvero un gigante nel vigneto, in cantina, non era geloso di insegnare. Mi auguro che non sia dimenticato troppo in fretta, resti per tutti noi un faro, una luce proiettata nel futuro, a me non resta che ringraziarlo, anch’io resterò orfano dei suoi insegnamenti e consigli. Una cittadino benemerito della società”.

Questo era Bruna quando parlava al giovane cronista del Secolo XIX. Oggi un altro benemerito, Riccardo appunto, ha raggiunto il mistero dell’eternità e senza che i mass media abbiano dato notizia, escluso il blog Liguria e Dintorni di Stefano Pezzini collaboratore de La Stampa. Riccardo un cristiano che, al momento della morte, si affida a Dio. Forse questa è la differenza tra un credente e un non credente ateo: il primo spera in qualcuno a cui tendere la mano anche se è difficile, anche per una persona di fede, immaginare come sarà la risurrezione. Ma è questo l’orizzonte imprescindibile in cui abita proprio la fede. Ci ha salutati, nell’inconscio, consapevole di aver dato tanto alla famiglia e alla comunità. E tutti avremmo avuto ancora bisogno di un cittadino da portare come esempio di vita, virtù e fiducia.

Luciano Corrado

COME E’ NATA E COSA RAPPRESENTA

NELLA STORIA DI RANZO L’AZIENDA AGRICOLA BRUNA

 di Francesca Bruna

Lo sorella, laureate, Francesca ed Anna Maria Bruna, in un momento felice posano per il sito internet dell’azienda famigliare

L’Azienda agricola Bruna nasce per intuito e passione di mio papà Riccardo. È un tipico ligure dell’entroterra rigoroso e caparbio, a volte ritroso, ma sebbene pensi di essere tradizionalista io so bene che è un rivoluzionario. Nei primi anni settanta infatti vinifica e imbottiglia il vino Pigato delle vigne storiche di famiglia a Ranzo. In paese è stato il primo e la sua è una scelta di vita non comune per quegli anni in Liguria. Mio nonno materno fin da subito lo sostiene e impianta nuovi vigneti ad Ortovero. Si chiamava Virginio Capello, contadino dalla mente raffinata e modernista, era un visionario: voleva aprire negli anni venti una gelateria a Costantinopoli.
Ha sempre creduto nel Pigato. Lo ricordo con tenerezza, ormai anziano, magrissimo, seduto sui gradini di casa, mentre scrutava le pergole di vite piantate tutt’intorno quasi a farsi stringere da loro in un abbraccio.
L’impegno costante di mio papà, chiamato affettuosamente da tutti noi “U Baccan”, il capo in dialetto, ha portato nel tempo ad ampliare i vigneti di proprietà, con precisa attenzione da un lato alle posizioni migliori di terreno da impiantare, dall’altro alla creazione di vini che rispecchiassero la sua personalità nel rispetto della tipicità varietale.
È stato un innovatore in quegli anni… Io e mia sorella, nel frattempo ragazzine, collaboravamo in vendemmia e in cantina divertendoci un mondo. Papà borbottava con Meneghin, mitico aiutante, perchè, secondo lui, non ne facevamo mai una giusta. Poi ci siamo trasferite a Genova per studiare all’Università, convinte che l’ingegneria e la chimica farmaceutica fossero il nostro futuro. Occuparsi della terra in quegli anni non era la massima aspirazione fra i giovani. Dopo la laurea però contro ogni previsione e qualche mugugno di mamma e papà abbiamo scelto con convinzione di ritornare. Volevamo fare le vignaiole.

Da anni siamo noi a lavorare con passione nell’azienda agricola: io, mia sorella Annamaria e Roberto, mio marito. Insieme a lui abbiamo deciso di coltivare tutte le nostre terre in modo naturale. È stata una scelta che ci ha cambiato la vita. In meglio. Quasi sempre Roberto è in mezzo alle vigne, ne conosce ogni particolarità e ne resta spesso affascinato, la sera è un vulcano di informazioni, idee e nuovi progetti. Io mi occupo della gestione dell’azienda agricola e faccio la mamma, mentre Annamaria tappa tanti buchi, sfama figli, nipoti, amici e trova anche il tempo, tra marmellate e pesche sciroppate, di realizzare bellissime composizioni floreali.
Insomma siamo una grande famiglia: grazie a Debora, John, Tania e Alessio, rispettivamente figli e nipoti, siamo anche un po’ rumorosi e scapigliati. Insieme a noi lavorano Ardian ed Elvis, due ragazzi molto capaci, anche loro sono e si sentono parte fondamentale dell’azienda vitivinicola.

Possediamo otto ettari di vigneti e pochi ulivi coltivati sui classici terrazzamenti liguri tra le colline e i boschi di macchia mediterranea di Ortovero e Ranzo, zona storica di elezione dell’uva Pigato. Lavoriamo ogni giorno con curiosità e voglia di fare meglio.
Cerchiamo semplicemente l’espressione più naturale del vino e della terra: mineralità, profondità, purezza.

Francesca Bruna (dal sito dell’azienda)

OTTO ETTARI DI VIGNETI – La nostra famiglia coltiva sopratutto l’uva Pigato. È un biotipo di Vermentino che nell’entroterra di Albenga, inValle Arroscia, ha sviluppato caratteristiche originali, non riproducibili altrove, tanto da essere considerato una varietà a se stante. I nostri vigneti sono disposti nei classici terrazzamenti liguri con muri in pietra, disseminati tra le alture di Ortovero e Ranzo, zone storiche per l’uva Pigato.

Roberto ha sposato Francesca Bruna, collabora all’azienda di famiglia, con un bagaglio professionale non comune

Il microclima è mediterraneo, secco e ventoso, da una parte il mare e il suo orizzonte infinito, dall’altra le Alpi Liguri, verde, luce e silenzio. I filari vivono in armonia con ulivi, querce, lecci e macchia mediterranea. Il paesaggio è selvaggio, le strade ripide e zeppe di curve, in cielo le nuvole corrono veloci. In questo scenario incantato crediamo con forza che una viticoltura naturale, senza diserbanti nè prodotti sistemici e di sintesi sia l’unica possibile. Rispettiamo il suolo, affinchè sia vivo, e le viti in equilibrio con le piante e gli insetti che la circondano. La terra plasma i nostri vini.  Intorno ad Ortovero i terreni sono sciolti e sassosi per il disfacimento di conglomerati di roccia sedimentaria. Qui oltre al Pigato coltiviamo Granaccia, Rossese e Sirah e in misura minore altre varietà a bacca rossa, i vini sono salati ed esuberanti. I vigneti sopra Pogli di Ortovero, interamente contornati da boschi, affondano le radici su pietra calcarea e argille azzurre risalenti al Pliocene, ricche di micro e macro fauna fossile. Qui il Pigato è puro e minerale. Sopra Ranzo la terra cambia, l’argilla è meno compatta, gli ossidi di ferro e manganese la colorano di rosso, le piante di vite superano i cinquant’anni. Il vino acquista profondità e ricchezza.

L’Azienda Agricola Bruna

“U BACCAN” PIGATO RIVIERA LIGURE DI PONENTE DOC
Severa selezione delle nostre piante più vecchie, oltre i 50 anni. U Baccan, il capo in dialetto ligure, mostra la vocazione dell’uva Pigato a produrre un vino complesso, di grande personalità. Negli anni ha dimostrato “sul campo” di avere ottime capacità d’invecchiamento.

“BANSIGU” ROSSO COLLINE SAVONESI IGT
Il Bansigu, altalena in dialetto ligure, è un vino rosso di chiara impronta mediterranea, ottenuto dalla selezione di Granaccia e altre varietà di uva, alcune poco conosciute ma da sempre presenti nei nostri vigneti. Vino grintoso dalla beva succosa e disinvolta.
“PULIN” ROSSO COLLINE SAVONESI IGT
Nato da un nostro progetto finalizzato alla riscoperta e alla valorizzazione della Granaccia, pregevole cultivar ligure affine alla Grenache del Basso Rodano. E’ coltivata in vigneto insieme a Sirah e Barbera. Il Pulin, ultimo nato in dialetto ligure, è un vino rosso di struttura, solare e mediterraneo con buone capacità di invecchiamento.
SFOGLIANDO LE PIU’ PRESTIGIOSE GUIDE DEI VINI D’ITALIA
“Quella di Riccardo Bruna resta senza dubbio una delle cantine storiche del Ponente Ligure, fra le poche la cui fama  abbia oltrepassato i confini regionali. E questo grazie ad una strategia  produttiva rigorosa, che ha saputo unire  sapienza viticola antica  e tecnica enologica moderna.  Il tutto nel pieno rispetto degli equilibri ambientali….U Bacan  alterna la gioviale  ed elegante spigliatezza del nuovo Majé …”.
“…L’azienda Bruna è una delle cantine più stimate ed importanti  del territorio. La sua produzione, di circa 40  mila bottiglie non riesce più a soddisfare  il mercato tanto che in cantina, in autunno, rimangono giusto le riserve.  Ma per il momento Francesca ed il marito Roberto non sono intenzionati a crescere, Preferiscono rimanere concentrati sulla qualità, con meno rese e con molta attenzione alla coltivazione naturale.  I vini si riconoscono con il forte legame  che hanno con il territorio…”

Marco Rezzano presidente Enoteca Regionale della Liguria

Marco Rezzano, presidente di Enoteca Regionale della Liguria, riportate da LiguriaWineMagazine, il giornale online dell’Enoteca: «Se ne va un uomo autentico, un grande produttore, un pezzo di storia e una delle anime del Pigato. Riccardo è stato tra i primi insieme a Pippo Parodi, Tommaso Lupi e alla famiglia Calleri a credere  nelle potenzialità del Pigato, un vitigno straordinario, fino a farne un vessillo aziendale. Uomo all’antica, tutto d’un pezzo, da subito ha interpretato la produzione del Pigato in maniera tradizionale senza mai cedere alle lusinghe moderniste. Schivo e diffidente verso i cambiamenti, ha sempre esaltato attraverso il suo meticoloso lavoro i caratteri della sua terra. Un amore totale verso il suo lavoro. La cura per ogni particolare produttivo ha fatto sì che il suo Pigato e il Pigato in genere si affermasse in modo definitivo. Lo porteremo sempre con noi, nei nostri cuori».

Olioliva: incognita dei conti ignorati dai media, per fortuna c’è il presidentissimo L’appalto a Paola Savella, ufficio stampa a Gattai, la moglie scrive articoli, la pubblicità

$
0
0

Inaugurazione di “Olioliva” 2018 alla presenza del Presidente Toti, della vicepresidente Viale e degli assessori Berrino, Mai e  Marco Scajola, ricorda il comunicato stampa della Regione. E’ la festa dei ‘prodotti del territorio e delle eccellenze (?), del turismo enogastronomico. Nell’anno del cibo e nel ‘regno’ della taggiasca. Almeno 200 espositori con stand di vendita e degustazioni. Non sappiamo quanti siano siano i produttori di extravergine imperiesi, savonesi, liguri. E quanti  di altre regioni. Quale altro genere di mercanzie. Oppure il numero di ‘artigiani’ del vino di Liguria, i pastori con i loro formaggi, gli apicoltori, i pasticcieri, i salumieri. Se le caldarroste, specialità di stagione, provengono dai boschi liguri, piemontesi, oppure da Romania, Bulgaria, Francia o Spagna.

Quanti, tra gli espositori, partecipano per la prima volta per un utile confronto con le edizioni precedenti. Alla segreteria di PromImperia abbiamo inviato la mattina del 6 novembre 5 domande motivate. Non hanno avuto tempo di rispondere: “Siamo impegnatissimi, dovete rivolgervi all’ufficio stampa affidato al giornalista Marcello Gattaidice una gentile Paola Coletti. Intanto la moglie giornalista scrive ogni giorno una pagina per descrivere l’evento sul Secolo XIX Imperia. E a vincere l’appalto organizzativo, ormai da qualche anno, è Paola Savella vicino al mondo dell’informazione imperiese.

Quanto costa esporre nella ‘grande vetrina, orgoglio dell’extravergine del Ponente Ligure’. Lo sanno solo gli addetti ai lavori. Ai cronisti  pare non interessi granché nonostante qualche interrogativo si imponga nel dovere di informare i lettori. Ad esempio, sul suolo pubblico che il Comune di Imperia dovrebbe riscuotere. 

Enrico Lupi il presidentissimo di Confcommercio ma sopratutto di ProImperia, organizzatrice dell’evento Olioliva

Oppure quanto spendono gli organizzatori  – PromImperia e C. (appaltatrice Savella) – in pubblicità, anima del commercio. Con quale criterio si stabilisce la spesa per testate giornalistiche, televisive, on line, blog, opuscoli e stampati vari, neppure. L’ammontare del bilancio consuntivo  2017 del grandioso evento commerciale e culturale ? Che fondamenta hanno le voci che la nuova amministrazione del sindaco Claudio Scajola avrebbe avuto qualcosa di ridire a proposito di suolo pubblico ? Quali proventi della ‘gara – appalto 2018’ aggiudicataria la società di Paola Savella ? A quali le condizioni contrattuali.  Controlla solo il controllore ?

Incontrando casualmente, a Laigueglia, il ‘presidentissimo’, il ‘re’ buono di PromImperia, Enrico Lupi, abbiamo chiesto se erano sorti contrasti con il Comune in merito al suolo pubblico. Risposta secca: “Assolutamente no, abbiamo sempre pagato….”.  Al Comune ? Lupi: “Certamente, grazie al fatto che c’è chi lo riscuote…”. Semplice partita di giro si direbbe.

Ma in tema di numeri, cifre, spese, introiti, Lupi gentilmente rimanda ai ‘nostri uffici, io non mi occupo di contabilità, non ci sono segreti, chieda a loro…’. Eppure abbiamo scritto, per sicurezza, senza ricevere risposta e al sollecito telefonico hanno ‘girato’ le incombenze all’ufficio stampa, a Marcello Gattai, giornalista professionista pensionato, già caposervizio del Secolo XIX alla redazione di Imperia, poi a Genova, sempre in attività per tenersi allenato tra enti pubblici ed associazioni di categoria. Inoltriamo la stessa richiesta a Gattai, nulla di fatto.

Due anni fa trucioli.it si era occupato di Olioliva. Tra le curiosità, meno affrontate dai media imperiesi, l’incremento fino al 30 per cento del costo degli stand per gli espositori. Il motivo, si disse e pareva plausibile, il ‘problema sicurezza‘. Il terrorismo colpiva duro in Europa, gli echi della strage sul lungomare di Nizza non si erano spenti. Certo è che sommando gli aumenti scaturiva una somma considerevole alla voce ‘sorveglianza e sicurezza’ tutta a carico di chi esponeva. Anche allora nessuna risposta alla richiesta di chiarimenti, di trasparenza. Poco importa se una sera ci scappò anche un furto di formaggi, i responsabili furono scoperti e la merce restituita. Importante, insomma, sapere che ‘tutto era sotto controllo per l’incolumità dei visitatori e degli addetti alla manifestazione’. E quest’anno la spesa sicurezza è rimasta immutata ? Lo ignoriamo.

