A fine ottobre i media hanno pubblicato l’addio a Vittorio Seghezzi, 95 anni, “storico gregario di Bartali”. Il sindaco Pignocca a ricordare che “dopo aver sposato Anna Marengo, loanese, Seghezzi ha abitato buona parte della sua vita in Riviera e una volta cessata l’attività agonistica è stato un importante animatore della sezione cittadina dei Veterani dello Sport per le quali ha organizzato numerose iniziative”.
E ancora le feste appuntamento dello Sportivo dell’Anno. Si poteva aggiungere che a Loano il dopo Seghezzi e soprattutto il vivente Carlo Anselmo, il ciclismo e ciò che aveva rappresentato per la città, in termini agonistici, sportivi, di richiamo e promozione, eventi, si è infranto nell’indifferenza dei più lungo la china del dimenticatoio. E di fatto l’unico sport che dalle gare locali, nazionali ed internazionali, è naufragato, sepolto nell’album dei ricordi, della rassegna stampa, con le serate al ristorante Cabiria, al Garden Lido, con le squadre professioniste che soggiornavano anche all’hotel Perelli.
Poi il ciclismo amatoriale e Veterani sportivi, gare, corse, premi, riconoscimenti, personalità dello sport delle due ruote, dai ciclisti, ai direttori sportivi delle squadre, ai cronisti di tappa della Rai ed inviati speciali di quotidiani e settimanali, direttori di testate giornalistiche. Personaggi di caratura nazionale e non solo. E Loano che poteva brillare facendo promozione senza dover ricorrere alla pubblicità a pagamento. Una lunga stagione d’oro, di entusiasmo, partecipazione, passione e che aveva un testimone eccellente, quale Vittorio Seghezzi, ma anche una mente operativa, di slancio, organizzativa, quale si è dimostrava sul campo Carlo Anselmo loanese doc. Che forse con l’ex sindaco e giudice internazionale di ciclismo Franco Cenere sono rimasti le più affidabili memorie storiche di quella lunga stagione. Che iniziarono già con i sindaci Giuseppe Guzzetti e Elio Garassini, proseguiranno con Cenere e con Angelo Vaccarezza l’avvio del declino e le prime delusioni.
Non è questo il momento di recriminare, non lo fa neppure Carlo Anselmo il più titolato ad essere amareggiato per la sorte del ciclismo loanese. Che però non può smentire quanto lo stesso Seghezzi scrisse al cronista, ignorato e rammaricato perchè “non mi danno più il sostegno necessario per organizzare gare ed eventi”. La tappa del Giro d’Italia non ebbe più un seguito, in piazzale Marconi, sede dell’arrivo, furono realizzati i giardini. E poi il problema dei contributi. Ogni associazione aveva i suoi sponsor a Palazzo Doria e a farne le spese, per una serie di concause, più o meno colpose, fu proprio in ciclismo cittadino, le sue potenzialità.
“E’ finito tutto a ramengo – conferma Carlo Anselmo – e non posso certo gioire e ho ben altri problemi di salute con cui combattere e convivere. Ho dedicato tutta la forza, le capacità e le risorse che disponevo, iniziavo a Natale per arrivare pronto alla stagione delle corse, iniziava ad aprile. Loano poteva esibire e vantare la presenza di squadre straniere di portata internazionale, Loano che con lo slancio e la collaborazione dei Gentleman veterani sportivi brillava in provincia di Savona e non solo. E Vittorio era a sua volta entusiasta, partecipativo e concreto, remava con il Velo Club. Con lui ho avuto rapporti commerciali quando avevo aperto il negozio (dopo aver ceduto la Stazione di Servizio in centro città ndr), acquistavo le maglie da suo maglificio. L’ultima volta ci siamo sentiti al telefono, dal paese dove si era trasferito, una ventina di giorni prima che morisse. Ci sentivamo spesso dopo che aveva perso la venerata moglie”.
Loano da ‘signora del ciclismo’ che finisce per dimenticare quanto importante fosse stato il ruolo di Seghezzi, Anselmo e un gruppo affiatato di amici, ma soprattutto cosa rappresentava nel contesto socio turistico sportivo. Due veterani che alla fine si sono arresi, ma restavano scolpite le loro testimonianze, i traguardi di tappa come i risultati sul fronte della promozione e destagionalizzazione turistica. Per Seghezzi il chiedo della mancanza o carente collaborazione (una lettera al cronista usa termini più severi e crudi) con l’amministrazione
comunale dell’epoca, la tiepidezza che lo circondava (“a parole tutti forza Vittorio, pacche sulle spalle tante, promesse pure….poi ti ritrovo solo….”). Seghezzi che ha sofferto quanto solo lui poteva sapere dalla separazione dell’unica adoata figlia da Gianfranco Funari (Roma, 21 marzo 1932 – Milano, 12 luglio 2008), giornalista, conduttore televisivo, opinionista e cabarettista italiano, autodefinitosi il giornalaio più famoso d’Italia. E poi la sorte ereditaria della villa di Boissano, ora acquistata dopo essere stata a lungo abbandonata da un imprenditore di Pietra Ligure. Funari sepolto a Boissano. Si rese celebre con uno stile comunicativo particolare, intenso, caratterizzato da un linguaggio molto diretto, caustico e spesso volgare. Una ferita per Seghezzi che si è trascinato fino alla tomba. Il campione Vittorio ha lasciato la vita terrena confortato dalle tante iniziative portate avanti a favore delle ricerca oncologica. Un ‘campione’ che non ha mai dimenticato valori e ideali della Resistenza di cui si sentiva partecipe per i suoi trascorsi di vita, dei genitori. E forse proprio il suo ‘credo politico’, la sua coerente franchezza, dava fastidio.
E Loano, c’è da sperare e augurare, lo ricordi con riconoscenza. (L.Cor.)