QUANTO COSTA UNO STAND – L’affitto, compresa la struttura, ovvero lo spazio espositivo, varia a secondo della metratura: 3 metri per 3 costano, agli espositori, per tre giorni, 300 €, oltre il 22 % di Iva, 40,50 € per suolo pubblico Iva esente, 5 € la quota Asl che salgono a 15 €. in caso di somministrazione alimenti. La cifra dell’affitto del gazebo raddoppia con 6 m. x 3, mentre il suolo pubblico passa a 81 €, sale a 900 € chi sceglie 9 m. x 3, con 121 € di suolo pubblico. Chi stabilisce le quote da pagare in base allo spazio espositivo e struttura mobile a carico a PromImperia; ai tavoli provvede chi espone. Nell’edizione 2018 ci sono spostamenti logistici di alcuni settori, con immancabili mugugni e malumori per chi si è trova a cambiare zona temendo di ‘non essere facilmente trovato dai clienti abituali’. Ad ascoltare le lamentele, l’appaltatrice Paola Savella, avrebbe risposto che “non sono stata io a decidere”.

Il presidente Lupi, con l’immancabile completo blue, in compagnia di un amico, seduti ad un bar del lungomare di Laigueglia. Lui pranza con un toast alla settima edizione de “Il salto dell’acciuga”  2018. Per un giorno dimentica di essere un’ottima forchetta e buongustaio

IL TRONO DEL PRESIDENTE LUPI –  E’ tra i personaggi più popolari, di lungo corso, tanti amici e qualche avversario, della comunità imperiese, dalle città all’entroterra. Difficile trovare qualcuno – non parliamo di chi ha rivestito o ricopre cariche pubbliche, sia elettive,  sia in enti, associazioni – che non sappia chi è ‘il presidente Lupi’. E’ proprio lui a smentire al cronista che Olioliva non paghi il suolo pubblico al Comune. Quest’anno sono sorti screzi col neo sindaco, con un Comune in crisi nera per via dei debiti ereditati. Neanche per sogno assicura Lupi. Nessun problema. E poi è Paola Savella che ha le redini della cassa, entrate ed uscite, dei rapporti con gli uffici comunali competenti. Sarebbe interessante ed utile  conoscere  anche l’importo dell’appalto che si aggiudicato. Se lo vince sempre lei non sarà perché “miracolata‘, rispetto ai concorrenti; peraltro non conosciamo chi siano e la somma proposta. Insomma un’appaltatrice che sta a Olioliva, come PromImperia sta a Paola Savella. Onore al merito, alla collaborazione, al successo degli organizzatori e al tornaconto di chi espone. Contano i risultati.

Lupi che di fronte a tanti altri imperiesi rimasti per anni sulla cresta dell’onda e del potere, non sa cosa vuol dire finire nel dimenticatoio, essere messo da parte volente o nolente. A volte, per certi personaggi, ci ha pensato l’autorità giudiziaria, oppure il tramonto del partito di appartenenza e neppure con i girotondi si è riusciti a stare a galla. Spazzati via, almeno dal piedistallo, dalla mannaia invisibile dell’oblio.

Non è stato così per il ‘mito dei miti’, Lupi dalle sette vite si direbbe. Un’esperienza come rappresentante dell’altrettanto mitica, ma alla fin fine ingrata, ‘Pasta Agnesi’. Tutti sappiamo che il nuovo proprietario ha lasciato Imperia per trasferirsi in un moderno pastificio in Piemonte. Per Lupi è seguita l’esperienza in proprio con un ingrosso di prodotti alimentari.  Qualche vocina era emersa a proposito della liquidazione ai dipendenti. Qualche malizia sulla carta di credito di PromoImperia Azienda Speciale della CCIAA di Imperia ora Riviere di Liguria. Non avendo di meglio da criticare non si capisce perchè un presidente non possa far uso della carta di credito. A meno che non ci sia un abuso e non ci siano controlli.

Del resto un personaggio  votato al ‘bene comune‘, oltre ad appartenere alla categoria degli scapoli,  può esibire un ‘ricco medagliere‘ di riconoscimenti, con tante ‘porte aperte‘ nei Comuni, in Provincia, in Regione, negli enti, per quale maledetta ragione privarlo dell’incenso. Anche se l’invidia è ‘umana’. Voci pure sugli screzi che sarebbero scaturiti per il fatto che da vice della Camera di Commercio Riviere di Liguria Imperia, La Spezia, Savona, nel periodo in cui il savonese presidente Luciano Pasquale era infortunato, abbia assunto qualche iniziativa molto personale, forse di troppo, non concordata o condivisa.

UNA CORAZZATA A DIFESA DEL TERRITORIO – Enrico Lupi che nel luglio 2016 è stato acclamato a restare alla guida di Confcommercio Imprese per l’Italia della provincia di Imperia per il mandato 2016/2020. Riconfermato all’unanimità dall’assemblea dei delegati riuniti nella sala multimediale della Camera di Commercio. Tutti d’accordo nel chiedergli di proseguire il suo impegno, i suoi sacrifici, la sua esperienza, ai vertici dell’associazione sulla scorta dei risultati conseguiti e del lavoro portato avanti in questi anni da presidente. ““Confcommercio Imperia – ricordava Lupi  – nonostante le difficoltà nazionali e internazionali con pesanti ripercussioni nella nostra provincia, si è consolidata, ha realizzato progetti, iniziative a sostegno delle imprese, chiude un bilancio positivo e si proietta nel futuro con entusiasmo, determinazione, impegno a dare nuovo slancio alle nostre attività del commercio, del turismo, dei servizi”. E ancora: ““Otto anni di crisi hanno cambiato il mondo, creato problemi, tensioni per le aziende e per i consumatori. Nonostante tutto Confcommercio ha confermato di essere una corazzata in difesa del tessuto economico del territorio. E’ da questa consapevolezza che tutti noi dobbiamo assumerci la responsabilità di proseguire sulla strada intrapresa, innovarci ed essere propositivi. Dobbiamo partecipare attivamente al superamento dei problemi che frenano lo sviluppo e dare il nostro contributo allo sviluppo sociale ed economico delle nostre città”.

Il presidente che in Confcommercio può contare nelle capacità, esperienza e conoscenza del territorio e del mondo imperiese dell’informazione quale è Marcello Gattai, “free lance di marketing, comunicazione, campagne stampa“, reduce da un incarico operativo alla Camera di Commercio di Imperia con il presidente Franco Amadeo.

Nel luglio 2016  nasceva  Confcommercio Magazine,  portale online Confcommercio per ” far conoscere il territorio della provincia di Imperia a scopi turistici e promozionali”. Il sito curato da una squadra diretta da Roberta Maglio, di cui fanno parte, si leggeva nell’annuncio, i giornalisti Marcello Gattai e Alessandra Chiappori. “Il nostro prodotto – ricordava il direttore Confcommercio Roggeronon si sovrappone con il lavoro fatto sul territorio dai giornali presenti in provincia, ma vuole semplicemente raccontare le attività della Confcommercio in provincia di Imperia e uno spaccato della nostra economia”.

Quanto a longevità di presidenza difficile che Lupi batta il savonese Vincenzo Bertino il quale ha sempre preferito privarsi di un addetto stampa, non ha mai coltivato i rapporti con i giornalisti di provincia e magari ne avrebbe avuto bisogno.

CONFCOMMERCIO E IL DIBATTITO CON I CANDIDATI AL PARLAMENTO – E proprio nelle fila dell’informazione imperiese  si racconta di un dibattito organizzato da Confcommercio con i candidati al parlamento. Due i giornalisti intervistatori che fecero emergere l’argomento ‘mafia nell’imperiese’ come del resto hanno documentato inchieste giudiziarie, ribadito da giudici e confermato nei gradi di giudizio fino in Cassazione. Verissimo che ci furono anche clamorose assoluzioni, scagionati esponenti politici di primo piano inizialmente coinvolti e finiti a processo. In ossequio proprio a quella giustizia che condanna o assolve sulla base della ‘verità giudiziaria‘.

Difficile tuttavia ignorare che fu presa anche di mira la senatrice Donatella Albano (non ricandidata) che in un’intervista a domanda rispose: ” Nel Pd abbiamo affrontato il problema mafia e lo abbiamo fatto esplodere nell’imperiese, con lo scioglimento dei Comuni di Ventimiglia e Bordighera. Ma ora sembra che certi temi non interessino più. Finite le fiaccolate e i convegni. Quindi dico ai miei compagni di partito “ragazzi bisogna darci una mossa”. Altrimenti rischiamo di risvegliarci con brutte sorprese. Basta leggere la relazione di Anna Canepa (pm. della Direzione nazionale antimafia, ndr) per capire che certi incidenti di percorso vanno analizzati e discussi senza timori. I segnali di infiltrazioni ci sono e se prima stavano solo nel mio ponente, dove era il centro destra a governare, oggi li troviamo anche in territori del centro sinistra, come il savonese o certe zone dello spezzino”.

Alla domanda: Lei è stata minacciata, ha vissuto protetta, è stata eletta in Parlamento e ha visto riconosciute in tribunale le sue battaglie. Come vede la situazione oggi a qualche anno di distanza dai fatti?
Risposta: “La sensazione è che nulla sia cambiato”. Era il 10 marzo 2015.

Ma in quel dibattito dell’inverno preelettorale 2018 c’è stato pure chi non ha esitato a sostenere in pubblico: “La mafia nell’imperiese è stata soprattutto una montatura di certi giornali e certi giornalisti. Fortunatamente qui non ha attecchito e dobbiamo esserne fieri”.

Nel nostro orticello non abbiamo il bagaglio necessario per affrontare mafia si, mafia no, sulla Riviera di ponente, anche se un pizzico di memoria storica non ci manca. Non è questo il momento di discuterne, fuori luogo. Sarebbe invece più utile conoscere quali sono i risultati della ‘rassegna stampa’ di Olioliva, non solo sui media locali, pagine imperiesi o ponentine, aggiungiamo pure i notiziari ed i servizi delle Tv liguri. Sarebbe interessante conoscere la risonanza nazionale, meglio a livello europeo, al di là di presenze dei vicini cugini francesi. Olioliva siamo proprio sicuri sia un appuntamento, un evento, che promuove le produzioni della terra ligure sui ricchi mercati del centro e nord Europa ? O piuttosto resta, tutto sommato, una gran festa commerciale confinata e ristretta. Non per cestinarla, metterla in castigo, ma per non vendere troppo fumo. Non far credere, anche in buona fede, che si tratti di una formidabile vetrina alla stregua di ‘fiere’ nazionali ed internazionali da locomotiva del made in Italy. A meno che ufficio stampa, PromImperia, Azienda Speciale della CCIAA di Imperia ora Riviere di Liguria, non ci documentino che stiamo prendendo un abbaglio anche soltanto a dubitare.

Sempre in attesa, utile ripeterlo, che qualcuno ritenga di rispondere alle domande di un giornalista di provincia e pure montanaro imperiese da generazioni. Quella montagna che continua a non brillare e soffrire, non per clima ed acqua salubri, non si promuove con i fuochi artificiali, l’edilizia è ferma dagli anni ’60, moltissime case abbandonate e destinate a ruderi, chiudono negozi, bar e trattorie, alberghi, non conosce generosi sponsor, non ha apparati amicali per grandiose manifestazioni, ha creduto ai predicatori del rilancio sempre dietro l’angolo. E tutti, nessuno escluso, devono profumare di ottimismo, scrivere cronache economico e sociali in positivo come sanno fare due o tre cronisti e croniste imperiesi. Legionari della provvidenza, non divina. (l.cor.)

 

Ecco Banca Carisa del presidente Bartolini: 60 mila correntisti, 49 sportelli (44 nel savonese, 1 a Imperia, 4 nel cuneese). Poi il ‘castello crollò’ grazie a Carige, la ‘rapinata’

$
0
0

La Banca Carisa (accorpata a Carige nel novembre 1975),  nel 2018, avrebbe compiuto 178 anni. A quando un volontario scrittore che approfondirà la storia (già Cassa di Risparmio di Savona) dall’A alla Z. Diciamo subito quanto a buone notizie che i 60 mila clienti non hanno patito l’Odissea delle Banche popolari venete, oppure del Banco di Siena solo per restare nel Nord Italia, con migliaia di risparmiatori vittime e truffati. E forse non sono molti i savonesi che hanno affidato o lasciato i loro investimenti azionari nella ‘rapinata’ e disastrata Carige. Eppure con l’assorbimento  Carige nel capitale Carisa c’è chi ‘brindava’ e annunciava grandi opportunità per la Fondazione Cassa di Risparmio di Savona: dedicare le proprie energie e risorse agli obiettivi di interesse socioculturale per cui è nata. Mentre la storica banca dei savonesi subiva contraccolpi e giorni burrascosi per il flop di alcuni clienti Top, emergevano discussi personaggi nel Cda. Merita comunque un posto d’onore, senza infamia e disonore, Franco Bartolini, tre volte presidente. Uno che non si è arricchito, né ha fatto affari all’ombra dei banchieri. E non eravamo certo sulla stessa lunghezza d’onda, ci separava un abisso quanto a visione della realtà bancaria cittadina.

Era ottobre del 2007 quando le locandine davanti alle edicole della provincia di Savona, annunciavano l’intervista a Franco Bartolini di Sergio del Santo dalle colonne del Secolo XIX: ” Banca d’Italia ? Una sede prestigiosa per la Carisa, siamo interessati, sapendo che il Comune ha un diritto di prelazione, per noi sarebbe il migliore biglietto da visita, anche se in questo momento siamo di fronte al un rinvio a giudizio  che coinvolge quasi l’intero consiglio di amministrazione  della Fondazione Carisa di allora, di cui ero presidente e per me è una grandissima amarezza, ma ho fiducia nei giudici”. Aveva ragione. “Il tempo è galantuomo”.

Gianfranco Barcella, nato nel 1954, docente di materie letterarie, giornalista. È stato direttore editoriale di periodici. Ha pubblicato tra l’altro: monografia su Pietro Giuria, Sabatelli Editore; Invito alla lettura di Milena Milani, Ibiskos-Ulivieri. Per De Ferrari Editore ha realizzato ultimamente le seguenti pubblicazioni: Una sola verità, romanzo giallo; Le vie dei savonesi illustri; Le vie degli albisolesi illustri; Santa Maria Giuseppa Rossello Testimone di Misericordia. Nel 2012 pubblica il libro di versi In riva al mare, Genesi Editrice

E’ stato il Gianfranco Barcella a scrivere, con ogni probabilità, l’ultimo affresco di vita e di presidente Carisa del professor Franco Bartolini,  nato a Roma, 88 anni, laurea in filosofia, preside in pensione, e che abbiamo incontrato, l’ultima volta, a Vado Ligure, al funerale di Gianni Veirana. Era il 24 ottobre 2017. Il prof. Veirana, per un breve periodo, vice presidente di Carisa con Bartolini, il savonese tre volte presidente di quella che è stata per anni il primo ‘forziere’ della città ed ex presidente  di Fondazione Carisa. Un tesoro tutto savonese che aveva resistito alle guerre, al regime e da ultimo all’assalto dei concorrenti, fino a capitolare definitivamente alle brame espansionistiche dei genovesi di Carige, al termine di una battaglia senza esclusione di colpi con Banca Toscana, l’altra pretendente e con importanti sponsor nel mondo massonico nazionale, ma anche tra i tanti savonesi – noi umili cronisti di provincia compresi – che per una serie di ragioni obiettive, a cominciare dalla garanzia dell’indipendenza e senza clausole (quelle di Carige), si erano uniti allo schieramento pro ‘toscani’. E forse tra coloro che conservano ancora pagine mai scritte dalla cronaca locale c’è proprio il decano ‘presidente emerito’ per antonomasia.  Una memoria storica che meriterebbe la presidenza onoraria comunque non prevista.

Per Carisa story, da tramandare ai posteri, potrebbero emergere  i segreti di Bartolini, presumibilmente custoditi e mai affidati alle stampe. Storie di protagonisti che in modo diretto ed indiretto hanno avuto un ruolo nelle ultime vicende, quelle più tormentate e con aspetti mai chiariti almeno ai profani e a chi ha seguito, scriveva la cronaca bianca, ma anche giudiziaria, alla luce dei tanti risvolti, tra ispezioni di Banca d’Italia (mai rese note e rimaste negli archivi di via Nazionale a Roma), indagini e inchieste giudiziarie, sia sugli sviluppi di Banca Toscana- Carige, sia sugli affidamenti, sulle linee di credito. Istruttorie o processi, va detto, che non hanno mai portato, a livello savonese, a pronunce di condanne definitive, un paio finite con verdetto assolutorio della Cassazione. E controversie civili di cui si è perso l’epilogo.

Carisa dove non sono mancati personaggi ed influenze massoniche (non è il caso di Bartolini) o dell’Opus Dei più vicina a lobby genovesi. In qualche caso riguardavano presidenti, vice, direttori generali e funzionari di primo piano, fino a direttori di agenzie. Per il prof. Bartolini che lo scorso anno abbiamo trovato lucido, cordiale, partecipativo, ottimo humour, terza età con  il rammarico di dover rinunciare ad uno dei suoi hobby prediletti, la vigna di famiglia, produttore di buon vino quilianese, a cominciare da un un eccellente Vermentino. Lui che aveva ricoperto il ruolo di Consigliere  dell’Istituto Federale di Credito Agrario per il Piemonte e la Liguria e la Valle d’Aosta, oltre che del Cento Fiduciario C.F. Spa e Revisore dei Conti dell’I.L.R.E.S. Che sedeva all’ambito tavolo del Cda di Carisa, con personaggi con il rag. Giovanni BerneschiErasmo Del Grande  all’epoca titolare del più affermato studio  commercialista savonese ed esperto  di consulenza tributaria e societaria, oltre a sedere  nei Consigli di amministrazione  di diverse società in ruoli primari del nostro territorio; con Raffaello Orsero, compianto, armatore  e presidente  di consigli  di amministrazione  di società a livello nazionale del settore della frutta ed armatore, all’epoca  ritenuto il correntista più ‘liquido’ ed importante della provincia. E nei faldoni di inchieste giudiziarie intercettazioni telefoniche testimoniano anche chi, tra i capi ed i giornalisti del periodo, era considerato affidabile, oppure uno da stare in guardia e che aveva già messo alle corde un big del potere politico savonese e ligure. ‘Perseguitava’ senza motivo dei ‘poveri’ massoni. E, per fortuna, era stato emarginato anche da molti colleghi. Sorvoliamo sui nomi. Non fa testo.

Bartolini stringe la mano al dr. Torcello tra i primi a denunciare l’inquinamento e le malattie respiratorie per i fumi della centrale di Vado, accanto l’ing. Lagasio di Savona, tra gli esponenti della Dc ai tempi del partito rilegato in minoranza nell’intero comprensorio di Savona

Certo forse non immaginava che “la sua coerenza cristallina, le nozze con Carige – come ha scritto Gianfranco Barcella –  socio forte  ed affidabile con il quale condividere  una strategia di sviluppo e sanare le proprie sofferenze creditizie ” sfociasse il un matrimonio disastroso ed indissolubile e che non prevedeva divorzi, risarcimenti. Nomine, cariche, personaggi, dichiarazioni stampa che vogliamo offrire a puntate ai lettori di trucioli.it: blog al settimo anno di vita, né onlus, né promotore di pubblicità a pagamento che rimane una peculiare voce di voce introiti per chi fa informazione più o meno libera. Nella veste di umili cronisti da memoria storica che hanno conservato un archivio dal 1967 ai nostri giorni. In qualche caso corredato da note ricevute assai confidenziali, a titolo personale si direbbe. Un interrogativo: è giusto oggi divulgarle, non costituendo peraltro aspetti penalmente rilevanti o comunque ormai  ‘sepolti ‘ dal tempo e dalla prescrizione ? Un giornalista, come altre professioni, ha il ‘segreto’ riconosciuto dall’ordinamento giuridico e dall’ordinamento professionale.  Giornalisti ed editori, in base all’articolo 2 (comma 3) della legge professionale n. 69/1963, “sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse”. Tale norma consente al giornalista di ricevere notizie, mentre le fonti sono “garantite”. La violazione della regola deontologica del segreto sulla fonte fiduciaria comporta responsabilità disciplinare (articolo 48 della legge n. 69/1963). Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata soltanto attraverso l’identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni. Il segreto professionale può, quindi, essere rimosso con “comando” del giudice  seppure a determinate condizioni.  Non abbiamo l’obiettivo del detective della polizia giudiziaria, non sono in gioco ‘investigazioni’. Semmai può essere utile ripercorrere alcuni  momenti che ci hanno visti impegnati come giornalisti, a volte in prima linea, nell’ambito comunque di un lavoro di gruppo e di sintesi che avviene in redazione ancorché di provincia.

Franco Bartolini, nel 2017, a 87 anni, ai funerali dell’amico Gianni Veirana, a Vado Ligure. Nell’immagine con Piero Santi, attivissimo esponente politico savonese. ” I democristiani di un tempo avevano almeno dei principi, degli ideali – ha risposto Bartolini ad una domanda del cronista -, oggi siamo alla deriva del potere e dell’etica cristiana, hanno rinchiuso in soffitta i padri fondatori del partito e della democrazia partecipata”

“Buon compleanno Carisa “ titolava Il Secolo XIX  il 16 novembre 2007. Martedì la banca cittadina compie 167 anni, oggi 178. Mentre il Monte dei Pegni è del 1479.  Fondato da papa Sisto IV. E quando aprì i battenti, Cristoforo Colombo aveva 29 anni ed avrebbe scoperto l’America solamente 13 anni dopo.

Cassa di Risparmio di Savona che nel suo primo anno di vita, 1842, poteva esibire in città  solo 173 titolari di libretti, ma almeno la metà  non potevano essere definiti poveri (figli di famiglia benestante erano 48, proprietari di beni immobili, 15; istituti religiosi, 13; impiegati e funzionari, 6; avvocati, causidici e notai, 3; medici, chirurghi e farmacisti, 4;  tipografi, 3).

Nel 2006 gli utili di Carisa  furono di 16, 6 milioni di €, la raccolta globale 2,7 miliardi di €, gli impieghi economici 1 miliardo di  € , mentre le sofferenze erano ancora contenute rispetto alle cifre che risulteranno nel momento dell’accorpamento con Carige. Si attestavano all’1,7% del totale degli impieghi, ben sotto al ‘livello di guardia‘.  E chi criticava la banca di essere parsimoniosa verso l’economia della provincia, Bartolini rispondeva: “Dovrebbe dare un’occhiata ai numeri degli impieghi e fare qualche confronto con altre realtà bancari provinciali, certo eroghiamo presti sempre con giudizio, come farebbe un buon padre di famiglia“. Già ma a quanti e a chi la Carisa ha detto ‘si’ per poi pentirsene ? E a detto ‘no’ magari perchè mancava loro qualche giusta ‘spintarella’ ? Perchè gli ‘ingranaggi’ non diciamo ‘oleati’, non ricevevano l’input adeguato ? Qui però entriamo nel risvolti più segreti e mai diffusi di quella che appariva una granitica e storica Carisa che avrebbe resistito ad ogni pretendente. E non avrebbe e lasciato orfano il territorio, né tradito i fondatori.

Alcuni numeri fa, trucioli.it ha pubblicato i dati degli istituti di credito, soprattutto cooperativi operanti in provincia di Cuneo e che hanno esteso i loro interessi in provincia di Savona

La stretta di Mano con Carlo Cerva che della Dc è stato vice segretario regionale, nella segreteria provinciale e consigliere comunale, oltre che ex attivissimo presidente de A Campanassa

e di Imperia. Cosa significa per l’imprenditoria, il turismo, artigianato, commercio, professioni, per gli investimenti, sviluppo, posti di lavoro, essere rimasti senza una banca del territorio ? Per ora pare che l’argomento non interessi più di tanto alla società civile. E chi potrebbe rispondere preferisce tacere.  Tanto non servirebbe più a nulla. Insomma, pare di capire, a chi giova il silenzio ?  (l.cor.)

QUELLA MAPPA DEI RICCHI, PER IL FISCO, IN PROVINCIA DI SAVONA: DUE NOMI RESISTEVANO TRA I ’15 TOP’ DELLA CLASSIFICA, LICIO CLAUDIO LOMBARDINI E IL MEDICO INGAUNO LIBERO NANTE. MENTRE EMERGEVA IL ‘MAGO DELLA FINANZA’ GIAN MARIO ROVERARO, POI RAPITO E TRUCIDATO. E ANCORA IL COSTRUTTORE ALASSINO, TITOLARE DI UN’INDUSTRIA AD ALBENGA,  MAURO SANSONE.

 

La mappa dei ricchi per il fisco pubblicata dal Secolo XIX – Economia il 19 ottobre 1989. Il titolo era: Ma la mappa della ricchezza, a in provincia di Savona, è cambiata. Due soli nomi resistono da 10 anni nel ‘top 15’ .

CON QUESTI DUE ARTICOLI DELL’ARCHIVIO DI UN VECCHIO CRONISTA DI PROVINCIA

TRUCIOLI.IT INIZIA UN RACCONTO NELLA GLOIOSA E TRAVAGLIATA STORIA DI BANCA CARISA

Fai un click sull’immagine per ingrandire la lettura

 

 

 

 

 


Ultima ora: al Decimonono nuovo direttoreRighi lascia, da Torino arriva UbaldeschiLa Stampa e Il Secolo XIX Imperia-Sanremol’innovazione e qualità, il ruolo dei precari

$
0
0

Il Secolo XIX  “una voce forte sul territorio al servizio della comunità dei suoi lettori, nel segno della qualità”. Editoriale del direttore Massimo Righi del 28 giugno 2018 in occasione della nuova grafica. Carlo De Benedetti, editore di Gedi News Network Spa che oltre allo storico quotidiano genovese, raggruppa La Stampa, la Repubblica, 13 testate locali, l’Espresso, nel giugno 2017, scriveva: “La democrazia ha bisogno di giornalismo di qualità, libera da condizionamenti e, nonostante i social, la carta stampa è destinata ad un generale rilancio”. John Elkann, enfante prodige degli eredi Agnelli, già presidente di Itedi, con il polo Secolo XIX, Stampa e Repubblica, parlava di “un atto di fiducia nel Paese, una grande sfida ed opportunità del futuro, di caratura europea, grazie all’abilità dei giornalisti, utilizzando vecchie e nuove tecnologie.” Ultima ora: Luca Ubaldeschi, vice direttore vicario de La Stampa, nato a Novi Ligure, autore di un libro su Fausto Coppi, è commendatore ed è prossima la nomina a direttore responsabile del Secolo XIX al posto di Massimo Righi che lascia l’incarico, dal 5 dicembre, per ‘motivi personali’.  Una fusione, un gruppo di informazione multimediale, sede della società a Torino, nata all’insegna dei migliori auspici, leader dell’editoria in Italia. Quali ricadute nelle redazioni provinciali di cui poco si scrive e nulla si sa all’esterno ?

Le premesse che si leggono nelle dichiarazioni pubbliche dei maggiori protagonisti della concentrazione Gedi, indicano la “necessità di disporre di mezzi adeguati per continuare a fare il migliore giornale possibile”.  In un precedente servizio abbiamo cercato di raccontare, di descrivere la fotografia redazionale de La Stampa ed Il Secolo XIX a Savona e provincia. Tra i dati inconfutabili emerge il crollo di copie in Liguria del quotidiano genovese, meno pesante quello del ‘fratello’ torinese. E quasi in simbiosi, forse più prima che dopo, un taglio drastico, vera e propria mannaia sugli organici redazionali, favorito da ripetuti (e conseguenti esoneri) ‘stato di crisi’, avallati dai governi. Il sindacato unitario di categoria appare impotente, debole, di fronte allo scenario complessivo dell’editoria italiana quasi in caduta libera.

Savona e la sua provincia, scelta dall’allora editore del Secolo XIX (Perrone – Brivio – Grazioli, tre cugini che poi si divideranno, i primi due anche in malo modo) e dal direttore Piero Ottone, quale piattaforma di rilancio,  aperture di redazioni distaccate, uffici di corrispondenza (Albenga). La redazione di Savona che nel corso dei primi due decenni, aveva conquistato il primato da pilota, in tandem con la redazione di Chiavari, seguite da Imperia, Sanremo, La Spezia. Da ultimo, in ordine di tempo, Basso Piemonte. Anni d’oro, di massima diffusione e penetrazione nel territorio, vendite in edicola (180 copie domenicali, 140 media giornaliera), ottimo fatturato pubblicitario, staff di redattori al massimo. Con il ‘colosso’ La Stampa costretta, a sua volta, a dare battaglia, ad adeguarsi con redazioni di provincia. Una sfida durata nel tempo, tra un editore – industriale, e una famiglia senza interessi nell’economia italiana, tanto che nessuno avrebbe scommesso su come sarebbe andata a finire con le nuove generazioni Agnelli e Perrone.

E ora gli interrogativi, anche alla luce delle strategie e delle forze in campo, dei probabili obiettivi. Quali dei due quotidiani diffusi in Liguria sarà destinato ad un ulteriore ridimensionamento, “razionalizzazione di costi’. Se a Savona la ‘partita’ sembra  aperta, nonostante di fatto ci sia una supremazia di forze sia negli organici, sia nelle vendite in edicola de La Stampa; nell’imperiese  l’ex quotidiano Fiat per antonomasia ha sempre avuto il primato in edicola, sopratutto a Sanremo. Anche se c’è stato un periodo, con il caposervizio Franco Bianchi a Imperia, che il Secolo XIX tallonava e qualche volta superava, almeno nella città capoluogo.

Oggi la scommessa ‘vincente’ appare la fusione tra le due testate, un unico caposervizio, un vice, redattori in esaurimento, con sostituzioni  e collaborazioni al risparmio, aspettative da precari. Se ora le due redazioni imperiesi (in passato con rispettive redazioni a Imperia capoluogo) devono ‘produrre’ facendo i salti mortali, utilizzando collaboratori e part time alla stregua di redattori, si andrebbe verso una concentrazione della componente giornalistica, riconoscendo la supremazia a La Stampa. Si rafforza, pianificandolo, quello che già in parte accade. Articoli utilizzati dai due giornali con copia e incolla. Precarietà a macchia d’olio ? e di cui è abituale leggere su alcuni social della categoria l’abuso dalla Sicilia al Trentino Alto Adige.

In questi giorni si fa un gran parlare della minaccia alla libertà di stampa per gli attacchi di esponenti di primo piano del M5S. Eppure è difficile credere che la maggiore insidia al libero giornalismo, al di là dei toni, a volte buffi e comici, provenga da quel movimento al governo del Paese. C’è chi sostiene, come accadeva in passato (la Rai deteneva la bandiera, seguita dalla Fininvest berlusconiana), si continui ad  essere messi all’angolo “facendo il proprio dovere“. Sul piccolo schermo, giornalisti di ‘grido’, affermati,  sostengono “tanti e troppi giornalisti girano la testa dall’altra parte, non hanno la schiena dritta”. C’è chi si spinge (M5S in particolare) a denunciare “l’esistenza di un manuale di cattiva informazione da parte del gruppo la Repubblica, Stampa, l’Espresso”. Oppure chi allarga le braccia: “….in questo paese ognuno si fa i c…. suoi “.

Dividere buoni e cattivi, con tanto di nomi e cognomi. Alessandro Di Battista, grillino e sull’aventino del Sud America, li ha persino elencati: Marco Travaglio, “uno che il Movimento l’ha bastonato ripetutamente“; Massimo Fini, “un uomo che per non essersi piegato al pensiero dominante non ha fatto la carriera che meritava“; Pietrangelo Buttafuoco, “uno degli ultimi intellettuali rimasti”; Fulvio Grimaldi e Alberto Negri, “due non certo teneri con la politica estera dell’attuale governo“; Franco Bechis, “uno dei giornalisti più innamorati dello studio degli atti che abbia mai conosciuto“; Luisella CostamagnaMilena Gabanelli e “decine di giornalisti e giornaliste che hanno capito chi davvero sta colpendo la libertà di stampa”.

La vita delle redazioni distaccate e del giornalismo di provincia é rarissimo finisca nello storie quotidiane dei media. Al massimo può risentire dell’influenza di potentati locali, sensibile a non prendere troppo a calci la fonte del mercato pubblicitario, se il caso dare un colpo al cerchio e l’altro alla botte, qualche ‘amorosa’ di troppo tra capi e gregarie in rosa. Il giornalismo imperiese, rispetto a Savona, a volte, si è  caratterizzato nell’accostamento a forze economiche e politiche locali. Risultato: raggiunta la pensione ecco le consulenze, l’ufficio stampa in associazioni di categoria, incarichi e ‘favori’ da parentopoli alla Camera di Commercio (ormai ex), enti pubblici, qualche gruppo industriale ed imprenditoriale presente in particolare nei giornali on line. Non manca chi, nonostante una più che dignitosa pensione, si rende ancora utile con le collaborazioni  giornalistiche e non certo per beneficenza.

Che pensare quando in una delle più rigorose trasmissioni d’inchiesta Rai  (Report, già trono dell’insuperabile e coraggiosa Milena Gabanelli ora a La 7 e Corriere della Sera) si ascoltano frasi tipo “ sono forse 25 i colleghi giornalisti italiani con promiscuità eccessiva”. Nel caso specifico si tratta di sconcertanti rivelazioni giudiziarie nell’ambito dell’inchiesta su Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, paladino dell’ultima stagione antimafia, ora agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di esponenti delle forze dell’ordine e presunta contiguità a boss o personaggi mafiosi. Da documenti  sequestrati in un archivio ‘segreto’ ed intercettazioni, emergerebbe l’esistenza di una centrale spionistica, con asserita complicità di vertici dei servizi segreti, magistrati, giudici, un ex vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, giornalisti con visibilità e ruoli importanti nei media nazionali. Si è fatto il nome di Roberto Galullo, nel 2010 autore del libro “Economia criminale – Storie di capitali sporchi e società inquinate”; Vincenzo Morgante che a luglio ha  lasciato viale Mazzini (Tgr), ovvero  ‘direttore’ delle testate regionali Rai, diventato il nuovo numero uno di Tv2000. Morgante, nato a Palermo e giornalista professionista dal 1998, dal primo ottobre scorso conduce la ‘rete’ della Conferenza Episcopale Italiana.

La puntata televisiva svelava un’incredibile girotondo di burattini e burattinai, dove chi non si adeguava finiva nel mirino, perseguito da istituzioni statali e in qualche caso da campagne di stampa denigratorie, di delegittimazione. Insomma, si può credere  ancora alla libera informazione ? Agli ‘apostoli dell’antimafia‘ ? Al punto da creare una “Banca Nuova”, a Palermo, utilizzata da servizi segreti militari e dell’interno, ma anche per lavare ‘ soldi sporchi e mazzette‘, con clienti sia tra la magistratura, la politica, capi di forze dell’ordine.

Spaccati di stampa amica, di epurati, di chi come Marco Travaglio a La 7 non ha avuto dubbi: “Siamo una categoria screditata a causa di qualcuno…”. E il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti ad incalzare: “Colpa degli amorali e dei moralisti”.  La carta stampa langue, nonostante il giornalismo sia un potere che da patenti di legittimità. Con politici che cavalcano le banalità, via mass media, per stupire la massa. E pare ingiusto sostenere che “non abbiamo fatto fino in fondo il nostro mestiere altrimenti il giudizio  dei lettori non penalizzerebbe le vendite in edicola, la diffusione”.

La provincia di Imperia, il suo simbolo ‘Casinò‘ per anni al centro di vicende giudiziarie. Si era pure fatto qualche polemica (a firma di Vittorio Coletti su la Repubblica Liguria) a proposito di come veniva inizialmente  tratto dai giornali locali lo ‘scandalo porto turistico di Imperia’, sfociato in clamorosi arresti, ma conclusosi in una bolla di sapone, almeno per la verità giudiziaria. Qualche giornalista attratto dalla vocazione massonica, nella provincia che ha il più  alto indice di ‘fratelli muratori della Liguria. C’è chi prende di mira un magistrato finito in disgrazia, messo alla berlina ed inviso a gruppi trasversali, nonostante la fedina penale pulita.

Non è un’eccezione lo ‘sfruttamento’ di collaboratori pagati a notizia o di part time impegnati a tempo pieno; firmano pezzi su un’intera pagina e senza altra attività lavorativa. Situazioni contrattuali discutibili in diritto del lavoro, direbbe un uomo di legge. Dove il più debole spesso soccombe e dove la gavetta più o meno lunga vale quel detto: alzi la mano chi non l’ha fatta.

Un’altra particolarità del giornalismo di provincia è ignorare che anche i giornalisti sono personaggi pubblici. Lo sostiene un illustre giornalista e scrittore. Beppe Severgnini, e direttore di 7, settimanale del Corriere della Sera: “E’ giusto e corretto si parli anche di noi come della classe politica….”. Invece e abbiamo già avuto modo di accennarlo, le redazioni sono piccoli ‘bunker’, delle loro comunità difficilmente si legge, c’è almeno la firma negli articoli. Manca quella ‘buona abitudine’ di ricordarsi di un collega che raggiunge la pensione dopo una vita al giornale. La coesione umana sul lavoro non è sempre punto di forza. “Da noi si sono troppe vipere – lamentava mesi fa un colla imperiese non alle prime armi. Discorsi che valgono anche per i fotoreporter. Al punto che ‘bisogna morire’ per essere citati in cronaca. Nonostante anni di dedizione e vita lavorativa al giornale, senza badare orari, il telefono che squilla da mattino a sera, sottraendo tempo alla famiglia, ai propri cari, agli hobby. E più che il ‘vile denaro’ ha contato la sfrenata passione. (l.cor.)

LE REDAZIONI: REDATTORI, PAR – TIME, COLLABORATORI FISSI E CORRISPONDENTI

REDAZIONE LA STAMPA SANREMO: Fulvio Damele, Giulio Gavino, Lorenza Rapini, Daniela Borghi.

UFFICIO DI CORRISPONDENZA IMPERIA: Maurizio Vezzaro, Enrico Ferrari

REDAZIONE IL SECOLO SANREMO: Fabio Pin, Claudio Donzella, Paolo Isaia

UFFICIO DI CORRISPONDENZA: Giorgio Bracco, Milena Arnaldi,

Il piccolo esercito di collaboratori e corrispondenti, chi ormai di lungo corso e che i lettori conoscono ed apprezzano. Senza conoscere i risvolti contrattuali, tutti giornalisti.

Nel panorama ponentino emerge il capo redattore e professionista a Imperia Tv, Andrea Pomati, 48 anni il prossimo 30 novembre, giorno di Sant’Andrea Apostolo. Pomati la firma ed il volto più popolare tra i giornalisti imperiesi. Infaticabile, prudente, attento, ottimo conoscitore del territorio, del mondo politico, sindacale, imprenditoriale, dell’entroterra, mai punzecchiatone o ‘irriverente’. Un ruolo, si direbbe, che crea più elogi che critiche o avversari. Una virtù per chi tifa giornalismo con moderazione e distacco. Chi non è d’accordo etichetterebbe:  buono per tutte le stagioni. Pomati collabora pure, con articoli di bianca e di nera, sia a La Stampa, sia al Secolo XIX negli impegni già assidui che dedica alla ‘sua beniamina’, contraccambiato dalla stima e dall’affetto del telespettatori. Un ‘Bruno Vespa‘ di provincia, ma proiettato anche in Liguria.

C’è Diego David, giornalista di punta, tra i primi  cronisti a non temere  Claudio Scajola  quando era all’apice del potere. Ci fu uno scontro di cui alcuni media dettero conto. Aveva fatto solo il suo dovere ed oggi non è difficile leggere notizie e resoconti, interviste e qualche scoop proprio col personaggio Scajola senior.  Ci sono ottimi corrispondenti e collaboratori, alcuni firme ‘veterane’: Loredana Demer, Patrizia Mazzarello, Lorenza Rapini, Ino Gazo,  Maurizio Tagliano, Angelo Boselli, Andrea Fassione, Damiano Di Giuseppe, Marco Vallarino, Graziano Consiglieri, Giorgio Giordano, Mario Guglielmi, Marco Corradi. Fotoreporter  Gino Perotto.

Ps: come è accaduto per la provincia di Savona è possibile che abbiamo tralasciato, tra i collaboratori, uno o più nomi.  Oppure qualche altra imprecisione. Ce ne scusiamo e ben volentieri ospitiamo segnalazioni.

IL DIRETTORE MASSIMO RIGHI LASCIA ARRIVA UBALDESCHI DA LA STAMPA

Maurizio Molinari (s), direttore de ‘La Stampa’, e Luca Ubaldeschi, in occasione della tavola rotonda con gli ex direttori della Stampa, organizzata per il 150° anniversario del quotidiano torinese, presso il Lingotto, Torino, 9 febbraio 2017. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
Maurizo Molinari, direttore del quotidiano piemontese e direttore editoriale di Gedi News Network, ha deciso di rinunciare al suo braccio destro sapendo l’importanza di avere di avere un ottimo giornalista e fidato collaboratore alla testata genovese. La Stampa e Il Secolo lavorano infatti in stretta sinergia dal 2013, epoca della fusione Itedi e Sep.

Massimo Righi, 51 anni, direttore de Il Secolo XIX dal giugno 2016

Ubaldeschi, braccio destro del direttore della Stampa Maurizo Molinari, in precedenza era stato responsabile dell’edizione milanese della Stampa e caporedattore centrale del giornale torinese. Il suo arrivo a Genova sarà molto importante per il quotidiano genovese. Ubaldeschi, nato a Novi Ligure, si era laureato in scienze politiche a Genova. Aveva curato anche i rapporti tra Stampa e Corriere Mercantile. Una curiosità: ha scritto un libro su Fausto Coppi ed è commendatore.

Era il 25 maggio 2016 quando Il Secolo XIX pubblicava: Genova – Nell’ambito della riorganizzazione in atto delle attività editoriali, Italiana Editrice (Itedi) ha deciso di rafforzare la produzione di contenuti in tutte le testate affidando a Alessandro Cassinis, attuale direttore de Il Secolo XIX, l’incarico di editorialista. Alla direzione de Il Secolo XIX subentrerà dal 1° giugno Massimo Righi, attuale vicedirettore. Cassinis, 56 anni, è a Il Secolo XIX dal 1988, dove ha lavorato per la redazione economia ed è stato poi promosso inviato speciale seguendo importanti eventi nazionali e internazionali. Nel 2003 viene nominato vicedirettore, nel 2014 vicedirettore vicario e a novembre 2014 direttore. Righi, 51 anni, è a Il Secolo XIX dal 1989: ha iniziato come corrispondente da Santa Margherita, ricoprendo poi il ruolo di responsabile della redazione di Chiavari, poi della cronaca di Genova, caporedattore centrale e da gennaio 2015 vicedirettore. Ringraziando Cassinis per gli ottimi risultati raggiunti, l’Editrice ha augurato a entrambi successo nei nuovi incarichi.

DUE VALOROSI COLLEGHI DELLA REDAZIONE CENTRALE

DEL SECOLO XIX CHE SE NE SONO ANDATI

 

 

 

Borghetto S.Spirito del futuro: un lungomare con le panchine delle donne più meritevoli.Il verde pubblico sarà dedicato ai dei gelsi

$
0
0

L’iniziativa è un progetto “Donne oltre”. Ha mosso i primi passi con un comunicato stampa che indica le linee generali. Poi si dovrà passare al regolamento e al più arduo compiti di “individuare 123 donne (non solo borghettine ma anche fuori dei confini, italiane e straniere ndr) che per meriti e competenze si sono distinte in quattro ambiti”. Eccoli: scienza, cultura, donne contro la violenza, legalità. Il premio, un riconoscimento più morale e umano che materiale: vedersi dedicata una delle 123 panchine del lungomare cittadino, dai confini con Loano, a Capo Santo Spirito con Ceriale. Una scommessa ambiziosa, originale, “forse prima ed unica in Italia” dice il giovane sindaco artigiano, marito e papà, Giancarlo Canepa. Un’idea nata per festeggiare la ‘Giornata internazionale per l’eliminazione  della violenza contro le donne’. Borghetto S. Spirito ha pagato il suo tributo. Lo ricorda la sala consiliare intitolata al vice sindaco della passata amministrazione, Stefania Maritano, uccisa nella sua villa di Loano dal compagno di vita.

Il sindaco Canepa e l’assessore Mariacarla Calcaterra durante la conferenza stampa

“Una segnale forte – aggiunge il primo cittadino – contro una barbarie senza fine e che, a partire dal 2019, porterà ad individuare 123 donne che per meriti e competenze si sono contraddistinte. Il bando dovrà regolamentare  le modalità di partecipazione, sarà istituita  un’apposita commissione per valutare  storie di donne che con il proprio impegno, i propri studi, le proprie azioni, hanno saputo essere di esempio ed un modello nel campo in cui hanno operato, andando oltre i pregiudizi, oltre le barriere, oltre i limiti.”

Nel 2019  il primo bando sarà dedicato alle ‘Donne per le donne contro la violenza’.  Alle 30 donne individuate – precisa il comunicato del Comune – in base alle proposte  ricevute e vagliate dalla Commissione, verranno dedicate altrettante panchine sul lungomare cittadino. Ogni panchina recherà una targa  con l’indicazione del progetto e della donna alla quale la stessa verrà dedicata, con la motivazione prescelta.

C’è da dire che si è diffusa la voce di intitolazione (dunque con targhette fissate alle panchine) anche a donne uccise in varie parti d’Italia e la cui sorte ha destato più clamore nel contesto in cui si è consumata. Difficile però immaginare che una passeggiata a mare possa essere indicata come luogo di atroci disgrazie, con tanto di nomi, cognomi, data. motivazione.  Sarebbe una scelta dai toni lugubri e di tale evenienza non abbiamo sentito parola nel corso della conferenza stampa. Semmai l’obiettivo dell’amministrazione comunale è  di esaltare ‘donne viventi ed operose’.

Semmai si poteva pensare pure a quelle donne che, nel silenzio, si sono distinte per dedizione ed impegno nella vita famigliare e sociale. Pensiamo alle donne che assistono per una vita e lontano dai riflettori i loro figli o figlie gravemente handicappati. Pensiamo a quelle mamme che avendone la possibilità, assistono i loro cari anziani (nonni, genitori) in casa anziché ricoverarli in strutture protette. Una vita di sacrifici, rinuncia esistenziale al tempo libero. Pensiamo alle donne che dedicano la loro esistenza al prossimo, magari in missione nelle terre sconvolte dalla miseria, dalle guerre,  dalle malattie; donne coraggiose, incuranti di mettere a repentaglio la propria  vita, rinunciando alla vita famigliare, lontano dagli affetti e dai luoghi natii. Missionarie civili e religiose delle quali  magari nessuno parla o scrive.  Testimonianze di grandi virtù ed altruismo. E che dire delle donne educatrici per eccellenza, infermiere, psicologhe, persino casalinghe e nell’ambito di una famiglia numerosa. Insomma c’è parecchio da riflettere.

Il sindaco Canepa e l’assessore Calcaterra

Violenza sulle donne, non solo femminicidi, ricorda ancora la nota stampa, casi di maltrattamenti, percosse, minacce e stalking aggressivo. la violenza in genere è un male radicato  nella nostra società.

Chissà se sarebbe utile, cosi come accade per altri indicatori sociali, conoscere oltre ai dati statistici nazionali dei delitti, quelli regionali. E perchè no,  di altre nazioni, in proporzione ovviamente agli abitanti. Conoscere in quale contesto socio- economico si consumano atroci reati. Se tra le concause scatenanti ci siano fattori più o meno specifici, aggreganti, ripetitivi. Sfogliando gli annali di cronaca, la rassegna stampa dei primi decenni del ‘900, è una rarità leggere  di femminicidi, ancor meno nei ‘ritagli stampa’ dell’800.

E se fosse il motore, l’abisso in cui  conduce il  consumismo, l’acuirsi delle disuguaglianze, le crescenti difficoltà economiche ? E cosa succede, ad esempio, nei paesi in cui la donna, quanto moglie e madre, è più protetta, più favorita nella scala sociale degli aiuti dello Stato ? In passato si leggeva che Svezia e Norvegia avevano indici di suicidi femminile più elevato al mondo. In particolare tra giovani donne. Vale la pena dunque poter conoscere a fondo l’origine, diremmo l’anamnesi che genera e produce violenza e morte in famiglia. Disgrazie tremende che lasciano il segno per una vita.

BORGHETTO ED IL VERDE PUBBLICO: SI TORNA AL PAESE DEI GELSI

Il consigliere delegato Alessio D’Ascienzo

Per ogni albero abbattuto, ne pianteremo almeno due. Era stata la promessa, quasi slogan, della giunta comunale di fronte alla necessità di tagliare gli alberi ‘pericolanti’ e quelli che causano evidenti problemi all’asfalto, su strade, piazze, marciapiedi. Poi la moria delle palme che non ha risparmiato Borghetto Santo Spirito. “Un piano del verde” – spiega Alessio D’Ascenzo, consigliere comunale delegato che opera nel settore turistico ed edilizio, master post laurea in Marketing e Comunicazione d’impresa, oltre alla laurea in Sociologia erconomica  e laureando in Psicologia –  ed un paese verde adatto alla popolazione, alla qualità dell’aria, ai benefici che le piante arrecano all’ambiente che ci circonda, lo caratterizzano, lo rendono più vivibile e più salutistico”. Borghetto ha deciso di adottare il gelso, per trasformarsi in ‘città dei gelsi‘. Erano già presenti nella Piazza della Libertà, piazza  Caduti del Lavoro, via Trilussa. Ora prenderanno il posto dei pini marittimi in centro come in periferia. Con l’ultimo alluvione  sono almeno una quarantina gli alberi distrutti nella zona del campo sportivo.

A chi fa osservare  al dr. D’Ascenzo che il ‘piano del verde‘ dovrebbe esordire prima di tutto con la cura delle aiuole esistenti, oggi ricoperte da ogni tipo di erbacce, incuria, abbandono. Uno stato di decoro zero in una cittadina che vive ormai solo di turismo. E se ordine, pulizia, verde, fiori, dovrebbero essere una costante di ogni paese a prescindere dalla sua economia, per una città a vocazione  turistica il biglietto da visita, la cartolina non può essere quella che, non da oggi, fa cattiva mostra e che trucioli.it da diversi anni documenta attraverso le immagini. Ben venga il ‘piano gelsi’, ma è prioritario iniziare dai piccoli interventi, dal centro soprattutto, dalle zone più frequentate, alla periferia. Il decoro svolge pure un’azione educativa di massa, così come la prevenzione all’illegalità.

D’Ascenzo allarga le braccia, come dire non è mea culpa: “Non abbiamo soldi, siamo ridotti con tre giardinieri che provengono da altro settore, di fatto ce n’è una solo….”. Almeno si cominci senza indugi nei piccoli interventi sulle aiuole, almeno quelle lungo la statale Aurelia, dove ogni giorno passano ed osservano migliaia di persone. Che immagine si da !? Quale segnale ?! E poi chi ha il compito che realizzando nuove aiuole, come è accaduto, si faccia uso di terreno idoneo alla piantumazione e non terra da scavo che nessun giardiniere degno di questo nome utilizzerebbe nel giardino di casa.

La scelta del gelso risponde ad una delle caratteristiche storiche della cittadina. Borghetto che nei secoli poteva contare sulla coltivazione  dei gelsi utilizzati per i bachi da seta. Non c’è bisogno di ricordare che occorre siano messi in terreni fertili, ma sicuramente il vivaio Michelini che provvederà alla fornitura, potrà dare migliori consigli.Il gelso come alimento, ornamento e persino  capace di ‘produrre’ di more commestibili. Borghetto che si caratterizzava, nell’800, nella coltivazione della canapa (da qui la zona Canapari ai confini con Toirano). C’era l’industria Saleo che si era specializzata nella lavorazione ed esportazione oltre i confini liguri. Un paese che in origine era ricoperto da una vasta area acquitrinosa. E negli anni del primo dopoguerra caricava treni merce di prodotti ortofrutticoli, a cominciare dalle pesche e ancora prima la coltivazione del cavolo verza.

Poi chi amministrava ha pensato fosse più producente, per la comunità e il suo sviluppo, la ‘produzione a tappeto’ di seconde case, alloggi al mare, immobili da destinare al mercato locale e ‘forestiero’. Una piccola minoranza, senza voce e senza potere, veniva messa facilmente a tacere, rilegata nel banco di chi era nemico del progresso e del benessere. E’ andata bene, col vento in poppa, per parecchi anni. Poi si sono raccolti i frutti. Certo, tutto ad opera di persone con nome e cognome, figlie, figli e nipoti, proprietà, ricchezze, beni per i più fortunati. Alla comunità è rimasto il classico ‘pugno di mosche‘.

Alle generazioni del terzo secolo la capacità e la volontà di ripartire, senza troppe illusioni. Finora il segnale della coesione sociale ha lasciato il posto più che alla dialettica politica, sempre utile nel contesto democratico, al rinfacciarsi meriti e demeriti, capacità ed incapacità, miopia ed oculatezza, coerenza ed incoerenza, competenza ed incompetenza, arroganza. Sicuramente, rispetto alle aspettative emerse in campagna elettorale, c’è la latitanza del governo regionale, le  sue spinte propulsive in scelte strategiche, di spessore economico e sociale. Una svolta oltre l’ordinaria amministrazione. Dal Puc, alle aree Roveraro, alla sorte della futura stazione ferroviaria, ai terreni improduttivi di proprietà comunale, al recupero dell’agricoltura (ciò che resta), alla valorizzazione delle colline che sovrastano il paese e dominano la vallata del Varatella, cancellando ove è possibile la vistosa ferita della ex cava. Scelte di ampio respiro, vale a dire capaci di incidere verso un cammino virtuoso di rilancio, ma non elettorale. (l.cor.)

 

 

Claudio Scajola shock tra annunci e propostein cattedra con Polis ‘conquista’ il presidente Luciano Pasquale. Lezione di buon governo ‘Imperia faro per tutti i Comuni d’Italia’

$
0
0

La sala dell’Azienda agricola Il Cascin, di Gianni Massa (vedi a fondo pagina), affollata di commensali. Per Claudio Scajola una cena, squisita, tra amici e sostenitori di Polis: associazione culturale, politica, amministrativa, aperta a tutti e di confronto, un’Agorà. Il secondo incontro, a tavola, dopo il 17 febbraio. Questa volta, alla destra del sindaco di Imperia, è seduto un big ligure. Il comm. Luciano Pasquale, già direttore dell’Unione Industriali di Savona, ex presidente di Banca Carisa, ex nel Cda Carige, da aprile 2016 alla presidenza della Camera di Commercio Riviere di Liguria – Imperia La Spezia Savona. E non molti anni or sono era considerato, dall’allora ministro Scajola, ‘l’uomo giusto e competente da candidare anche alla presidenza della Regione o in Parlamento’.

L’ala destra della tavola, in primo piano il presidente della Provincia, il socialista Fabio Natta e molti volti noti nell’imperiese

La cena dei simpatizzanti di Polis: Scajola con a fianco Sappa e Luciano Pasquale

“Polis – ha precisato un  Scajola in forma perfetta – non è un partito in un Paese dove i partiti non ci sono più, non c’è più confronto con i cittadini che muoiono di tasse, sprechi e burocrazia. Un paese in preda alla confusione e alla preoccupazione. Occorre risvegliare chi sta seduto a casa. In tempi brutti siamo chiamati tutti a collaborare e speriamo nascano tante Polis, c’è spazio per crescere meglio”.

Una serata inspiegabilmente ignorata dai media imperiesi, con l’eccezione di Imperia Tv che ha trasmesso una differita, comunque limitata all’intervento appassionato, ricco di spunti, di riflessioni, ma soprattutto di ‘ricette’ a favore della amministrazioni comunali. Con esempi ed aspetti persino clamorosi. Un paio, tra i tanti. Il sindaco ha rivelato di aver scoperto che per gli 88 bambini che frequentano  nel corso dell’anno l’asilo nido, il Comune spende 1 milione 700 mila euro, pari a 16-17 mila € per ospite. Potrebbe essere una media di 55 mila € al giorno se si tengono conto le giornate di frequenza. “La cosa peggiore – per Scajola – è che non se ne siano accorti i funzionari, i dirigenti del settore e si siano meravigliati quando l’ho fatto presente. Invece dovrebbe conoscere il costo di ogni singolo servizio, di ogni spesa, le varie voci quanto incidono. Chessò: vitto, luce, riscaldamento….Insomma si amministra denaro pubblico  senza sapere l’analisi dei costi. Questo mi fa pensare che sia venuto meno, in generale, il senso di responsabilità, e non mi riferisco manco a dirlo solo alla nostra città. Non è casuale se il Paese va in rovina. Se l’Italia si trova fanalino di cosa. ” Detto da un ex ministro dell’Economia, non c’è da stare davvero allegri, si suole dire.

Il sindaco ha portato un altro esempio di estrema attualità. I tempi di pagamento delle fatture dei fornitori del Comune. “Oggi – ha reso noto – il Comune di Imperia paga a 13 giorni e non si tratta di fare un favore, semmai è un preciso dovere”. A quanto si sa davvero una mosca bianca nello scenario regionale e nazionale. Anzi, meriterebbe di avere tutta la visibilità possibile. Invece la notizia passa inosservata nella stessa città e provincia.

A sinistra della tavolata altri personaggi, in primo piano l’ex on ed ex assessore regionale e provinciale Vittorio Adolfo, dalla Dc all’Udc, Udeur

Scajola ricorda che Imperia provincia di 220 mila abitanti può essere un rione di Milano. Ma ogni Comune anzichè affrontare le scelte condivise, ripartite si fanno copioni a pochi chilometri di distanza. Non serve una piscina pubblica in ogni cittadina, non serve organizzare eventi non coordinati, in ogni campo, compreso quello sportive e della manifestazioni. Dobbiamo puntare a manifestazioni in grado di attirare non solo imperiesi, ma di altre regioni e che abbiano risonanza. Come ire a che serve investire denaro se ci accontentiamo di attirare gente dalle zone confinanti, se la risonanza mediatica è limitata al ponente. “E’ necessario, importante  fare squadra, coinvolgendo tutto il territorio….Posso confidarvi che alle elezioni abbiamo avuto uno ottimo risultato, ma se ci presentassimo domani avremmo il doppio dei voti perchè i cittadini sono resi conto he meritiamo la fiducia riposta. E la fiducia, cari amici, non si fa con i tappeti rossi (applauso e leggi iniziative promosse dalla giunta Toti ndr), nè con il selfie, ma facendo delle cose, da Ventimiglia a Santa Marinella di Sarzana”.

Se si riuscirà ad andare avanti con il ‘modello Imperia – Scajola sindaco’ sarà anche possibile esportare il ‘marchio’  del fare concretezza oltre i confini regionali. “Realizzeremo un opuscolo, una guida pratica, che spediremo a tutti i Comuni d’Italia. …Ogni singolo servizio deve essere sempre corredato dai costi e non già inserito nelle voci generali di entrata ed uscita, occorre razionalizzare davvero non solo con gli annunci”.

Parlando del ‘progetto Polis’ di cui è presidente Ginetto Sappa, ex sindaco, ex presidente di Provincia in quota F.I, Scajola ricorda che nessuno deve sentirsi vincolato nelle consultazioni nazionali, ognuno sceglierà secondo coscienza e le sue convinzioni. Un accenno, positivo, alla marcia silenziosa dei sì Tav a Torino. Un auspicio affinchè i cittadini comincino a muoversi “perchè non si può essere rappresentati  solo dagli urlanti. Un invito pressante ” Non si parla più dell’esigenza assoluta di fare squadra su tutto il territorio”.

All’esordio, sempre dall’audio di Imperia Tv, il sindaco ha rivelato una chicca sull’importanza che gli eletti in parlamento ed in Regione, negli stessi comuni, conoscano bene il territorio. “E’ successo che al tavolo in prefettura sui danni della recente alluvione, qualcuno abbia citato le problematiche del molo di Oneglia. Un parlamentare ignorando che parlava con un mio funzionario ha chiesto ‘dove si trova Oneglia’, questa è la realtà quando si viene paracadutati”.

C’è pure un’altra realtà drammatica, ha proseguito Scajola, l’isolamento dell’Italia  nello scenario mondiale. “Non c’è più senso di responsabilità e cultura, si enfatizzino problemi obiettivi come quello dei migranti, in modo ossessionante, per nascondere problemi assai più seri ed importanti per il Paese, si ricorre alla strategia di parlare alla ‘pancia’ per distogliere l’attenzione, per nascondere il resto e questo non è un bel segnale, né realismo”. E lui ne sa qualche a partire dalla sua città. Ha ereditato un buco di 11 milioni, oltre alla voragine di crediti non riscossi da parte di Amat che raggiunge la stessa cifra. E dire che il predecessore era un imprenditore accorto, con un’azienda florida, capace di riscuotere un ampio consenso elettorale.

Luciano Corrado

CHI E’ GIANNI MASSA

Gianni massa in una foto d’archivio accoglie Claudio Scajola nella sua Azienda Agricola Il Cascin

Trucioli.it ha scritto in passato:…. Non solo perché è il primo cliente pubblicitario di quell’Imperia Tv che Gianni Massa, oste per l’occasione, ha sempre spronato a sostenere, dalla costa alla montagna, nell’interesse della comunità e di una voce libera. Massa che ha realizzato un’azienda modello, che si è aggiudicato ambiti riconoscimenti, anche se le guide nazionali del vino, più prestigiose e qualificate, sono piuttosto ‘avare’. Massa che ha studiato da perito chimico al Ferrini di Albenga, fondato dall’indimenticato don Giacomo Lasagna.

Massa con un passato di fiduciario nella segreteria dell’on. Manfredo Manfredi di Pieve di Teco, ex presidente della Provincia, ex sottosegretario al Tesoro. Massa referente in valle, quando Claudio Burlando era al vertice della Regione Liguria. Massa che ha comprato la tenuta agricola della famiglia Viani (autotrasporti) ed ha saputo fare buon uso dei finanziamenti pubblici. Può esibire una cantina modello, capace di ospitare il centinaio di fedelissimi di Claudio Scajola che ha pubblicamente ringraziato per l’ospitalità. Massa che a Diano Castello ed in altri tre centri della Riviera, fino a Pietra Ligure, ha l’assistenza delle caldaie Vaillant.

Celle Ligure vota all’ombra della diarchia

$
0
0

La cultura e la pratica politica di Celle Ligure sono immolate a spirito di servizio !? E non solo. C’è chi, pur di difendere la propria onestà, 10 anno or sono, ricorreva alla giustizia. Oggi, se le previsioni della vigilia saranno confermate, tornerà sindaco Remo Zunino. Dieci anni or sono, nel 2008, aveva fatto condannare un cittadino di Varazze ( G.R. identificato come autore di vari post in un sito web) per diffamazione: 5 mila € di danni morali, oltre a spese processuali. False accuse di ‘mani nella marmellata’, per i lavori sull’ex rilevato ferroviario, aveva sentenziato l’allora giudice Lorena Canaparo, ora presidente del tribunale di Savona. Celle che torna alle urne nel segno della discontinuità e del cambiamento ?  Che all’edilizia del massimo profitto predilige opere pubbliche.

Aprirà le porte alla meritocrazia e alle competenze ? Una bella notizia per la Celle onesta e operosa, per chi si sacrifica ogni giorno senza visibilità mediatica, per chi fa il suo dovere nell’agiatezza o nell’umiltà. Celle con le sue pagine di storia e che nel nostro piccolo minoritario mondo informativo, cercheremo di raccontare. Senza chiederci a chi giova o meno. Se trionferà, caso unico in Liguria, ancora la diarchia. Forse vestita di nuovo e ammaliante.

Era  invece l’11 agosto 2007, 11 anni fa, quando Il Secolo XIX annunciava un altro l’attacco alla giunta di Remo Zunino finirà in tribunale.  Di quel caso però non conosciamo l’esito finale. Riportava la cronaca locale del quotidiano, a firma di Gianni Vaccaro: “…L’altra mattina i volontari dell’associazione Casa della Legalità e della Cultura di Genova hanno messo sotto accusa l’appalto del pennello del Buffou, assegnato alla Co.For, azienda in odore di mafia finita nel mirino dei giudici per i lavori sulla Salerno – Reggio Calabria e l’intervento della LigurCelle sull’ex rilevato ferroviario…”. Il sindaco replicava: “Abbiamo tutte le certificazioni antimafia….è un chiaro attacco politico, ci hanno dato dei mafiosi su supposizioni e dati errati. Lunedì incontrerò il legale del Comune ed il direttore dei lavori del pennello. Poi daremo incarico ai legali per tutelare il lavoro degli uffici ed il buon nome della città. Chiederò al procuratore Giancarlo Caselli di verificare l’operato dell’associazione…”. Intervenne anche l’avv. Sergio Acquilino: ” E’ falso che la Co.For sia senza certificazione antimafia ed è assurdo l’attacco sconsiderato contro Franco Zunino, all’epoca responsabile del procedimento per il Comune di Celle, siamo tutti convinti della sua onestà  e che mai e poi mai si possa parlare  di infiltrazione mafiose nel Comune di Celle Ligure….Anche dal segretario dei Ds cellesi, Andrea Bruzzone, piena solidarietà al sindaco e all’ingegnere…Persone la cui onorabilità ed integrità morale sono fuori discussione”.

Era venerdì 25 aprile 2008 – dunque sempre 10 anni fa – quando La Stampa a firma di Marco Raffa pubblicava: ‘Celle, sindaco e funzionari condannati per l’isola ecologica. Assoluzione solo per i rifiuti ‘non pericolosi’.  Imputati Remo Zunino, i funzionari comunali  Franco Zunino, Giuseppe Barberis, Luigi Pellizzari e l’ex presidente della Servizi Tecnologici, Leandro Gulli. I quattro sono stati assolti da giudice Marco Rossi ‘perchè il fatto non costituisce reato’ dall’accusa di aver consentito lo stoccaggio provvisorio di rifiuti non pericolosi, ma condannati a due mesi e 20 giorni di arresto per lo stoccaggio di rifiuti  pericolosi. I difensori Franco Aglietto e Marco Genta hanno annunciato ricorso in appello con la tesi secondo cui l’isola ecologica non necessitava  di autorizzazione provinciale come invece sostenuto dal Noe e dal sostituto procuratore Alessandra Coccoli che nel 2004 aveva disposto il sequestro del sito.  Il sito di Sanda era recintato e gestito da un custode che vigilava sui rifiuti che venivano portati dai cittadini, ma questo non era bastato a evitare il sequestro e la denuncia, i guai”.

Anche in questo caso l’archivio stampa non ci aiuta. E’ probabile l’assoluzione in appello o forse la prescrizione. Forse in attesa di ricevere utili chiarimenti, non ci resta che riportare il solco della cronaca di cosa accadeva 10 anni fa.

QUANDO L’EX SINDACO ED AVVOCATO ACQUILINO SCRIVEVA:

PERCHE’  NON VOTERO’ RENATO ZUNINO E GLI AGGIUSTATORI

L’avv.  Sergio Acquilino in un comunicato: “Perchè non voterò Renato Zunino ( omonimo  di cognome, stessa militanza di Remo Zunino ndr).  E spiegava le ragioni: “…Non pesa, se non in minima parte la condanna di 16 anni fa per abuso d’ufficio….quella vicenda è chiusa, Zunino ha pagato una condanna, sia pure patteggiata, il suo debito con la giustizia, anche se non rappresenta un bel biglietto da visita…Non importa cosa ha fatto un candidato nel passato, semmai ciò che ha fatto  negli ultimi tempi e cosa si propone di fare per il futuro, se eletto. In questo periodo l’amministrazione comunale è stata oggetto di pressioni politiche non indifferenti da parte di alcuni imprenditori che, essendo interessati a speculazioni edilizie, chiedevano di modificare a loro favore il Piano Urbanistico Comunale approvato quando io ero sindaco. Mi riferisco non solo e non tanto al rilevato ferroviario, quanto piuttosto alla zona delle ex Colonie milanesi e bergamasche ed alla fabbrica Olmo. ….Zunino ha inserito nel suo programma la possibilità di modificare il Piano urbanistico….mi accusava di aver redatto un Puc troppo restrittivo, che impediva  nuove edificazioni… Credo che Celle non abbia bisogno di ulteriore espansione  urbanistica e che un’amministrazione sana ed onesta non debba piegarsi al volere della grossa speculazione (zona Olmo, Roglio, ecc)….Non lo voterò per le sconsiderate scelte programmatiche che portano alla rottura dell’unità con la sinistra cellese e il parallelo coinvolgimento nel Comitato della lista Insieme per Celle di persone marcatamente di destra e oltre…, Zunino  che ha fatto di tutto per scoraggiare la candidatura di Giovanni Durante alle primarie, riducendo le primarie ad una farsa e costringendo di fatto altre persone serie, come Michele Beltrami, ad uscire dal comitato che sosteneva la lista….Ho riflettuto prima di scrivere perchè con Renato Zunino ho avuto un rapporto politico…durato 30 anni e mi dispiace che lui, da quasi anarchico e comunista convinto quando l’ho conosciuto, sia finito a sostenere gli interessi di imprenditori del cemento…Mi dispiace perché è stato lui a propormi la candidatura a sindaco nel 1995 e durante il mio mandato si è comportato con estrema correttezza, mai pressioni, seppure in allora già svolgesse l’attività di consulente…Ci sono nel paese forze nuove, alternative a Renato Zunino, ma non l’attuale minoranza consiliare,  che meriterebbero di essere coinvolte in un progetto che sappia salvaguardare tutto ciò che di buono (ed è veramente moltissimo) è stato fatto a Celle dalla sinistra dal 1975 in avanti”.

RICORDI DA VECCHIO CRONISTA: SOLO PER TESTIMONIARE

Dal lontano 1967 umili cronisti di gavetta e di strada di questa provincia, senza ricette miracolose da suggerire. Ma testimoni dello scempio politico, morale, urbanistico, turistico, economico in cui è stato ridotta questa provincia, la fascia costiera soprattutto. Siamo stati testimoni degli anni in cui il Pci e la sinistra, non quella estrema, hanno governato. Abbiamo conosciuto chi ha trasformato il suo ruolo  al servizio della comunità in ‘politico di professione‘ (e almeno in questo Silvio Berlusconi ha mille motivi per detestare, da sempre, questa ‘classe’ minoritaria, di fatto  dominante in larghi settori nazionali). Abbiamo seguito decine di inchieste e di processi, assoluzioni e condanne, patteggiamenti e prescrizioni, letto atti giudiziari che chiamavano in causa amministratori pubblici, ma anche partiti, verbali di perquisizioni, conti bancari, libretti al portatore con nomi spesso curiosi.

Abbiamo maturato, ormai incamminati lungo l’ultimo viale del tramonto,  alcune convinzioni da cronisti. Il cittadino, o se volete l’elettore non ha memoria, o meglio i ‘senza memoria’ sono una costante maggioranza, così come non è mai stato eletto (con poche eccezioni, ormai lontane) un sindaco ‘anticemento‘, non diciamo ‘Verdi talebani‘, komenisti ambientali. Ci riferiamo a candidati che abbia anteposto l’interesse superiore della comunità, con strumenti  e scelte urbanistiche, di pianificazione territoriale per ‘città a misura d’uomo‘, a misura di un turismo sostenibile. Per salvaguardare e rilanciare lo sviluppo dell’industria alberghiera. Importante e strategica risorsa dopo la morte delle industrie savonesi sia in termini di posti di lavoro, sia ricadute nel commercio, artigianato, tessuto sociale da paese civile.

Progetti urbanistici capaci di creare sviluppo materiale, ma anche etico politico, non da clientele e ristrette confraternite degli affari, semmai un’eredità virtuosa da tramandare con orgoglio alle future generazioni. Cinque sindaci della Riviera: Carlo Gambetta a Noli, Enrico Rembado a Borgio Verezzi, Felice Elice a Loano, Dino Grollero ad Alassio, Bruno Marenco prima a Savona, poi a Spotorno. Tutti disarcionati o emarginati nel corso del loro mandato. Se non apertamente osteggiati. Rembado, Marenco, Gambetta sono in vita, quest’ultimo è tra i tenaci che continuano a testimoniare, approfondire e scrive sul nostro blog. I primi tre democristiani e galantuomini, da schiena dritta, ieale della buon amministrazione e coerenza messa in pratica ogni giorno. Spesso anche in contrasto con i dirigenti del partito. Grollero, medico di famiglia, comunista, mai chiacchierato, né indagato, è quello che ha avuto il mandato più breve, in una delle città culla della speculazione e che oggi scommette, pia illusione, di “‘far tornare  grande Alassio, ai fasti degli anni d’oro e del turismo straniero, poiché sta morendo”. Marenco, ritiratosi dalla politica attiva dopo l’esperienza di Spotorno, non era l’idolo del Pci e della Federazione da primo cittadino di Savona (lo ritenevano persino l’ispiratore delle inchieste sul partito e dintorni dell’allora procuratore della Repubblica Renato Acquarone) e a Spotorno vinse per una manciata di voti.

Celle Ligure, con la parentesi del sindaco avv. Acquilino almeno stando alla sua testimonianza, ha benedetto i “garanti dell’edilizia‘ che da lavoro e rende felici. Valorizza e premia le aree edificabili, le varianti ai progetti, meglio se più di una. Edilizia che accarezza gli elettori riconoscenti. Sa convincere un contadino, tra i valorosi rimasti, che conviene far fruttare l’area con indici  di edificabilità premianti. E dove non provvede il Comune, ci pensa la Regione e l’assessore amico. Il ‘piano casa’ che aiuta  anche i poveri, mette carburante pulito nell’economia in panne.

Ecco, come avevamo annunciato, trucioli.it ripercorrere a ritroso, pagine di storia, forse significative ed ‘istruttive’ o da leggere come storia di Celle Ligure e dei suoi ‘regnanti’.

RIFLESSIONI DI UN ‘TESTIMONE’ CELLESE –

Chi ricorda Carlito Buccelli, compianto, mitico e superbattagliero presidente locale e provinciale degli albergatori (non è un caso se morì povero e dimenticato). Un testimone dei tempi, pochi giorni fa, raccontava e rifletteva a voce alta.

Non sono esperto di politica e di amministrazione. Ho letto su trucioli.it (VEDI……) il riferimento a Luigi Bertoldi e credo abbia ragione. Chi conosce di persona Renato Zunino e Luigi Bertoldi, credo si sia formato un’idea di massima. Dati di fatto inconfutabili. Zunino non si è più staccato dalla poltrona di sindaco, capace di fare il bello e cattivo tempo, penso senza rubare e credo neppure arricchirsi. Non ho mai apprezzato un certa arroganza tipica del partito dove è cresciuto. Dicono, del resto, che anche gli innocenti patteggiano la pena. Negli anni nel quali non fu primo cittadino, Renato Zunino, si faceva sentire ed ubbidire, magari con qualche eccezione. Leggevo sul Secolo XIX che nelle sue scelte urbanistiche, Zunino, coinvolgeva enti, associazioni, categorie, cittadini. Insomma un sindaco che sapeva ascoltare. Ma ricordo anche Maria Carbone, sindaco per due anni e mezzo, manlevata dal commissario prefettizio. Era impiegata del Comune di Savona e cercava di amministrare con indipendenza dagli omoni o omini e fu silurata o forse non ebbe fortuna.

E che pensa del ritorno di Remo Zunino ? Probabile vincitore se gli avversari saranno capaci di dividersi. Magari, questa volta, ‘divisi si vince’, la ruota che gira al contrario. La risposta da cittadino spettatore. L’amministrazione uscente aveva prevalso per poche decine di voti, e forse non rappresenta la maggioranza dei cittadini (contribuenti). La presenza di tre liste, nelle consultazioni precedenti, se non istituita ad arte, è stato un omaggio alla squadra del valoroso navigatore Renato. Lui, in molti anni di amministrazione e dedizione, ha intessuto una vasta ragnatela di meriti (da non confondere con favori illeciti) che trovano riscontro nel consenso maggioritaria. Qui non siamo in Calabria, né in Sicilia. Il Comune non è stato sciolto per mafia o per ‘traffico di voti’. Si è vinto con figli e figliastri ? E’ possibile. Non serve neppure rivangare nel passato, ai cittadini non interessa più di tanto. Non fa presa, non serve a misurare la ‘statura’ dell’uomo pubblico. Passato in cavalleria quel caso vergognoso della costruzione dell’ing. Zunino (impiegato del Comune, nulla da spartire con la coppia dei Zunino sindaci), il quale ha fatto pro domo sua….gli interessi della comunità. 

I problemi di Celle ? Si potrebbe riflettere in merito all’altissima ed immotivata tassa dei rifiuti urbani, il borgo tenuto malamente, il vero deserto, salve poche settimane all’anno di turismo e manifestazioni. La costante chiusura di alberghi, le difficoltà e dissesti di ristoranti, la chiusura dell’asilo infantile “N. Aicardi” (‘privato’ e che non costava al contribuente). La Casa di riposo vide una solidale assemblea a favore dell’antica istituzione, ma sempre minata. L’opposizione riuscirà a far prevalere il buon senso ? Celle è stato un granaio che ha seminato anche odio, lacerazioni tra chi non ha mai accettato di farsi da parte, considerandosi il ‘salvatore della patria’ e chi forse pur meritando il consenso è rimasto impotente.

Quale conclusione, almeno da cronisti con i capelli bianchi ? L’edilizia resta la madre dei consensi, a Celle Ligure come in altre località. Crea aspettative ed illusioni che poi la memoria cancella. Non è un caso se le uniche categorie in costante espansione sono le agenzie immobiliari, cresce il numero di geometri, ingegneri ed architetti (contrariamente ai medici, per citare un dato).  Sono pressoché scomparsi gli imprenditori edili che possedevano, oltre alle disponibilità finanziarie, alle linee di credito delle banche, il bagaglio dei muratori e manovali italiani. Oggi c’è una miriade di imprese artigiane straniere. Ci sono i subappalti dei subappalti. L’Ispettorato del lavoro è ridotto quasi all’impotenza, così come gli ispettori Asl che intervengono solo se ci scappa il morto o a fronte di un’indagine penale. Stanno scomparendo gli albergatori, ma non gli Stabilimenti balneari, si moltiplicano bar e panetterie, ma chiudono le botteghe a fronte di un incremento dei bazar rilevati da cittadini del continente asiatico. E sia chiaro Celle non è un’eccezione.

Chissà se non sarebbe più utile al futuro di Celle e delle generazioni a venire una salutare svolta di uomini e metodi, di cultura politica. Se il caso diamo pure una medaglia ‘honoris causa’ a chi si è sacrificato e compie l’ultimo sacrificio di farsi da parte o, si suole dire, un passo di lato.  Pur sempre con orgoglio e spirito di servizio. Anche se ‘L’acqua del sindaco‘  si è fermata alla “nota informativa sulla qualità dell’acqua immessa nella rete di competenza del Comune di Celle Ligure al 30 giugno 2017″. E il giornalino comunale alla sensibilizzazione dei cittadini nella lotta all’amianto.

Luciano Corrado

NOTA DI REDAZIONE: Sul prossimo numero di trucioli.it “Soldi per il finanziere-  banchiere Gianpero Fiorani, indagine a Celle. Accertamenti  della Tributaria sulla vendita di box in nero nel complesso LigurCelle di Pietro Pesce“. Quel Fiorani, ormai ex, che acquistò e poi vendette ad Andrea Nucera – architetto a Ceriale e Albenga, ex giovane consigliere comunale e già mega imprenditore di successo in provincia di Savona, oggi ‘latitante’ a Dubay – un’area di 60 mila mq. fronte mare a Ceriale, denominata T 1, sfociato in processi ed assoluzioni, che rappresenta il peggiore ‘disastro edilizio ed urbanistico’ della storia di Ceriale e che il curatore fallimentare (nove palazzi, centinaia di alloggi e box) non trova acquirenti. Una paralisi decennale. L’imprenditore Pesce che si difendeva: “Con quella gentaglia rapporti chiusi da più di un anno”. Andrea Nucera il cui padre Giovanni, non più in vita, un passato da consigliere comunale, segretario del Psi ingauno, tesoriere del Psi, acquirente di alloggi, a Sassello, che appartenevano ai coniugi Teardo. Il figlio Andrea non entrò mai nello ‘scandalo’ che scosse la provincia, la Regione e l’Italia. Dove la P 2 aveva un ruolo anche nel savonese. E per le giovani generazioni restano vicende sconosciute e nel corso degli anni emerse la ‘verità giudiziaria’, non necessariamente gemella della ‘ verità reale’ che ormai veramente in pochi potrebbero conoscere.

26 giugno 1985 25 maggio 1990 Renato Zunino Partito Comunista Italiano Sindaco
28 giugno 1990 18 luglio 1992 Renato Zunino Partito Comunista Italiano Sindaco
29 agosto 1992 10 gennaio 1995 Maria Carbone Partito Democratico della Sinistra Sindaco [14]
10 gennaio 1995 24 aprile 1995 Andrea Santonastaso Comm. straord. [15]
24 aprile 1995 14 giugno 1999 Sergio Acquilino Alleanza dei Progressisti Sindaco
14 giugno 1999 14 giugno 2004 Remo Zunino Lista civica di centro-sinistra Sindaco
14 giugno 2004 8 giugno 2009 Remo Zunino Lista civica di centro-sinistra Sindaco
8 giugno 2009 26 maggio 2014 Renato Zunino Lista civica di centro-sinistra Sindaco
26 maggio 2014 in carica Renato Zunino Lista civica di centro-sinistra Sindaco

E PER LA SERIE TITOLONI SE CONDANNATI, MA NEL DIMENTICATOIO DI COME E’ FINITA

E QUANDO LA DEMOCRAZIA CRISTIANA SCRIVEVA

ILLUDENDOSI DI INFLUENZARE GLI ELETTORI

MA NON POTEVA SAPERE CHE SOLO ‘MANI PULITE’ CAMBIO IL VOTO DEGLI ITALIANI

PREMIANDO LA LEGA NORD DI UMBERTO BOSSI (ora tra i condannati della Repubblica) E SILVIO BERLUSCONI

LEADER ASSOLUTO DEI POLITICI E PRESIDENTI DEL CONSIGLIO, A SUO DIRE, PERSEGUITATI DALLA GIUSTIZIA

 

 

 

Banca Carisa 15 miliardi Prestiturismoper aziende alberghiere e di ristorazioneBanca Carige miliardi all’edilizia ligure Le ‘signorie’ Grillo & Scajola, il cardinale Bertone, Ior di Tedeschi e l’Opus Dei

$
0
0

Correva l’anno 1986, 23 febbraio, avevamo la lira. Sulle pagine locali de La Stampa ed Il Secolo XIX annuncio ufficiale a pagamento: Stanziati 15 miliardi e 500 milioni. Prestiturismo ’90. Un finanziamento a favore delle aziende alberghiere e di ristoro di Savona e Provincia. Correva l’anno 2018, 12 agosto, con il Bel Paese in vacanza al mare, in montagna. Fabbriche chiuse, città di bagni e di sole da tutto esaurito.  Il quotidiano di Confindutria (Il Sole 24 Ore) che di ‘crisi bancarie’ si intende, ha scritto un documentato e pungente ‘escursus’ della prima banca ligure. Ripropone ciò che i più hanno dimenticato, oppure mai letto, infierisce contro le ‘signorie’  politiche che in banca dettavano legge da ‘regno dei feudatari’. Cita la montagna Npl (crediti dubbi). Il cardinale di Genova Tarcisio Bertone, lo Ior Vaticano di Ettore Gotti Tedeschi “da sempre vicino all’Opus Dei. Una nota di curiosità: la Fondazione De Mari (Carisa) erogava, a bilancio, 287 mila euro, nella voce ‘prevenzione della criminalità’.

SECONDO CAPITOLO DI TRUCIOLI DI CARISA STORY – Iniziamo da dove eravamo rimasti. Correva l’anno del primo quadriennio (ne seguiranno altri due) della presidenza del prof. Franco Bartolini. Lui che era presidente al Liceo Linguistico G. Deledda di corso Ricci, legalmente riconosciuto, frequentato da un centinaio di alunni. Lui con la passione della vigna, dell’orto, un democristiano vero e vecchio stampo. “Almeno noi – è solito ripetere – avevamo degli ideali, oggi....”. Non aveva difficoltà a rendersi conto che per tanti studenti il futuro poteva essere un impiego nel turismo, un’industria che iniziava a dare segni di crisi nel comparto alberghiero e della ristorazione, quest’ultimo riuscirà a rialzarsi, sia quanto a numeri, sia a fatturato. Forse un po meno sul fronte della ‘qualità’ tenuto conto della risicatissima presenza nelle due o tre maggiori guide culinarie d’Italia. E nonostante, a leggere articoli locali e seguire trasmissioni di Tv liguri, si sprechino parole quali ‘eccellenza’, ‘alta cucina’, ‘cucina di assoluta qualità’, ‘menu a km 0’, ‘pescato nostrano’, ‘specialità del mar Ligure’, ‘carne delle Alpi Marittime’, ‘formaggi del nostro pastore’. Oppure chef stellati, a destra e manca, come il prezzemolo: in realtà, in provincia di Savona, la rigorosa Michelin, 61 anni compiuti, ne cita ormai solo due. Anche se bisogna riconoscere l’esistenza di alcuni ottimi, scrupolosi, seri ristoranti che la stella non l’hanno mai ricevuta e la meriterebbero. Non perchè è nostra opinione, ma per la clientela esigente e competente che li rende assai unici nel panorama ligure.

Resta pur sempre, molti lo sapranno, un grande divario con il prorompente e confinante cunesse che sulla ristorazione di prestigio e ‘stelle Michelin, ha fatto una  straordinaria risorsa e un indotto in espansione. Stesso discorso  nel comparto hotel di lusso e ricettività in genere. Loro sono andati avanti, il Savonese e l’Imperiese, come riporteremo la prossima settimana, hanno perso centinaia di strutture alberghiere di ‘ogni stella’. Dal lusso alla locanda. Dal mare alla prima collina, all’entroterra, alla montagna.

Bartolini che non aveva la scuola e la stoffa del ‘banchiere – finanziere’. Era l’uomo di fiducia della Carige e di Berneschi, della finanza curiale e dintorni.  E’ con la sua presidenza che Carisa, diciamo intelligentemente, assieme ai tifosi dell’industria ricettiva alberghiera, varò Prestiturismo.  Carico di miliardi (c’era la lira) e che avrebbe dovuto garantire, dopo agonia e morte del settore industriale e manifatturiero, una promettente alternativa socio economica. Un futuro per le giovani generazioni. Non era ancora iniziata la grande fuga di laureati, diplomati, lavoratori, oltre i confini nazionali.

La manna speculativa edilizia che da lavoro a tempo si avviava alla resa dei conti. Terminati palazzi, ville, moltiplicazioni di monolocali e bilocali nei centri storici, quasi esaurita l’edificabilità dei piani regolatori, delle varianti, dei Puc, si andava inesorabilmente verso la decapitazione dei posti di lavoro. Bartolini e la sua ‘corte’ in Carisa non avevano sbagliato obiettivo, ma non si erano neppure posti, magari con l’ausilio di consulenti esperti, che ne sarebbe stato della Riviera che si era votata al sviluppo edilizio, alle diffuse ‘rapallizzazioni’. Arrivò così l’era dei ‘becchini’ degli alberghi. Prima a qualche distanza dalla fascia costiera, poi  immobili fronte mare, trasformati  spesso in goffi ‘casermoni’ per investitori lombardi, piemontesi, qualche veneto, ai quali il ‘nero’ non mancava. In minoranza chi era ricorso al mutuo da seconda casa. Con senno del poi qualcuno, si suole dire, ha fatto i conti senza l’oste. Esempi di hotel chiusi da anni, affacciati sul mare, non si contano sulle dita delle mani. E con la crisi, con aziende costrette a tenere aperto con guadagni ridotti, pressione fiscale (nazionale e comunale) in aumento, c’è chi pretendeva di condannare gli albergatori ai lavori forzati. Puoi chiudere, ma basta trasformazioni, cambi di destinazione d’uso. Non puoi seguire l’esempio dei palazzinari nostrani o venuti da fuori.

15 MILIARDI DELLA SPERANZA E DI ILLUSIONI – Un’iniezione di 15 miliardi e 500 milioni annunciata in uno degli inflazionati convegni. Tema “Riviera: turismo anni ’90”.  Una misura draconiana per “rilanciare  il turismo della nostra provincia” ricordava con malcelato orgoglio il ‘banchiere’ della Carisa. Tre diversi finanziamenti, a partire  dal 20 gennaio 1986. La campagna pubblicitaria, di sensibilizzazione, partì a febbraio. La somma più consistente era riservata al miglioramento delle strutture ricettive. Un mutuo per finanziare le spese (durata 5 anni), oppure per l’acquisto dell’immobile sede dell’attività (durata 10 anni).  E ancora: finanziamenti, per oltre un miliardo di lire, di cui hanno beneficiato diverse entità: dalle associazioni di categoria, alla formazione professionale, alle scuole alberghiere, al sindacato.

I dati, le tabelle non hanno bisogno di commenti. Ne pare ormai utile additare capri espiatori, o rappresentanti degli albergatori che, nel tempo, per ‘autodissoluzione’, autolesionismo, hanno ‘venduto l’anima al diavolo‘. Altro che nuovi hotel che avrebbero dovuto dare uno sbocco lavorativo ad alcune decine di migliaia di persone, nel corso dei decenni, ai diplomati delle tre scuole alberghiere, oltre a Finale ed Alassio, c’era  Celle- Varazze. Una voce assolutamente minoritaria, e modestamente c’eravamo anche noi, sosteneva che non bastavano le massicce dosi di credito Carisa, il meglio poco che nulla si è rivelato una pillola, non bastavano le provvidenze  della Regione Liguria, mai davvero ponentina rispetto ad una ‘genovesite’ poco attenta o interessata al futuro alberghiero della Riviera di Ponente. Il ‘cambiamento’, la ‘svolta’ consisteva in copiose campagne di annunci e ottimismo, non quelle della ragione e del buon senso.  Si erano illusi che sarebbero bastati i vincoli edilizi ? I miliardi di lire ? Gli articoli di giornali e web locali ?

IL BUON MAESTRO ALTO ADIGE – Bastava copiare un pochino l’esempio della Provincia autonoma di Bolzano. Si dirà, ma loro godono di privilegi. Che servono allora i governi regionali ? Non hanno forse piena competenza nel turismo, anzi fin troppo visto i risultati. E’ vero nella provincia di Bolzano è da sempre in vigore il divieto assoluto di trasformazione alberghiera in alloggi, bilanciati da finanziamenti sia agevolati (tassi), sia a fondo perso soprattutto se fuori città. Vietato il cambio di destinazione d’uso, ma anche la  possibilità di costruire edifici civili per i vacanzieri. Ridotto davvero al lumicino il mercato delle ‘seconde case’. Non era ancora sufficiente senza che la Provincia autonoma intervenisse partecipando a grandiosi progetti, sia termali, sia cabinovie, seggiovie, Sckilift, impianti sciistici, persino  con partecipazione minoritaria a complessi alberghieri con arredatissimi centri benessere. Hanno dato priorità alla rete stradale, in particolare nelle zone più votate e frequentate dai turisti, in città non hanno risparmiato nei parcheggi interrati. Hanno addirittura anteposto la priorità nella valorizzazione dei ‘masi’, come richiamo di vacanzieri e camminatori (trakking), incentivi affinchè agricoltori, pastori e montanari non abbandonassero il loro presidio sulle Alpi, lontani dalle aree urbane. Hanno incentivato al massimo le cooperative di viticoltori e produttori di mele.  Politica, categorie, associazioni, sindacati, banche, hanno operato in sinergia, guardando lontano, pur tra contrasti, ma con un partito maggioritario e sempre al comando ( la Südtiroler Volkspartei, SVP, letteralmente in italiano “Partito Popolare). Una rappresentanza costante anche per i ‘Verdi’  (Grünen Südtirols).

Oggi l’80 % delle presenze su quel territorio sono stranieri del centro Europa, con significative presenze extra europee nelle maggiori città. E non si bada solo all’asticella degli arrivi e presenze, alla durata del soggiorno. Si da  molta importanza alla capacità di spesa del turista in hotel e al dopo albergo. Salutari strategie in parte ‘copiate’ in Val d’Aosta e nella provincia di Trento, diffusi nei Pirenei e sulle Alpi francesi. Turismo estivo (da aprile a fine ottobre), turismo invernale (da metà novembre, dipende dalla neve che comunque in assenza ci sono impianti artificiali a fine marzo).

QUALCHE CIFRA A PROPOSITO DI CARISA spa

E DELLA FONDAZIONE DE MARI CHE NE ERA PROPRIETARIA

Nella sede della Banca d’Italia di Savona, aperta nel 1864 e poi chiusa, nel 2008 c’erano 19 dipendenti, a Imperia 16,  a Genova 55,  a La Spezia 17, a Cuneo 30. Nel 2006  – dati di bilancio riferiti al 2004 – la Fondazione Agostino De Mari  contava (siamo nell’Euro) un patrimonio netto di 162 milioni763,345; erogazioni per 3 milioni 484; compensi e rimborsi ad organi statutari – erogazioni, pari a 8,6 milioni; compensi totali per erogazioni 15,7;  spesa totale  amministrativa e funzionamento – erogazioni, 17,7.  Era nella categoria che Il Sole 24 Ore inseriva nelle Fondazioni medio piccole, con un patrimonio netto superiore  a 50 e fino 250 milioni. Nella lista anche la Cassa di Risparmio  della Spezia. A chi andavano i finanziamenti di Fondazione della Carisa ? Dati di 10 anni fa: 287 mila euro a famiglia, religione, diritti civili, prevenzione criminalità.  507 mila a educazione, istruzione, crescita giovanile. Zero euro per volontariato, filantropia e beneficenza.  192 mila per  assistenza anziani e categorie deboli. Zero euro per sviluppo locale ed edilizia popolare. 468 mila per  protezione civile e qualità ambientale. 929 per salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa.  30 per ricerca scientifica  e tecnologica. 1 milione 53 mila per arte, attività e beni culturali. 82 per altri settori. Complessivamente 3 milioni 547 mila.

L’allora presidente  della Piccola Industria Ligure, Francesca Accinelli, famiglia di imprenditori di Finale Ligure, dichiarava al Sole 24 Ore: “Più che sfiducia verso le banche c’è un po’ di collera. Gli istituti di credito, quelli liguri inclusi,  continuano a chiedere ai piccoli imprenditori, non a quelli maggiori,  non progetti di sviluppo, ma garanzie all’insegna della sfiducia verso di noi”.

COSA ACCADEVA NEGLI ANNI ALLA CARIGE – Se la Carisa finanziava il turismo, la Carige dopo gli anni del boom da prima banca ligure e che si era pure comprata la Carisa, ma non solo, distribuiva finanziamenti a piene mani e agli amici influenti delle ‘signorie’. Mentre i crediti alla clientela erano in caduta libera. Dai 24 miliardi del 2010 al 17 miliardi del 2017.  La Carige, parlano i dati ufficiali, che pubblicava un budget 2008 con utile da 220 milioni di euro. Con 9 milioni e mezzo di risparmio gestito. Le imprese maggiori o si finanziano  sul mercato, se quotate,  o ottengono credito  a basso costo dalle grandi banche. Si è anche arrivati alla resa dei conti del padre – padrone  Giovanni Berneschi, condannato in appello, a 8 anni e 7 mesi. Finanziava progetti di sviluppo immobiliare locale (leggi speculazioni) ed ironia della sorte, denaro finito  nei Npl (qualche volta addirittura scomparso nei paradisi fiscali), oppure progetti incompiuti, abbandonati con i loro cementi armati, aree di degrado.

Il giornalista Graziani scrive: “Soldi prestati anche per accontentare  il mondo della politica locale, Come il progetto del villaggio tecnologico degli Erzelli, caro all’ex presidente della Regione  Pd Claudio Burlando,  che per Carige si è tradotto in 250 milioni di Npl. O i crediti concessi  per il progetto Marina di Genova – Aeroporto anch’essi finiti  tra i crediti dubbi come documentano i verbali di Bankitalia”.

LA POLITICA LIGURE DECISIVO TUTOR IN CARIGE – CARISA. La politica ligure è stata molto influente  nei confronti della varie autorità romane per garantire libertà di manovra alla spregiudicata gestione Berneschi & friends.  Le ‘signorie’, come nel Medioevo,  si sono spartite l’influenza politica su Carige.  Quella dei feudatari della riviera di Levante capitanata  dall’ex senatore spezzino  Luigi Grillo. E quella  comandata dal ‘gran signore’ della riviera di Ponente, l’ex ministro Claudio Scajola, forte anche  per il conferimento a Carige  della Cassa di Risparmio di Savona.  Sia Grillo, sia Scajola sono stati protagonisti  di primo piano  dell’era berlusconiana di Forza Italia. Da ex democristiani (veri?) hanno  trovato modo di accordarsi nei grandi affari locali in cui è coinvolta  Carige. Dai porti ai trasporti,  fino alle grandi opere.

Era stato Claudio Scajola (la Carige era dal 1967 Cassa di Risparmio di Genova e Imperia) a gestire il blitz sulla Fondazione. Suo fratello, Alessandro, ex parlamentare Dc, padre di Marco assessore regionale con FI, è stato vice presidente uscito indenne da tutte le indagini che hanno massacrato Berneschi e C. Molto importante anche per la provincia ponentina, la banca genovese era infatti diventata  sempre più la stanza  di compensazione politica ligure, o almeno da Sestri Levante a Ventimiglia dove l’asse di potere si reggeva pure su un’intesa di ferro tra il diessino Claudio Burlando ed il cdl Claudio Scajola. Lo spezzino ha la sua Carispe del gruppo Cassa di Firenze. Grillo  esercitava il suo massimo potere in Carige nell’era del governatore di bankitalia, Fazio.

I RAPPORTI CON IL CARDINALE BERTONE –  La Vigilanza Europea non ha mai avuto del tutto chiaro come sia stato possibile che – all’epoca del cardinale  di Genova Tarcisio Bertone – lo Ior guidato da Ettore Gotti Tedeschi, da sempre considerato vicino all’Opus Dei,  nel 2010 tentò di entrare  nel capitale Carige rilevando dalla Fondazione,  per 100 milioni di euro, parte dei diritti di opzione di un prestito convertibile che serviva per ricapitalizzare una Carige già in affanno. Niente di illecito documentò un’indagine della Procura della repubblica, Ma certamente testimonianza di quanto certi ambienti delle finanza cattolica avessero a cuore le sorti della di Carige, per motivi ed interessi mai spiegati. Forse una piccola, utile, chiave di lettura si intravvede andandosi a rileggere la rassegna stampa dell’epoca, quella nazionale e i due quotidiani  Il Secolo XIX e la Repubblica LiguriaRai 3 Regione. Bertone che aveva frequentazioni nel savonese, ad Alassio una sorella ha la seconda casa ed il fratello era solito far visita, persino recarsi sulla spiaggia per i bagni, passando inosservato in quella veste. Ben di altro spessore gli appuntamenti.

Emerge, grazie anche ad informazioni confidenziali,  un coacervo di politica (vecchia e nuova) di lobby affaristiche locali ed elitarie (e non solo); si intravvede l’opportunità di entrare in gioco, pilotando la banca verso  un’aggregazione amica. Poi la clamorosa rottura tra Fiorentino e Malacalza, la presenza del finanziere  Raffaele Mincione e del petroliere Gabriele Volpi, il primo forse in sintonia con propagazioni massoniche  che operano tra Londra e Genova. E ora non resta che attendere al varco la nuova dirigenza dopo che la vecchia ha lasciato tra lacrime e sangue alcuni clienti che avevano accettato di essere finanziati. Un caso che ha aspetti clamorosi interessa anche la Riviera ponentina Savonese, un grandioso e moderno complesso alberghiero. Se dovesse esplodere il bubbone  c’è da scommettere che ne vedremo delle belle. Altro che miliardi per rilanciare il turismo della ‘povera Carisa’ nell’erea di Bartolini, un bonaccione con le mani pulite, ma servitore di una causa che non ha portato bene a quest’angolo di Liguria, al suo turismo di cui tanto si straparla, con inflazione di esperti, o forse poteva andare  ancora peggio ?

Luciano Corrado

IL 13 NOVEMBRE 2006 UN AVVISO A PAGAMENTO SU QUOTIDIANI E SETTIMANALI NAZIONALI PIU’ DIFFUSI.

SI TENTAVA DI METTERE UN COPERCHIO SULLA PENTOLA IN EBOLLIZIONE E L’AVVERTIMENTO AI CRONISTI

 

 

 

Viewing all 722 articles
Browse latest View live


<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>